AA.VV.: [Katà korufèn fáos]. Studi in onore di Graziella Fiorentini. (Sicilia Antiqua, Fascicoli Monografici). Voll. I-II, 616 pp. complessive con figure in bitono n.t. (X, 2013 - XI, 2014). Brossura / Paperback: Euro 590.00. Rilegato / Hardback: Euro 990.00. ISBN: 978-88-6227-743-3. ISBN Rilegato: 978-88-6227-744-0
(Fabrizio Serra editore, Pisa-Roma 2014)
 
Compte rendu par Marina Albertocchi, Università Ca’ Foscari Venezia
 
Nombre de mots : 4089 mots
Publié en ligne le 2015-07-21
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          L’imponente miscellanea di studi in onore di Graziella Fiorentini (ben 45!) costituisce un dovuto riconoscimento alla carriera di una studiosa che ha dedicato oltre un quarantennio della sua vita alle indagini archeologiche e alla tutela del patrimonio della Sicilia centro-meridionale, come viene messo in luce nella pagina introduttiva.

 

         I contributi, suddivisi in due volumi, coprono un periodo cronologico molto vasto, dal Neolitico al periodo medioevale. Essi affrontano inoltre temi molto diversi, dalla storia dell’archeologia, al restauro dei monumenti, passando per le seriazioni ceramiche e gli studi iconografici; il minimo comune denominatore è costituito da un legame più o meno diretto con le ricerche a tutto tondo compiute da Graziella Fiorentini nell’agrigentino, se non affettivo e frutto di lunghi rapporti di collaborazione. L’ordine scelto per la pubblicazione dei contributi è quello alfabetico, ma per una più agevole presentazione dei contenuti si preferisce qui tuttavia dividerli per gruppi di argomenti, seguendo un criterio cronologico.

 

         Nel primo volume i contributi relativi alla pre- e protostoria dell’agrigentino sono tre. Il primo, che è anche quello che apre il volume, porta le firme di R.M. Albanese e di E. Procelli, recentemente scomparso. Gli Autori rendono qui nota una sepoltura dell’Eneolitico rinvenuta nel 1978 nei pressi di Avola, caratterizzata dalla pratica della dipintura dei cadaveri con ocra rossa. La tomba a grotticella viene agevolmente inquadrata sia per pratiche funerarie sia per corredo nel panorama dell’Eneolitico antico insulare.

 

         Di un certo interesse è poi l’articolo di D. Gullì, che presenta alcune figurine in argilla del periodo Neolitico rinvenute in alcuni siti dell’agrigentino, dalle vicinanze di Licata e Realmonte. Esse rimandano a modelli ampiamente circolanti, non solo in Sicilia ma anche nel continente; il riferimento alle figure di volatili o volatiformi viene spiegato dall’Autrice con un sentito principio magico-religioso legata all’elemento “aria”.

 

         V. La Rosa, anch’egli da poco scomparso, dedica il suo contributo a G. Fiorentini trattando di una particolare forma vascolare di ascendenza peloponnesiaca, il bicchiere a clessidra mono- o biansato. Si tratta di una forma apparsa sull’isola nella facies castellucciana, probabilmente destinata a scopo rituale e presente nei contesti funerari dell’area siracusana; l’Autore ne propone una seriazione tipologica. Si tratterà ora della lunga serie di contributi dedicati a diverse evidenze archeologiche di epoca classica, concentrate in modo particolare in area agrigentina.

 

         M.C. Conti si occupa dell’edizione di un pinax fittile frammentario proveniente dal cd. santuario rupestre di Agrigento. Il pinax, raffigurante un guerriero armato in procinto di salire su un carro guidato da un auriga, viene datato nell’ultimo quarto del VI sec. a.C. e interpretato con la scena di Anfiarao in partenza per Tebe. Tale identificazione lascia aperte diverse prospettive interpretative sul possibile significato di tale offerta in un’area sacra dedicata verosimilmente a Persefone. 

