De Matteis, Lorella Maria: Mosaici tardoantichi dell’isola di Cos Scavi italiani 1912–1945, iv+180 pages and 69 black and white and colour plates, ISBN 9781407311333, £45.00
(Archaeopress, Oxford 2013)
 
Rezension von Paolo Bonini, Accademia di Belle Arti "Santa Giulia" di Brescia
 
Anzahl Wörter : 1758 Wörter
Online publiziert am 2014-01-16
Zitat: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=1989
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          L’interesse dell’archeologia italiana per l’isola di Cos, e per il Dodecaneso più in generale, affonda le radici nei decenni dell’occupazione. Sottratto all’impero ottomano nel 1912, infatti, l’arcipelago restò sotto la dominazione italiana fino agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. Il trentennio fu senza dubbio drammatico per i conflitti che interessarono non solamente l’Italia e la Grecia, ma l’Europa ed il mondo intero; tuttavia fu anche un periodo denso di scavi e di ricerche, che riportarono in luce un ampio patrimonio archeologico e architettonico. La pubblicazione delle scoperte e dei risultati conseguiti, però, rimase spesso in forma preliminare o parziale proprio a causa delle vicende belliche che frapposero all’impegno degli studiosi insormontabili difficoltà.

 

          Il paziente lavoro che da diversi anni Lorella Maria De Matteis va portando avanti sui mosaici di Cos intende proprio contribuire a saldare il debito scientifico che l’archeologia italiana ha in passato contratto in questa regione. Dopo aver pubblicato già nel 2004 un primo volume sui mosaici di età imperiale e tardoantica che tornarono in luce nella città di Cos fra il 1912 e il 1945 (con l’aggiunta di due esemplari scoperti ad inizio ‘900), l’autrice dà ora alle stampe una nuova monografia dedicata ai mosaici tardoantichi scoperti sull’isola nel medesimo periodo di tempo.

 

          L’introduzione (pp. 1-5) chiarisce in primo luogo che oggetto dello studio sono i mosaici che ornavano le basiliche paleocristiane costruite sull’isola e, in aggiunta, alcuni esemplari che non erano stati compresi nel lavoro precedente dell’autrice.

 

          Prima ancora di addentrarsi nel recensire i contenuti della ricerca, sembra doveroso sottolineare fin da subito quanto questa pubblicazione sia importante e lodevole (e al contempo riflettere su quanto sia stato difficile lo studio dei materiali) perché la De Matteis rende accessibile agli altri studiosi, attraverso l’apparato grafico e fotografico del volume, un insieme di manufatti non altrimenti visibili, poiché solo occasionalmente è stata rimossa la copertura che da tempo li cela. Nell’impossibilità di una sistematica verifica autoptica (che pure non è stata trascurata, laddove sporadicamente fattibile), lo studio si è basato su di un paziente e impegnativo lavoro di vaglio della documentazione redatta al momento della scoperta e rimasta inedita per molti anni. Dal materiale d’archivio conservato presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene (fotografie, planimetrie, rilievi e disegni), l’autrice ha dunque ricavato tutte le informazioni confluite nel catalogo in merito ai motivi decorativi dei mosaici, al loro stato di conservazione al momento della scoperta, alla gamma cromatica impiegata. Altrettanto importante (e senza dubbio non certo agevole) è stata poi l’individuazione, attraverso le fotografie dell’epoca, di quali specifici ambienti ospitassero i singoli mosaici, così da ricomporre l’unità contestuale delle decorazioni musive afferenti alle diverse basiliche.

 

