Lyons, Claire L. - Bennett, Michael - Marconi, Clemente (ed.): Sicily: Art and Invention between Greece and Rome, 288 pages, 9 1/2 x 11 inches, 144 color and 23 b/w illustrations, 1 map, ISBN 978-1-60606-133-6, $60.00
(Getty Museum, 2013)
 
Recensione di Rosina Leone, Università degli studi di Torino
 
Numero di parole: 4210 parole
Pubblicato on line il 2015-04-08
Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=2158
 
 

 

          Il libro è stato pubblicato in occasione dell’omonima mostra organizzata tra il 2012 e il 2014 a Los Angeles, a Cleveland e a Palermo (nella versione palermitana a cura di Caterina Greco e Maria Lucia Ferruzza), dal J. Paul Getty Museum, dal Cleveland Museum of Art e dall’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana della Regione Siciliana. Non si tratta di un catalogo ma di una raccolta di saggi.

 

          Il volume è articolato in cinque sezioni dedicate rispettivamente alla storia, alla religione, ad aspetti della cultura siceliota, all’ellenismo e alle espressioni artistiche di età classica e ellenistica della Sicilia greca. Ogni saggio prevede uno o più approfondimenti a firma di studiosi diversi dall’autore e dedicati ad aspetti specifici trattati nel saggio stesso. Talvolta gli approfondimenti sono richiamati anche in altri contributi. L’arco cronologico di riferimento è il periodo compreso tra la battaglia di Himera del 480 a.C. e la conquista romana di Siracusa nel 212 a.C., quando – come notano nella premessa i curatori dei due musei americani – la Sicilia divideva il palcoscenico del Mediterraneo con Atene, Alessandria e i regni ellenistici. L’insieme offre un quadro aggiornato ed esaustivo dello stato dell’arte della conoscenza della Sicilia greca, reso più efficace dal ricco apparato iconografico. Le didascalie delle belle illustrazioni degli oggetti più importanti sono arricchite da brevi approfondimenti redatti da specialisti. L’unico grande tema che resta fuori dalla trattazione è l’urbanistica. Una tavola sinottica a cura di Rosalia Pumo mette in relazione cronologica gli avvenimenti storici, gli eventi della vita culturale e la creazione dei più importanti monumenti e opere della Grecia propria e del Mediterraneo orientale con quelli contemporanei della Sicilia e del Mediterraneo occidentale.

 

          Nell’introduzione Claire L. Lyons e Michael Bennet sottolineano come il periodo compreso tra il 480 (vittoria sui Cartaginesi) e il 413 (vittoria sugli Ateniesi) costituisca un punto di svolta nella formazione di una comune identità isolana. La raccolta di saggi si concentra sul periodo classico e sul primo ellenismo, quando la Sicilia greca raggiunge nelle varie manifestazioni culturali e artistiche un livello tale da superare anche quello della Grecia propria. L’intento dichiarato dei curatori è quello di ridare centralità alla Sicilia, non più periferica in una ormai superata prospettiva ellenocentrica. La cultura figurativa siceliota riflette l’ambiente internazionale dell’isola e denuncia gli stretti legami con i centri di produzione artistica dell’Italia meridionale, della Macedonia, dell’Africa settentrionale e dei regni ellenistici dell’Asia Minore. L’elevato livello intellettuale lì raggiunto, il cui più alto rappresentante viene identificato in Archimede di Siracusa, costituì un richiamo irresistibile per artisti e intellettuali della madrepatria. Con la conquista di Siracusa a opera di Marcello nel 212 comincia un periodo di trasformazione che continuerà a vedere la Sicilia come catalizzatore e mediatore tra la Grecia e Roma.

 

          La prima sezione, dedicata a storia, politica culturale e identità si apre con un accurato saggio introduttivo della storia della Sicilia tra la battaglia di Himera e la conquista di Siracusa, a firma di Carmine Ampolo. Lo studioso sottolinea come, per meglio comprendere le vicende storiche della Sicilia, soprattutto di quella occidentale, sia necessario ricordare la presenza sull’isola di popolazioni di origini diverse e la loro interazione con i coloni: il processo di identità collettiva che ne scaturirà troverà forma compiuta con la creazione nel 227 della provincia romana. 