 

         M. de Cesare riprende un tema a lei caro, quello del rapporto tra imagérie della ceramica attica e contesti di rinvenimento, supportandolo con un’ampia bibliografia di riferimento. La studiosa prende qui in considerazione una decina di vasi a figure nere e rosse provenienti dalle necropoli agrigentine, per concludere che doveva esistere una scelta consapevole da parte della raffinata élite cittadina nell’acquisizione del pregiato vasellame, le cui raffigurazioni erano evidentemente utilizzate con una precisa finalità autorappresentativa costruita attraverso l’immaginario mitologico. E. de Miro elabora nel suo contributo una vivida sintesi delle evidenze archeologiche relative a Minoa-Eraclea, in gran parte riemerse dall’oblio del tempo grazie alle sue stesse indagini negli anni Cinquanta e Sessanta. Lo studioso mette qui in relazione le strutture architettoniche con i dati delle fonti letterarie e quelli desumibili dai rinvenimenti ceramici e monetali, annunciando la prossima apparizione di due monografie sull’argomento. 

 

         Il contributo di V. Caminneci è dedicato ad un sarcofago con scena del ratto di Proserpina posto nella chiesa della Madrice di Raffadali. Il sarcofago viene correttamente inquadrato in età tardoantonina e ne viene analizzata l’originale e dotta rielaborazione del comune motivo del ratto, trasformato in un incontro amoroso tra Proserpina e Ade alla presenza di Venere trionfante, che doveva raffigurare verosimilmente la defunta.  

 

         Un bell’omaggio alle ricerche nell’agrigentino di G. Fiorentini è costituito dal contributo di G.F. La Torre, che riconsidera una statua femminile in marmo proveniente da Licata, della cui scoperta la stessa studiosa aveva dato notizia. Alla prima ipotesi che potesse trattarsi di un originale greco della seconda metà del V sec. a.C. l’Autore contrappone una approfondita analisi, che conduce alla conclusione che si tratti di un’opera di ispirazione prassitelica databile nella prima metà del III sec. a.C. La statua è correttamente interpretata come un’immagine di Demetra, offerta in un santuario urbano della dea non ancora localizzato. 

 

         N. Bonacasa ritorna ad un tema a lui familiare, quello della decorazione architettonica fittile dei templi e del temenos di Himera. In questa occasione l’Autore riconsidera alcuni acroteri vegetali già schedati da P. Danner, avvicinandoli ad altri esemplari di antefisse e acroteri rinvenuti nell’area dell’abitato, del tempio della Vittoria e del tempio D. Lo studioso sottolinea la lunga presenza nel centro della tipologia (da epoca tardoarcaica fino a tutto il V sec.a.C.) e la sua derivazione dall’area magnogreca.

 

         Il contributo postumo di C.A. Di Stefano è teso ad una rilettura di una statua femminile in pietra calcarea proveniente da Solunto, già ampiamente nota. La rilettura è giustificata dalla revisione dei dati di rinvenimento della statua. La figura, considerata una statua di culto più antica riposizionata in un sacello della “nuova” Solunto nel IV sec. a.C., è interpretata come rappresentazione di Astarte.  

 

         Anche G. Di Stefano riprende un gruppo di materiali editi -alcune terrecotte di argomento teatrale-, affiancandolo ad altri esemplari venuti alla luce nei recenti scavi nell’area dell’agorà di Camarina. I 23 pezzi legati alla sfera della commedia e del dramma satiresco provengono da diversi punti della città antica: secondo l’Autore tale dato farebbe pensare ad una discreta diffusione della cultura teatrale in relazione al suo carattere iniziatico, anche se tale interpretazione, disgiunta dai contesti di riferimento, appare poco efficace.   

 

         A. Calderone si dedica poi alla possibile interpretazione di alcuni grandi recipienti fittili per liquidi riutilizzati, con destinazione funeraria, nella necropoli arcaica del Borgo a Gela. L’ipotesi suggerita – che si tratti della raffigurazione schematica della testuggine, animale adatto per le sue valenze simboliche ad essere riferito al mondo ultraterreno- non è priva di fascino, nonostante il numero molto ridotto degli esemplari e le difficoltà legate alla corretta interpretazione della loro destinazione primaria.

