Gebhard, Rupert - Rehm, Ellen - Schulze, Harald (Hrsg.): Alexander der Große. Herrscher der Welt. 304 Seiten, 28,4 x 21 x 2,2 cm, ISBN-13: 978-3805346023, € 24,90 (at the museum)/ € 29,90 (in bookshops)
(Verlag Philipp von Zabern, Darmstadt 2013)
 
Recensione di Elena Calandra, Ministero Beni Culturali (It.)
 
Numero di parole: 2775 parole
Pubblicato on line il 2015-08-24
Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=1924
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          La figura di Alessandro, folgorante nella giovinezza troppo presto estintasi alla fiamma del desiderio di conquista del mondo e dell'impossibile, non cessa di lasciare una scia di fascino e di interesse. In questa rientra appieno il  volume, che nasce come catalogo della mostra di Rosenheim, ed è volto al pubblico colto e non specialista, come mostra da subito l'impostazione generale: saggi di ampiezza media e breve, scanditi in sezioni intervallate da  immagini di grande effetto, relative al deserto della Gedrosia, alle campagne della Macedonia, ai monti dell'Hindukusch e dell'Afghanistan settentrionale, ai palazzi di Persepoli. A conferma dell'apertura a un ampio pubblico di lettori, la bibliografia orientativa è in fondo (pp. 298-302), preceduta da un ricco glossario (a cura di Valeria Selke, pp. 286-297).

 

         Alexander Demandt (Das Charisma Alexanders des Großen, pp. 22-33) esamina la qualità   intrinseca e saliente con cui il Macedone si crea un seguito e sostiene i rapporti con esso. Il carisma  passa attraverso varie tappe, prima di tutto la costruzione dell'immagine: ispirata ad Achille certo, ma narrata dagli scrittori di corte ed effigiata dagli artisti, non così esclusivi come il passo plutarcheo parrebbe indicare (Alex. 4, da cui deriva una costante vulgata, che restringe il campo ad Apelle, Lisippo e Pirgotele); altrettanto significativo il rapporto con gli dèi, che si concretizza nelle visite a Delfi e in Egitto, nonché  nelle fondazioni cultuali in Asia Minore. Il carisma si rafforza altresì attraverso la condivisione dei sacrifici con le truppe, e supera la morte del Macedone traducendosi nei suoi simboli, come il sigillo per Perdicca o il trono vuoto per Eumene o la custodia del cadavere per Tolomeo, o ancora la tomba ad Alessandria per gli imperatori romani.

 

         Martin Hose (Freunde fürs Leben? Alexanders Gefährten, pp. 34-45) inquadra giuridicamente l'articolata cerchia di Alessandro, morto come noto senza erede (il figlio di Roxane, Alessandro IV, vede la luce dopo la morte del padre e sarà ucciso con la madre nel 311 a.C.): gli amici d'infanzia, i generali della generazione di Filippo II, i membri dell'aristocrazia macedone. Alla morte di Filippo, Alessandro conta sugli hetairoi, con cui era cresciuto già in qualità di (potenziale) erede al trono, diversamente dai synthrophoi, compagni d'educazione a Mieza; il saggio esamina le personalità che agivano attorno a lui, Filota, già synthrophos di Aminta, e poi caduto in disgrazia e giustiziato, Clito, più anziano del re, Callistene, Efestione nemico di quest'ultimo, Arpalo, Perdicca, Seleuco, Tolomeo: di tutti è ripercorso il rapporto con Alessandro.

 

         Hans-Ulrich Wiemer (Kleinasien und die Levante. Die ersten Eroberungen, pp. 46-57) propone la ricostruzione di aspetti della vita quotidiana dei soldati di Alessandro (quasi 50.000) e del loro armamento, con interessanti statistiche sulla composizione dell'esercito all'avvio della campagna contro la Persia: 32.000 fanti, di cui 12.000 macedoni; 5.000 cavalieri, di cui 1.800 Macedoni e 1.800 Tessali, più i 10.000 uomini mandati da Filippo già nel 336 a.C., a significare un disegno politico lungimirante, la cui ricaduta Alessandro avrebbe fatto propria. Il saggio esamina anche le battaglie più significative, fornendo la ricostruzione dello schieramento alla battaglia del Granico e riproponendo sia la marcia attraverso l'Asia sia le influenze della vittoria a Isso.

