Konuk, Koray (dir.): Stephanèphoros. De l’économie antique à l’Asie Mineure. Hommages à Raymond Descat. 421 pages. 70€.
(Ausonius, Bordeaux 2012)
 
Rezension von Raffaella Pierobon Benoit, Università di Napoli Federico II
 
Anzahl Wörter : 3811 Wörter
Online publiziert am 2015-07-26
Zitat: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=1897
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          Il volume raccoglie 29 contributi che amici ed allievi hanno voluto offrire al loro Maestro e Collega al momento della conclusione accademica delle sue attività; si apre con la prefazione di P. Brun e l’introduzione di K. Konuk cui segue la lunga ed ampia bibliografia di Raymond Descat, che spiega ampiamente la successiva ripartizione dei testi in due sezioni, dedicate rispettivamente all’economia antica (15) e all’Asia minore (14). I due temi sono dominanti nella produzione scientifica dello Studioso e la loro centralità appare chiaramente nei continui riferimenti che i singoli Autori che hanno contribuito al volume fanno alle sue ipotesi, interpretazioni, suggestioni, con cui il dibattito è in continuo divenire. Prova questa, ad un tempo, della indiscussa statura dello Studioso (cui non a torto si è voluta accostare la figura dello stephanèphoros) e della riuscita del volume che per molti aspetti contribuisce ad aggiornate e stimolanti letture dei due argomenti proposti, analizzati da angolature spaziali e temporali assai diversificate e la cui ricchezza è testimoniata dalla ampia lista delle opere di bibliografia generale e degli indici delle fonti antiche e dei nomi e luoghi notevoli.

 

         Soluzione quasi obbligata per questo tipo di volumi è la scelta di presentare i testi per ordine alfabetico degli Autori all’interno delle due sezioni, scelta che spezza tuttavia il filo tematico che unisce tra loro molti contributi; seguirò quindi un diverso raggruppamento, per temi e/o cronologia, che meglio rende a mio parere l’unità non abituale per questo tipo di volumi e che ne costituisce un elemento particolarmente apprezzabile.

 

         Numerosi i contributi che si possono iscrivere in un filone ‘sociale’, con prevalenza del mondo greco. A sé stante, per il suo ambito ‘italico’ è il lavoro di J. Andreau, Les Latins Juniens et la hiérarchie sociale romaine, in cui, riprendendo il dibattito attuale sulla condizione giuridica e il numero di individui compresi in questa particolare ‘classe’ di liberti, l’Autore, a partire da liste ercolanesi di recente ripubblicate da G. Camodeca, sottolinea la peculiarità del loro statuto, soggetto ad una possibile, anche se ridottissima, mobilità sociale, anche quando, a partire da Tiberio, sembra in apparenza potersi ampliare.

 

         Particolari aspetti e momenti della vita sociale sono affrontati, per epoche e mondi più lontani, in due contributi. Z. H. Archibald, What Female Heart can Gold Despise?. Women and the Value of Precious Metals in Ancient Macedonia and neighbouring Regions, sulla base delle importanti scoperte e recenti pubblicazioni, a partire dalla necropoli di Archondiko, nella Macedonia meridionale, propone una lettura/rilettura dei corredi funerari, ridimensionando il significato dell’uso dell’oro, legato, più che al suo valore economico/sociale, al suo ruolo nei rituali funerari per la sua qualità di incorruttibilità, che, conserva/protegge i defunti; la complessità della società macedone in età arcaica e classica è evidente anche nella non lontana Karabournaki (golfo termaico): i risultati degli scavi esposti da M. Tiverios, E. Manakidou, D. Tsiafakis e la lettura delle iscrizioni proposta da I. J. Adiego, Two Carian Inscriptions from Karabournaki/Thessaloniki, Greece. mostrano come il sito per la sua strategica posizione abbia avuto una sicura attività commerciale, sia di produzione che di esportazione ed importazione di beni, in particolare dalla Ionia: il rinvenimento di due iscrizioni carie, che si aggiungono alle altre note dalla regione suggerisce agli Autori, più che la presenza in situ di Cari, a diverso titolo, come proposto in passato, un possibile loro coinvolgimento nelle attività di trasporto, in accordo –o competizione- ? con gli abitanti delle città ioniche. La proposta, di indubbio interesse, suscita tuttavia qualche perplessità, per la constatazione che la lingua dei due testi, sicuramente graffiti in loco, è il cario egiziano, che rimanda quindi ad altro, specifico, ambiente secondo le osservazioni dello stesso Adiego (2013) .

