Coloru, Omar: Da Alessandro a Menandro. Il regno greco di Battriana, «Studi ellenistici», XXI, collana diretta da Biagio Virgilio, pp. 400 con 80 figure in bianco/nero n.t. cm 17,5 x 25, ISBN 978-88-6227-177-6 (brossura), 978-88-6227-178-3 (rilegato). Euro 295.00.
(Fabrizio Serra editore, Pisa - Roma 2009)
 
Compte rendu par Elena Calandra, Ministero Beni Culturali, Segretariato generale (Roma)
 
Nombre de mots : 1675 mots
Publié en ligne le 2011-03-28
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Secondo le stesse parole dell’Autore, "a quasi tre secoli dalla sua riscoperta la storia dei Greci in Asia Centrale è ancora in formazione" (p. 283). A questa formazione, o piuttosto a un consolidamento della situazione conoscitiva attuale, il lavoro presta un contributo assai significativo: prima di tutto offrendo una sistematizzazione delle conoscenze disponibili, provenienti da documentazioni di diversa estrazione, e poi affrontando, nella seconda parte, la storia del regno di Battriana. D’altra parte l’attualità del tema, e la necessità di trattazioni sistematiche, si coglie nella forse non casuale coincidenza che vede pubblicare nella stesso anno, il 2009, due ponderose opere sull’Asia centrale, quella oggetto della presente recensione, l’altra recensita pure in "Histara" da Sébastien Polet  (François Widemann, Les successeurs d’Alexandre en Asie centrale et leur héritage culturel, Riveneuve éditions, Paris 2009, recensione del 20.8.2010 : http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=1068 ). Rinviando a tale recensione per il lavoro di Widemann, va chiarito da subito che diversa è l’angolazione di Coloru, che alla trattazione della storia dei re di Battriana fa precedere una ricca sezione di storia degli studi. L’autore, infatti, volutamente affronta la materia con l’approccio degli anni Duemila, discostandosi sia dall’ellenocentrismo del pensiero storiografico della Gran Bretagna postcoloniale, emblematizzato da W.W. Tarn (The Greeks in Bactria and India, la cui seconda edizione è del 1951),  sia dallo sbilanciamento verso l’India impersonato da A.K. Narain con il suo The Indo-Greeks, peraltro di poco posteriore (1957). Lo sguardo di Coloru intende essere più oggettivante che interpretativo, e questo è il presupposto per organizzare la ricca mole di dati che raccoglie. Già nell’introduzione (pp. 13-22) infatti, si coglie il dualismo che sempre ha accompagnato la tradizione degli studi: se in senso geografico la regione può considerarsi il territorio del delta dell’antico Bactrus con la relativa capitale Battra (oggi Balhk), in senso geopolitico si deve invece far riferimento al ben più ampio territorio che subì l’influsso culturale e il controllo politico di Battra: esso corrisponde oggi al bacino superiore dell’Amu-darya (anticamente Oxus), comprendente l’Afghanistan settentrionale e la parte meridionale di Uzbekistan, Tagikistan e Kazakistan: è questo l’areale  in cui si sviluppò la cosiddetta civiltà dell’Oxus. Dopo la definizione particolareggiata delle caratteristiche geografiche della Battriana (pp. 13-18), con cenni ai fiumi e alle principali città (Alessandria Oxeiana poi Antiochia Tharmita, oggi Termez; Eucratidia forse da identificare in Ai Khanum; Aornos forse Qunduz...), l’Autore affronta la questione culturale, su cui peraltro ritorna a più riprese nel corso del lavoro: nel paragrafo eloquentemente intitolato "Greci, Greco-Battriani, Indo-Greci" (pp. 18-22), egli ripercorre le definizioni che della popolazione sono state date sin dalle fonti greche, e che inducono a interrogarsi sulla natura composita del regno, che del potentato seleucidico ha conservato istituzioni e modalità espressive in tutti i campi: sintomatico è il caso di Ai Khanum, metropoli ellenistica ispirata ai criteri urbanistici e militari dei Seleucidi, dotata di un complesso palaziale dall’architettura ispirata dalla Mesopotamia come dalla Persia e ornato alla greca. Una simile fusione si ravvisa peraltro sotto molti aspetti, dalla monetazione fra mondo greco e mondo indiano, all’uso dell’alfabeto greco per trascrivere la lingua locale da parte dei Kushana, nel II d.C., inducendo Coloru a interrogarsi sulla natura di una simile entità statale, di cui egli sottolinea la novità: tanto che il bipolarismo delle definizioni (Greco-Battriani, Indo-Greci) lo porta a chiedersi se si debba parlare, alla stessa stregua, di regno siro-macedone per i Seleucidi o di regno greco-egiziano per i Lagidi, visto che tutti hanno come matrice comune la grecità, che di volta in volta si confronta con le realtà locali.