 

          Alle pp. 14-15 un primo approfondimento, a firma di Stefano Vassallo, è dedicato al recente (2008-2010) ritrovamento nella necropoli occidentale di Himera di alcune sepolture collettive di inumati, che sono stati riconosciuti come i caduti della battaglia di Himera. Accanto alle sepolture collettive, si segnalano sepolture individuali, che lo scavatore ipotizza riferibili ai caduti imeresi (mentre quelle collettive sarebbero riportabili ai caduti delle colonie alleate) e 26 sepolture di cavalli. Un secondo nucleo di sepolture collettive non lontano dal precedente dovrebbe essere invece riferibile alla battaglia del 409, dall’esito assai diverso per gli abitanti di Himera. 

 

          Alle pp. 18-19, in riferimento alle vicende di Katane/Aitna e Inessa/Aitna, illustrate da Ampolo nel suo saggio, un secondo approfondimento a firma di François de Callataÿ si concentra sul tetradramma di Aitnai, oggi al Cabinet des Médailles della Bibliothèque Royale de Belgique a Bruxelles

 

          Il contributo di Caroline Veit si concentra sulla kulturpolitik di Agatocle (317-289) e di Ierone II (275-216/5), due personaggi politici cui ben si adatta la definizione di sovrani ellenistici. Nel saggio vengono analizzate le coniazioni propagandistiche, i progetti edilizi e l’autopromozione su scala internazionale: Veit mostra l’evoluzione di Agatogle da tiranno locale a regnante ellenistico nella monetazione mentre di Ierone II viene enfatizzata l’importanza della sua politica culturale nel programma edilizio siracusano della Neapolis, dove il grande altare dedicato a Zeus Olimpio gli offre un luogo di autoglorificazione a più ampia scala. Un altro aspetto della politica su scala internazionale del tiranno può essere rintracciato nelle dediche offerte nei grandi santuari panellenici, ponendosi Ierone II a Olimpia in continuità coi suoi predecessori Gelone I e Ierone I. L’ultimo aspetto enfatizzato da Veit è l’evergetismo del sovrano. In conclusione si sottolinea come entrambi i sovrani utilizzino lo stesso simbolismo impiegato dai potentati dell’Oriente ellenistico.

 

          Scopo dichiarato del contributo di Francesca Spatafora su Greci e non Greci in Sicilia è quello di esaminare da una prospettiva archeologica i segni di mescolanze, integrazioni e ibridazioni, ma anche di salvaguardia delle proprie tradizioni, verificatesi a seguito del movimento colonizzatore greco, ma anche fenicio, con i diversi ethne indigeni che abitavano l’isola. Gli ambiti culturali che si rilevano più sensibili a fenomeni di commistione o di separazione risultano essere quello funerario (necropoli di San Mauro di Caltagirone, di Polizzello, di Balate di Marianopoli, di Monte Castellazzo di Poggioreale) e quello religioso: un caso esemplare è costituito dal santuario pansicano di Polizzello.

 

          Spatafora individua una crescita della consapevolezza identitaria indigena (di cui è simbolo la ribellione delle aristocrazie siciliane sotto la guida di Ducezio) intorno alla data della battaglia di Himera, un periodo di crisi delle comunità locali durante la politica espansionistica siracusana e akragantina e un periodo di rinnovamento nel IV secolo, dopo la vittoria dei Cartaginesi a Himera nel 409. Esemplare di questo scenario è la straordinaria phiale aurea di Damarchos di Caltavuturo, a cui è riservato l’approfondimento di Pier Giovanni Guzzo alle pp. 44-46.

 

          La seconda sezione è dedicata a religione e mitologia. In apertura il saggio di Caterina Greco si concentra sul culto di Demetra, centrale in Sicilia come testimonia il proliferare di santuari e di luoghi di culto thesmophorici già nel corso dell’età arcaica, a Gela, ad Akragas, a Selinunte. Particolare enfasi viene riservata da Greco al santuario arcaico extraurbano presso San Francesco Bisconti, cui è dedicato anche un approfondimento a firma di Enrico Caruso alle pp. 52-53. Proprio da questo santuario dovrebbe provenire la dea di Morgantina, ben commentata alle pp. 60- 61 da Clemente Marconi nel secondo approfondimento del saggio. Marconi suggerisce di identificare dubitativamente la statua, riportabile per stile alla scultura attica dell’ultimo quarto del V secolo, come una statua di culto dedicata da Camarina, di cui conosciamo le strette relazioni diplomatiche con Atene. Anche per il culto di Demetra un momento di rinnovata crescita coincide con l’ascesa dei Dinomenidi. Un altro polo dell’importanza di Demetra in Sicilia è costituito da Enna; proprio con una Demetra Hennaia Greco propone di identificare la dea di Morgantina. Sarà questa Demetra a passare nel mondo romano.

