Fanti, Laura : Ferdinand Hodler. Fra simbolismo e avanguardie (1853-1918), Biblioteca di testi e studi (987), 88 p., ISBN: 9788843071517, 12,00 €
(Carocci editore, Roma 2015)
 
Compte rendu par Martina Massarente
 
Nombre de mots : 2990 mots
Publié en ligne le 2020-05-29
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Il libro di Laura Fanti, storica dell’arte e dottoranda all’Université Libre de Bruxelles, dal titolo “Ferdinand Hodler. Fra simbolismo e avanguardie (1853-1918)” nasce circa quindici anni fa, quando l’autrice lavora alla sua tesi di laurea all’Università “La Sapienza” di Roma. Il suo interesse per il simbolismo e per la figura di Holder nasce dall’ esiguità di studi presenti in Italia sulla pittura svizzera di fine Ottocento e dall’aspetto non convenzionale del suo stile. Il libro rappresenta la prima monografia italiana sull’artista che si prefigge la riattualizzazione della sua figura a metà strada tra il simbolismo e la svolta delle Avanguardie storiche.

 

         Nonostante le piccole dimensioni, il volume è denso e articolato e ripercorre la vita di un artista attivo in un’epoca complessa, a cavallo tra diverse tendenze e correnti stilistiche e del quale l’autrice vuole restituire l’unicità.

 

         Poco conosciuto, ma considerato il maggiore artista svizzero di fine Ottocento, Hodler, nato nella provincia di Berna, ha vissuto e lavorato a Ginevra, unico centro svizzero attivo a fine secolo nel campo delle arti visive. Alla luce delle lacune negli studi di storia dell’arte che comprendono tutto il periodo post-impressionista, prima delle Avanguardie (ad esclusione di alcuni importanti nomi) il libro di Laura Fanti intende colmare il vuoto tematico lasciato dalla critica artistica  per fornire nuovi scenari interpretativi e nuovi stimoli di approfondimento su un artista troppo poco studiato. In Italia, infatti, la figura di Holder è esclusivamente associata al suo grande capolavoro “La notte” (1889-90); secondo l’autrice, le difficoltà di approfondimento di questo artista sono riscontrabili nel suo anticonformismo che ne impedisce una precisa collocazione. Per convenzione l’autore è associato al periodo della Secessione di Vienna e connesso con lo stile artistico di Gustav Klimt (1862-1918) senza riconoscergli autorevolezza artistica e autonomia stilistica. Il contributo di Laura Fanti è invece quello di mostrare l’attenzione di Holder per la riproduzione realistica della natura secondo teorie teosofiche e antroposofiche, ma anche sottolinearne le caratteristiche che lo inquadrerebbero come antesignano dell’Espressionismo, e addirittura come protagonista delle fasi di preparazione all’astrattismo. Il libro intende quindi restituire un primo studio che collochi Ferdinand Hodler come artista tout court e non solo come gregario di momenti universalmente riconosciuti validi dagli storici dell’arte.

 

         Nell’introduzione al volume l’autrice spiega le motivazioni che potrebbero aver causato il disinteresse della critica nei confronti di Ferdinand Hodler, riconoscendone essenzialmente due di pari importanza: da un lato, è stata forse la spiccata “libertà” dell’artista ad ostacolare il riconoscimento del suo lavoro. Questo aspetto emerge con particolare attenzione nel corso del volume giacché è la stessa autrice a sottolinearne l’individualità non certo però estranea al contesto degli artisti attivi nello stesso periodo, e non scevra da influenze provenienti dal contesto culturale attivo sul finire dell’Ottocento in Svizzera. In questo contesto è dunque significativa la frase che Hodler era solito rispondere a chi provava ad inserirlo in qualche categoria artistica particolare : “Le etichette si addicono di più ai barattoli per le spezie che agli artisti”.

 

         Dall’altro lato si trova anche un’altra importante osservazione dell’autrice: Hodler non ha avuto eredi, le sue teorie, le sue linee pittoriche e la sua poetica sono rimaste quasi del tutto intoccabili anche da parte del suo allievo Cuno Amiet (1868-1961).

