Frommel, S (a cura di)., con la collaborazione di F. Bardati: Francesco Primaticcio architetto, Milano, Electa, 2005, 352p., ill. col e B/N, ISBN 88-370-3141-4
(Mondadori Electa spa, Milano 2005)
 
Recensione di Daniela del Pesco, Université de L’Aquila
 
Numero di parole: 1982 parole
Pubblicato on line il 2008-01-23
Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=168
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L’attività di Francesco Primaticcio (1503-1570) è assai enigmatica a causa della distruzione di molte opere citate dai documenti e delle commistioni tra pittura, decorazione, architettura che pongono il problema se sia possibile isolare ed identificare gli aspetti strettamente architettonici nella complessa identità dell’artista.

Dopo la monumentale monografia di Louis Dimier (Le Primatice, peintre, sculpteur et architecte des rois de France, Parigi 1900) nessuno studio ha dato spazio alla sua attività di architetto ; l’arduo compito di ricostruirla è stato di recente affrontato da Sabine Frommel che ha ideato un bel volume edito da Electa. Nel saggio centrale dedicato all’opera architettonica in Francia, Sabine Frommel afferma che : « Sul piano metodologico studiare l’opera di Primaticcio architetto significa accettare una sfida. La parte più rilevante di quest’opera è scomparsa : demolite la Rotonda dei Valois e le fabbriche per Charles de Guise, solo una restituzione grafica delineata sulla base di descrizioni e di rappresentazioni ulteriori permette di resuscitarla. Tale approccio esige dunque pazienza da parte del lettore, che dovrà aprirsi la strada assieme a noi attraverso fonti multiple, spesso contraddittorie, al fine di creare un’immagine coerente ». Per cogliere la specificità del linguaggio architettonico e dell’evoluzione stilistica di Primaticcio, Sabine Frommel dispone in ordine cronologico gli edifici, ricostruiti virtualmente sulla base di un esauriente esame delle testimonianze grafiche pervenute e li pone a confronto con gli interventi sopravissuti a Fontainebleau. Le invenzioni architettoniche per i fondali dei quadri e dei disegni sono utilizzati come materiale di supporto, pur tenendo presente l’eterogeneità tra linguaggio fantastico della rappresentazione e quello, reale, del costruito.

Primaticcio si reca in Francia nel 1532, quando, ventottenne, ha già quattro anni di esperienza nel cantiere di palazzo Te a Mantova dove si concentrano i migliori talenti che riassumono in sé gli aspetti fondamentali dell’arte romana. L’incontro con Giulio Romano è fondamentale poiché al suo fianco ha modo di recepire la maniera moderna che si sviluppa sulla base dei cantieri vaticani delle Stanze, al momento in cui Michelangelo lavora alla volta della Sistina.

La stima di Francesco I per Giulio Romano e il suo amore per l’arte italiana aiutano Primaticcio ad essere ben accolto in Francia dove elabora innanzitutto i cartoni degli arazzi della Storia di Scipione di Giulio e subito dopo, nel 1533, dirige l’équipe impegnata nella decorazione delle camere del re e della regina a Fontainebleau. Usando le esperienze passate, rielaborando la sua conoscenza della pittura bolognese e parmense e una raffinata cultura antiquaria, egli viene subito incontro alle esigenze della committenza francese rivelando un’eleganza più equilibrata, meno sovraccarica e spettacolare di quella di Giulio Romano.

Il cantiere di Fontainebleau diviene il luogo principale della sua attività per un lungo arco di tempo che ha inizio dagli anni della collaborazione con Rosso Fiorentino fino al viaggio a Roma nel 1540 per realizzare i bronzi ricavati dai calchi delle statue del cortile del Belvedere destinati ad arricchire la nuova dimora di Francesco I. La data del 1540-41 è cruciale : Rosso si suicida, Primaticcio torna dall’Italia accompagnato dal Vignola, Serlio è chiamato in Francia da Francesco I e Philibert Delorme si stabilisce a Parigi dopo un periodo di formazione in Italia.

Enrico II, succeduto a Francesco I nel 1547, sceglie come ordonnateur des bâtiments du roi Philibert Delorme e come architetto del Louvre Pierre Lescot, affiancato da Jean Goujon per le sculture, ma si avvale di Primaticcio per la decorazione della Salle de bal a Fontainebleau (1551-56). Sono gli anni in cui l’artista italiano inizia la collaborazione con Nicolò dell’Abate per i cicli bellifontani. La morte improvvisa di Enrico II nel 1559 e la breve ascesa di Francesco II (1559-1560) confermano il potere dei de Guise a corte ; Primaticcio è impegnato (1558-71) nella realizzazione della grotta di Meudon per custodire le collezioni d’arte del cardinale Charles de Guise : le sue simpatie per le tendenze italiane contribuiscono a far sì che nel 1559 lo stesso Primaticcio sia nominato surintendant des bâtiments du Roi, revocando l’incarico a Delorme.