 

         Il secondo articolo di argomento geloo è il lungo saggio di C. Ingoglia, nel quale vengono presentati alcuni risultati dello studio in corso sulla produzione artigianale geloa di epoca arcaica, derivanti dall’analisi dei materiali rinvenuti in un saggio di emergenza effettuato nel 1979, e subito interpretati come prodotti di uno scarico di fornace. La cronologia del contesto è offerta dal poco materiale importato, e si colloca tra il secondo quarto del VII e la fine del VI sec.a.C.: per il periodo in questione vengono quindi analizzate dall’Autrice le peculiarità delle produzioni ceramiche locali. Si ipotizza inoltre che l’area artigianale cui il nostro scarico si riferisce potesse essere a servizio della vicina necropoli del Borgo.

 

         C. Marconi presenta in questa sede i dati offerti dai materiali rinvenuti nello scavo condotto dall’Institute of Fine Arts di New York nell’area del tempio R sull’Acropoli di Selinunte. Egli si concentra sulle evidenze relative alla fase di epoca arcaica dell’edificio, e in particolare su una statuetta fittile femminile subdedalica, un aulos in osso e 4 frammenti di kotylai corinzie decorate con scena di Frauenfest, rinvenuti nelle vicinanze. Questi pochi dati, purtroppo presentati isolatamente dal loro contesto di riferimento, inducono l’Autore a ritenere probabile l’attribuzione dell’edificio al culto demetriaco, nell’ambito del quale si sarebbero svolte delle performances con danze e canti. 

 

         L. Maniscalco conduce una sintetica rassegna dei dati archeologici relativi alla città di Paternò dall’età protostorica all’abbandono dell’Acropoli in seguito al terremoto del 1693, alla luce di recenti saggi di scavo, indagini preventive ed analisi preliminare dei materiali rinvenuti.

 

         La breve nota a firma di S. Lagona si allontana dall’ambito siciliano per dedicarsi alla revisione di una statua bronzea di atleta rinvenuta nel porto di Kyme eolica nel 1981. La studiosa affaccia l’ipotesi che la statua sia stata eseguita nell’area di Aquileia all’epoca di Vespasiano, e che possa raffigurare un atleta di Kyme vincitore nella gara di corsa libera (forse il Rhodon presente nell’elenco di atleti vincitori ad Olimpia?).

 

         Quattro sono i contributi di argomento tardoantico. Il primo, a firma di A. Burgio, presenta in modo dettagliato alcuni risultati di un progetto già avviato nell’area della contrada Cignana nei pressi di Palma di Montechiaro, sede di un insediamento rurale di epoca imperiale e tardoantica. Il progetto, incentrato su attività di prospezione sistematica, mira alla ricostruzione del paesaggio antico e allo studio delle dinamiche insediative dell’area indagata, dove spicca l’impianto di alcune villae di epoca imperiale, in parte tramutatesi in veri e propri villaggi.  

 

         Il contributo di R.M. Carra Bonacasa si concentra sulla ricostruzione del tracciato dell’asse viario che collegava la città di Agrigento con la necropoli paleocristiana, la quale occupava una vasta area al limite meridionale della balza rocciosa su cui sorgevano i templi di età classica. Le ricerche nell’area sepolcrale, condotte già da un trentennio sotto la sapiente guida dell’Autrice, si sono recentemente concentrate sull’aspetto topografico e sul riutilizzo in epoca medievale di alcuni ipogei cristiani, e vengono qui dettagliatamente presentate.

 

         Il terzo articolo del gruppo è ad opera di S. Fiorilla, che propone una sintesi delle ricerche relative alla città medievale di Gela-Terranova, ricerche portate avanti in prima istanza proprio dall’Autrice a partire dalla fine degli anni Ottanta. Lo studio dei rinvenimenti ceramici, i dati di scavo e le ricerche d’archivio effettuate hanno contribuito a definire in modo preciso l’aspetto del centro dalla sua rifondazione (avvenuta intorno al 1230) fino al XVI secolo inoltrato.

