Virgilio, Biagio : Studi sull’Asia Minore e sulla regalità ellenistica. Scelta di scritti. (Studi ellenistici. Supplementi, II). pp. XXVI-418, figure in bianco/nero n.t., 17,5 x 24,7 cm, I S B N : 978-88-6227-636-8, 225 €
(Fabrizio Serra Editore, Pisa-Roma 2014)
 
Compte rendu par Simone Podestà, Università di Genova (It.) - Université Paris IV-Sorbonne (Fr.)
 
Nombre de mots : 2285 mots
Publié en ligne le 2015-04-28
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Lien: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=2386
Lien pour commander ce livre
 
 

 

          Il volume rappresenta il secondo supplemento della collana Studi Ellenistici e si propone di raccogliere tutti i più importanti contributi di Biagio Virgilio su tematiche tutte legate all’Asia Minore. Si è deciso di dividere gli articoli in quattro grandi filoni di ricerca: la prima parte, denominata “Poteri a confronto in Asia Minore” (pp. 3-56), comprende due recensioni (rispettivamente dei volumi di S. Mitchell, Anatolia. Land, me and gods in Asia Minor. I, e di A. Bresson e R. Descat, Les cités d’Asia Mineure occidentale au IIe siècle a.C.) con ampie riflessioni dell’autore e un contributo sui decreti della città di Metropolis in onore dell’evergete Apollonio. La seconda sezione (“Pergamo e gli Attalidi”; pp. 57-136) si concentra sulla città di Pergamo e sulla dinastia degli Attalidi (si passa dalla fama che i singoli sovrani pergameni avevano in epoca classica all’istituzione dei Nikephoria in II/I secolo a.C.). A questi articoli, seguono tre contributi (“Re e regalità. Un potere non soggetto a rendiconto”; pp. 137-198) che analizzano e studiano quali fossero i limiti del potere regale in età ellenistica. Il volume si chiude con una corposa selezione di articoli basati sull’analisi di forme e linguaggi comunicativi fra re e città (“La corrispondenza del re. Comunicazione, governo e potere”; pp. 197-364): tra i vari esempi citati, emergono le iscrizioni di Labraunda, Mylasa e Limyra. I contributi scelti riguardano dunque aspetti fondamentali della società ellenistica: si comincia analizzando il rapporto fra città, campagna e potere reale; si studiano gli Attalidi, la dinastia forse più innovativa e rappresentativa di quel nuovo modo di concepire la regalità che si era sviluppato dopo l’avventura di Alessandro Magno; si descrivono i limiti e i doveri del sovrano ellenistico; infine, si focalizza l’attenzione sulle forme di comunicazione ufficiali esistenti fra il re e la città.

 

         Come già sottolineato, i primi tre interventi sono riuniti sotto la rubrica “Poteri a confronto in Asia Minore”. Il primo, Anatolia ellenistica, romana, cristiana (pp. 3-16), raccoglie una serie di riflessioni che prendono spunto dall’analisi del libro di S. Mitchell “Anatolia. Land, men and gods in Asia Minor. I: The Celts in Anatolia and the impact of Roman rule; II: The rise of the Church”, pubblicato a Oxford nel 1993. Virgilio evidenzia convincentemente come la chiave di lettura dell’opera vada vista sia nella relazione fra terra, uomini e dei, sia nel rapporto città/campagna dall’altra. Si analizzano i tre grandi fenomeni che contraddistinsero la vita socio-culturale dell’area dal III secolo a.C. al IV secolo d.C.: l’arrivo dei Galati e la loro importanza nella politica propagandistica degli Attalidi; la venuta dei Romani e la loro riorganizzazione politico-amministrativa dell’area; il ruolo del Cristianesimo, con l’emergere della figura del vescovo e del fenomeno del monachesimo. Similmente, nel secondo articolo raccolto (Sulle città dell’Asia Minore occidentale nel II secolo a.C., pp. 17-39) vengono brevemente esposte e commentate le principali linee guida del volume “Les cités d’Asie Mineure occidentale au IIe siècle a.C.”, curato da A. Bresson e R. Descat e pubblicato nel 2001. Dopo una breve introduzione storica su quello che viene definito “il secolo d’oro” della regione (p. 17), Virgilio passa ad esaminare le relazioni presenti nel volume: nella prima sezione, Dinamiche e strutture, i temi trattati spaziano dal mercenariato di II secolo a.C., alla produzione monetaria civica, alle istituzioni militari esistenti nella valle del Meandro, all’atteggiamento degli Attalidi prima e dei Romani poi nei confronti della città greche d’Asia Minore; nella seconda sezione, Le città, vengono esaminati particolari aspetti concernenti le città di Mileto, Pidasa, Iaso, Stratonicea di Caria, Rodi, Xanthos e il Letoon; nella terza vengono presentate quattro nuove iscrizioni (provenienti dalla Tracia, dalla Cilicia, dalla Licia e dalla Caria).L’ultimo articolo della sezione, Sui decreti di Metropolis in onore di Apollonio (pp. 41-54), si concentra su due decreti ritrovati nel 1999 a Metropolis, città attalide di III-II secolo a.C. posta sulla strada fra Smirne ed Efeso. Le due iscrizioni, pubblicate nel 2003, costituivano la base di una statua di Apollonio, evergete della città nei confusi anni della rivolta di Aristonico. Virgilio, oltre a fare il punto della situazione, fornisce il testo, la traduzione e interessanti spunti e proposte di restituzione per le parti mancanti delle due stele.