 

         Al tema dei trasporti ma soprattutto piuttosto alla ‘gestione’ degli aspetti finanziari del commercio e al ruolo possibile dei suoi attori, tra Ionia ed Egitto al tempo di Serse e/o Artaserse, è dedicato il contributo di M. Cottier, Retour à la source : a Fresh Overview of the Persian Custom register TAD C.3.7, che partendo da questo più volte discusso, anche dall’onorando, testo papirologico, precisa alcuni importanti aspetti dei modi della tassazione, rafforzando l’ipotesi della differenziazione dell’imposizione tra Fenici e Ioni, in base al diverso grado di dipendenza, e proponendo anche la possibilità di una imposta ad valorem per una merce in uscita, evidentemente speciale, quale il natron. A sostegno della tesi l’Autore ripropone di riconoscere negli Ioni più in generale i Greci d’Asia, precisazione che potrebbe gettare una luce anche sui Cari e le merci ioniche del golfo termaico?

 

         Il sociale ritorna nell’articolo su La cité égoïste ? Cité athénienne et action sociale di J.-M. Roubineau, in cui l’Autore sottolinea la difficoltà dell’applicazione di categorie proprie della sociologia alle società antiche, mostrando come la lettura in senso umanitario dei provvedimenti delle poleis in favore, ad esempio, degli orfani di guerra, maschi o femmine che siano, è una distorsione modernizzante di un fenomeno che rispecchia viceversa la volontà delle comunità di conservare immutate le proprie strutture politiche, con interventi che hanno un valore simbolico – ad es. gli onori al genitore morto per la patria -, prima e piuttosto che economico. Esclude quindi l’esistenza di una politica sociale, nel senso moderno del termine e dell’istituzione, concludendo che non sono qui da cercare segni che provino l’esistenza ‘sociale della povertà: questa infatti è problema ‘privato’ che non investe la società.

 

         Decisamente prevalente tra i temi trattati è l’economia, a partire dalle riflessioni teoriche della sua natura, come in Esiodo, secondo la interessante lettura dei testi proposta da J. Zurbach, Hésiode oriental, ou : le discours sur l’économie avant le logos oikonomikos, in cui si propone il superamento dell’antitesi oriente/occidente, suggerendo di riconoscere, almeno nell’età orientalizzante – definizione su cui si avanzano corrette critiche - un pensiero ‘mediterraneo’: i famosi proverbi ricorrenti nelle Opere e i Giorni, di sicura derivazione orientale, non sarebbero secondo l’Autore fatti propri e riadattati al nuovo contesto da Esiodo, ma esprimerebbero, nei due mondi, quindi tanto simili da comprenderli, uguali sentimenti e principi morali.

 