 

         Nel ripercorrere le principali tappe della maturazione artistica di Hodler, Laura Fanti cità alcune date significative corrispondenti alle mostre collettive alle quali l’artista aveva partecipato e che avevano iniziato a rendere visibili le sue opere. Tra queste si ricorda il biennio 1891-1892 a Parigi, momento nel quale il giovane pittore svizzero inizia a ricevere i primi riconoscimenti. I suoi rapporti con la Francia nascono dalla frequentazione dei circoli simbolisti ginevrini all’interno dei quali conosce importanti intellettuali che lo mettono in contatto con le realtà artistiche parigine. E’ quindi proprio a Parigi nel 1891 che al Salon de Puvis presenta il suo grande capolavoro:  “La notte” (1889-1890). 

 

         L’opera si inscrive all’interno di un importante momento di passaggio “da pittura subordinata alla visione del mondo esterno a una pittura nuova, visionaria, sintetica e tendente all’astrazione” (cit. p.13). L’opera di Hodler deve quindi essere apparsa al pubblico parigino come qualcosa di nuovo, del tutto differente da quanto visto fino a quel momento. Insieme a “La notte” anche il dipinto dal titolo “Le anime deluse” del 1891-92, è una delle opere più conosciute del periodo simbolista.

 

         Al periodo simbolista si sostituisce la fase proto-espressionista e quella legata alla pittura di storia. Per fare chiarezza all’interno delle diverse fasi di sviluppo della carriera di Ferdinand Hodler, l’autrice si sofferma sugli esordi rintracciando tre blocchi cronologici principali:

  1. Il periodo di formazione a Thoune e a Ginevra
  2. Un secondo periodo compreso tra gli anni Novanta dell’Ottocento e gli anni Dieci del Novecento (dove evidenti sono le influenze simboliste e secessioniste)
  3. L’ultimo periodo coincidente con la fase della piena maturità dell’autore che si dedica ai ritratti e al paesaggio

 

         Il secondo capitolo è quindi interamente dedicato agli esordi dell’autore passando in rassegna le opere di maggior rilievo; ogni dipinto viene contestualizzato cronologicamente e stilisticamente restituendo una generale visione dell’operato dell’artista anche in relazione ai suoi viaggi e spostamenti in Europa.

 

         Grande innovatore, Hodler è stato anche un pittore dedito ai grandi temi della tradizione pittorica come il ritratto e la pittura di storia, quest’ultimo, un genere controverso che mette in discussione l’autenticità dell’ispirazione o la necessità di riconoscimento pubblico tanto da confondersi, in alcuni casi, con la pittura celebrativa.  Ci si interroga quindi su che cosa sia effettivamente la pittura di storia: deve occuparsi di temi storicizzati, oppure può rappresentare momenti di presente vissuto? Hodler realizza le sue opere ispirandosi alle leggendo che avevano esercitato forti influenze su altri pittori tra i quali Fussli ma che Hodler interpreta con grande libertà di pensiero. Questa sua libertà viene ribadita dall’autrice in calce al terzo capitolo dove si sofferma su un particolare episodio dei primi anni Dieci del Novecento, durante il soggiorno di Hodler in Germania.

 

         Il suo atteggiamento nei confronti della politica è del tutto neutrale; lo conferma una petizione del 1914 firmata da Hodler con altri 117 intellettuali contro il bombardamento della cattedrale di Reims da parte dell’artiglieria tedesca. Questo è un periodo difficile per il pittore a seguito delle sue vicende personali e della sua esclusione da tutti i circoli artistici tedeschi e viennesi. L’autrice suggerisce che probabilmente i temi della pittura di storia servivano all’artista per dimostrare il proprio legame con la Svizzera presentandosi come iniziatore di un’arte nazionale; si tratterebbe con probabilità di una sfida personale giacché l’artista dimostra di non appartenere ad alcuna corrente artistica né politica.