          Il primo capitolo (pp. 7-14) costituisce una sorta di avviamento storico e archeologico allo studio della Cos tardoantica; vi si propone infatti un rapido ma efficace profilo della storia delle scoperte, inquadrando quanto scavato tempo fa alla luce delle ricerche recenti condotte dalla IV Eforia per le Antichità Bizantine del Dodecaneso. Dopo una generale rassegna di ciò che al giorno d’oggi è noto a proposito della situazione urbanistica e monumentale dell’isola nella tarda antichità, l’autrice focalizza poi l’attenzione sugli edifici di culto e, senza trascurare le scarse fonti letterarie ed epigrafiche disponibili, delinea i nodi problematici intorno ai quali si aprono le prospettive della ricerca. Data la presenza sull’isola di numerose basiliche riccamente ornate di mosaici, il primo e principale filone di indagine che si impone all’attenzione della studiosa è l’attività delle officine, al quale è dedicato, naturalmente, ampio spazio a partire dal ricco repertorio catalogato. Anche altre questioni, però, stimolano la curiosità del lettore, legate essenzialmente alle dinamiche del popolamento ed al rapporto fra le basiliche, il territorio e l’economia dell’isola. L’autrice non si sottrae dall’offrire almeno una chiave di lettura dei dati disponibili, per parafrasare le sue stesse parole (p. 11); sebbene si affermi che questi aspetti della ricerca sono ancora in fase di elaborazione preliminare, la sintesi approntata è quanto di più aggiornato sia al momento disponibile sulla situazione di Cos nella tarda antichità e dunque rappresenta un punto di riferimento necessario per chiunque intenda affrontare gli studi in questo ambito.

 

          Il secondo capitolo (pp. 15-68) è costituito dal catalogo dei mosaici, il quale è il cuore stesso della ricerca e comprende sessantasei schede raggruppate in base alla pertinenza ai diversi complessi monumentali: basilica di Antimachia, basilica di Camari, basilica di Capamà, basilica maggiore di Kephalos, basilica minore di Kephalos, battistero di Kephalos, basilica di Hag. Gavriil (capo Psalidi), Cos (piazza Hag. Ioanni Theologou), Cos (mosaico dal quartiere del porto), Cos (mosaico di provenienza sconosciuta), basilica di Capo Scandari, basilica di Zipari. Precede ciascun gruppo di schede una sintetica trattazione della basilica con relative bibliografia e cronologia. Al fine di rendere omogenee e rapidamente confrontabili tutte le informazioni a disposizione, le singole schede dei mosaici riportano poi in ordine le seguenti voci: localizzazione, eventuale bibliografia, documentazione iconografica, stato di conservazione, composizione, confronti.

 

          Al catalogo seguono le considerazioni più strettamente tecniche dei manufatti censiti. Il terzo capitolo (pp. 69-70) presenta infatti i materiali, le cromie e la densità delle tessere per decimetro quadrato, laddove naturalmente sia stato possibile calcolarla; una chiara tabella in fondo al volume organizza questi stessi dati in forma sintetica.

 

          Il sistema decorativo è invece affrontato nel quarto capitolo (pp. 71-85), in cui il discorso procede in maniera altrettanto rigorosa, accompagnato, sempre in fondo al volume, dalle tabelle che verosimilmente hanno costituito la prima forma di organizzazione dei dati in corso di elaborazione. Appare comunque corretta e auspicabile la scelta di pubblicare questi materiali di lavoro sotto forma di tabelle, poiché essi costituiscono uno strumento particolarmente funzionale alla consultazione. Dapprima sono presentati i modelli che sottostanno al lavoro delle maestranze, nella fase di scansione dello spazio da decorare, e si rileva il rapporto con la destinazione funzionale degli ambienti in cui tali modelli sono posti in opera. Per ciascuno schema compositivo non si fornisce soltanto la definizione, ma si offre anche una semplificazione grafica di immediata leggibilità. Segue la discussione del repertorio decorativo geometrico e figurato. Sebbene non sia possibile, nello spazio concesso ad una recensione, seguire nel dettaglio lo svolgimento della trattazione, pare opportuno segnalare da un lato la grande varietà del repertorio geometrico, cui si dedica di conseguenza maggiore spazio, ma dall’altro lato anche, come la stessa autrice tiene a sottolineare (p. 85), la tendenza delle maestranze coe ad utilizzare spesso l’elemento figurato, sia come punto focale della composizione, sia come elemento ornamentale secondario, posto negli scomparti delle composizioni e nelle bande di raccordo; tipica poi dell’isola fin dall’età imperiale appare la modalità narrativa che distribuisce i personaggi afferenti ad una stessa scena come figure isolate, entro scomparti in sequenza.