         Si concentra piuttosto sulla possibilità di una organizzazione teorica del mercato Ch. Pébarthe, La chose et le mot. De la possibilité du marché en Grèce ancienne, che ripercorre il dibattito storiografico sul percorso evolutivo dall’economia a partire dall’oikos, altrimenti vista come contrapposizione tra acquisizione, e quindi commecio/mercato, e produzione, sostenuta in particolare da M. Finley; sul relativo dibattito l’Autore si sofferma per mostrarne da un lato il superamento da ultimo, in base all’analisi dettagliata delle fonti fatta da A. Bresson e dallo stesso R. Descat, che nei numerosi studi e poi nei colloqui tolosani dedicati al tema correttamente ribadiscono la convivenza dei due sistemi o, in ogni caso, la esistenza certa, fin dalle origini, potremmo dire, di un commercio e quindi di mercati, e di un pensiero teorico collegato, la cui proclamata inesistenza sarebbe imputabile alla casualità delle conservazione delle fonti, dall’altro su una attenta disamina dell’intreccio del tema con quello della mentalità vista come categoria interpretativa che si potrebbe definire ‘basica’, per la storia del mondo greco romano. Sgombrato, per così dire il campo dalle strette maglie delle teorizzazioni moderne, l’Autore riconduce il dibattito all’interno della società che ne era la testimonianza, attribuendo la ‘demonizzazione’ del mercato al pensiero sofista.

 

         Dalla teoria agli usi o meglio alle sue realtà pratiche con le regolamentazioni su produzioni e vendita, in particolare ad Atene e Delo e fino alla Persia si passa, ovviamente da prospettive e angolazioni assai differenziate, con cinque altri contributi I. Pernin, La culture de la vigne en Attique à l’époque classique, d’après les inscriptions, contro la communis opinio rivaluta, sulla base di testimonianze letterarie e soprattutto epigrafiche, la qualità delle produzioni vinarie in Attica, almeno dal V secolo a.C., tuttavia sempre rimaste a scala di consumo locale. I regolamenti sulla vendita di carbone e legnami enumerati nella ID 509 e di cui si propongono stimolanti letture, erano esposti, secondo la brillante ricostruzione di V. Chankowski nella c.d agora des Déliens, al momento della loro iniziale pubblicazione, e sarebbero poi rimasti sempre visibili, perché via via adattati al mutare delle circostanze, anche dopo la costruzione nell’Area dei grandi portici ( portico di Filippo e portico ovest).

 

         L’importanza del ruolo commerciale dell’isola risulta evidente nell’attenzione dedicata da Atene alla riorganizzazione degli spazi e alla revisione di pesi e misure, prova, secondo C. Hasenohr, Athènes et le commerce délien : lieux d’échanges et magistrats des marchés à Délos pendant la seconde domination athénienne (167-88 a.C.) della vitalità del porto anche in questa fase, contro l’opinione già sostenuta da J. Day. E che l’aspetto anche fisico dei pesi, con la scelta strategica dei motivi decorativi sia importante per le comunità che li usano è sottolineato, per Corinto e la lega achea, grosso modo negli stessi anni, da J. H. Kroll, Two Inscribed Corinthian Bronze Weights.

 

         La presunta unità del mondo acheo affermata da Polibio proprio sulla base delle emissioni e degli usi monetari è messa in discussione da C. Grandjean, Polybe et la nature de l’Etat achaïen 2.37.9-11, che ritiene che la documentazione esistente non consente di stabilire il grado di consenso espresso dalle coniazioni, con distinti meccanismi per le coniazioni di bronzo e di argento, come dalle istituzioni achee e ne spiega lo scarso ruolo ‘identitario’.

 

         Il tema del controllo della produzione e dei commerci relativi ritorna nella acuta riproposizione della lettura dei meccanismi di bollatura di recipienti e merci, in età ellenistica e romana di G. Finkielsztejn, Réflexions additionelles sur le marquage des instruments et récipients à l’époque hellénistique: questione aperta, che correttamente sottolinea la variabilità dei sistemi e la necessità di disporre di un maggior numero di esemplari di origine ‘certa’ per poter ipotizzare criteri ‘generali’ di interpretazione, mostrando come, ad esempio ad Akanthos in Calcidica conviva il controllo cittadino con una certa autonomia degli ateliers.