 

         Nel breve contributo di V. Calì, infine, vengono analizzati alcuni documenti relativi alla contrapposizione tra la figura di Asclepio e Gesù, le cui connotazioni salvifiche, in parte simili, hanno contribuito a creare una forte polemica tra pagani e cristiani, protrattasi per almeno due secoli.

 

         Vanno menzionati inoltre i due contributi di argomento numismatico, a firma di M. Caccamo Caltabiano e A. Cutroni Tusa. Il primo costituisce un lungo e documentato articolo di iconografia monetale, incentrato sul ruolo simbolico della fascia di tessuto stretta dalla Nike raffigurata su emissioni di Catania, Camarina e Himera risalenti al V sec. a.C. La benda, attributo peculiare di Afrodite, rappresenterebbe una chiara allusione al fatto che le città in questione, vittoriose, invocherebbero la dea come garante della prosperità civica.

 

         Il secondo articolo fa brevemente il punto sulle nostre conoscenze delle emissioni lopadusane sulla base degli unici esemplari noti, confluiti in collezioni private e in cataloghi d’aste. Il breve saggio di G. Manganaro, unico di argomento storico, riguarda tre epigrafi onorarie provenienti da Agrigento, due in greco e una in latino, di cui l’Autore suggerisce una nuova lettura.

 

         L’unico contributo di tipo storiografico presente nel primo volume è quello di B.E. McConnell, dedicato al viaggio di Th. Cole e S.J. Ainsley ad Agrigento nel 1842, soggetto cui l’Autore ha dedicato una monografia in corso di stampa. Il viaggio dei due pittori e la sosta ad Agrigento in particolare è testimoniata da una serie di disegni e dal diario di viaggio di Cole. Di entrambi l’Autore fornisce dettagliate notizie, arricchendole con notazioni sullo spirito patriottico e sull’enfasi posta sulle sole testimonianze dell’antichità classica.

 

         L’unico articolo dedicato a problemi di restauro è a firma di P. Meli. Egli conduce una significativa rassegna dei vari interventi di restauro effettuati sui monumenti della Valle dei templi e in particolare sul tempio della Concordia nel corso del XX secolo, per giungere fino ai nostri giorni.

         

         Infine merita un accenno l’articolo di denuncia di O. Belvedere incentrato sull’archeologia preventiva. L’articolo trova nella miscellanea una sede appropriata, data la lunga carriera nell’ambito dell’Amministrazione dei Beni Culturali di G. Fiorentini. L’Autore denuncia i limiti del regolamento pubblicato nel 2009 relativo all’archeologia preventiva, privo di standard procedurali certi e facente riferimento a metodi di indagine nell’esplorazione del territorio poco aggiornati. 

 

         Il secondo volume presenta un numero più contenuto di articoli, per la maggior parte relativi a questioni di archeologia classica. Il quadro geografico si allarga dall’area agrigentina fino a comprendere diversi centri della Sicilia orientale.

 

         Solo un contributo presente in questo volume è dedicato all’archeologia protostorica, quello di S. Tusa; in esso si propone una revisione delle caratteristiche della cosidetta facies di Rodì-Tindari-Vallelunga, che caratterizza la Sicilia nell’Età del Bronzo, attraverso il riesame degli studi ad essa dedicati e all’evidenza archeologica. I 13 contributi relativi al mondo classico comprendono una vasta gamma di argomenti, in buona parte relativi a questioni di plastica fittile a destinazione votiva o architettonica.

 

         Tre contributi sono riferiti all’area agrigentina: si tratta dei saggi di E.C. Portale, di C. Trombi e di C. Zoppi. Il primo si concentra sulla possibile interpretazione di sei antefisse provenienti dall’area del santuario di San Biagio, ma soprattutto su quella di una lastra di sima del III sec. a.C. con una rara scena di caccia all’orsa. L’Autrice, con il consueto acume, propone per quest’ultima una convincente chiave di lettura che rimanda ad uno scenario iniziatico e di “addomesticamento” delle parthenoi alle soglie del matrimonio.

