AA.VV.: Splendeurs de Volubilis. Bronzes antiques du Maroc et de Méditerranée. 24 x 31,7, 192 pages, ISBN 978-2-330-03137-4, 35 €
(Coédition Musée des civilisations de l’Europe et de la Méditerranée (MUCEM) / Actes Sud, Marseille / Arles 2014)
 
Compte rendu par Maurizio Buora, Società friulana di archeologia
 
Nombre de mots : 1193 mots
Publié en ligne le 2014-08-26
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Il tema della mostra riprende quello della esposizione intitolata Il Marocco e Roma. I grande bronzi del museo di Rabat allestita a Roma nel Palazzo dei conservatori dal 26 novembre 1991 al  15 febbraio 1992, il cui catalogo uscì a firma di quel singolare poligrafo che fu Massimo Riposati.

 

          Come organizzare un catalogo? Puntare a una sintesi il più ampia possibile delle opinioni della critica in merito alle opere esposte e così creare un punto di riferimento imprescindibile oppure predisporre un volume più snello, senza eccessivi approfondimenti e minuzie, ma con immagini di ottima qualità e certamente accattivanti? Forse questo è stato il dilemma che si sono posti i curatori della mostra ora aperta a Marsiglia fino al 25 agosto 2014 presso il Museo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo (MuCEM), i quali hanno scelto la seconda strada per il catalogo dell’esposizione, che vede la collaborazione tra la Fondazione nazionale dei musei del regno del Marocco e il museo di Marsiglia. Il grande formato, le straordinarie foto di ottima qualità, i testi stringati ma esaurienti, ne fanno un oggetto pregevole, adatto a un pubblico molto vasto.

 

          Un appunto si può sempre fare a pubblicazioni del genere: il formato reale degli oggetti  non sempre è rispettato nelle fotografie, specialmente nelle immagini di monete che, benché gradevoli, sono eccessivamente ingrandite. Così il tetradramma di Alessandro di p. 73 è ingrandito di quasi 10 volte (da mm 25 a mm 220). In un caso (p. 79) nella scheda manca la misura dell’originale. Il commento è puramente numismatico e tralascia di accennare a eventuali rapporti stilistici tra la rappresentazione delle monete (tutte tratte dalle collezioni della Biblioteca nazionale di Francia) e la cultura figurativa espressa dai bronzi propriamente oggetto della mostra. Eppure le monete mostrano bene il mutamento nella rappresentazione del dinasta nel passaggio da Iuba I, con tratti ancor improntati a un realismo ancora per così dire autoctono (esattamente come appare in un lapislazzulo che lo riproduce),  a Iuba II, perfettamente orientato con i dettami e i modelli dell’immagine ellenistica del dinasta. Per i bronzi il lettore può agevolmente confrontare il “ritratto” di Iuba II, con la capigliatura gonfia, la testa reclinata, il profilo grecizzante e il busto di Catone ove tutto parla un linguaggio schiettamente romano, quasi rustico. Ne parla Christiane Boube-Piccot nel suo saggio a p. 34, osservando come forse entrambi facessero parte di una collezione raccolta nel II o nel III sec. d. C. nella casa del mosaico di Venere (sulle circostanze del rinvenimento si veda bel saggio di Aomar Akerraz alle pp. 40-41, che riporta anche interessantissimi passi del diario di scavo di Dauriac, con numerose foto d’epoca e la  riproduzione di alcune pagine manoscritte).

 

          Alcune foto del volume risultano poco significative, come quelle alle pp.  120-121 che mostrano parte di una corazza, con doppia fila di piastre a terminazione arrotondata e serie di pteryges rettangolari, con desinenza sfrangiata. L’estensore della scheda giudica il pezzo, alto 20 cm,  di piccole dimensioni, - il che francamente non sembra vero - e lo ritiene parte di un trofeo, come quelli di Cherchel e di Ippona. Ma quest’ultimo, che è privo di pteryges e ha piastre di forma e decorazione diversa, presenta solo una visione frontale, mentre nel nostro caso è chiaramente percepibile un movimento nelle pteryges che sembrerebbe più adatto  a una statua.

 

          Anche la problematica statua di un giovane (“dont l’identité est encore discutée” a p. 30), da taluni identificato come Cesarione - peraltro con fattezze e abbigliamento del tutto dissimili da altre raffigurazioni  ritenute del medesimo personaggio -  meritava forse un ampliamento di discussione con riferimento alla statua bronzea rinvenuta a  Hiraklion e al busto del Museo nazionale romano di  Roma.