 

         Michael Pfrommer (Durch Orakel zum Pharao. Die Geburt des Gottkönigs, pp. 58-69) ripercorre la vicenda umana e divina di Alessandro alla luce della visita all'oracolo di Ammone a Siwa (ma anche con riferimenti al faraone Nectanebo), dove il Macedone rinasce come divinità regale, gettando un ponte tra il mondo faraonico e la futura dinastia che da lui avrebbe dovuto discendere. Di un certo rilievo la proposta di ricostruzione del Tychaion, nel cuore del perimetro dei palazzi, nel quale figurava un nutrito gruppo statuario, centralizzato dalla statua di Alessandro incoronata da una divinità che personificava la Terra.

 

         Ellen Rehm (Babylon, Susa, Persepolis. Alexander und das altorientalische Erbe, pp. 70-81) delinea il quadro dei potentati che Alessandro incontra nel suo cammino vittorioso e che, dipendendo dalla Persia, con la caduta di questa collassano davanti al giovane conquistatore, che agisce con un dirompente effetto domino, incidendo, tra gli altri, sui territori pertinenti ai grandi regni di Assiria e di Babilonia. Da quest'ultima proviene una testimonianza che vale la pena di sottolineare, ad arricchimento delle più praticate fonti classiche: una tavoletta cuneiforme (n. 211), datata 331-330 a.C., che riporta l'ingresso di Alessandro nella città.

 

         Johannes Hahn (Der Sonne entgegen. Der Indienzug, pp. 82-93) giustamente  colloca la spedizione del Macedone in India nella sfera non solo della conquista militare (per la quale è allestita la flotta di supporto), ma di un più ampio desiderio di cultura probabilmente infuso da Aristotele che gli è maestro, in una sfida continua sospesa tra l'emulazione degli antenati, di Eracle, di Dioniso, e sé stesso.

 

         Di nuovo Michael Pfrommer (Zweiundzwanzig Hochzeiten und ein Todesfall. Alexanders Ende in Babylon, pp. 94-105) si cimenta con due episodi salienti della fase finale dell'esistenza di Alessandro, le nozze di Susa e la morte di Efestione, e propone due tentativi di ricostruzione di edifici effimeri: quello della tenda ospitante la cerimonia nuziale di Alessandro e dei compagni, non semplice e destinato a rimanere ipotetico, in quanto le  fonti (da aggiungere a Onesicrito sono peraltro Arriano, Eliano, Ateneo, Polieno) non offrono informazioni sufficienti circa le misure, e quello della pira di Efestione, oggetto di studi e proposte anche recenti. Entrambe le costruzioni, di natura effimera, sono comunque destinate a lasciare ampia traccia di sé nella memoria successiva. Di notevole interesse è il modellino di terracotta forse riprodecente il carro funebre di Alessandro (cat. n. 355), che mostra l'originalità, da parte dei curatori, nella selezione dei materiali da esporre e da offrire al pubblico e agli studiosi.

 

         Due interventi complementari, di Hans-Ulrich Wiemer (Heer und Tross Alexanders, pp. 108-115) e di Hermann Pflug (Bewaffnung des Heeres von Alexander, pp. 116-123) analizzano l'esercito e l'armamento macedone, sulla base della documentazione antiquaria primaria e secondaria: da un lato le armature e le armi, ben presenti nel catalogo, dall'altro la testimonianza molto recente prestata dalle ormai celeberrime pitture di Agios Athanasios, dalla monetazione, dalla coroplastica.

 

         Maria Brosius (Die Rolle der Frau bei den Makedonen, pp. 124-131) analizza le figure femminili alla corte macedone, ben poco note e sempre all'ombra ingombrante di Olimpiade, madre di Alessandro: il contributo affronta infatti il tema, non molto trattato, della poligamia in uso alla corte macedone. Oltre a Olimpiade, della schiatta degli Eacidi d'Epiro, Filippo aveva altre sei mogli, e a causa dell'ultima, Cleopatra, perde la vita, in un attentato tesogli da Olimpiade nel timore che nella successione prevalga il figlio di questa, l'unica di dinastia macedone e nipote di Attalo. Lo status delle mogli del re di Macedonia, infatti, era di carattere privatistico (esse non detenevano un titolo ufficiale: quello di Basilissa si riscontra solo in età ellenistica) e per questo non potevano influire sulla nomina del successore, eletto su base meritocratica. Delle altre mogli è data notizia, con un interessante inquadramento di esse nella rete delle alleanze con i regoli circonvicini, che Filippo attrae nella propria orbita dopo averli combattuti o averne bramato i territori; il lavoro pone in luce la complessità della rete parentale macedone, che annovera fra le proprie componenti femminili donne di nobiltà persiana, illirica o lincestide, giungendo a Cleopatra sorella di Alessandro e all'amatissima Roxane.