 

         Una più specifica riflessione ha riguardato aspetti finanziari e sociali connessi alla celebrazione di culti, all’interno dell’economia delle poleis e dei santuari. A Mileto gli interventi cittadini possono assumere /introdurre pratiche originali nella gestione delle fondazioni o dei fondi santuariali, come nel caso illustrato da L. Migeotte, Les dons du roi Eumène II à Milet et les emporika daneia de la cité, testimonianza dell’esistenza di una gestione dei crediti assai avanzata. A Milasa le due iscrizioni, IK Mylasa 308, databili entro il primo quarto del II secolo a.C., forniscono ricchi inventari di oggetti, accompagnati, come d’uso dall’indicazione del loro peso. Queste suppellettili, in un caso proprietà di un santuario, nell’altro più specificamente legati alla celebrazione di riti/sacrifici, probabilmente a cura di un collegio funerario, testimoniano da un lato l’impegno economico dei privati nella vita cultuale, comunque sotto l’egida dei poteri cittadini, dall’altro offrono un interessante spaccato di vita quotidiana, con la elencazione di oggetti, spesso particolari. Interessanti le proposte di identificare speciali forme di vasi, ad esempio i basilikoi koiloi, o i mastia, distinti dai mastoi, nei quali G. Reger, A New Inventory from Mylasa in Karia propone di riconoscere le coppe scanalate di ascendenza achemenide.

 

         Gli inscindibili legami tra economia, politica e sociale emergono nei contributi sulle diverse forme e trasformazioni degli interventi e delle figure di evergeti/benefattori in Asia Minore. Le ricerche si inseriscono nel vivace dibattito in corso, a partire, ad esempio, dal recente volume di John Ma: così le dediche a Polistrato ad Apamea di Frigia di cui A. Bresson propone una assai colta e minuziosa rilettura, testimoniano l’importanza attribuita ai ritratti degli evergeti, ora arricchiti dall’uso di materiali preziosi come l’oro, ora emergenti per localizzazione, su colonne o pilastri, o per dimensioni, sino al colossale. Effetto/reazione alla ‘banalizzazione‘ di una pratica, riservata in precedenza ai re, nota peraltro in altri importanti siti di Asia Minore, e che si associa alla valorizzazione di nuovi spazi pubblici, come i ginnasi. Sulle ulteriori forme e aspetti dell’evergesia in età tardo ellenistica interviene G. Thériault, che, riprendendo la documentazione epigrafica sui Romani evergeti onorati con agoni attraverso la precisazione delle loro identità e cronologie, che ne concentra il numero nel I secolo a.C., sottolinea l’importanza del loro ruolo per la salvezza/ripresa delle città nel drammatico corso degli eventi, con una positiva valutazione, a livello delle città della provincia, della politica dei nuovi governanti. Gli interventi evergetici degli imperatori/principes, sono analizzati infine, nel quadro della messa in opera di meccanismi di solidarietà –sempre riportabili nelle testimonianze pre imperiali a singoli personaggi - da F. Delrieux, che, sulla base di alcune serie monetali, sia provinciali che urbane, evidenzia la risposta delle comunità beneficate, attraverso la scelta di diversificate iconografie e titolature. La scarsità di tali emissioni, se non dipendente da casualità di rinvenimenti e parzialità di studi- si spiegherebbe secondo l’Autore per la qualità degli interventi imperiali, significativi solo nel caso di eventi davvero disastrosi.

 

         Interessanti segni di una trasformazione delle forme di gestione e governo dei territori, sono evidenziati da L. Capdetrey. Le roi, le satrape et le koinòn : la question du pouvoir en Carie à la fin du IVème siècle a partire dall’azione, tutt’altro che passeggera, di Alessandro, il cui merito maggiore appare la capacità di adattamento alle complesse situazioni locali, apparentemente non stravolte. Proprio nell’ottica dell’affermazione politica la spedizione macedone sarebbe infatti accuratamente preparata, anche nei suoi aspetti di visibilità – mediatici per l’Autore, che risolve anche l’apparente contraddizione tra Diodoro e Arriano. Fondamentale, per la definizione del potere e dei ruoli il comportamento nei confronti di Ada, che, da madre adottiva e regina dei Cari - con la conseguente adesione del koinon -,  dopo la conquista di Alicarnasso viene assimilata alla figura del satrapo, ruolo che si trasforma in quello di satrapo, con l’affidamento del potere effettivo alla figura dello strategos, precedente che segnerà la successiva storia dell’area per decenni.