 

         Il secondo è dedicato alla pubblicazione di un lotto di anfore da trasporto da diversi contesti di Monte Adranone, resoconto preliminare di uno studio in corso da parte dell’Autrice. Il nucleo più consistente risale alla seconda metà del IV-prima metà del III sec. a.C., momento di rinascita economica in diversi centri dell’isola.

 

         Il contributo di C. Zoppi, che chiude il volume, riassume i lacunosi dati relativi alla funzione svolta dall’imponente struttura dell’Olympieion dopo la conquista cartaginese, supportando l’ipotesi, espressa da De Miro, che essa fosse stata trasformata in fortezza nel corso della prima metà del III sec. a.C.

 

         I tre contributi incentrati sulla Sicilia nord-orientale riguardano problemi di coroplastica. M.G. Vanaria pubblica un lotto di figurine fittili rinvenute in un recente scavo condotto a Messina, avulse dal loro contesto di rinvenimento. Le statuette, databili tra il IV e il II sec. a.C., sono state rinvenute in un contesto abitativo ma non in giacitura primaria; i soggetti rappresentati sono molto varii, ma ben diffusi nel repertorio figurativo del periodo in questione.

 

         A. Pautasso presenta un lotto di terrecotte di fabbrica locrese rinvenute nella stipe di piazza San Francesco a Catania, nell’ambito di un ampio studio in preparazione sulla coroplastica di età arcaica e classica della stipe stessa. I rapporti esistenti tra le prolifiche fabbriche locresi e medmee e quelle siceliote nel V sec.a.C. sono ben noti (basti pensare ai pinakes di Francavilla); i dati presentati in questa sede permettono di anticipare all’ultimo quarto del VI sec. a.C. l’esistenza di scambi di matrici e influssi stilistici tra la Magna Grecia e l’area di colonizzazione calcidese in Sicilia.

 

         R.P.A. Patanè, infine, rende nota una statua frammentaria in terracotta conservata al Museo di Centuripe. L’Autore suggerisce una sua appartenenza ad un altorilievo databile nella seconda metà del II sec. a.C., anche se le condizioni estremamente frammentarie del reperto lasciano aperte diverse possibilità.

 

         D. Palermo ritorna sul santuario dell’Acropoli di Polizzello, da lui nuovamente indagato in anni recenti. Egli ipotizza l’esistenza -sui resti dell’edificio circolare E- di un sacello rettangolare ad infrastruttura lignea dall’aspetto analogo a quello del noto modellino fittile di Sabucina, forse proprio ad quello ispirato e ad esso contemporaneo.

 

         R. Panvini si concentra in questa sede su un serie di crateri attici a figure nere e rosse dalla necropoli del centro indigeno di Sabucina, caratterizzati dalle dimensioni ridotte. I vasi, già editi dalla stessa Autrice, sono interpretati come parte del corredo di giovani esponenti dell’élite locale con funzione simbolica. Il contributo è seguito da una breve nota sui risultati preliminari delle analisi condotte su due di questi esemplari, a cura di L. Pappalardo, R. Panvini, F.P. Romano, F. Rizzo (“Analisi pixe-alpha per la caratterizzazione non distruttiva della vernice nera su alcuni crateri presunti attici provenienti dal Museo Archeologico di Caltanissetta”, pp. 347-348). 

 

         G. Spagnolo presenta i rinvenimenti provenienti da una cisterna messa in luce dalla stessa Fiorentini nell’area dell’Acropoli di Gela nel 1973. La studiosa aveva già affrontato il tema dell’approvigionamento idrico della città antica nel 2012; il contesto presentato in questa sede le offre lo spunto per ridiscutere la cronologia di questa cisterna (ora datata all’avanzato V sec.a.C.), come delle altre rinvenute nell’area ed erroneamente assegnate ad età timoleontea.  