 

        Non si capisce poi cosa c’entri il vasetto a testa di negro delle pp. 152-153. Se è vero che un esemplare è stato rinvenuto a Volubilis (allora si sarebbe dovuto inserire quello piuttosto che questo del Louvre), ancora una volta il “layout” scelto per il volume ne amplifica l’immagine al punto da renderla di eguale formato a quella di altri veri capisaldi, come il fanciullo coronato di edera o altre opere d’arte. In questo caso si tratta di prodotto artigianale lontano da pretese artistiche.

 

          I saggi, invece,  che costituiscono la prima parte del volume sono veramente molto interessanti e taluni ampliano di molto la tematica della mostra.  Particolarmente pregevole è quello di Christiane Boube-Piccot, forte dei suoi più che cinquant’anni di frequentazione con il materiale del Marocco; esso  sa dare in pochi tratti un quadro molto ricco dell’evoluzione culturale della regione attraverso i bronzi e fornisce molte più informazioni e suggestioni di quanto si apprenda dal catalogo vero e proprio. Significativo è anche l’intervento di Véronique Brouquier-Reddé sull’apporto dell’archeologia alla scoperta delle officine per la produzione dei grandi bronzi, che spazia dall’Attica alla Gallia, da Gerasa a Rodi.

 

          Con la seconda sezione del catalogo si entra propriamente nell’ambito dei ritratti politici e delle rappresentazioni del potere e qui compare il busto di Catone rinvenuto nella domus del mosaico di Venere. Si tratta di un’opera notissima e certamente molto importante. Stupisce pertanto che la scheda del catalogo sia molto succinta. Non si informa il lettore  che la datazione è assai discussa, con proposte che vanno  dal I sec. a. C. (età cesariana) fino al II d. C., pur potendosi riconoscere evidenti tratti della ritrattistica in voga nell’età di Cesare. Manca poi una sia pur minima bibliografia dell’opera, il che non permette di approfondire la tematica presentata. Insomma si perde l’occasione di puntualizzare un’opera veramente fondamentale.

 

         Le opere scelte hanno un’origine alquanto varia, a partire dal primo oggetto in catalogo, che è una placchetta quattrocentesca attribuita al Filarete con la scena di trionfo riportato da Cesare su Giuba I. Molte opere non c’entrano con Volubilis. Tali, - a prescindere dalle monete di Alessandro Magno, di Tolomeo I, di Antonio e Cleopatra, -  sono la testa in marmo di Augusto velato  da Gigthis (pp. 98-99), la testa in bronzo di Tiberio da Minorca (pp. 100-101), le teste in marmo di Agrippina e di un principe giulio-claudio da Ziane (pp. 102-103), la testa di Nerone dalla Cilicia (pp. 106-107), la testa di Marc’Aurelio dall’Italia (pp. 108-109), il busto in bronzo da Cappella dei Picenardi (pp. 110-111), la testa detta “di Benevento” (pp. 124-125), il vasetto configurato a testa di negro del Louvre (pp. 152-153), l’ansa da Lixus (pp. 172-173), l’Ercole di Saintes-Maries-de-la-Mer (pp. 174-175), Teseo e il Minotauro da Lixus (pp. 178-79).

 

          Per rendere ragione della grande quantità di bronzi rinvenuti nell’area del Marocco si sono giustamente dovuti scegliere anche pezzi di normale a artigianato, certo significativi, ma lontani dal poter essere definiti “splendidi”. La  definizione “splendeurs de Volubilis”, qui generosamente spesa, non si può dunque applicare né per provenienza né per valore a tutte le opere qui esposte. Il libro, come si è già detto e val la pena ancora di ripetere, è un bell’oggetto, che presenta straordinarie immagini e come tale non dovrebbe mancare nella biblioteca di ogni appassionato d’arte. Purtroppo il suo valore è sostanzialmente divulgativo ed esso non sembra in grado di far progredire di molto la conoscenza del lettore.

 

La bibliografia, essenziale, è compressa in quattro pagine che contengono 86 titoli.

 

 

Sommario

 

R. Robert, Histoire et diffusion des goûts artistiques en Méditerranée à l’époque romaine, p. 24

C. Boube-Piccot, Les bronzes antiques du Maroc, p. 32

A. Akerraz, Le royaume  de Maurétanie, p. 38

V. Brouquier-Reddé, L’apport de l’archéologie à la découverte des ateliers de fonderie des grands bronzes, p. 48

S. Descamps-Lequime, La polychromie des bronzes grecs et romains, p. 52

Le contexte : de la Numidie à la Maurétanie Tingitane, p. 59

Volubilis, capitale régionale d’un prince numide, p. 65

Des hommes illustres, p. 73

Principaux ensembles thématiques, p. 93

Bibliographie, p. 184