Bussi, Silvia - Foraboschi, Daniele (a cura di ): Roma e l’eredità ellenistica. Atti del convegno internazionale, Milano, 14-16 gennaio 2009, pp. 244, cm 18 x 25,5 figure e tavole in bianco/nero n.t., ISBN 978-88-6227-278-0, Euro 95
(Fabrizio Serra editore, Pisa · Roma 2010)
 
Compte rendu par Giulia Isetti, Università degli Studi di Genova
 
Nombre de mots : 2067 mots
Publié en ligne le 2012-11-30
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Il volume, che raccoglie gli Atti del convegno internazionale "Roma e l’eredità ellenistica", tenutosi tra il 14 e il 16 gennaio 2009 presso l’Università degli Studi di Milano, si apre con un’introduzione di D. Foraboschi, curatore, assieme a S. Bussi, dell’opera. Questa premessa è volta a presentare il tema del convegno, ovvero il rapporto dialettico di continuità-rottura tra il mondo ellenistico e quello romano e si conclude con una breve panoramica dei singoli interventi del convegno.

 

          P. Desideri propone un interessante parallelo tra la raffigurazione di Alessandro Magno da parte di Plutarco e quella di Dione di Prusa. Non solo essi si servirono della figura del sovrano macedone come spunto di riflessione sulla monarchia universale, ma in entrambi la rappresentazione di Alessandro subì un’evoluzione, anche se in direzioni opposte. In Dione infatti, dal discorso IV al II Sulla regalità, il re passò dal rappresentare l’arroganza del potere assoluto a incarnare saggezza e moderazione. In Plutarco invece il processo sembra invertito: nel De Alexandri Magni fortuna aut virtute egli rappresenta Alessandro come depositario di virtù e civilizzatore, mentre nel successivo bios il ritratto del re appare oscurato da alcune ombre. Entrambi i cambiamenti di rappresentazione si possono spiegare considerando la congerie politica dell’epoca: in Dione l’Alessandro tirannico rifletterebbe infatti Domiziano, mentre quello moderato Traiano. Era Traiano stesso a richiamarsi al sovrano macedone con una imitatio Alexandri, soprattutto in vista delle campagne militari in Dacia e Parthia, fattore che probabilmente influenzò il ridimensionamento di Alessandro da parte di Plutarco, che, come Dione, rifiutava la ripresa bellica da parte dell’impero. La rappresentazione del sovrano macedone si dimostra in questo modo uno strumento perfetto e malleabile per interpretare, anche con successivi ripensamenti, il potere assoluto e la precarietà a esso connessa.

 

          Il saggio di C. Miedico presenta un’analisi dell’iconografia monetale scelta dal sovrano e dalla sua corte, dimostrando la necessità di dedicare una maggiore attenzione al contesto storico e politico che produsse l’arte ellenistica e macedone, anello di passaggio necessario tra la cultura classica e quella romana. La studiosa presenta due esempi, corredati di un buon numero di illustrazioni e ricostruzioni, che dimostrano la stretta relazione esistente tra l’iconografia scelta dal Poliorcete e la politica da lui perseguita, ricordando in primo luogo l’immagine propagandistica della Vittoria su prua, che aveva lo scopo di celebrare la vittoria di Demetrio sulla flotta tolemaica. Tale rappresentazione ricorre non solo nei conii monetali, ma anche nella statuaria: l’autrice propone infatti di spostare la datazione della Nike di Samotracia tra il 294 e il 288 a.C., inquadrando l’opera all’interno di questo contesto propagandistico. Il secondo esempio è costituito dal Poseidon tipo Laterano; scegliendo questa immagine il Poliorcete, che si dichiarava figlio del re del mare, voleva evocare la sua presa di potere sulla Grecia e sulla Macedonia, esattamente come Poseidon aveva avuto la meglio su Atena nella contesa per l’Attica. Uno sviluppo di questo tipo monetario è rappresentato dalla raffigurazione di Poseidon che posa un piede su un globo, immagine che denota le mire ecumeniche del Poliorcete poco prima della sua sconfitta in Asia. La studiosa sottolinea inoltre l’identità non solo iconografica, ma anche ideologica tra la monetazione del Poliorcete e quella augustea: anche Ottaviano sceglierà la Vittoria su prua per rievocare il successo sulla flotta tolemaica e il Poseidon col piede sul globo, volto non solo a celebrare la vittoria su Sesto Pompeo, ma anche ad esternare le aspirazioni di Augusto ad un impero universale.