 

         Il tema della convivenza di poteri ed etnie è alla base del contributo di K. Konuk, Quelques monnaies inédites ou mal attribuées de la péninsule d’Halicarnasse che risolve, con la corretta ri-attribuzione delle serie monetali una volta per tutte, alla originaria Pedasa della penisola di Alicarnasso, la questione dei diversi ruoli di questi due centri. E se la ‘supremazia’ della città meridionale è ormai confermata dagli scavi di A. Diller, che ne hanno dimostrato una continuità di vita oltre il V secolo, il ruolo politico della Pedasa del Grion – correttamente e utilmente riconosciuta come Pidasa - è ben messo in evidenza dall’Autore, che con uguale acribia rivaluta anche il ruolo di Karyanda, confermandone l’identificazione già proposta da R. Descat

 

         Un consistente gruppo di interventi analizza, con interessanti proposte, attraverso testimonianze epigrafiche ed archeologiche, esempi di interazioni culturali e di nuove identità che ne sono l’effetto, a partire dall’estremo orientale dell’Anatolia. Questo è la lettura che, alla luce dei nuovi scavi K. Görkay, Zeugma in Light of New Research, propone della complessità insediativa di Zeugma, con le sue trasformazioni planimetriche e monumentali che ben testimoniano, insieme ai ricchi reperti e alle decorazioni musive la compresenza e successione di assai variegate componenti culturali.

 

         Il forte radicamento delle tradizioni locali, riconosciute nella loro continuità del tempo, sono evidenti nella ricostruzione proposta per Xanthos da L. Cavalier et J. des Courtils, Permanence d’un culte héroïque dans la nécropole intra muros de Xanthos ? Attraverso lo studio congiunto di evidenze monumentali ed epigrafiche gli Autori propongono una nuova assai interessante lettura della topografia del sito evidenziando il carattere speciale dell’area della cosiddetta necropoli arcaica, utilizzata nel tempo come luogo di esibizione dinastica e personale a partire dal monumento delle Arpie, ora correttamente riconosciuto come monumento funerario del dinasta licio Kibernis, la cui origine spiegherebbe bene anche la complessa e discussa decorazione scultorea del monumento. L’eroizzazione del personaggio determina un secolo dopo, la rifunzionalizzazione funeraria dell’area da parte di Agatocle e dei suoi mercenari ed è certo affascinante la proposta di riconoscere nel vicino pilastro con sarcofago la tomba dello stesso Agatocle, che si sarebbe così ricollegato all’eroe fondatore. Il significato fondante di quest’area ne spiegherebbe infine la scelta, questa volta da parte della comunità, di erigere un monumento – la c.d. tour funèraire – per un ancora ignoto personaggio/evergete coinvolto attivamente nella ricostruzione imposta da Antonio della città dopo i disastrosi eventi delle guerre civili, caso che, con le sue specificità, si aggiunge al dossier esaminato in successivi contributi. Si evidenzia così la memoria del luogo, cui si accompagna, nella scelta dei tipi monumentali, quella della continuità e quindi di una riaffermazione identitaria,

 

         La fusione di elementi culturalmente tra loro diversi è ben evidenziata nella rilettura che F. Prost, Un nouveau fragment du sarcophage de Payava propone, grazie alla recente scoperta di un nuovo frammento decorato, attribuito a queso sarcofago. Scelta dei temi  iconografia e realizzazione dei rilievi sono interpretati come espressione della regalità e del ruolo del defunto, secondo schemi orientali. La sottolineatura del ruolo dinastico ritorna nella interpretazione, alla luce dei risultati dei nuovi scavi e indagini topografiche, che W. Held, Der Palast von Pergamon und seine Erweiterung unter Eumenes II., ricostruisce per Pergamo: città che acquista un ruolo, e quindi un aspetto, dinastico, solo con l’attività di Eumene II, quando si sviluppa nella valle sottostante l’Acropoli e questa è trasformata in un unico grande palazzo, dalle molteplici funzioni – e anche su questo si potrebbero aggiungere riflessioni sui possibili collegamenti con le ideologie regali achemenidi, che sembrano convivere con l’attività di Roma nell’area, determinante per la fortuna del sito e degli Attalidi.

