Bortolin, R. : Archeologia del miele
(SAP, Mantova 2008)
Compte rendu par Stefania Pesavento Mattioli, Instrumentum, 2008-27, p. 21
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R. Bortolin Archeologia del miele Documenti di Archeologia 45, SAP, Mantova 2008


 

Come sottolinea Daniele Manacorda nelle presentazione alla ricerca di Raffaella Bortolin, “oggetto finora di ben scarsa attenzione archeologica, il miele è posto al centro di questo impegnativo lavoro secondo un’ottica necessariamente diacronica e multidisciplinare”. L’autrice infatti, partendo dal rinvenimento in un insediamento rustico della campagna veronese di un’olla dei primi secoli dell’età imperiale con un graffito chiaramente riferibile al miele e alla quantità di prodotto contenuto, propone una esaustiva sintesi sui diversi aspetti di una produzione certamente di grande importanza nel mondo antico,ma che ha lasciato scarse testimonianze archeologiche.

Dopo la rassegna dei diversi usi del miele nell’antichità e quella dei luoghi di produzione più noti, basate essenzialmente sulle testimonianze scritte, attraverso le fonti letterarie e iconografiche e i confronti etnografici viene illustrato il ciclo del miele dalla produzione alla raccolta; particolarmente interessante risulta la parte dedicata alle diverse tipologie di arnie,orizzontali e verticali,e agli apiari, in quanto può suggerire utilissimi spunti per l’identificazione di resti archeologici. Non abbondanti invece sono i dati finora disponibili sui recipienti utilizzati per il consumo e la circolazione, non collegabili a precise tipologie, ma riconoscibili per le iscrizioni che vi compaiono e in qualche caso grazie ad analisi archeometriche del contenuto. Come è stato giustamente sottolineato (p. 138) “per quanto fosse un elemento di base dell’alimentazione, coinvolto negli usi più vari, il miele non veniva evidentemente prodotto in quantità così abbondanti da determinare la nascita di contenitori specifici”.

Due esaurienti appendici in cui sono raccolte le fonti scritte da Omero alle Geoponiche e le fonti epigrafiche su instrumenta e una ricca bibliografia concludono il volume, che certamente merita un posto di rilevo nell’ambito dell’archeologia della produzione.