 

          Dati questi presupposti, la lettura e l’esposizione del volume possono ora agevolmente articolarsi.

 

          La prima parte, "Il regno greco di Battriana nella storiografia", esordisce, come doveroso per ogni opera di sintesi, con una robusta storia degli studi; il primo capitolo, "Il regno greco-battriano: dai primi studi ai moderni scavi archeologici" (pp. 25-63) mette a disposizione del lettore i materiali riferibili all’intera parabola delle opere, e anche solo delle citazioni, sulla Battriana: i primi cenni dei viaggiatori (uno fra tutti, Marco Polo) sfiorano la Via della Seta, mentre gli studi successivi riguardano piuttosto l’India: fra i nomi significativi, Giovanni Battista Ramusio (1485-1557) e Claude Fabri de Peiresc (1580-1637); non trascurando gli interessi espansionistici della Russia sull’Asia centrale, l’Autore perviene a Theophilus Siegfried Bayer (1694-1738), che con l’Historia Regni Graecorum Bactriani (1738) inaugura gli studi sul regno greco-battriano, e continua con altre figure di studiosi, per le quali si rinvia direttamente all’elaborato. Dopo un approfondimento dedicato ai Kafiri, gruppi etnici indo-arii residenti nelle pendici meridionali dell’Hindukush, la sezione si chiude con un’utile sintesi sulle grandi campagne di scavo in Asia Centrale e nel Panjab, che rende ragione del progressivo incremento conoscitivo concretizzatosi nel corso del Novecento, offrendo al tempo stesso uno spaccato interessante non solo sulla natura delle informazioni reperite, ma anche sull’impostazione delle ricerche da parte dei vari soggetti che le attuano.

 

          La consapevolezza storiografica antica costituisce il secondo capitolo, "Storia perduta o storia ignorata?" (pp. 65-102): in esso Coloru analizza le posizioni della storiografia di età ellenistica, che vede la concentrazione maggiore delle informazioni, contemporaneamente dunque al massimo grado raggiunto dalla civiltà battriana: in primis da annoverare è Polibio, cui va affiancato Apollodoro di Artemita, fra i primi esponenti della storiografia specializzata in "storie partiche" (più tardo sembra invece Isidoro di Charax). L’unica voce latina è invece rappresentata da Pompeo Trogo, dopo il quale l’interesse storiografico, di lingua sia greca sia latina, si affievolisce – da citare il Periplo del Mar Rosso, datato al I d.C., mentre pochi cenni si riscontrano in Plinio il Vecchio, in Claudio Eliano e in Ateneo di Naucrati, fino a un breve passo di Ammiano Marcellino. Si afferma tardi, dal III – IV d.C., un’immagine diversa della Battriana, vista come Oriente meraviglioso, che così appare negli scritti cristiani sull’Asia e sull’India, tra cui spiccano gli Acta Thomae, il cosiddetto Scolastico di Tebe (forse di IV d.C.), e Cosma Indicopleuste (VI d.C.).

 

          Il terzo capitolo, "Reminiscenze dei re greco-battriani nella letteratura medievale e nella science fiction americana" (pp. 103-120), concerne le attestazioni di epoca medievale e moderna, che offrono uno spaccato inconsueto di citazioni dei re di Battriana, da Eucratide annoverato nella storiografia polacca, e menzionato, insieme a Demetrio, da Boccaccio nel De casibus virorum illustrium e nella versione francese, ampliata, dell’opera. I re di Battriana ritornano nella poesia inglese (da segnalare Chaucer) e in quella spagnola, mentre sono le monete a ispirare il moderno alessandrino Costantino Kavafis. Gli ultimi accenni ai re greco – battriani si trovano in Lovecraft.

 

          La seconda parte, "Il regno greco di Battriana nella storia", ripercorre analiticamente la storia del regno di Battriana, dalla formazione con Alessandro attraverso i Seleucidi, alla costituzione del regno, alla fine del potere greco in Battriana e in India.  Alessandro arriva nel 329 a.C. in Battriana, dodicesima satrapia dell’impero persiano, promuovendo una politica ecistica e contrastando la ribellione dei coloni stanziati nella regione e in Sogdiana (pp. 123-138);  le vicende successive alla morte del Macedone vedono la progressiva organizzazione delle satrapie centro-asiatiche. È questo l’assetto che trova Seleuco I al momento della riconquista dei territori già assoggettati da Alessandro (pp. 139-155), dove la linea ecistica viene potenziata contestualmente a una notevole impiantazione di coloni greci in Asia Centrale; Seleuco, sposato a una principessa battriana, Apame, mostra una particolare inclinazione verso quei territori e verso la compenetrazione dell’elemento greco con quello indigeno, seguendo la lezione di Alessandro; egli rafforza il suo potere associando a sé il figlio Antioco I nel governo delle Satrapie Superiori.