 

         Il contributo di F. Valbruzzi costituisce una rassegna dei dati emersi dalle recenti indagini archeologiche condotte nel territorio e nel centro di Enna, da epoca preistorica a quella tardoantica, con un particolare accento sulle dinamiche di popolamento in età romana. 

 

         R. Pumo suggerisce un’interessante ricostruzione del rivestimento fittile del tempio C sull’Acropoli di Selinunte sulla base dei rinvenimenti dei recenti saggi di scavo condotti dall’Institute of Fine Arts di New York nell’area, già in parte presentati da C. Marconi nel primo volume, e di una attenta revisione dei frammenti individuati da E. Gabrici.

 

         Di grande suggestione è l’articolo di M. Torelli, che propone una nuova interpretazione per il lungo portico che costeggia il lato occidentale dell’agorà superiore di Halaesa. Esso sarebbe infatti da interpretare come un chalcidicum grazie alla presenza di alcuni sacelli dedicati a Ceres e Venus Ericina che si aprono sul suo lato settentrionale. La nuova convincente interpretazione permette di considerare il ruolo svolto dal centro come tramite della diffusione di tale tipologia architettonica dal mondo ellenistico a Roma.

 

         Il contributo di F. Spatafora offre una breve presentazione generale della necropoli punica di Palermo alla luce delle indagini condotte in anni recenti nell’area, indagini che hanno permesso di chiarire diversi aspetti di ordine cronologico, topografico e legati ai rituali funerari. Oltre ad un percorso viario lungo il quale si allineano le sepolture fin da epoca tardoarcaica, è stato rinvenuto il nucleo più antico di tombe, databile a partire dalla fine del VII sec.a.C. 

 

         S. Vassallo presenta in questa sede il rinvenimento di una coppia di schinieri dalla necropoli occidentale di Himera, indagata tra il 2008 e il 2010 dalla Soprintendenza alle Antichità di Palermo. Gli schinieri (probabile bottino di guerra dei Greci vincitori) possono essere collegati secondo l’Autore alla presenza di mercenari iberici al soldo dell’esercito punico in occasione della battaglia del 480 a.C.    

 

         Due, infine, sono i contributi dedicati a questioni di epoca tardoantica, rispettivamente a firma di M.S. Rizzo e R.J.A. Wilson. Nel primo vengono presentati i risultati dei recenti scavi condotti nel territorio di Agrigento, che hanno interessato siti rurali e costieri nel periodo tra il V e l’VIII secolo. L’Autrice considera anche alcuni dati relativi all’area urbana di Agrigento nello stesso periodo. La panoramica, accompagnata da informazioni sulla presenza di ceramica importata, rappresenta un importante riflessione sulle modalità di popolamento e di inserimento del territorio nei circuiti commerciali del Mediterraneo ancora in una fase avanzata del VII secolo.

 

         Il denso ed esaustivo contributo di R.J.A. Wilson, corredato da due appendici a cura di J.W. Hayes (“Reperti di ceramica. Una selezione”, pp.573-581) e C.L. Sulosky Weaver (“Gli scheletri”, pp.583-591), si dedica all’analisi di un complesso abitativo nel sito di Kaukana, sulla costa meridionale dell’isola. Tale complesso, databile nella prima metà del VII secolo, ospitava una sepoltura femminile interpretata convincentemente come quella di una cristiana di alto rango cui vennero tributati periodici banchetti funerari.

         

         L’unico contributo storico del secondo volume porta la firma di A. Tempio, il quale riprende il dibattito relativo alla identificazione di Hybla e Inessa sulla base della trattazione diodorea. Il ruolo giocato dai due centri viene discusso nell’ambito della creazione della confederazione sicula voluta da Ducezio e dalla forte connotazione antidinomenide.