 

         La seconda sezione del volume, Pergamo e gli Attalidi (pp. 57-136), si concentra tutta, come suggerisce il titolo, sulla città di Pergamo e sulla dinastia che la governò. Dapprima si propone un intervento intitolato “Fama, eredità e memoria degli Attalidi di Pergamo (pp. 57-79): Virgilio comincia analizzando la fama controversa del capostipite, Filetero, e dell’ultimo rappresentante della dinastia, Attalo III, il cui ritratto oscilla fra una tradizione popolare malevola e documenti ufficiali celebrativi. La seconda parte dello studio esamina il consenso ottenuto da Eumene I, Attalo I (la cui vittoria sui Galati fra il 241 e il 238 a.C., gli permise di legittimare pienamente il proprio potere), Eumene II e Attalo II. È possibile dire che nella terza sezione si trovano le riflessioni più interessanti dell’articolo: vengono valutati l’utilizzo e l’impiego dell’eredità attalide a scopo propagandistico in II e I secolo a.C., prendendo in esame Aristonico (che pretese di essere il legittimo successore di Attalo III), Mitridate VI (che, durante la prima guerra contro Roma, fissò la capitale del regno proprio a Pergamo) e gli evergeti di I secolo a.C. (come Diodoro Pasparos e Mitridate, che assunsero su di sé, nelle iscrizioni celebrative, gli epiteti tipici dei re Attalidi). L’ultima parte dell’articolo analizza l’attrazione che Pergamo e gli Attalidi seppero esercitare in epoca imperiale: in particolar modo, durante il regno di Adriano, il ricordo della dinastia ellenistica riemerse con marcato significato ideologico e culturale. Il secondo intervento, Eumene I e i mercenari di Filetereia e di Attaleia (pp. 81-102), prende spunto dall’iscrizione contenente la convenzione (homologia) fra il re Eumene I e i mercenari di stanza nelle città di Filetereia presso il monte Ida e di Attaleia in Lidia presso Thyatira. Dopo aver brevemente descritto le possibili localizzazioni dei due siti, Virgilio analizza le unità militari delle due località e tenta infine di fornire una datazione dell’homologia. L’articolo si chiude con alcune riflessioni puntuali relative al lessico tecnico dell’epigrafe. Su alcune concessioni attalidi a comunità soggette (pp. 103-115), comincia presentando una serie di riflessioni sul lessico tecnico utilizzato dagli Attalidi per indicare la colonia militare e per coloro che vi sono insediati. Dall’analisi di alcuni specifici documenti e dal confronto con le coeve colonie dei Seleucidi,si sottolinea come i re attalidi assumessero atteggiamenti paternalistici ed evergetici e come fossero costantemente impegnata a porre rimedio allo stato di degrado delle strutture cittadine e dell’economia locale.La città ellenistica e i suoi benefattori: Pergamo e Diodoro Pasparos (pp. 117-130) studia la figura  dell’evergete e le sue trasformazioni in II e I secolo a.C. Se inizialmente i benefattori erano dinasti e  funzionari regi, nel corso del II secolo l’evergetismo diventa una pratica essenzialmente civica, appannaggio di magistrati e, più in generale, delle classi sociali più elevate. Esemplificativa la figura di Diodoro Pasparos, attivo nella prima metà del I secolo a.C. e conosciuto solamente grazie alle fonti epigrafiche pergamene: la sua vicenda  mostra come in I secolo a.C. appaia definitivamente compiuta l’assimilazione dell’evergete a nuovo basileus cittadino. La sezione si chiude con una breve nota, Nota sui Nikephoria pergameni (pp. 131-134), sulla festività dei Nikephoria a Pergamo e sulla loro ciclicità, se trieterica o penteterica.