 

         Nel quarto capitolo si introducono i temi del simbolismo, dello spiritualismo del colore e dell’esoterismo. Dopo una parentesi introduttiva alla vita e alle opere, Laura Fanti si addentra nella poetica e nello stile pittorico di Hodler definendone il Simbolismo con i valori e i significati  che i colori e le forme assumono nei suoi dipinti. Oltre agli aspetti tecnici e stilistici, l’autrice chiarisce anche la posizione assunta da Hodler nei confronti dell’ordine dei Rose + Croix. L’autrice sottolinea a questo punto la complessità che coinvolge la definizione di Simbolismo; se in letteratura esistevano già esempi di simbolismo ravvisabili nelle opere di Blake e Baudelaire, tale definizione nelle arti visive è andata definendosi tardivamente confluendo inizialmente all’interno di correnti interessate alle leggende e alla mitologia come il caso di Moreau e Bocklin, oppure nel revival medievale della confraternita dei Preraffaelliti. Sembrava che in questa corrente confluissero tutte quelle forme di ricerca artistica che non  rientravano nella scissione tra Realisti e Impressionisti. E’ solo a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento che il pensiero critico intellettuale si approccia al Simbolismo con una concezione differente, arricchita dalle esperienze di Gauguin e di Puvis De Chevannes per sorpassare i tratti più positivistici dell’impressionismo. In questo periodo la pittura di Hodler si avvicina alla danza e alla musica più che alle arti decorative, riferimento molto presente in tutta l’Art Nouveau e la sua estetica simbolista si definisce proprio secondo tali accezioni: si lega a questioni ritmiche, musicali e armoniche. Partecipa ai Salon dei Rosa Croce intendendo il Simbolismo come ricerca di spiritualità al contrario delle tendenze esoteriche che andavano di moda tra gli artisti dell’epoca ma non è mai entrato a far parte di una comunità artistica vera e propria.

 

         Concorrono alla formazione simbolista di Hodler numerosi viaggi a Parigi e a Madrid, ma anche lo studio e la conoscenza dell’arte rinascimentale italiana. La complessità della pittura di Hodler risiede inoltre nella volontà di dare compimento al rapporto tra Romanticismo e Positivismo in un periodo connotato come Simbolista e dove l’indagine della reale inteso come ricerca di verità si declinava come diretta discendenza del Positivismo. Il suo intento era quello di ricercare il “vero” mettendo in relazione natura e spirito.

 

         Ma come si verifica questo passaggio dal Positivismo al Simbolismo? Laura Fanti riconosce due aspetti fondamentali:

  1. L’artista oltrepassa l’idea che il simbolo sia portatore di un contenuto esoterico, ermetico e comprensibile solo ad un ristretto gruppo di iniziati.
  2. L’artista attribuisce particolare importanza alla struttura dell’opera.
  3. L’artista introduce nelle sue opere elementi stilistici riconoscibili come simbolici: forme ellittiche, presenza diffusa dei colori giallo e blu, utilizzo di forme rotonde e triangolari, fino agli ultimi dipinti di paesaggi marcatamente lirici.

 

         L’autrice individua nella ricorrenza del colore blu un tratto distintivo della sua opera di epoca simbolista, un colore generalmente utilizzato per definire la spiritualità  e la regalità; “Sulle rive del Maggia, prima dell’alba” (1892-93) è considerato il dipinto di paesaggio che sancisce il passaggio dal vecchio modo di dipingere la natura a quello nuovo che indirizza Hodler verso l’astrattismo. Insieme al giallo, il blu costituisce il tratto principale della sua tavolozza del periodo simbolista; i due colori diventano interscambiabili perché rappresentano entrambi il significato del cielo e della terra, dell’acqua e degli alberi.

 

         Il simbolismo è quindi per Hodler il modo migliore per essere vicino alla verità , di essere spirituale e religioso. Ma vi sono alcuni dipinti che mostrano meglio di altri i rapporti dell’artista con il sogno e l’immaginazione e tra questi il più importante è sicuramente “La Notte” dipinto tra il 1889 e il 1890 in occasione del Salon du Champ - de - Marc del Parigi; a partire da questo momento Hodler viene annoverato all’interno della corrente del Simbolismo, tuttavia l’autrice sostiene che sia più corretto ritenere questo dipinto come momento spartiacque tra la sua giovinezza e la maturità artistica, punto di arrivo delle sue ricerche sulla natura. Nel 1900, circa dopo dieci anni, Hodler dipingerà “Il giorno” nel quale il Simbolismo acquista un’accezione completamente differente; l’opera porta infatti un titolo complementare a “La notte” sottolineando l’idea di realizzare un’opera bipartita. Nel Giorno l’artista si interessa maggiormente ai corpi mentre il paesaggio sullo sfondo viene appena abbozzato, restituendo l’effetto di una quinta fredda che non si fonde con la presenza dei personaggi. La componente simbolica presente in questo ultimo dipinto appare più forte e definita rispetto a La Notte e spicca per la presenza di una forte dimensione concettuale, ideale, quasi onirica che spinge a immaginare, a suggerire, anche attraverso il sogno.