 

          Il contributo di Monica de Cesare su mito greco e religione nel contesto siciliano si concentra su alcuni filoni mitologici documentati da fonti iconografiche e che, secondo la studiosa, definiscono da un lato la fisionomia etnica, civica, politica e socioculturale di comunità, gruppi e individui e dall’altro il panorama religioso siceliota nelle sue manifestazioni pubbliche, domestiche e funerarie. Nella diffusione del mito greco sono da considerare le interferenze con il mondo indigeno e con la Magna Grecia: esemplare è il caso di Eracle (e al bronzetto da Modica dell’Eracle Cafeo è dedicato un approfondimento a firma di Nicola Bonacasa alle pp. 68-69). De Cesare segnala l’utilizzo da parte della comunità siceliota di paradigmi mitologici (oltre ad Eracle, Odisseo, Enea, Oreste, Filottete, Kadmo, le Amazzoni e i Giganti, Teseo) e indaga le figure delle Ninfe e di Artemide, in particolare nella sua epiclesi di Phakelitis, mentre rimanda al contributo di Greco per Demetra e Kore. Un’altra sfera sacra ricorrente nel milieu siceliota è quella dionisiaca. L’ultima vicenda mitologica menzionata è quella di Orfeo, utilizzata in Sicilia a partire dal V secolo negli ambiti della escatologia funeraria e della religione misterica.

 

          La terza sezione è dedicato alle espressioni artistiche e letterarie della cultura siceliota. Il saggio di Gianfranco Adornato si rivolge alla partecipazione a pieno titolo delle poleis siceliote alla competizione, sia agonistica ma anche nella qualità delle commissioni artistiche, che aveva luogo nei grandi santuari greci. Un caso significativo è rappresentato dalla presenza nel santuario di Zeus a Olimpia di alcuni thesauròi dedicati da poleis siceliote: quelli di Gela e di Selinunte e il thesaurós di Gelone e dei Siracusani (identificato con il n.2) che, secondo Adornato, conteneva il bottino preso ai Cartaginesi nella battaglia di Himera e che ospitò più tardi le offerte di Ierone a seguito della vittoria navale di Cuma del 474. La presenza di atleti sicelioti nei santuari greci è attestata da molte offerte votive dall’età arcaica al primo quarto del IV secolo, con una concentrazione nel corso del V secolo (alle pp. 94-95 viene presentata la lista dei vincitori sicelioti ai giochi di Olimpia, Delfi, Isthmia, Nemea e Atene): allo stesso tempo gli artisti più famosi erano chiamati a realizzare statue e monumenti celebrativi (alle pp. 96-97 è elencata una selezione dei monumenti votivi offerti dalle città o da cittadini sicelioti nei santuari della Grecia). Alle pp. 84-85 un approfondimento a firma di Maria Luisa Famà è dedicato all’efebo di Mozia, interpretato come un vincitore ai giochi panellenici; l’area di fabbricazione della statua dovrebbe localizzarsi a Selinunte. Un altro modo di eternare la fama dei vincitori erano i componimenti poetici; Adornato si concentra su quelli di Pindaro. L’ultimo paragrafo del saggio è dedicato a politica e diplomazia: un indizio significativo di attività diplomatiche è qui rappresentato dalla dedica nei santuari sicelioti e magnogreci di caducei. Adornato sottolinea infine come le offerte siceliote nei santuari greci debbano essere poste in relazione con la volontà di legittimazione del potere dinastico da parte degli offerenti: si veda il caso eclatante delle offerte a Delfi dei Dinomenidi.

