Cabanes, Pierre - Drini, Faïk, avec la collaboration de Hatzopoulos, M.-B.: Corpus des inscriptions grecques d’Illyrie méridionale et d’Epire 2 (sous la dir. de Pierre Cabanes), Inscriptions de Bouthrôtos (Etudes épigraphiques 2), 334 p., 100 pl. en n & b in fine, 1360 g, 21 x 29,7 cm, 110 euros. ISBN 2-86958-206-4.
(Ecole française d’Athènes, Athènes 2007)
 
Recensione di Federica Cordano, Università di Milano
 
Numero di parole: 1412 parole
Pubblicato on line il 2008-08-12
Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=251
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La serie dei volumi con le iscrizioni delle città greche d’Albania, alla quale appartiene questo importante lavoro, e per la quale sono già usciti quelli relativi alle iscrizioni di Epidamno-Dyrrachion e di Apollonia, sarà completata da un quarto volume che comprenderà le iscrizioni di Phoiniké e Antigoneia, città che offrono una minore quantità di materiale epigrafico.

Questi volumi non sono delle semplici raccolte di iscrizioni, ma delle ricche monografie sulle singole città, delle quali non solo ricostruiscono la storia antica, ma anche la storia delle ricerche archeologiche e storiche effettuate per ognuna di esse.

Nel caso di Boutrothos (Butrinto), il volume si apre con una bella introduzione geografica, prosegue con tutte le fonti antiche relative alla città, tradotte e commentate, poi con la storia della città e con quella della ricerca archeologica; le iscrizioni sono 219 numeri più due ‘bis’, anch’esse sono tradotte e ampiamente commentate. La numerazione delle iscrizioni è volutamente bloccata al 1995, per rispetto a quella consegnata al Lexicon of Personal Names curato da P.M. Fraser ed E. Matthews.

 

La tradizione letteraria su Boutrothos è particolarmente ricca perché la città è coinvolta in alcune dei più noti miti antichi, a cominciare da quello riguardante Medea, che sarebbe stata addirittura sepolta in questa località, per continuare con la leggenda troiana: a cominciare da Pindaro  per finire con i commentatori di Virgilio, il viaggio di Enea in occidente vien fatto passare per Boutrothos.

E sempre in ragione della collocazione geografica di queste coste, la località è pure nota nella storia della colonizzazione greca, prima euboica e poi corinzia, verso l’occidente.

In età romana la città e il territorio di Boutrothos sono ben noti, anche a causa del coinvolgimento nella guerra civile, lo sappiamo da numerose fonti topografiche e dagli itinerari; Boutrothos è stato anche un importante centro per la diffusione del cristianesimo, svolgendo un ruolo di mediazione tra Roma e Costantinopoli. Boutrothos è stata un’importante città bizantina tra la fine del primo millennio e l’inizio del secondo. Il capitolo sulla storia moderna comprende le notizie sui viaggiatori  degli ultimi secoli, in un abbinamento originale ed interessante.

L’Albania diventa uno stato indipendente nel 1912, fra le due guerre mondiali archeologi ed epigrafisti italiani hanno condotto le loro ricerche in alcune città albanesi, fra cui Butrinto, e nel presente volume si tengono in conto i risultati di quelle indagini, in particolare di M. L. Ugolini e Luigi Morricone. Dopo la seconda guerra mondiale il regime comunista allontanò le missioni straniere, incoraggiando le ricerche sulle popolazioni illiriche a scapito di quelle “colonizzatrici”; il noto archeologo H. Ceka nel 1956 riprese gli scavi a Butrinto, proseguiti poi da Dh. Budina, al quale è dedicato il volume come omaggio postumo; infatti le iscrizioni inedite sono quelle della torre da lui scavata.

 

Le prime 7 sono documenti precedenti il  167 a.C., quindi pertinenti alla comunità (koinòn) degli Epiroti, costituitosi nel 232 a.C., al posto della monarchia Eacide ed organizzato, come si deduce dalle magistrature nominate in queste iscrizioni, in tre comunità principali, quella dei Molossi, dei Thesproti e dei Chaoni.

I nn.da 8 a 219 sono posteriori al 163 a.C., molti con riferimento alle magistrature del koinòn dei Prasaiboi, uno stato con un territorio più ristretto, con capitale Boutrothos, che si staccò dal precedente, forse con il consenso di Roma, e visse fino al 44 a.C., data della colonia romana di Butrinto, stabilita per volere di Marcantonio, dopo la morte di Cesare.

Nell’uno e nell’altro gruppo prevalgono gli atti di manomissione che erano trascritti nella parodos e sul diazoma del teatro (Morricone) e sulle pareti della torre scavata dal Budina; questi decreti sono fonte di interessanti informazioni sulle magistrature locali, sulla legislazione riguardante la schiavitù, sul calendario, sui principali culti (Asclepio e Zeus Soter), sui numerosi etnici, sull’onomastica personale e soprattutto sui gruppi familiari; naturalmente i culti sono anche testimoniati dalle dediche alle singole divinità, soprattutto Asclepio (nn.170-185), e l’onomastica personale è arricchita dalle iscrizioni funerarie, anche di  stranieri (nn.190-213). 