 

          Verso la metà del III a.C. (sulla data puntuale l’Autore discute, pp. 157-168)  la Battriana cessa di essere satrapia seleucide e diventa indipendente (pp. 157-173): da questo momento la storia della Battriana è legata ai nomi dei sovrani, da Diodoto I  e II (pp. 168-173) alla fase di eccellenza di Eutidemo I, re probabilmente dal 230 a.C. circa, che eleva il regno a potenza nell’ambito degli stati ellenistici ed entra nel vivo della politica dinastica dei Seleucidi (pp. 175-186), a Demetrio I, conquistatore dell’India o meglio di vaste regioni di influenza indiana (pp. 187-193), mentre l’espansione greca nella valle dell’Indo e nel Gandhara si deve piuttosto ad Agatocle e a Pantaleone (pp. 203-206). Dopo l’intricata "età della supremazia", che dal 171 a.C. vede lo scontro fra Mitridate I di Partia ed Eucratide I di Battriana nonché le guerre in Sogdiana, in Arachosia, in Drangiana,  in Aria, in India (pp. 209-230), Coloru esamina l’epoca della crisi, segnata dalla fine del potere greco in Battriana per effetto delle invasioni di popolazioni nomadi (pp. 231-239) e dal declino della sovranità greca nell’India nord-occidentale (pp. 241-263).

 

          L’excursus storico, qui fortemente sintetizzato, tiene conto naturalmente di tutte le fonti disponibili, con particolare attenzione a quelle numismatiche, che consentono una ricostruzione "dall’interno" delle successioni (particolarmente utile per la sequenza Apollodoto I, Antimaco II e Demetrio II, pp. 206-208) e delle modalità di autorappresentazione dei sovrani.

 

          Alla ricostruzione delle vicende l’Autore fa seguire un capitolo, riguardante lo stato, l’economia e la società nel regno battriano (pp. 265-282), perfino troppo breve rispetto alla quantità dei temi e degli spunti talora anche solo sfiorati, e che meriterebbero un approfondimento in altra pubblicazione futura. Il primo punto di interesse è dato dall’organizzazione del regno battriano, diviso in satrapie secondo il modello achemenide mediato da quello seleucidico, come mostra il caso esemplare  della tesoreria di Ai Khanum; da notare che, in linea con l’uso seleucide, anche il regno battriano consentiva la circolazione di qualsiasi moneta purché di peso attico, dal che traeva legalità: la monetazione battriana, basata su tale peso, era altamente considerata e di conseguenza molto impiegata e diffusa.

 

          Il rapporto con la cultura greca si concretizza in molti esempi: l’organizzazione del ginnasio di Ai Khanum secondo canoni puramente ellenici, o la donazione di un rhytón a Delo da parte del battriano Ispaosine, forse importatore d’olio d’oliva, di cui la Battriana era scarsa, e/o esportatore di avorio lavorato o altro materiale prezioso. Il quadro si completa con le attestazioni di presenze greche provate da ceramiche e dall’adozione di modelli costruttivi greci, mentre è da ascrivere alle tradizioni locali una serie di tecnologie, che vanno dal sistema di canalizzazione alla lavorazione del vetro e dell’avorio.

 

          Infine, un cenno alla religione. In base alle monete si può affermare che il pantheon fosse rigorosamente quello greco, con una particolare predilezione per Eracle e per Dioniso, anche se non mancano divinità anatoliche come Cibele o culti locali come quello del dio del fiume Oxus; pochissime le rappresentazioni monetali di divinità indiane. Rispetto alla religione greca, marginalesembra il ruolo rivestito dal buddismo, che comunque si impone dopo la dominazione greca e pare piuttosto essersi configurato come un’inclinazione, anche grazie a qualche analogia con i precetti delle scuole filosofiche greche.

 

          In chiusura, l’ "Appendice", che comprende la selezione dei documenti discussi nel corso del lavoro.

 

          Il volume costituisce dunque un obbligatorio punto di riferimento sia per un approccio preliminare sia per ricerche più approfondite sulla Battriana e sulle complesse vicende dell’Asia centrale.