Carella, Silvio: Architecture religieuse haut-médiévale en Italie méridionale : le diocèse de Bénévent. IV+255 p., 331 b/w ill., 220 x 280 mm, ISBN 978-2-503-53388-9, 65 €
(Brepols Publishers, Turnhout 2011)
 
Rezension von Sabrina Pietrobono, Newcastle University
 
Anzahl Wörter : 1992 Wörter
Online publiziert am 2012-07-30
Zitat: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=1562
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É noto che la popolazione conosciuta come “Longobardi” si stanziò in Italia settentrionale dando vita alla cosiddetta Langobardia Major e raggiunse l’attuale regione italiana denominata Campania finendo per dominarla alla fine del VI secolo d.C., organizzandovi uno dei due ducati centro meridionali, quello di Benevento, accanto a quello di Spoleto, costituenti la cosiddetta Langobardia Minor. Questo volume vuole studiare edifici religiosi riconducibili alla presenza longobarda e rappresenta un’articolata proposta di sintesi delle conoscenze dell’architettura religiosa in età altomedievale della fondamentale arcidiocesi beneventana secondo i confini ricostruiti sulla base della bolla del papa Giovanni XIII del 26 maggio 969. Il volume si divide agilmente in due parti: la prima, anticipata dalla prefazione di Jean-Pierre Caillet (p. 5) e dalla introduzione dell’autore (pp. 7-11), è costituita dal catalogo degli edifici selezionati e schedati (pp. 13 - 166), in 14 schede generali ulteriormente ripartite al loro interno in un numero complessivo di 38 edifici.

 

Le schede riguardano sostanzialmente gli edifici rintracciati nel territorio, non solo quelli di rinomata fama, come i beneventani, ma anche fondazioni minori, e comprendono complessivamente siti presso Eclano, Avicenna, Benevento, Campo La Fontana, la molisana Santa Maria in Civita, Monte Sant’Angelo al Gargano, Ponte, Prata, Pratola Serra, San Giovanni Rotondo, San Vincenzo alle Fonti del Volturno e Siponto, le date di costituzione dei quali sono riconducibili ad un periodo compreso tra l’inizio del VII secolo ed il primo quarto del IX secolo. In questo volume sono stati inclusi anche gli edifici relativi a Montecassino e San Germano oggi Cassino, nel territorio dell’abbatia nullius dioecesis cassinese.

 Le schede sono particolarmente dettagliate e le vari voci risultano, in maniera molto funzionale, ripartite in tre parti, quelle di natura generale all’inizio dette di “identità” (localizzazione, stato della ricerca, attestazioni storiche e archeologiche, fonti altomedievali, stato attuale di conservazione del sito), quelle di “descrizione” (si tratta di planimetrie, dimensioni, analisi degli apparecchi murari, coperture, sistemazioni interne, elementi decorativi e di dati complementari) con un commentario finale. Le note personali sono molteplici: revisione dell’edito, proposta di nuove forme planimetriche, rilettura di funzioni, come ad esempio per le chiese del Gargano. Nel caso del gruppo di San Pietro, San Giovanni e Santa Maria a Montesantangelo si tratta di un’analisi d’insieme che mancava (pp. 110-113), mentre per la complessa situazione della grotta dell’Angelo l’autore arriva a escludere le connessioni con culti precristiani, mentre rilegge alla luce della ritualità altomedievale la destinazione degli spazi (pp. 92-110).

 

La seconda sezione del volume (pp. 167 - 232) riepiloga, suddividendoli ulteriormente in sezioni, i dati tecnici, individua i punti centrali di confronto e fornisce delle esemplificazioni chiavi per la ricerca. È divisa in studio tecnico (pp. 167 - 178), studio formale (pp. 179 - 212), ruolo politico e funzione sociale delle chiese (pp. 213 – 229), con conclusioni finali (pp. 230-232).

Il capitolo d’esordio di tale sezione si incentra, ovviamente, sui problemi tecnici, con l’illustrazione dapprima dei materiali impiegati e proseguendo con illustrare problemi e funzioni circa le fondazioni e i muri di sostegno, le murature e gli apparecchi esterni, le pavimentazioni, i rinforzi esterni e le lesene, i rivestimenti esterni, i supporti interni, gli archi, le volte e le cupole, le cornici, i soffitti, i tetti, le aperture (in genere porte e finestre), per concludere con le unità modulari impiegate per la costruzione. Tutto si riallaccia a consuetudini costruttive regolamentate ed efficaci.