 

         Un altro concetto importante all’interno della pittura di Hodler è quella che Laura Fanti definisce come “teoria del parallelismo” e viene approfondita all’interno del sesto capitolo.

 

         L’autrice analizza i modelli e gli archetipi che hanno aiutato Hodler a definirla; si tratta di modelli di provenienza eterogenea, dai modelli dell’arte egizia, alla danza, all’euritmia fino alla connotazione del suo primitivismo stilistico. Viene brevemente ripercorsa la storia della diffusione del gusto esotico, spesso confuso con l’Orientalismo e con altre forme revivalistiche ottocentesche. La conferma dell’esistenza di numerose civiltà antiche avvenuta in seguito alle scoperte archeologiche settecentesche aveva stimolato il fascino per tutto ciò che poteva rappresentare una fuga dal presente (p. 39) tali civiltà vengono intese come possibili sostitute della cultura ufficiale. Per quanto esistano molti studi che hanno approfondito la nascita e la diffusione di correnti artistiche come l’Espressionismo tedesco, poco è stato scritto sulle influenze del “primitivismo” sul Simbolismo.

 

         E’ proprio in questo filone di indagine che il profilo di Ferdinand Holder si inserisce aprendo a possibili e complesse interpretazioni giacché il simbolismo non è una corrente univoca, né un movimento definito.  Ma in che senso i lavori di Hodler possono essere considerati primitivisti? E come compie il passaggio di interesse verso l’Euritmia? L’autrice si concentra quindi sulla spiegazione di alcune opere fondamentali per comprendere questi passaggi: Le anime deluse (1891-92), Euritmia (1894), L’emozione e Sguardo nell’infinito. Queste opere rappresentano i tasselli fondamentali attraverso i quali Hodler studia la traduzione del bassorilievo in pittura o meglio, ritorno alla scultura attraverso la pittura (p. 40).

 

         “Le anime deluse” è la prima opera nella quale il parallelismo viene applicato alle figure ma non al paesaggio e dove appare evidente l’influenza dell’arte egizia. La seconda opera Euritmia rappresenta un caso particolare perché non sembra esservi una narrazione riconoscibile per personaggi e dettagli definiti. In questa opera si nota il cambiamento stilistico rispetto alla ieraticità delle figure di influenza egiziana che in questo dipinto assumono grande dinamicità; il titolo dell’opera è significativo e deriva dal greco “bel ritmo” probabilmente Hodler ha voluto applicare alla pittura i principi vitruviani di equilibrio, corrispondenze, simmetrie delle linee, colore e composizione. Ciò che interessa all’artista non è tanto il messaggio, il significato del dipinto, ma il valore simbolico e allegorico che gli attribuisce. Il suo interesse è principalmente di tipo compositivo e pittorico innescando un importante rapporto duraturo con la danza e la ginnastica. Fondamentale in tal senso è stata la sua conoscenza del Delcroze avvenuta nel 1896. Il periodo simbolista si chiude con l’opera L’emozione (1911) un dipinto inserito nella storia dell’Art Nouveau per la presenza di elementi floreali stilizzati.

 

         Nel settimo capitolo dal titolo “Dal ritratto al paesaggio: l’artista allo specchio” affronta il rapporto di Hodler con l’autoritratto. L’autoritratto sembra avere un ruolo di grande importanza nell’operato di Hodler perchè “è un lavoro serio” (cit. p. 47) significa guardarsi dentro e bloccare lo stato d’animo presente dentro a sé stessi in una determinata situazione della vita. L’autrice individua il periodo di più altra produzione di ritratti da parte dell’artista compreso tra il 1915 e il 1916.