 

          Il contributo di Kathryn Morgan focalizza la sua attenzione su tre distinti periodi in cui autori diversi costruirono visioni particolari della monarchia siciliana. Terone di Agrigento e Ierone I di Siracusa attrassero alle loro corti alcuni dei poeti più famosi del loro tempo: Simonide e Pindaro per Terone, ancora Pindaro e Bacchilide per Ierone: l’occasione più ricorrente era la celebrazione delle vittorie equestri. Per la costruzione della figura del tiranno Ierone Morgan analizza alcune odi di Pindaro. Un secondo caso di analisi è quello di Dionisio I di Siracusa, la cui figura viene stigmatizzata dalla tradizione come quella di un tiranno crudele ma di cui si ricorda anche l’interesse per la letteratura e per le arti liberali e alla cui corte si raccolsero importanti intellettuali. Il terzo caso è quello della corte di Ierone II, con la figura di Teocrito e l’ambientazione in Sicilia della poesia bucolica. Nei poemi di Teocrito compare la figura di Priapo: il più antico esemplare di grande scultura raffigurante questo soggetto è la statua in calcare locale ora al Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa, cui è dedicato l’approfondimento di Malcom Bell III alle pp. 106-107.

 

          Il contributo di Kathryn Bosher è dedicato alla drammaturgia siceliota: la studiosa nota come all’enfasi data nella Poetica di Aristotele alla poesia e alla commedia siceliota non ne corrisponda una analoga nella storia moderna degli studi sul tema, differentemente da quanto si riscontra per la tragedia attica. Il saggio propone una disamina della commedia siceliota in rapporto agli altri tipi di teatro rappresentati in Sicilia: la produzione di Epicarmo, i soggetti delle cui commedie trovano probabilmente un riflesso nelle produzioni artigianali magnogreche e siceliote di V e IV secolo, e il suo rapporto con il genere di mimo fiorito a Siracusa nel secondo quarto del V sec. e, ancora, la relazione di Epicarmo con Eschilo. Alle pp. 114-115 un approfondimento di Fabio Caruso è dedicato al cratere a fondo bianco da Agrigento con la raffigurazione di Perseo e Andromeda e con acclamazione iscritta a Euaion, figlio di Sofocle, che costituisce secondo Caruso un valore aggiunto per l’acquirente del vaso, essendo questo datato non molto dopo la morte a Gela di Eschilo, che era stato salutato con funerale pubblico e fatto oggetto di onori eroici. Anche Euripide è autore tragico ammirato e rappresentato in Sicilia: Bosher sottolinea la difficoltà di riferire gli episodi raffigurati dalla pittura vascolare italiota e siceliota a specifiche tragedie e ritiene che fonti per quelle rappresentazioni possano essere cercare anche nelle sue parodie doriche come quelle di Rintone e nelle commedie attiche, anch’esse parodie di Euripide, di Aristofane (come nei lavori recenti di Taplin e Csapo): si tratta comunque di una produzione iconografica peculiare dell’Italia meridionale e della Sicilia. Bushor accenna anche alla dibattuta questione della partecipazione dei non Greci alle rappresentazioni teatrali, stante la presenza di vasi con questi soggetti in contesti funerari indigeni. Al termine del contributo è un accenno ai culti associati al mondo del teatro.

 

          La quarta sezione è dedicata all’ellenismo e alla sua eredità. Il contributo di Reviel Netz intende inquadrare la scienza di Archimede in un contesto più ampio. Vengono illustrati in primo luogo i contributi dati da Archimede alla matematica, di cui Netz sottolinea la tenuta. Viene quindi presentata l’attività di Archimede a Siracusa, inquadrando la sua scienza nell’ambito della temperie politica e culturale della Siracusa di III secolo. Alle pp. 126-127 un approfondimento di William Noel è dedicato al palinsesto di Archimede, di cui in anni recenti Netz e Wilson, grazie all’ausilio di tecniche avanzate di analisi del manoscritto, hanno potuto proporre variazioni rispetto alla lettura storica di Heilberg. Il lavoro di smontaggio del libro di preghiere del XII sec. ha permesso inoltre di ritrovare alcuni altri testi perduti (orazioni di Iperide e un commentario di Aristotele). Alle pp. 128-129 un secondo approfondimento è dedicato da Michael Bennett alle invenzioni di Archimede tra cui il meccanismo di Anticitera, presentato come una sorta di testamento antico della tradizione delle macchine inventate da Archimede. In conclusione del suo saggio Netz propone alcune considerazioni di carattere più generale sulla figura di Archimede.