 

         Gli aspetti multiculturali quale elemento caratterizzante, sono scelti come chiave di lettura per l’interpretazione dei rituali funerari, tra l’Età del Bronzo finale e i secoli immediatamente successivi: ancora in Caria, dove O. Mariaud, Postérité mycénienne et influences égéennes dans les pratiques funéraires de la région d’Halicarnasse à l’époque géométrique, analizza le numerose necropoli oggi note anche nell’entroterra, la cui localizzazione dispersa viene correttamente interpretata come segno di appropriazione di territorio da parte di gruppi che si autodefiniscono attraverso le –svariate - tipologie tombali, i riti funerari, con la permanenza di sepolture collettive, e i corredi. L’analisi complessiva delle evidenze restituisce il quadro di una società stratificata, in cui la semplificazione delle tombe riconosciute come ‘povere’ pur più vicine a contemporanei modelli ‘esterni’, rientra comunque nel modello culturale ‘proprio’ dell’area, erede e sostituto di quello miceneo. Allo stesso modo, attraverso la rilettura dei corredi e soprattutto della ceramica che li compone, in particolare le kotylai ad aironi, spezzzate nel corso della cerimonia funebre di cremazione K. Íren & A. Ünlü ricostruiscono un rituale eroico nella geometrica Teos.

 

         Un’interessante peculiare forma di autorappresentazione si può considerare la stele funeraria con iscrizione rinvenuta a Olbia pontica e datata ora da A. Ivantchik & A. Falileyev al II, prima metà del III secolo, A Celtic dedication from Olbia? A Reassesment. Della stele si conserva un frammento della parte esuperiore, con una iscrizione latina e parte di un rilievo- assai verosimilmente un cavaliere trace –che ne suggerisce un sicuro collegamento con la regione del dedicante, probabilmente un eques della coorte stanziata a Olbia in questo arco di tempo. Questa ipotesi è sostenuta, in primis, dalla proposta di rilettura del breve testo conservato: non si tratterebbe di un nome proprio, riconducibile alla presenza celtica ipotizzata – e oggi assai discussa – nella regione - come ipotizzato negli studi precedenti, ma di un teonimo, probabile traslitterazione della personificazione greca Poros.

 

         Riflessioni storiografiche generali sono, infine nei contributi di P. Briant, che analizza la fortuna storiografica dei Macedoni, e in particolare della figura di Filippo II, nell’Inghilterra del XVIII secolo, dovuta all’uso del modello nel dibattito contemporaneo sulla monarchia, a sostegno tanto dei conservatori che dei riformatori, come, pur nella sua ‘non parzialità, sostiene il contemporaneo Grote, che insiste tuttavia sull’importanza di attenersi ai fatti, e di F. de Callataÿ, Le retour (quantifié) du “miracle grec” che propone una interessante interpretazione del ritorno del ‘miracle grec’, fortemente ridimensionato dalla storiografia della seconda metà del ‘900. Il concetto sembra ritrovare fortuna proprio grazie alle testimonianze numeriche che erano state alla base del suo tramonto e soprattutto alle pratiche storiografiche diacroniche, di cui lo stesso Descat è stato un promotore: è infatti analizzato non più nel tradizionale riferimento a una società intellettualizzata e idealizzata – la democratica Atene del V secolo -, ma come condizione di un mondo più ampio, quello ellenistico, dove una più alta qualità della vita, ricostruita attraverso nuovi parametri, come l’  alimentazione o gli  spazi abitativi per individuo, riguardava un maggior numero di persone, fenomeno che avrebbe poi visto un arresto con l’avvento dei Romani.