Lo studio formale propone una tipologia generale delle chiese ripartite in: chiese a una navata ed un’abside, il più numeroso, 14 su 32; chiese a tre navate, 9 su 32; a due cupole in asse, 3 su 32; a pianta centrale, come i battisteri, tra i quali considera Santa Maria delle Cinque Torri di Cassino; alcuni peculiari edifici restano senza classificazione (come Santa Sofia a Benevento e la grotta di San Michele al Gargano). Anche se nulla è frutto di improvvisazione ma tutto si ricollega a una consolidata precedente tradizione, l’analisi effettuata porta l’autore a riconoscere nella tripla arcata del coro, nel deambulatorio, nella tripartizione delle absidi e nella cripta con corridoio trasversale specifiche soluzioni preferite dalla cultura longobarda rispetto ai precedenti modelli paleocristiani  (p. 210). L’analisi delle diverse componenti attraverso numerosi confronti investe strutture di absidi, transetti, navate, cripte, avancorpi, atria, aperture, battisteri, arredo liturgico, sepolture, apparati decorativi, prima di affrontare l’articolazione e la ricomposizione nel contesto topografico, particolarmente le chiese doppie con battistero.

Lo studio del ruolo politico e della funzione sociale degli edifici include necessariamente la questione della cristianizzazione dei Longobardi. A ogni modo, conclude l’autore, le chiese al cuore dell’indagine partecipano attraverso le forme, la decorazione, le pratiche liturgiche che si dipanano al loro interno, alla formazione di una unità socioculturale beneventana, specifica e distinta da quelle che offrono le popolazioni circostanti romane e bizantine, come pure sotto certi aspetti dalla parallela esperienza dei Longobardi del Nord (p. 229).

 

Il fine del volume è certamente ambizioso, e proprio per questo merita attenzione. Nel panorama degli studi sull’architettura dell’area, si propone di essere una sintesi critica delle conoscenze su tale soggetto: come per altre aree del Meridione d’Italia, si sente la mancanza di studi sistematici aggiornati riguardanti gli edifici ecclesiastici in una visione d’insieme, e approcci di questo tipo sono sempre indispensabili, come è stato dimostrato nel caso delle ricerche sulle strutture fortificate.  

La prima osservazione possibile riguarda l’estrema utilità della prima parte del testo, per la sua chiarezza e il suo ordine interno, in quanto fornisce una sistematica lettura di edifici estremamente complessi e problematici, con la preoccupazione costante di fornire anche il più piccolo dato purché significativo, vagliato criticamente, e di riorganizzare le informazioni selezionando accuratamente i contesti, mettendone in rilievo le difficoltà. Un esempio è l’analisi della planimetria della chiesa di San Sofia, a Benevento (pp. 35-55), di cui si discutono i problemi sorti dai restauri e le trasformazioni, ma di cui soprattutto si propone una rilettura significativa, giungendo a definire l’edificio come cappella palatina altomedievale posta in una linea evolutiva che da San Vitale di Ravenna conduce alla cappella carolingia di Aix (pp. 231). L’evoluzione delle ricerche su Benevento porterà ulteriori dati per approfondire i problemi legati all’edificio anche alla luce di queste nuove suggestioni.

Una seconda considerazione tocca, infatti, una certa continuità di studi che si è fortunatamente impostata in alcune aree del Meridione. Conseguenza inevitabile di volumi quali quello del Carella è che occorre molto tempo per essere edita e data alle stampe e, nel frattempo, la ricerca sui singoli siti fortunatamente procede, pur se a rilento. Non per questo il volume perde in efficacia, tutt’altro. Esempio paradigmatico di ciò risulta Montecassino. Per quanto sia un fondamentale monastero nella storia dell’Occidente cristiano e un famoso luogo di pellegrinaggio, può farsi forte di una grandiosa tradizione di studi storici, mentre gli studi architettonici ma soprattutto archeologico-topografici  mancavano di sistematicità per le ragioni sintetizzate nella rispettiva scheda e restavano in ritardo rispetto ad aree contermini, ad esempio San Vincenzo al Volturno, ormai perno degli studi sul periodo altomedievale in Italia Centro Meridionale. Alcuni recentissimi contributi sulle architetture delle chiese di Cassino, a valle del Monastero (si veda i recenti volumi di “Lazio e Sabina”, che comprendono studi anche di giovani ricercatori dell’area) sono ora da vagliare attentamente ed assimilare, proprio per la confusa situazione cassinese di dispersione delle notizie, accennata dal Carella. Questo induce ovviamente a una certa prudenza e, d’altra parte, necessitano nuovi dati da indagini di scavo, possibilmente stratigrafiche e mirate, come quelle, in un prossimo futuro, che sembrerebbero aver trovato finalmente spazio sul sito sulla distrutta chiesa di Santa Maria delle Cinque Torri, al centro di una forte polemica scientifica tra Ermenegildo Scaccia Scarafoni e Angelo Pantoni, durata fino agli anni ’80. Silvio Carella si fonda sugli studi dello Scaccia Scarafoni, che ipotizzava una funzione battesimale dell’edificio sulla scia della precedente esistenza del battistero cassinate, tesi tuttora dibattuta ma che riporta all’attenzione il tema del riutilizzo di antiche strutture romane, condizionanti forme e risultati estetici finali. Risulterà più semplice incorporare, negli studi futuri, possibili aggiornamenti, comprensivi anche delle più recenti ricostruzioni virtuali proposte.