 

         La sezione successiva, Re e regalità. Un potere non soggetto a rendiconto (pp. 137-196), raccoglie contributi che esaminano la regalità ellenistica. Il primo intervento, Storiografia e regalità ellenistica (pp. 137-157), rintraccia le riflessioni prodotte sulla figura del re e della regalità a partire dal quarto secolo. Virgilio si sofferma dapprima su alcuni passi di Platone e Aristotele sulla monarchia (vista sempre attraverso l’occhio deformato della polis), della Ciropedia senofontea (per la figura del re modello) e di Isocrate (per la presunta estraneità di questo tipo di governo nella società greca). Sottolinea come, a partire dal IV secolo, si producano giustificazioni per il potere reale e focalizza l’attenzione sui trattati sulla regalità prodotti in età ellenistica (Stratone di Lampsaco ed Eraclide di Eraclea Pontica per la scuola stoica; Ecfanto, Diotogene, Stenida e La lettera di Aristea). Interessante la comparazione finale con alcuni testi buddhisti: Le domande del re Milinda (alias Menandro, re di uno stato indo-greco staccatosi dalla Battriana nel II secolo a.C.) e la leggenda del re Aśoka (Piyadassi nei testi indiani, Aśoka nei testi buddhisti e Piodasses nelle iscrizioni di lingua greca di Kandahar). L’articolo successivo, Re e regalità ellenistica negli affreschi di Boscoreale (pp.159-170), ripropone un’interessante interpretazione di R. R. R. Smith sul ciclo di affreschi rinvenuti nella villa “di Publio Fannio Sinistore” a Boscoreale.  Essi offrirebbero una rappresentazione allegorica di Demetrio Poliorcete commissionata da Antigono Gonata. In tali affreschi, la descrizione allegorica dell’Asia conquistata dalla Macedonia, la presenza del “consigliere-filosofo”, la coppia reale (Demetrio e la moglie Fila, simbolo della concordia coniugale) furono probabilmente usati a scopo propagandistico da Antigono Gonata, discendente del Poliorcete, e furono successivamente copiati, su commissione di qualche facoltoso Romano, nella sala di Boscoreale. Polibio, il mondo ellenistico e Roma (pp. 171-194), cerca di studiare quali fossero i regimi “modello” che furono alla base del sistema di valori e di giudizi storico-politici di Polibio. Virgilio sottolinea l’esistenza di un riflessione imperniata su tre grandi entità politiche: Roma, la Lega Achea e i regni ellenistici. Oltre alla celebre teoria della “costituzione mista” del VI libro delle Storie, Polibio, seppur non con la stessa sistematicità, guarda infatti alla “vera democrazia” della Lega Achea (che viene idealmente contrapposta all’olocrazia ateniese e posta come modello positivo rispetto degenerazione del regime federale della Lega degli Etoli) e sul potere “in alcun modo soggetto a rendiconto” nei regni ellenistici (con una visione negativa di re ellenistici quali Filippo V, Tolemeo IV, Antioco IV e Prusia II).

 

         La quarta sezione, La corrispondenza del re. Comunicazione, governo e potere (pp. 197-362), raccoglie interventi relativi a decreti e a lettere reali di Attalidi e Seleucidi. Con Forme e linguaggi della comunicazione fra re ellenistici e città (pp.197-215), Virgilio indaga sulle affinità e sulle differenze di decreti e lettere reali (il dossier d’iscrizionidella città di Teo viene preso come exemplumper l’incrocio dei due tipi di missive in III secolo a.C.). La seconda parte dell’intervento verte invece sul linguaggio di alcune lettere reali attalidi (dossierdi Amlada e di Olbasa; la lettera di Toriaion,la lettera al koinon degli Ioni, la lettere ai Cardaci da parte di Eumene II e  la lettera al santuario di Pessinunte di Attalo II rappresentano invece delle eccezioni, perché testimoniano l’esistenza di uno stile diverso da quello burocratico e vigile della maggior parte delle lettere reali).Si conclude cercando di spiegare il motivo dell’assenza di prostagmata all’interno dell’epistolario attalide.