 

          Il saggio di Gabriella Cirucci si focalizza sulla comprensione del ruolo giocato dalla Sicilia nella recezione dell’arte greca a Roma prima e dopo il sacco di Siracusa. Un contributo siciliano a Roma può essere individuato nell’introduzione del culto di Venere Ericina: il cosiddetto acrolito Ludovisi potrebbe suggestivamente aver decorato il corrispondente santuario in Sicilia (e recenti studi vorrebbero riportare a ambito siceliota anche il cosiddetto trono Ludovisi). L’esistenza di queste testimonianze archeologiche a Roma confermano l’importanza delle opere d’arte occidentali per la cultura artistica e visuale romana. È nota l’avidità che Verre mostrò per la suppellettile in metallo prezioso di cui fece razzia in Sicilia: a questo riguardo Cirucci segnala il recente rinvenimento del cosiddetto tesoro di Eupolemos a Morgantina (al tesoro di argenti ora esposto al Museo Archeologico di Aidone è dedicato un approfondimento di Malcom Bell III alle pp. 140-141) e i tesori di Paternò, suggestivamente avvicinabili proprio alle spogliazioni operate da Verre. Il contributo della Sicilia al processo di ellenizzazione di Roma continua immutato prima e dopo il presunto spartiacque costituito dal sacco di Marcello.

 

          L’ultima sezione è infine più specificatamente dedicata alle manifestazioni artistiche e architettoniche della Sicilia di età classica e ellenistica. Il contributo di Margaret M. Miles si concentra sull’architettura siceliota di età classica, a partire dal tempio della Vittoria di Himera, con la novità rappresentata dai vani scalari ai lati della cella, forse utilizzati anche per lo svolgimento dei rituali. Nella trattazione è dedicato spazio anche al programma edilizio akragantino di Terone, in particolare con l’edificazione del tempio monumentale di Zeus: Miles ritiene, come proposto da Pieter Broucke, che i telamoni si trovassero all’interno del tempio. Viene quindi illustrato il grande progetto selinuntino e citati i templi di Segesta. Un paragrafo è dedicato a Siracusa sotto Dionisio I (fortificazioni dell’Epipoli) e Ierone II (ristrutturazione del teatro). In conclusione un rapido cenno viene riservato ai contesti indigeni che in anni recenti stanno restituendo tracce di impianti regolari e di architettura in pietra (si veda il caso di Paliké). Il contributo si chiude con un interessante riferimento agli influssi dell’architettura occidentale su quella greca, con la creazione nel tardo V secolo di uno stile internazionale, frutto di una vicendevole influenza del mondo greco su quello occidentale e viceversa.

 

          Clemente Marconi focalizza il suo contributo sulla scultura siceliota tra l’età dei tiranni e il regno di Ierone II. Si tende oggi a ritenere che i kouroi di età tardo arcaica in marmo di Paros e con probabile funzione di sémata funerari siano stati realizzati in officine locali. Accanto al sorgere di interesse per la statuaria in marmo continua in Sicilia la produzione di statue, soprattutto femminili, in calcare e in terracotta: la scultura realizzata in questi materiali gioca qui un ruolo significativo anche nelle decorazioni architettoniche. Con l’ascesa dei Dinomenidi e degli Emmenidi in Sicilia si ha un momento di grande fioritura anche artistica: Marconi analizza i casi di Agrigento e di Selinunte per la scultura a tutto tondo e passa quindi alla scultura architettonica: non potevano qui mancare le metope del tempio E di Selinunte. La scarsità di documentazione per il periodo centrale dell’età classica potrebbe verosimilmente essere ascritta ai sacchi cartaginesi del 409 e del 405: una rara eccezione è costituita dalla dea di Morgantina, cui già Marconi ha dedicato un approfondimento nel volume. Anche per il periodo tardo classico il record è limitato: in questo caso si potrebbe collegare questo fenomeno alle contingenze politiche ed economiche successive all’invasione cartaginese e precedenti all’ascesa di Timoleonte. Per quanto riguarda la scultura di età ellenistica risulta inevitabile rivolgersi alla politica di Ierone II. A questo periodo è stato riferito l’ariete bronzeo di Castello Maniace, che altri vogliono invece riportare a età romana. A questo bronzo è dedicato alle pp. 170-171 l’approfondimento di Agata Villa, che – sulla base delle analisi condotte durante il recente restauro – ne propone una datazione tra fine I a.C. e fine I d.C. e una possibile provenienza da Roma. La maggior evidenza di scultura bronzea di questo periodo è per Marconi l’Eracle Cafeo dai dintorni di Modica, cui è già stato dedicato nel volume un approfondimento di Nicola Bonacasa. Con Ierone II la scultura architettonica si estende a altri tipi di edifici: si vedano gli atlanti a decorazione del grande altare della Neapolis che, a parere dello studioso, costituiscono un riferimento esplicito all’ Olympieion di Agrigento e quindi una sorta di riferimento al passato glorioso dell’isola sotto Dinomenidi ed Emmenidi.