I decreti di manomissione  nominano, oltre agli interessati, anche da tre a dieci  testimoni, ed in una serie di undici testi (nn.78-88) essi sono sempre gli stessi, evidentemente persone in vista della città, uno di questi, che si chiamava Appoitas, era anche l’incaricato di ospitare l’ambasciatore di Delfi, come sappiamo dall’iscrizione n.219, la sola non rinvenuta a Boutrothos, che è appunto una lista delfica di coloro che nelle varie città dovevano ospitare gli ambasciatori sacri (thearoi); non è l’unica, questa è la terza ed è  posteriore al 163 a.C. perché prima Boutrothos non era indipendente e non doveva ricevere quell’ambasceria.

Le manomissioni vengono fatte a gruppi e sono nominate anche parecchie donne, sia fra le padrone che fra le schiave, in totale si ha la testimonianza di 496 manomissioni per 597 schiavi liberati, i proprietari sono 1325, dei quali 787 uomini e 538 donne; queste ultime hanno qui uno statuto particolare non solo in quanto padrone ma anche perché possono concedere libertà agli schiavi senza menzione di un tutore (kyrios). Raramente è richiesta l’eudokesis, cioè il consenso dato a chi decide la manomissione, infatti esso è segnalato solo in 21 casi  ed i soggetti sono i più diversi: padri, tutori di minori, figli, figlie e mogli.

La libertà agli schiavi può essere data, come in altri luoghi, per consacrazione o secondo la legge civile; ma qui c’è in più una interessante legge epirota, nota anche a Dodona, che distingueva dalla manomissione normale quella fatta da persone senza figli (ateknoi) con lo scopo di “bien marquer qu’elle ne lèse personne et que la liberté est complète par sa seule décision” (p.174).

E’ pure testimoniata, in 50 casi, la paranomé, cioè l’obbligo per lo schiavo liberato di rimanere presso il padrone, per un tempo deteminato o fino alla morte di quello; in 20 di questi casi i padroni erano ateknoi.

Alcuni individui maschili sono indicati con nome personale, nome del padre ed ‘etnico’,

il terzo elemento è certamente quello che garantisce l’identità del cittadino nelle sue funzioni pubbliche, in alcuni casi è però usato anche per le donne; gli ‘etnici’ sono un centinaio, di diversa frequenza e importanza, sono molti, secondo me essi indicano la residenza dell’individuo piuttosto che la sua origine, e non lo dico solo in ragione del caso di Boutrothos usato in questa collocazione (nn.115 e 118), ma anche per confronto con situazioni simili in altre regioni di lingua greca. In questa considerazione mi conforta quanto dicono gli autori dell’ ‘etnico’ Essyrios (Tableau 39), inteso come il nome di una delle più importanti famiglie, da loro ricostruite sulla base di 25 iscrizioni.

L’onomastica personale degli uomini e delle donne libere  di Boutrothos è meno legata alla tradizione corinzia rispetto alle città di Apollonia ed Epidamno, ed assomiglia di più a quella della Grecia del nord (Macedonia ed Epiro) ; gli schiavi hanno gli stessi nomi greci dei padroni, salvo qualche raro nome illirico.

 

Nel volume sono ben esposti gli interessanti elementi di cronologia assoluta, offerti dalla identificazione di cinque personaggi  già noti, uno è l’Appoitas di cui s’è detto, altri sono databili tra il 170 e il 136 a.C., uno al 68/67 a.C.: è l’amico di Cicerone, Tito Pomponio Attico.

La ricostruzione di ben quaranta gruppi familiari, alcuni noti per ben quattro generazioni, oltre all’interesse specifico, ha il merito di stabilire una cronologia relativa all’interno degli atti di manomissione, che hanno la massima concentrazione tra il 160 e il 100 a.C. e una forte diminuzione nella prima metà del I sec.a.C., che fa pensare al declino dell’attività produttiva alla vigilia della costituzione della colonia romana. E’ pure collegata a simili considerazioni la frequenza con la quale sono nominati i mesi invernali (Gamilios ed Eukleios) nei quali si poteva cambiare la manodopera; le iscrizioni di Boutrothos forniscono infatti glli elementi per un calendario molto più ricco rispetto alle altre città vicine, come Apollonia, Ambracia e soprattutto Corcira, tutte che si rifanno per questo alla tradizione corinzia.

 

Tutti questi temi, in molti casi già studiati da Cabanes e Drini, sono oggetto di singoli capitoli e annexes, che si aggiungono alla ampia schedatura delle iscrizioni, all’abbondante bibliografia, alla tavola di concordanze e agli utilissimi indici; le tavole sono dedicate alle cartine e fotografie dei luoghi, alla ricostruzione della posizione delle iscrizioni sulle pareti utilizzate allo scopo e alle fotografie delle iscrizioni medesime, alcune in originale, la maggior parte in calco. Il volume comprende anche degli Addenda relativi ai volumi precedenti.

 In conclusione questo Corpus costituisce uno studio di grande rilievo per la storia dell’Albania antica negli ultimi due secoli del primo millennio a.C.., una regione ed un periodo non molto considerati dagli storici dell’antichità.