 

         Re, città e tempio nelle iscrizioni di Labraunda (pp.217-229) prende in considerazione un corpus di sette lettere, distribuite lungo un arco temporale di circa vent’anni (tra il 240 e il 220/219 a.C.), inviate da Seleuco II, dal funzionario Olympichos e da Filippo V a Labraunda: l’intento è quello di cercare di districare l’intreccio dei rapporti fra la città e il santuario di Zeus Labraundos (monumentalizzato in IV secolo all’epoca degli Ecatomnidi). L’analisi dei documenti epigrafici permette a Virgilio di individuare le peculiarità dei rapporti città-tempio e città-basileus, mostrando come tutti gli sforzi dei sovrani, sia seleucidi che antigonidi, fossero tesi ad aumentare il controllo civico e, di riflesso, il controllo statale sul santuario. La lettere reale dal santuario di Sinuri presso Mylasa in Caria, sulla base dei calchi del fonds Louis Robert della Académie des Inscriptions et Belles-Lettres (pp. 231-274) analizza i calchi di un’iscrizione proveniente dal santuari di Sinuri, realizzati da L.Robert nel corso dei suoi viaggi in Caria. Studiando attentamente il materiale rimasto e il contesto storico, Virgilio giunge ad ipotizzare che il mittente della lettere fosse Zeuxis, funzionario di Antioco III, incaricato di tutelare i santuari cari durante la campagna di conquista della regione da parte di Antioco nel 202/201 a.C. In Le esplorazioni in Cilicia e la lettera reale sull’indisciplina dell’esercito acquaerterato a Soloi (pp. 275-332) Virgilio analizza una lettera reale ritrovata da Adolf Wilhelm durante il suo viaggio d’esplorazione in Cilicia. Dopo aver brevemente ripercorso la storia della regione in età ellenistica, sottoposta alternativamente al controllo di Lagidi e Seleucidi, Virgilio ripropone il testo e la traduzione della lettera. Contrariamente all’opinione corrente (che vedeva nel mittente un re tolemaico), nell’articolo si ipotizza invece che la lettera possa essere state scritta all’epoca dell’invasione della regione da parte di Antioco III in Cilicia nel 197 a.C.. L’ultimo intervento, La lettera seleucidica alla città di Limyra in Licia (pp. 333-362), si focalizza sull’edizione di una lettera reale seleucidica proveniente dalla città licia pubblicata nel 2011 da M.Wörrle. Virgilio concorda con l’editore nell’attribuire la lettera ad Antioco III, che invase il paese nel 197 a.C. Dopo aver riassunto brevemente il contesto storico, Virgilio si dedica all’analisi della lettera, di cui fornisce anche testo e possibile traduzione, integrando l’edizione del 2011. Il volume si conclude con gli esaustivi indici delle fonti antiche, dei nomi, degli argomenti e il vocabolario greco.

 

         Virgilio, sebbene contemperi articoli diversi sia rispetto alle tematiche sia alla loro data di composizione, riesce a proporre un percorso unitario, che interessa questioni di primaria importanza per lo studioso dell’età ellenistica: attraverso aggiunte e aggiornamenti bibliografici, il lettore ha numerosi strumenti per approfondire gli argomenti esaminati e riesce, grazie alla lettura del volume, a cogliere le problematiche e le specificità di questioni (quali la concezione della regalità in età ellenistica, le forme e i modi della comunicazione fra il re e il territorio) fondamentali per una comprensione consapevole delle dinamiche della società ellenistica.

 

 

N. B. :  Simone Podestà prépare une thèse de doctorat ayant pour sujet : « Storia antica: la storia e la storiografia greco-romana della Licia in età classica »  sous la direction de  Francesca Gazzano (Università di Genova, It) et de Giusto Traina (Paris IV-Sorbonne, Fr).