 

         Chiude il secondo volume degli studi in onore di G. Fiorentini un commosso ricordo di Giovanni Rizza a firma di E. De Miro, basato sul forte legame di amicizia e di collaborazione scientifica tra i due studiosi. E’ difficile tirare le somme del totale dei contributi presenti in questi corposi volumi, dato il loro numero e l’ampiezza dei temi trattati. Si tratta infatti di una raccolta che offre una panoramica aggiornata e a tutto tondo su numerose questioni legate al ricco patrimonio dell’archeologia siciliana e dell’agrigentino in particolare, e che offre spunti di riflessione per tutte le fasi dell’antichità. Agrigento e il suo territorio, dalla preistoria all’età tardoantica, ma anche Gela, Selinunte, Camarina, Himera, Catania, centri minori e siti punici o indigeni ellenizzati svelano agli occhi del lettore una parte della messe dei tesori che racchiudono. Ed insieme ad essa appaiono prospettive di indagine, nuovi approcci metodologici e spunti di approfondimenti futuri.

 

         Grazie all’operato di funzionari come Graziella Fiorentini tale ricco patrimonio ha la possibilità di essere tutelato come merita e valorizzato grazie all’ausilio di studiosi che, come quelli che hanno scritto queste pagine, necessitano del supporto collaborativo delle Soprintendenze. Questo è forse l’insegnamento più promettente che ci lasciano questi volumi: la sensibilità, l’attaccamento al proprio lavoro e il desiderio di far progredire la ricerca senza vane gelosie possono dar luogo a circostanze estremamente favorevoli per la creazione di ambienti di lavoro stimolanti e ricchi di prospettive di studio, come quello che si delinea nelle molte pagine e nei molti aspetti affrontati in questi due importanti volumi.  

 

 

 

Sommario

 

Volume I

 

Introduzione, p. 9

Rosa Maria Albanese, Enrico Procelli, “Una tomba dell’Eneolitico antico in contrada Pozzi di Avola (Siracusa)”, pp. 11-17

Oscar Belvedere, “Archeologia preventiva. Quale futuro?”, pp. 19-22

Nicola Bonacasa, “Himera. Significato e valore di alcuni frammenti di acroteri vegetali”, pp. 23-30

Aurelio Burgio, “Dinamiche insediative nel comprensorio di Cignana. Continuità e discontinuità tra l’età imperiale e l’età bizantina”, pp. 31-53

Anna Calderone, “Otri o testuggini. Insoliti recipienti tardo-arcaici dalla Sicilia centro-meridionale”, pp. 55-62

Maria Caccamo Caltabiano, “Il simbolismo dello stemma/infula: Nike, Aphrodite e il conferimento del potere sovrano”, pp. 63-74

Valentina Calì, “Asclepio e Cristo: esegesi di una polemica tra pagani e cristiani”, pp. 75-77

Valentina Caminneci, “Sarcofago con ratto di Proserpina nella Chiesa Madre di Raffadali”, pp. 79-97

Rosa Maria Carra Bonacasa, “Note di archeologia postclassica. A proposito della ‘via dei sepolcri’ nella necropoli paleocristiana di Agrigento, tra preesistenze e trasformazioni”, pp. 99-111

Maria Clara Conti, “Un pinax da Agrigento con la partenza di un guerriero”, pp. 113-123

Aldina Cutroni Tusa, “Lampedusa: dalla preistoria alla moneta”, pp. 125-129

Monica De Cesare, “Le necropoli di Agrigento: rileggendo alcune immagini dipinte sui vasi”, pp. 131-152

Ernesto De Miro, “Le due fondazioni di Minoa-Eraclea. Vicende di una città arcaica ed ellenistica”, pp. 153-162

Carmela Angela Di Stefano, “La dea di Solunto”, pp. 163-168

Giovanni Di Stefano, “Camarina. Terrecotte di argomento teatrale”, pp. 169-177

Salvina Fiorilla, “Eraclea-Terranova. La riscoperta della città medievale attraverso le ricerche dell’ultimo trentennio”, pp. 179-187

Domenica Gullì, “Raffigurazioni plastiche antropomorfe e zoomorfe di età neolitica nel territorio agrigentino”, pp. 189-198