 

         L’ottavo capitolo inserisce la figura di Hodler nel più ampio contesto europeo. Anche se l’artista non è ascrivibile a nessuna corrente definita, egli non era isolato dal contesto culturale più ampio del suo periodo; il questa sezione del volume l’autrice ripercorre le influenze stilistiche e tematiche, oltre che i rapporti personali intrattenuti da Hodler con artisti e intellettuali internazionali tra i quali si cita ad esempio Gustav Klimt e una gran parte di artisti dell’espressionismo tedesco.

 

         L’indagine prosegue nel nono e ultimo capitolo dove Laura Fanti approfondisce i rapporti di Holder con l’Italia, paese nel quale farà la conoscenza dell’ordine, della chiarezza e della misura di artisti come Raffaello, Veronese e Tiziano, ai quali guarda soprattutto per l’utilizzo del colore. Tuttavia Hodler mostra una vera predilezione per Giotto e in generale per altri esempi di artisti di epoca medievale. Addirittura sembra che Hodler abbia organizzato le sue visite in Italia seguendo le tracce dello stesso Giotto, il suo percorso infatti si snoda tra Firenze, Padova ed Assisi. Dallo studio degli appunti e degli schizzi di Hodler Fanti sostiene che l’artista fosse interessato al più generale aspetto della composizione più che per i dettagli dei grandi affreschi di Giotto, forse suo riferimento principale in preparazione delle grandi opere. Sicuramente affascinato dalla rappresentazione del dolore e della morte ma anche dalle visioni rappresentate nella Cappella degli Scrovegni. E’ proprio nell’arte di Giotto che il pittore svizzero trova la conferma ai suoi parallelismi (euritmiche) dove la pittura viene intesa come superficie bidimensionale sulla quale dipingere con l’utilizzo di colori locali secondo un equilibrio capace di creare armonia tra i volti, i gesti e lo sfondo. Il “primitivismo” di Giotto viene quindi interpretato da Hodler come la risposta alla necessità di creare armonia tra l’uomo e il cosmo oltrepassando il simbolismo tradizionale.

 

         Il libro si conclude con una considerazione sulla carenza di esposizioni sul lavoro di Hodler; al di fuori della Biennale di Venezia le sue opere non troveranno riscontro né interesse in alcuna istituzione. Solo grazie ad alcuni riconoscimenti tra i quali a Parigi nel 1891 e a Berlino nel 1894 Hodler è ammesso alla 7° esposizione della Biennale di Venezia. Un importante riconoscimento alla sua opera è arrivato postumo nel 1920 in occasione di una retrospettiva alla Biennale per il padiglione svizzero. In questo contesto vengono presentate 42 opere che mostrano la grande varietà tematica della quale Hodler si è occupato durante tutta la sua carriera.

 

         In tempi molto recenti, nel 1995, durante la Biennale del 1955 curata da Jean Clair dal titolo “Identità e alterità” sono stati esposti per la prima volta alcuni disegni di Hodelr dedicati all’ultima donna amata nella sua vita: Valentine Godé - Darel. E’ in questi disegni che emerge concretamente il segno dell’artista rendendo chiaro e riconoscibile il contributo dato all’Espressionismo tedesco.

 

Ora finalmente non deve dimostrare più nulla a nessuno” (cit. p. 67).  

 

INDICE DEI CONTENUTI

 

Introduzione di Enzo Bilardello

Premessa

Collocazione storica di Ferdinand Hodler e stato dell’arte

Per una cronologia degli esordi

Pittura di storia?

Simbolismo e spiritualismo del colore e l’equivoco dell’esoterismo

Da La notte a Il giorno, dal Simbolismo come sogno al Simbolismo come immaginazione

Archetipi parallelisti

Dal ritratto al paesaggio: l’artista allo specchio

Le paysage dans lequel vous avez vécu fait partie de vous-meme

Hodler e l’Europa

Hodelr e gli Espressionisti

Hodler e la linea ingresiana della pittura

Hodelr e gli svizzeri contemporanei

Hodler e l’Astrattismo

Hodler e l’Italia

Sulle tracce di Giotto e altri modelli medievali

Hodler e la pittura del Quattrocento

Biennale di Venezia

Documenti

Il decalogo del pittore 81874-75)

La missione dell’artista (1897)

Biografia di Ferdinand Holder (1853-1918)

Bibliografia di riferimento

Postilla

APPARATO ILLUSTRATIVO