 

         Peter Funke (Sehnsucht nach den Enden der Welt. Alexander der Eroberer, pp. 132-137) adotta il pothos citato dalle fonti antiche come chiave di lettura della personalità di Alessandro eternamente spronata a nuove imprese e nuove conoscenze, analizzate sotto questo profilo, dagli inizi alla fine dell'ardito excursus di vita del giovane sovrano.

 

         Il contributo di Rupert Genhard e Bernward Ziegaus (Die Kelten und Alexander, pp. 138-145) rientra in una delle linee più incisive del volume, leggibile nell'intento di dar voce alle culture “altre” rispetto a quella macedone: più che della relazione tra i Celti e Alessandro come il titolo suggerirebbe, sono i Celti dopo Alessandro a essere studiati, nei loro rapporti conflittuali con i sovrani ellenistici (Lisimaco perisce a Kourupedion) e nella cultura materiale, con particolare approfondimento per le imitazioni celtiche delle monete di Alessandro.

 

         Martin Hose (Antike Textquellen kritisch gesehen, pp. 148-155) esamina le fonti su Alessandro, affiancando alle principali e più note (Diodoro Siculo, Plutarco, Arriano, Curzio Rufo) quelle di IV a.C. (con cenni anche alle successive) tramandate dai FgrHist (Die Fragmente der Griechischen Historiker): Callistene ingaggiato dallo stesso Alessandro, Onesicrito capo della flotta in India, Nearco ammiraglio, che dopo la morte di Alessandro scrive sul viaggio dall'Idaspe attraverso il Golfo Persico, secondo le tradizioni dei peripli di VI a.C.; e ancora Clitarco, autore di una storia di Alessandro dai toni drammatici, Tolomeo autore di una storia “vista da vicino” considerata la posizione accanto ad Alessandro, Aristobulo appartenuto alle truppe del genio.

 

         Per Karsten Dahmen (König, Vorbild, Held, Legende. Darstellungen Alexanders des Großen im antiken Münzbild, pp. 156-163) le raffigurazioni di Alessandro costituiscono un'interessante angolazione per  leggere l'autorappresentazione dei sovrani ellenistici e degli imperatori romani, presso i quali esse continuano fino alla metà del III secolo d.C., per riproporsi, nei secoli IV e V d.C., nei contorniati. Nel lavoro da leggere a sistema con il precedente, Kay Ehling (Dyonisischer Indieneroberer. Alexander mit dem Elefantenskalp, pp. 164-169) pone l'accento su una particolare iconografia di Alessandro, effigiato con la pelle della testa di elefante come copricapo, primo sovrano a rappresentarsi come tale: nasce così il simbolo del trionfo indiano di Alessandro, che porta duecento elefanti dall'India. Sulla sua scia, Perdicca usa tali animali in Egitto per assaltare una fortezza, e sia Eumene sia Antigono li schierano in battaglia. Le raffigurazioni monetali di Alessandro con lo scalpo di elefante aprono la strada alle effigi monetali di una serie di otto sovrani, quattro Seleucidi e quattro re della Battriana.

 

         Sempre Kay Ehling (Alexander Thalassakrator. Der Makedonenkönig als Herrscher der Meere, pp. 170-173) si occupa del dominio di Alessandro sul mare, foriero di sviluppi anche per gli imperatori romani: la linea politica di Alessandro nella visione totalizzante della conquista comprendeva anche i mari, Mediterraneo e Arabico, secondo un disegno avviato al momento della traversata dell'Ellesponto nel 334 a.C. e che avrebbe preso corpo solo mille anni dopo con i califfi arabi.