Pur continuando ad essere escluso dal cantiere del Louvre, durante i regni di Francesco II e di Carlo IX Primaticcio interviene nella maggior parte dei progetti commissionati da Caterina de’Medici, loro madre e sua grande protettrice. In questo periodo l’artista si impone sempre più come coordinatore di grandi imprese di architettura e di scultura, campo nel quale viene magistralmente affiancato da Germain Pilon. I documenti citano i lavori a Saint-Germain-en-Laye, a Vincennes, e, ancora a Fontainebleau (appartamento della regina nel pavillon des Poëles, ala di Carlo IX, rielaborazione della Cour de la fontaine).

L’attività nel campo della decorazione continua fino all’ultimo progetto per la stanza del re con Storie dell’Iliade, documentata in disegni, così come quella di ideatore di apparati scultorei quali i monumenti al cuore di Enrico II, eseguito da Germain Pilon e Francesco Del Barbiere (Louvre), al cuore di Francesco II (chiesa abbaziale di Saint-Denis) e la monumentale tomba di Enrico II e di Caterina de’Medici destinata alla Rotonda dei Valois.

Il volume si pone di fronte a questa molteplicità di situazioni. Per farlo, si ripercorrono analiticamente le tappe della fortuna critica e della formazione italiana dell’artista, alla quale sono dedicati i saggi di Bardati, di Belluzzi e di Tuttle. Il problema è quello di chiarire quanto nell’architettura di Primaticcio siano recepiti gli apporti italiani di Raffaello, di Michelangelo, di Peruzzi e del conterraneo Vignola e il valore del confronto con Serio -  attivo per Ippolito d’Este nel Grand Ferrare presso Fontainebleau, peintre et architecteur du roi fino al 1554 - apporti che si collocano su un versante privilegiato e coerente che prende le distanze dalla lezione romana di Bramante. Inevitabile è anche la necessità di evidenziare come Primaticcio si sia misurato con Pierre Lescot, con Philibert Delorme e con Jean Bullant, con gli architetti, cioè, che dopo il 1540 segnano una svolta decisiva nell’architettura francese e ciò proprio poiché indubbiamente il bolognese fu artefice importante della fusione delle acquisizioni della cultura romana e padana con la tradizione e la pratica costruttiva di Francia.

Il problema di questi rapporti è affrontato da Dominique Cordellier e da Jean Guillaume, ma è un tema che emerge costantemente dalle pagine più specificamente dedicate alla lettura delle opere dell’artista cioè dalle riflessioni di Sabine Frommel e di Vincent Droguet nei loro saggi e nelle schede dedicate rispettivamente alla Cour de la fontaine e alla Porte du Baptistère a Fontainebleau (Droguet), alla Rotonda dei Valois a Saint-Denis (S. Frommel), alla Grotte des pins a Fontainebleau (Bardati), al castello e alla grotta di Meudon (Bourel Le Guilloux), ai monumenti funebri (Bresc-Bautier).

La tendenza che si rileva è quella di privilegiare l’importanza dei contributi provenienti dall’Italia come si ricava anche dal saggio di Ch. L. Frommel dedicato alle rotonde funerarie antiche e italiane, viste come presupposti del progetto della Rotonda dei Valois.

Ad essa Sabine Frommel dedica una ricostruzione analitica e impegnata che valorizza il progetto di Primaticcio ideato nel 1562-63 la cui realizzazione fu ritardata per l’impegno richiesto dalla costruzione delle residenze reali volute da Caterina de Medici. I materiali citati dai documenti permettono alla studiosa di ipotizzare che il progetto di Primaticcio sarebbe stato messo in opera a partire dal 1568. Inoltre, l’impostazione della Rotonda, così legata alla tradizione architettonica italiana, e l’esiguità delle parti eseguite da Jean Bullant la portano ad affermare che il progetto di Primaticcio sarebbe stato rispettato anche dopo la sua scomparsa nel 1570.

Ne consegue la limitazione del contributo di Bullant che firma il contratto per la direzione del cantiere nel 1573, se ne occupa fino al 1576 finendo tuttavia per trascurarlo, forse motivato da crediti insoluti, fino alla morte avvenuta nel 1578 quando risultano in opera solo alcuni elementi del primo livello dell’impianto e delle cappelle e si registra la sparizione di materiali preziosi apprestati da tempo. Al momento in cui du Cerceau prende nel 1582 la responsabilità del cantiere, la realizzazione non risulta quindi molto avanzata rispetto allo stato dopo la morte di Primaticcio.