 

          I problemi legati alla datazione dei materiali censiti meritano un capitolo a se stante, il quinto (pp. 87-90). A partire dagli elementi esterni di datazione (i terremoti del 469 e del 554 d.C., i rapporti stratigrafici delle indagini archeologiche più recenti) e dagli elementi interni di datazione (i confronti su base stilistica, specialmente desunti dal repertorio microasiatico e siriaco), la De Matteis sviluppa le sue proposte di cronologia. L’autrice ha proceduto dapprima individuando alcuni mosaici che fungessero da capisaldi cronologici intorno ai quali ha poi organizzato gli altri materiali in base all’affinità tecnica e stilistica. Per quanto riguarda i mosaici del capoluogo, la ripartizione cronologica appare più stretta e meglio fondata; per quanto riguarda invece i mosaici dei complessi basilicali dell’isola, la ripartizione prevede due soli grandi gruppi (il primo inquadrabile nella seconda metà del V secolo, il secondo da collocare invece tra la fine del V e la prima metà del VI secolo). Nella scarsità di dati disponibili è già questa una significativa acquisizione che rappresenterà un punto fermo per il prosieguo degli studi. 

 

          Il sesto capitolo (pp. 91-100) propone una rilettura globale del patrimonio musivo di Cos, considerando quindi non solo il corpus di mosaici oggetto della monografia qui recensita, ma anche i manufatti già editi nel volume del 2004. L’utilità di questo approccio consiste proprio nel comprendere ciò che, suggestivamente, l’autrice ha definito “la grammatica” delle maestranze coe (p. 91), che viene illustrata attraverso la trattazione di tre nuclei problematici. Il primo consiste nel tentativo di definire i caratteri del repertorio decorativo coo tardoantico, anche in rapporto al patrimonio della precedente età imperiale. Il secondo intende, invece, descrivere le modalità di lavoro delle botteghe artigiane e riflettere sulla possibilità di riconoscere officine distinte. Il terzo, infine, amplia lo sguardo al di fuori dei confini dell’isola poiché concerne la diffusione del repertorio decorativo coo.

 

          Che il discorso dell’autrice riguardi in gran parte le maestranze e le relative procedure produttive, lasciando spesso in ombra la committenza, è un tratto che deriva dal corpus stesso dei manufatti esaminati e dalle informazioni che da essi è possibile ricavare. Laddove, però, siano presenti epigrafi musive, la De Matteis non ha mancato di indagare gli spunti che da esse derivano anche nell’ottica di una più chiara definizione del profilo sociale della committenza: un gruppo facoltoso e culturalmente omogeneo di esponenti delle gerarchie ecclesiastiche e di laici che intendono presentarsi in qualità di evergeti di fronte ai propri concittadini di livello sociale inferiore. Interessante anche questo riguardo è l’osservazione dell’autrice (p. 85) che non sembrano esistere a Coo due repertori musivi differenziati per gli edifici a destinazione laica e religiosa, salvo naturalmente alcune scene di caccia e personificazioni di città, che paiono escluse dall’ambito religioso. A queste dinamiche sociali, stimolanti per le prospettive storico-culturali che ne derivano, è proprio dedicato il capitolo settimo (pp. 101-104).

 

          Nelle conclusioni (pp. 105-108), infine, all’autrice non resta che trarre le fila della complessa indagine, ripercorrendone le tappe salienti ed evidenziando gli importanti risultati conseguiti nel mettere a disposizione della comunità scientifica i dati degli scavi compiuti nella prima metà del XX secolo.

 

          Un ricco apparato correda il volume: molte pagine sono dedicate alle tabelle sinottiche (pp. 117-160) della cui utilità si è già detto; completano poi il tutto gli indici (pp. 161-164), la bibliografia (pp. 165-179) ed un ricco repertorio di tavole illustrative (tavv. I-LXI) che riproducono i mosaici in catalogo tramite fotografie e rilievi, anche a colori, nonché le planimetrie (tavv. A-H) dei complessi basilicali considerati.

 

          Se la traduzione in lingua inglese delle conclusioni faciliterà senza dubbio la lettura al pubblico non italiano almeno dei risultati raggiunti da questo importante saggio, la traduzione delle stesse conclusioni anche in lingua greca rappresenta un significativo omaggio che Lorella Maria De Matteis offre ai lettori greci, quale gesto di rispetto e ammirazione per la feconda cultura ellenica.