 

          A Carmen Arnold-Biucchi spetta il compito di indagare l’arte della monetazione. I coni sicelioti sono stati spesso considerati capolavori dell’arte antica, allo stesso livello delle altre forme artistiche. La Sicilia ha realizzato per prima, già sotto Dionisio I, la coniazione nei tre metalli. Il contributo copre l’arco che va dall’inizio della monetazione (540-500) all’età ellenistica. Di particolare interesse nella prima fase il Damareteion siracusano, un decadramma d’argento che qualcuno ritiene una medaglia commemorativa per la vittoria di Himera. Le prime attestazioni d’argento, come pure quelle di bronzo della metà del V secolo, sono da attribuire a Selinunte e a Himera. Un periodo particolarmente importante per la monetazione siceliota coincide con gli anni di Dionisio I (405-367/6), quando sulle monete compaiono nomi personali identificati come quelli degli incisori: la pratica di firmare è peculiare di Sicilia e Magna Grecia. Un paragrafo è dedicato ai decadrammi di Cimone e Euanetos, i più famosi incisori che realizzano a Siracusa stampi per diverse monete e nei tre metalli. Un paragrafo è poi dedicato alle monete dei popoli non greci (monetazione di Segesta, Erice e Mozia) e alla diffusione della monetazione siculo-punica, di cronologia e attribuzione piuttosto complessa. L’ultimo paragrafo è dedicato all’età ellenistica: una significativa ripresa della monetazione siracusana si ha con Agatocle mentre con Ierone II la monetazione ritrarrà i governanti secondo la modalità comune al mondo ellenistico. Sarà infine la conquista romana a porre fine ad un percorso artistico durato più di tre secoli.

 

          Il contributo di Maria Lucia Ferruzza è dedicato alla coroplastica siceliota. Ferruzza sottolinea come la produzione coroplastica, assai variegata per temi iconografici, stili e temi religiosi, attesti una interazione complessa tra tradizione e nuovi modelli in un rapporto di scambi tra Sicilia e Grecia che non consente più di parlare di centro e periferia. Il saggio si concentra su alcuni temi peculiari della coroplastica siceliota in alcuni momenti specifici: il periodo di transizione tra la fine dell’età arcaica e l’età severa, quando si assiste alla creazione di modelli stilistici e formali attici accanto all’esistenza di modelli tipici delle officine locali; la produzione di busti associati con il culto di Demetra e di Kore-Persefone, che studi recenti confermano di uso ininterrotto dall’età tardo-arcaica al III sec.; le terrecotte a soggetto teatrale di IV e III secolo dalle necropoli di Lipari che tradiscono un evidente legame tra dionisismo funerario e mondo del teatro; le produzioni ellenistiche di carattere “borghese” che ben si inseriscono nel peculiare orizzonte cultuale della Sicilia greca, quando l’isola verrà a inserirsi in una rete con Roma e con le altre capitali del mondo ellenistico, in particolare Alessandria.

 

          Il contributo di Alessandra Merra tenta di tracciare una sintesi cronologica e stilistica sulla base dei dati archeologici più recenti delle pitture parietali siceliote. Nel saggio vengono presi in considerazione muri dipinti da abitazioni private databili dal III al I secolo. Particolare attenzione viene dedicata al caso di Morgantina e alla casa delle Maschere di Solunto, recentemente datata al secondo quarto del I secolo a.C., che costituisce un compiuto esempio della romanizzazione della Sicilia.