É necessario, nel caso del monastero cassinese e dell’area della odierna città cassinate, come in altri siti del Sud Italia, procedere lentamente e a tappe precise: prima di tutto riordinare le conoscenze storiche e documentarie, dalle quali estrarre i dati utili alle distinte ricerche, stabilendo griglie cronologiche quanto più possibile corrette e vagliando in primo luogo attentamente i problemi forniti dalle carte d’archivio e dalle cronache, che sono di molteplice natura e condizionano non poco l’interpretazione dei dati raccolti sul terreno; parallelamente, indagare nel dettaglio la topografia dell’area e progressivamente le trasformazioni del territorio; infine incorporare le suggestioni fornite da studi come quello del Carella, che intraprende con passione questo percorso partendo invece dalle testimonianze architettoniche. Questo volume si inserisce di peso così in tale processo di rilettura sistematica: estrae i siti dalle pagine degli archivisti settecenteschi, degli storici o degli storici dell’arte del secolo scorso che ne hanno abbozzato le fasi di sviluppo, per rileggerli in maniera organica unendovi i dati di scavo disponibili e collocandoli in un contesto di più ampio confronto, tra edifici ed edifici e tra località e località, finalmente in una visione d’insieme. Resta aperta, come è d’obbligo per tutte le ricerche di grande portata, una revisione futura delle singole schede per un continuo aggiornamento bibliografico.

Una terza riflessione include l’ampiezza dei temi affrontati. Pur apparendo libro molto tecnico, non si limita a parlare agli studiosi di architettura ma fornisce molti dettagli “strutturali” a temi lungamente dibattuti sul piano storico. Di fatto, la crescita del potere e il rafforzamento politico si riflettono nelle opere architettoniche, rese non solo utile strumento di propaganda mediante i grandi complessi cultuali, ma anche di espressione del radicamento della nuova fede nella rete insediativa attraverso più modesti edifici sparsi sul territorio, associati ad aree di sepoltura. Importante in tal senso il ruolo espletato sul piano dell’evergetismo monumentale, mentre non si può evitare di sottolineare la posizione di frontiera, nella loro duplice dimensione monastica e di cura di anime, rivestita dai grandi monasteri e dal santuario nazionale longobardo di San Michele al Gargano, per il quale è condivisibile l’aver dissociato San Michele dalla guerresca figura di divinità pagane, esaltandone invece il ruolo di protettore (p. 215): queste funzioni spiegano le particolarità delle soluzioni planimetriche e architettoniche. Allo stesso tempo, analizzare Benevento, perno della cosiddetta “Longobardia Meridionale” al centro degli interessi di Mario Rotili e del figlio Marcello, e il suo territorio diocesano conduce a delineare il processo di integrazione di questi “pagani” nel tessuto “cattolico” dell’area, i caratteri peculiari della loro civilizzazione, che sta emergendo nella sua specificità, indagando l’apporto da loro dato in termini di fondazioni di edifici di culto e di organizzazione della geografia ecclesiastica, allo scopo di riconoscere in campo architettonico particolarità anche rispetto alle altre esperienze degli stessi Longobardi del Nord.

La seconda sezione del volume, dove trovano spazio questi temi, è pertanto di gran lunga più complessa. Di estremo interesse sono le proposte del Carella collocate nel contesto altomedievale dell’area e nel più ampio ambito europeo, orientale e occidentale. Nei numerosi confronti effettuati, soprattutto dallo studio formale, emerge come non sia effettivamente corretto sostenere che l’architettura longobarda sia stata direttamente influenzata da quella bizantina, ma che debba essere sottolineata l’appartenenza di entrambe ad un più ampio sostrato culturale comune che ha i suoi esordi nella tarda antichità (p. 210).

 

La scelta di ordinare le schede alfabeticamente è forse di sapore enciclopedico ma è risultata senz’altro utile ai fini della organizzazione della ricerca come altrettanto utile si rivela ai fini di una facile consultazione.  É perciò un ottimo strumento di consultazione per la corposa raccolta dati, da metabolizzare con la dovuta concentrazione. Il libro possiede in definitiva una funzione bivalente. L’analisi tecnica compiuta è illuminante, particolarmente quella sulle murature, per la loro varietà anche se non innovatività, ma allo stesso tempo fornisce un forte stimolo a riordinare intricati problemi storici sulla base delle evidenze materiali, in una nuova ottica di indagine.