La ricostruzione di Sabine Frommel sottolinea e rivendica l’importanza del ruolo del contributo italiano di Primaticcio nella realtà dell’architettura francese dell’epoca sulla base di una rilettura dei documenti e di un complesso materiale grafico, quale quello fornito da Jean Marot, con un impegno che punta a costruire la propria ipotesi critica ma che sembra anche prevedere correttamente le possibili obiezioni che questa linea interpretativa può suscitare. Gli studiosi francesi tendono infatti a valutare come probante il contratto dei lavori a Bullant che comporterebbe anche l’ideazione della Rotonda o ad attribuire comunque il progetto realizzato ad un architetto francese come recentemente è stato proposto da J.-M. Pérouse de Montclos che ha fatto il nome di Delorme in suoi contributi del 1997 e del 2000. Nel volume del quale ci occupiamo i rapporti tra Delorme e Primaticcio non sono visti in chiave di antagonismo ma di collaborazione quale si verifica nei cantieri del castello di Saint-Maur e di Anet (1544 e 1547-53).

La difficile selezione all’interno delle diverse competenze dell’artista bolognese è evidenziata nel volume da due contributi che toccano, seppure con un taglio particolare, la cultura prospettica che emerge dai disegni e dai dipinti dell’artista (Roccasecca) e l’attività pittorica degli emiliani presenti in Francia (Matteucci).

Le pagine scritte da Monique Chatenet fanno vivere le sale di Fontainebleau riproponendo con vivacità i rituali e le feste della corte. Largo spazio e riservato allo studio delle condizioni politiche e sociali che contornano l’attività di Primaticcio come si rileva nel contributo di Claudia Conforti sullo statuto professionale dell’artista condotto rileggendo le pagine di Vasari e in quello di Robert Knecht sui mecenati, oltre che da un insieme di saggi che danno un quadro degli aspetti storici e culturali che fecero da sfondo alla sua opera.

Il saggio di Morin e di Bourel Le Guilloux ricostruisce il riuso delle colonne della rotonda dei Valois a Parc Monceau e di quelle di Meudon nell’arco del Carrousel e mette in evidenza l’incoscienza distruttrice della storia.

Ne risulta un quadro ampio, non esclusivamente architettonico, denso di notizie, talvolta un po’ dispersivo e inevitabilmente soggetto a qualche ripetizione che riguarda anche lo straordinario apparato di illustrazioni. Ma bisogna tener conto che l’intento del volume non è quello di proporre una monografia tradizionale, un profilo coerente e sintetico ; Sabine Frommel ha preferito dichiaratamente puntare sulla restituzione di un quadro problematico e sfaccettato per assolvere alla sfida che si è coraggiosamente proposta.

In parallelo con le acquisizioni della mostra del Louvre dedicata all’opera figurativa di Primatice, maître de Fontainebleau, questo volume fornisce gli elementi per riaprire la discussione e valutare l’attività architettonica di una personalità così importante da essere apprezzata da Vasari al punto che nell’edizione del 1568 delle sue Vite lo colloca accanto a Tiziano, a Sansovino e a se stesso nella esigua sezione dedicata agli artisti viventi.

Sommario :

Matteucci Armandi, Anna Maria : Da Bologna alla corte di Fontainebleau, p. 10

Cordellier, Dominique : Vita di Primaticcio, p. 21

Conforti, Claudia : Il gentiluomo magnanimo e il vile cortigiano, p. 32

Bardati, Flaminia : La fortuna critica, p. 38

Knecht, Robert Jean : I mecenati, p. 44

Tuttle, Richard J.  : Osservazioni sui primi anni di Primaticcio a Bologna, p. 56

Belluzzi, Amedeo : Primaticcio alla corte di Federico Gonzaga, p. 66

Frommel, Sabine : Primaticcio architetto in Francia, p. 74

Chatenet, Monique : Fontainebleau, residenza favorita degli ultimi Valois, p. 194

Droguet, Vincent : « Amicis pateant fores, coeteri maneant foris », p. 204

Frommel, Christoph Luitpold : La Rotonda dei Valois e le sue radici, p. 214

Morin, Christophe : Epiloghi per una foresta di colonne, p. 228

Bresc-Bautier, Geneviève : L'arte funeraria, p. 234

Roccasecca, Pietro : Modelli, prospettografi e « scurto » delle figure nella prospettiva di Primaticcio, p. 246

Guillaume, Jean : Quel che Primaticcio ha visto, p. 254

Bardati, Flaminia : La « grotte des Pins » a Fontainebleau, p. 270

Droguet, Vincent : Fontainebleau, « cour de la Fontaine », p. 275

Droguet, Vincent : La porta con ponte levatoio della « cour du Cheval blanc » e il suo reimpiego nella « porte du, p. 281

Bourel Le Guilloux, Christophe : Il castello e la porta di Meudon, p. 283

Frommel, Sabine : La Rotonda dei Valois a Saint-Denis, p. 304

Bresc-Bautier, Geneviève : La tomba di Enrico II e Caterina de' Medici, Saint-Denis, p. 318

Bresc-Bautier, Geneviève : La tomba di Claude de Lorraine, duca di Guise, e Antoinette de Bourbon, sua sposa, Joinville, p. 323

Bardati, Flaminia : Antologia di fonti, p. 328

Bardati, Flaminia : Bibliografia, p. 338