 

          Spetta a Sebastiano Barresi l’ultimo contributo relativo alla pittura vascolare a figure rosse. Barresi accoglie l’ipotesi di Trendall sulle dinamiche che avrebbero causato la nascita di una produzione vascolare locale; sminuito sembra però il ruolo del Pittore della Scacchiera come capostipite della produzione; un esempio emblematico resta quello del Pittore di Locri. Barresi inserisce la migrazione di pittori vascolari dalla Sicilia alla Campania nell’ottica della circolazione tra beni e uomini favorita dalla politica di Dionisio I piuttosto che leggerla, con Trendall, come prodotto di un momento di crisi. Il contributo segue l’evoluzione della pittura vascolare fino al Pittore di Lipari, intorno alla cui attività si concentra la definizione cronologica dell’ultima fase della produzione siceliota e che resta un problema ancora aperto. Aperto è anche il problema della repentina cessazione della produzione vascolare a figure rosse.

 

 

 

Table of Contents

Forewords, pp. vii-xi
Acknowledgments, pp. xii-xiii
Map of Sicily, pp. xiv-xv
Timeline of Sicilian History (compiled by Rosalia Pumo), pp. xvi-xxi

Introduction, Claire L. Lyons and Michael Bennett, pp. 1-9
1. History, Cultural Politics, and Identity
History of Sicily, 480-211 B.C.-Carmine Ampolo, pp. 12-26
Focus: The Fallen Heroes of Himera-Stefano Vassallo, pp. 14-15
Focus: A Unique Coin of Aitna-François de Callatay, pp. 18-19
Hellenistic Kingship in Sicily: Patronage and Politics under Agathokles,
and Hieron II-Caroline Veit, pp. 27-36
Ethnic Identity in Sicily: Greeks and Non-Greeks-Francesca Spatafora, pp. 37-47
Focus: The Gold Phiale of Damarchos-Pier Giovanni Guzzo, pp. 44-45
2. Religion and Mythology
The Cult of Demeter and Kore between Tradition and Innovation-Caterina Greco, pp. 50-65
Focus: The Sanctuary at San Francesco Bisconti-Enrico Caruso, pp. 52-53
Focus: The Goddess from Morgantina-Clemente Marconi, pp. 60-61
Greek Myth and Religion in the Sicilian Context-Monica de Cesare, pp. 67-79
Focus: Herakles Cafeo-Nicola Bonacasa, pp. 68-69
3. Sikeliote Culture in Art and Literature
Rivalry, Competition, and Promotion: Cities and Citizens of Sicily in the
Sanctuaries of Greece-Gianfranco Adornato, pp. 82-97
Focus: The Mozia Charioteer-M.L. Famà, pp. 84-85
Imaginary Kings: Visions of Monarchy in Sicilian Literature from Pindar to
Theokritos-Kathryn Morgan, pp. 98-110
Focus: Priapos-Malcolm Bell III, pp. 106-107
Infinite Variety: Ancient Greek Drama in Sicily-Kathryn Bosher, pp. 111-121
Focus: Perseus and Andromeda in Agrigento-Fabio Caruso, pp. 114-115
4. Hellenism and its Legacy
Science in Syracuse: Archimedes in Place-Reviel Netz, pp. 124-133
Focus: The Archimedes Palimpsest-William Noel, pp. 126-127
Focus: Archimedes’ Genius-Michael Bennett, pp. 128-129
The Roman Conquest of Sicily and its Consequences-Gabriella Cirucci, pp. 134-143
Focus: Morgantina’s Silver Treasure-Malcolm Bell III, pp. 140-141
5. Sicilian Art and Archaeology in the Classical and Hellenistic Periods
Classical Greek Architecture in Sicily-Margaret M. Miles, pp. 146-158
Sculpture in Sicily from the Age of the Tyrants to the Reign of Hieron
II-Clemente Marconi, pp. 159-173
Focus: The Bronze Ram of Castello Maniace-Agata Villa, pp. 170-171
The Art of Coinage-Carmen Arnold-Biucchi, pp. 174-185
Agalmata ek pelou: Aspects of Coroplastic Art in Classical and Hellenistic
Sicily-Maria Lucia Ferruzza, pp. 186-201
Hellenistic Tradition in the Mural Painting of Ancient Sicily-Alessandra
Merra, pp. 202-209
Sicilian Red-Figure Vase Painting-Sebastiano Barresi, pp. 210-218
 
References, pp. 219-244
Illustration Credits, pp. 245-246
About the Authors, p. 247

Index, pp. 248-254