 

          Il lungo contributo di B. Virgilio (1) presenta i risultati della decifrazione dell’epistola reale inv. 202 del Fonds Louis Robert, che lo studioso ha avuto modo di esaminare tramite i calchi del testo (nrr. 2403-2406) e altri documenti conservati nel fondo. La decifrazione dell’epistola era stata lasciata irrisolta da L. Robert, ma tramite un processo di elaborazione informatica e digitale delle foto, la documentazione fornita da altre iscrizioni e l’individuazione di ripetizioni di concetti chiave che facilitavano la lettura, Virgilio riesce ad identificare il tema principale del testo, ovvero la liberazione del personale sacro del santuario del dio Sinuri, che era stato preso in ostaggio, per concessione di Antioco III. Lo studioso, dopo una disamina degli appunti di L. Robert, presenta quindi una sua edizione del testo, corredandolo di precise note puntuali di tipo paleografico, grammaticale e contenutistico. Tale documento testimonierebbe dunque che questo santuario sarebbe stato coinvolto nei grandi eventi militari dell’epoca, ovvero la campagna in Caria tra il 203 e il 201 a.C., così come i più noti santuari di Labraunda e Amyzon, per i quali sono infatti documentate iscrizioni simili.

 

          Di tutt’altro taglio l’intervento di G. Bejor, il quale propone una veloce carrellata di alcuni esempi di barocco pergameno, espressione della propaganda reale. Lo studioso, premettendo che tale stile non fu certo l’unico a essere coltivato a Pergamo, conclude il saggio sottolineando come alcune di queste immagini continuassero ad essere copiate al di fuori del contesto dinastico, avendo infatti grande diffusione a Roma in virtù della loro forza evocativa del potere.

 

          L. Troiani mette in relazione il contenuto di un’epigrafe, secondo la quale Seleuco IV aveva incaricato il visir Eliodoro di procedere con un prelievo forzoso al fondo del tempio di Gerusalemme, con l’episodio accennato di sfuggita nel XVI libro delle Storie polibiane di un’apparizione di un cavaliere dall’armatura dorata che terrorizzò Eliodoro. L’episodio fu ripreso in II Maccabei e suscitò l’interesse di Polibio, mentre la mutata situazione culturale all’epoca di Flavio Giuseppe aveva fatto sì che l’episodio perdesse di rilievo.

 

          L’intervento di D. Foraboschi ripercorre i cambiamenti monetari e agrari che caratterizzarono il passaggio dall’ellenismo al Tardo-antico, in cui furono ripristinati i primitivi rapporti solidaristici e comunitari che erano stati mandati in crisi o mutati durante l’ellenismo e l’età romana. Lo studioso mette in luce il fatto che tra il Tardo Antico e l’epoca precedente sono attestati però sempre alcuni punti di continuità, garantiti dal perdurare delle forme di governo centralistiche ancora in auge.

 

          L. Asmonti concentra invece la sua attenzione sull’elaborazione dell’eredità democratica in epoca ellenistica e soprattutto sulla sua trasmissione a Roma. Da alcuni accenni ciceroniani a Democare di Leuconoe, voce critica nei confronti di Demetrio Falereo, l’autore evince la presenza a Roma di un’immagine di Atene che ancora si richiamava alla sua cultura democratica e che rifiutava di conformarsi al cosmopolitismo ellenistico.

 

          Il saggio di G. Brizzi sottolinea le similitudini dell’evoluzione dell’etica e della strategia bellica tra Grecia e Roma. In entrambi i casi si passò da una condanna del sotterfugio e dell’inganno alla loro piena approvazione in vista del risparmio di vite umane tra le proprie fila, anche se di pari passo acquisiva sempre maggior importanza l’eliminazione del più alto numero possibile di nemici. Lo studioso sottolinea infine come fosse stato il doloroso insegnamento annibalico ad aver portato la tattica e gli strumenti di combattimento romano ad un tale punto di perfezionamento da provocare lo sfaldamento delle strutture militari ellenistiche.

 

          L’intervento di A. Coppola offre una variegata panoramica di diversi casi di predazione, restituzioni e reimpieghi di statue greche da parte dei romani vincitori, rivelando come dietro ad ogni caso si celassero spesso motivazioni e istanze di diversa natura: non solo economico-artistiche, ma anche di tipo religioso, simbolico, politico e culturale. La studiosa sottolinea inoltre che il reimpiego delle statue trovava riscontro nella sottomissione da parte dei vinti, che si assoggettavano all’assimilazione iconografica e allo snaturamento originale della dedica dei singoli oggetti a favore di una nuova collocazione.

 

          S. Bussi esamina la storia delle relazioni tra l’Egitto pre-romano e la Nubia, in particolare la contesa per la regione immediatamente a sud della prima cataratta, che divenne una sorta di zona cuscinetto. L’autrice passa poi ad analizzare in particolare gli interessi economici dell’Egitto sull’area, dettati dalla presenza di intensi traffici commerciali e sottolinea la linea di continuità con la strategia politico-commerciale tolemaica adottata dal prefetto d’Egitto Cornelio Gallo, prima che questi cadesse in disgrazia presso Ottaviano.

 

          H.M. Cotton e B. Legras offrono, in Presentazione del libro di Silvia Bussi, «Le élites locali nella provincia d’Egitto di prima età imperiale» due distinte recensioni al volume in questione, edito da Cisalpino a Milano nel 2008.