Caterina Ingoglia, “La produzione locale di Gela tra VII e VI sec. a.C.: la ceramica di uno scavo in Via Bonanno (1979)”, pp. 199-221

Sebastina Lagona, “Viene dall’Italia l’atleta di Kyme?”, pp. 223-227

Vincenzo La Rosa, “Il depaV amjikupellon: un fossile-guida per il castellucciano di area siracusana?”, pp. 229-235

Gioacchino Francesco La Torre, “La peplophoros del Museo di Licata” pp. 237-246

Giacomo Manganaro, “Tre iscrizioni di Agrigento, il culto dei Caesares nipoti di Augusto e la diffusione della gens Annia”, pp. 247-252

Laura Maniscalco, “L’Acropoli di Paternò attraverso il tempo”, pp. 253-261

Clemente Marconi, “Nuovi dati sui culti del settore meridionale del grande santuario urbano di Selinunte”, pp. 263-271

Brian E. McConnell, “Thomas Cole e Samuel James Ainsley a Girgenti, 27 aprile-1 maggio, 1842”, pp. 273-282

Pietro Meli, “Dalle ‘debite restaurazioni’ ottocentesche ai moderni interventi di restauro dei monumenti della Valle dei Templi di Agrigento”, pp. 283-291

 

Volume II

 

Dario Palermo, “Il modello fittile da Sabucina e l’ultima fase del santuario di Polizzello: un contributo alla storia degli indigeni di Sicilia”, pp. 329-336

Rosalba Panvini, “Note su alcune ceramiche attiche dalla necropoli di Sabucina”, pp. 337-348

Rosario P.A. Patané, “Una scultura in terracotta a Centuripe”, pp. 349-354

Antonella Pautasso, “Terrecotte locresi d’età arcaica da Catania. Un contributo alla storia dei rapporti tra Sicilia e Magna Grecia”, pp. 355-362

Elisa Chiara Portale, “Decorazione, illustrazione o metafora? Su un gruppo di terrecotte architettoniche dal sito di S. Biagio ad Agrigento”, pp. 363-388

Rosalia Pumo, “Terrecotte architettoniche del tempio C dagli scavi dell’Institute of Fine Arts-NYU nel grande santuario urbano di Selinunte”, pp. 389-398

Maria Serena Rizzo, “Agrigento ed il suo territorio in età tardoantica e bizantina: primi dati da recenti ricerche”, pp. 399-418

Grazia Spagnolo, “Una cisterna di età classica a Gela: problemi cronologici e topografici”, pp. 419-444

Francesca Spatafora, “Palermo: la necropoli punica (scavi 2000-2005). Spazio funerario, rituali e tipologie funerarie”, pp. 445-452

Antonio Tempio, “Hybla, Inessa e la synteleia duceziana”, pp. 453-468

Mario Torelli, “Chalcidicum Halaesinum”, pp. 469-476

Caterina Trombi, “Le anfore da trasporto da Monte Adranone (Sambuca di Sicilia – Ag): primi dati”, pp. 477-488

Sebastiano Tusa, “Realtà ed evanescenza della facies di Rodì-Tindari-Vallelunga”, pp. 489-500

Francesca Valbruzzi, “Contributo all’archeologia dell’antica Henna e del territorio degli Erei”, pp. 501-514

Maria Grazia Vanaria, “Coroplastica di età ellenistica da scavi in corso Cavour a Messina”, pp. 515-532

Stefano Vassallo, “Un’offerta di schinieri di un mrcenario iberico nella battaglia di Himera del 480 a.C.”, pp. 533-540

R.J.A. Wilson, “Il banchetto funerario nella Sicilia della prima età bizantina: nuove attestazioni da Kaukana”, pp. 541-592

Carlo Zoppi, “L’Olympieion di Agrigento dopo il 406 a.C.”, pp. 593-598

Ernesto De Miro, “Ricordo di Giovanni Rizza”, p. 599.