 

         Riflessioni non prive di provocazione, che bene mi sembra concludano questo volume, per le proposte e soprattutto gli stimoli, che, coerentemente alla prassi scientifica e didattica di R. Descat, suscitano.

 

 

 

Sommaire

 

Auteurs,  5

Préface par Patrice Brun, 9

Introduction par Koray Konuk, 11

Travaux de Raymond Descat ,13

 

L’économie antique

Jean Andreau, Les Latins Juniens et la hiérarchie sociale romaine, 19

Zosia H. Archibald, “What Female heart can Gold Despise?” Women and the Value of precious Metals
in ancient Macedonia and neighbouring regions, 25

Véronique Chankowski, Délos et les matériaux stratégiques. Une nouvelle lecture de la loi délienne
sur la vente du bois et du charbon (ID, 509), 31

Michel Cottier, retour à la source : a Fresh overview of the Persian Customs register taD C.3.7., 53

François de Callataÿ, Le retour (quantifié) du “miracle grec”, 63

Gérald Finkielsztejn, Réflexions additionnelles sur le marquage des instruments et récipients à l’époque hellénistique, 77

Catherine Grandjean, Polybe et la nature de l’État achaïen 2.37.9-11, 85

Claire Hasenohr, Athènes et le commerce délien : lieux d’échange et magistrats des marchés à Délos pendant la seconde domination athénienne (167 – 88 a.C.), 95

John H. Kroll, Two Inscribed Corinthian Bronze Weights,111

Léopold Migeotte, Les dons du roi Eumène II à Milet et les emporika daneia de la cité,  117

Christophe Pébarthe, La chose et le mot. De la possibilité du marché en Grèce ancienne, 125

Isabelle Pernin, La culture de la vigne en Attique, à l’époque classique, d’après les inscriptions, 139

Gary Reger, A new Inventory from Mylasa in Karia, 145

Jean-Manuel Roubineau, La cité égoïste ? Cité athénienne et action sociale, 165

Julien Zurbach, Hésiode oriental, ou : le discours sur l’économie avant le logos oikonomikos, 179

 

l’Asie Mineure


Ignacio J. Adiego - Michalis Tverios – Eleni Manakidou - Despoina Tsiafakis, Two Carian Inscriptions from Karabournaki / Thessaloniki, Greece, 195

Alain Bresson, Painted portrait and statues: honors at Phrygian Apameia, 203

Pierre Briant, Les débats sur la royauté macédonienne dans l’Europe du xviiie siècle :
quelques jalons anglais, 221

Laurent Capdetrey, Le roi, le satrape et le koinon : la question du pouvoir en Carie à la fin du ive siècle,  229

Laurence Cavalier - Jacques des Courtils, Permanence d’un culte héroïque dans la nécropole intra muros de Xanthos ?, 247

Fabrice Delrieux, Séismes et reconnaissance civique dans l’ouest de l’Asie Mineure. La représentation monétaire des empereurs romains restaurateurs de cités, 261

Kutalmiş Görkay, Zeugma in light of new research, 275

Winfried Held, Der Palast von Pergamon und seine Erweiterung unter Eumenes II., 301

Kaan İren - Ayla Ünlü, Burning in Geometric Teos, 309

Askold Ivantchik - Alexander Falileyev, A Celtic Dedication from Olbia? A reassesment, 335

Koray Konuk, Quelques monnaies inédites ou mal attribuées de la péninsule d’Halicarnasse, 341

Olivier Mariaud, Postérité mycénienne et influences égéennes dans les pratiques funéraires
de la région d’Halicarnasse à l’époque géométrique, 355

Francis Prost, Un nouveau fragment du sarcophage de Payava, 369

Gaétan Thériault, Culte des évergètes (magistrats) romains et agônes en Asie Mineure, 377

Principales abréviations,389

Index des sources, 395

Index général, 407