 

         Rispetto ai saggi precedenti, l'ultimo blocco è di natura storico-artistica, e si apre con il lavoro di Florian S. Knauss e Harald Schulze (Das Alexanderporträt, pp. 174-179) sul ritratto di Alessandro (sulla cui esclusiva vedasi supra Demandt). La rassegna comprende le immagini, tutt'altro che standard, del Macedone, dal tipo più antico, Atene-Erbach, degli anni intorno al 340, al ritratto di Pella, il più antico a tutto tondo effettivamente conservato, ai ritratti egizi alle statue a figura intera, ma si concentra in particolare sull'Alessandro Schwarzenberg (alla Glyptothek di Monaco), copia romana (la provenienza dichiarata è Tivoli) da un originale probabilmente bronzeo, stilisticamente avvicinabile ai volti lisippei.

 

         Il sarcofago cosiddetto di Alessandro, con buon fondamento appartenuto ad Abdalonimo re di Sidone, offre a Vinzenz Brinkmann, Ulrike Koch-Brinkmann e Heinrich Piening (Der Alexandersarkophag, pp. 180-187) l'occasione per porre in valore, attraverso analisi specifiche, le cromie originali dello spettacolare manufatto, nel quale campeggia la scena della vittoria di Alessandro sui Persiani.

 

         Di nuovo iconografico è l'approccio di Harald Schulze (Alexander und Herakles, pp. 188-193), che considera uno dei modelli più fortunati per Alessandro e per gli imperatori, Eracle, di primo piano fra gli eroi greci (con Achille, pure eletto da Alessandro) e capostipite della dinastia, tanto da comparire sulle monete dei re di Macedonia già dalla metà del V a.C. Eracle è rappresentato nella bronzistica, e a lui Alessandro si ispira assumendo la leonté. Di notevole importanza documentaria è la presenza dei nodi di Eracle nei gioielli, che indicano la penetrazione  del simbolo in una produzione apparentemente collaterale rispetto a quella strettamente iconografica.

 

         La grande pittura costituisce il tema per gli ultimi due saggi: Chrysoula Saatsoglou-Paliadeli, con un contributo di Vinzenz Brinkmann (Der Jagdfries am Grab Philipps II in Vergina - Aigai, pp. 194-201), riesamina le pitture sulla tomba di Vergina. La scena, reale e non mitologica, rientra nel filone proritario dell'ideologia macedone, che nella caccia, soprattutto al leone, identifica il marchio di nobiltà e di coraggio, e ne ipotetizza l'ambientazione in un luogo sacro; per la tomba si conferma l'identificazione tradizionale in quella di Filippo, ravvisato nel cavaliere che assale il leone, mentre Alessandro è riconosciuto nel cavaliere munito di lancia al centro della composizione. Allo studio è affiancato un cenno al progetto di ricostruzione della pittura presso l'Università di Göttingen.

 

         Raimund Wünsche (Das Alexandermosaik, pp. 202-209) infine guarda al celeberrimo mosaico dalla Casa del Fauno a Pompei come copia di una pittura di dimensioni anche più ampie. L'analisi stilistica generale si concentra sulla struttura spaziale, definita e articolata dalla distribuzione delle lance, e sull'uso della luce,  che conferisce plasticità alle figure; tuttavia le notazioni più interessanti sono quelle riguardanti aspetti più specifici, che indirizzano a una cronologia collocabile nella seconda metà del III a.C. Sul piano stilistico, infatti, lo studioso osserva come la struttura complessiva e la caratterizzazione plastica di alcune figure, soprattutto di Persiani, sia più tarda del IV a.C. Di ciò egli ravvisa conferma su base antiquaria, osservando la mescolanza tra la cultura greca e quella persiana, leggibile soprattutto nelle armi, a significare un'osmosi ormai consolidata. Il promotore dell'opera pittorica potrebbe essere stato Tolomeo I, mentre senza soluzione resta l'identificazione del committente pompeiano che intorno al 150 a.C. volle la copia a mosaico nella propria dimora.

 

         Segue la parte più propriamente di catalogo, a cura di Ellen Rehm, diviso in sezioni, che accompagnano le tappe del cammino del Macedone dalla nascita alla morte attraverso i pezzi ritenuti via via più emblematici: Makedonien - Ein König wird geboren (pp. 212-219); Granikos - Der Feldzug beginnt (pp. 220-222); Issos - Die große Schlacht (pp. 223-229); Tyros - Gegen alle Widerstände (pp. 230-235); Ägypten - Alexander wird Pharao (pp. 236-249); Babylon und Susa  - König von Asien (pp. 250-264), Hindukusch  und Indien - Bis ans Ende der Welt (pp. 265-271); Susa - Die Massenhochzeit (pp. 272-279); Babylon - Alexanders Tod (pp. 280-282); Das Erbe Alexanders (pp. 283-285).