 

          Sempre B. Legras dimostra poi, nel saggio seguente, come e in quale misura il diritto familiare egizio antico, quello greco ed ellenistico e infine quello romano non fossero tanto venuti a mischiarsi nel corso delle conquiste dell’Egitto a opera prima dei Tolomei e poi dei romani, quanto piuttosto a influenzarsi a vicenda, mantenendo però tratti distinti e peculiari.

 

          Il contributo di A. Savio e A. Cavagna, dopo aver posto l’accento sul problema dell’interruzione della coniazione dei tetradrammi d’argento in età augustea, passa poi ad analizzare l’iconografia che caratterizza la serie dei bronzi. In particolare gli autori offrono una descrizione, corredata da una tavola con alcuni esempi, delle sei diverse fasi che caratterizzarono la monetazione egiziana augustea: da tale panoramica si evince che, anche se i simboli tolemaici furono integrati e reinterpretati nella nuova monetazione, tuttavia il substrato egiziano riuscì a riaffiorare nella monetazione romana con vari simboli, quali doppie cornucopie, fiori di loto, il copricapo di Iside, il coccodrillo, l’ibis, il busto di Nilo e della sposa Euthenia.

 

          Nel saggio di A. Marcone si mette in luce, tra i vari lasciti culturali e cultuali che il mondo ellenistico passò a quello romano, il parallelismo tra gli eccezionali onori tributati dagli Ateniesi ad Antigono Monoftalmo e a Demetrio Poliorcete e quelli conferiti agli imperatori romani da Augusto in poi. Essi sono infatti accomunati dal fatto di diventare divinità più tangibili e presenti rispetto a quelle tradizionali, tramite un processo che permetteva loro di cementare maggiormente il potere e integrare tutti i cittadini sotto l’egida di un unico culto comune.

 

          Chiude l’opera il contributo di L. Capponi, la quale propone di identificare il Cresto, citato come istigatore di rivolte giudaiche a Roma in Vita di Claudio 25, 4 da Svetonio, con un influente liberto operante alla corte dell’imperatore. La studiosa giunge a tale identificazione sulla base delle informazioni tramandate da PThmouis 1 e conclude l’intervento interpretando i fraintendimenti della tradizione alla luce della confusione causata dall’assonanza tra Chrestus e Christus, e Chrestiani e Christiani.

 

         Come si evince da questa breve rassegna dei diversi contributi che lo compongono, il volume offre uno studio variegato e multidisciplinare, che si prefigge di affrontare il tema del convegno sotto molteplici sfaccettature e punti di vista. Il volume, coinvolgendo infatti discipline che spaziano dall’archeologia all’economia, dalla letteratura alla giurisprudenza, riesce così a soddisfare le esigenze di un pubblico altrettanto variegato di specialisti, fornendo loro interessanti spunti di studio e di riflessione, nonché quelle di chi desidera avere una visione di più ampio respiro della tematica affrontata.

 

(1) Una versione ampliata dell’intervento è in corso di pubblicazione assieme ad altri saggi dell’autore nel volume Le roi écrit. La correspondence du souverain hellénistique, suivie par deux lettres d’Antiochos III à partir de Louis Robert et d’Adolf Wilhelm, «Studi Ellenistici», XXV [2011].

 

 

 

Indice:

  • D. Foraboschi, Introduzione (pp. 9-17)
  • P. Desideri, Il mito di Alessandro in Plutarco e Dione (pp. 19-31)
  • C. Miedico, Comunicare il potere presso la corte di Demetrio Poliorcete (pp. 33-54)
  • B. Virgilio, L’epistola reale dal santuario di Sinuri presso Mylasa in Caria, sulla base dei calchi del Fonds Louis Robert della Académie des Inscriptions et Belles-Lettres (55-107)
  • G. Bejor, Pergamo, propaganda di stile (pp. 109-112)
  • L. Troiani, Polibio e l’«epifania» nel tempio di Gerusalemme (pp. 113-117)
  • D. Foraboschi, Programmazione ellenistico-romana? (pp. 119-129)
  • L. Asmonti, The Democratic Model from Hellenistic Athens to Republican Rome: Cicero on Demochares of Leuconoe (pp. 131-139)
  • G. Brizzi, Forme principi della guerra tra Grecia e Roma: qualche ulteriore considerazione (pp. 141-151)
  • A. Coppola, Storie di statue: vincitori e vinti della Graecia capta (pp. 153-163)
  • S. Bussi, Egitto e Nubia tra Ellenismo e Roma: continuità e fratture nella politica internazionale romana (pp. 165-175)
  • H.M. Cotton - B. Legras, Presentazione del libro di Silvia Bussi, «Le élites locali nella provincia d’Egitto di prima età imperiale» (pp. 177-182)
  • B. Legras, Rome et l’Égypte: les transferts de droit familial d’Octave à Caracalla (pp. 183-192)
  • A. Savio - A. Cavagna, La monetazione egiziana di Augusto: ideologia imperiale e substrato egiziano (pp. 193-204)
  • A. Marcone, Un «dio presente»: osservazioni sulle premesse ellenistiche del culto imperiale romano (pp. 205-215)
  • L. Capponi, Impulsore Chresto: una risposta dai papiri (pp. 217-226)