 

         Se i saggi toccano tutti gli aspetti della personalità e dell'epopea di Alessandro, l'illustrazione di essi è affidata a una selezione di materiali nuovi, non ricorrenti nelle numerose mostre e più in generale nelle pubblicazioni sul giovane re, dalla cui imagerie consueta fuoriescono, rivelando originalità e capacità innovativa in un campo apparentemente molto studiato. I pezzi esposti e catalogati, infatti, si discostano dalla Macedonia rutilante di ricchezze di solito esibita nelle mostre, ed esemplificano non solo l'immaginario epico ed eroico con il quale Alessandro si misurava e gli oggetti di lusso, ma anche le testimonianze della vita quotidiana rinvenute nelle contrade da lui conquistate, le monete che lo rappresentavano o che a lui si ispiravano, nonché le opere d'arte prodotte via via localmente in esito al contatto con la cultura greca e con la sua immagine; a questa documentazione si accosta una scelta di ritratti di qualità elevatissima. Non privi di emozione, peraltro, sono alcuni dei pezzi: la citata tavoletta con l'ingresso di Alessandro a Babilonia e quella, da Babilonia, che ne registra la morte, con la puntuale indicazione della data, 10 giugno del 323 a.C. (n. 354); il trofeo (n. 64), datato al IV secolo a.C. e di provenienza greca,  incredibilmente conservato.

 

 

Sommario

 

Alexander Demandt, Das Charisma Alexanders des Großen, pp. 22-33

Martin Hose, Freunde fürs Leben? Alexanders Gefährten, pp. 34-45

Hans-Ulrich Wiemer, Kleinasien und die Levante. Die ersten Eroberungen, pp. 46-57

Michael Pfrommer, Durch Orakel zum Pharao. Die Geburt des Gottkönigs, pp. 58-69

Ellen Rehm, Babylon, Susa, Persepolis. Alexander und das altorientalische Erbe, pp. 70-81

Johannes Hahn, Der Sonne entgegen. Der Indienzug, pp. 82-93

Michael Pfrommer, Zweiundzwanzig Hochzeiten und ein Todesfall. Alexanders Ende in Babylon, pp. 94-105

Hans-Ulrich Wiemer, Heer und Tross Alexanders, pp. 108-115

Hermann Pflug, Bewaffnung des Heeres von Alexander, pp. 116-123

Maria Brosius, Die Rolle der Frau bei den Makedonen, pp. 124-131

Peter Funke, Sehnsucht nach den Enden der Welt. Alexander der Eroberer, pp. 132-137

Rupert Genhard - Bernward Ziegaus, Die Kelten und Alexander, pp. 138-145

Martin Hose, Antike Textquellen kritisch gesehen, pp. 148-155

Karsten Dahmen, König, Vorbild, Held, Legende. Darstellungen Alexanders des Großen im antiken Münzbild, pp. 156-163

Kay Ehling, Dionysischer Indieneroberer. Alexander mit dem Elefantenskalp, pp. 164-169

Kay Ehling, Alexander Thalassakrator. Der Makedonenkönig als Herrscher der Meere, pp. 170-173

Florian S. Knauss - Harald Schulze, Das Alexanderporträt, pp. 174-179

Vinzenz Brinkmann - Ulrike Koch-Brinkmann - Heinrich Piening, Der Alexandersarkophag, pp. 180-187

Harald Schulze, Alexander und Herakles, pp. 188-193

Chrysoula Saatsoglou-Paliadeli, con un contributo di Vinzenz Brinkmann (Der Jagdfries am Grab Philipps II in Vergina - Aigai, pp. 194-201

Raimund Wünsche, Das Alexandermosaik, pp. 202-209

 

Catalogo, a cura di Ellen Rehm

Makedonien - Ein König wird geboren, pp. 212-219

Granikos - Der Feldzug beginnt, pp. 220-222

Issos - Die große Schlacht, pp. 223-229

Tyros - Gegen alle Widerstände, pp. 230-235

Ägypten - Alexander wird Pharao, pp. 236-249

Babylon und Susa - König von Asien, pp. 250-264

Hindukusch und Indien - Bis ans Ende der Welt, pp. 265-271

Susa - Die Massenhochzeit, pp. 272-279

Babylon - Alexanders Tod, pp. 280-282

Das Erbe Alexanders, pp. 283-285