Maurice, Martin: Monastères et sites monastiques d’Egypte (Collection: BEC, 23), 214 p., ISBN : 978-2-7247-0661-1, 34 €
(IFAO, Le Caire 2015)
 
Rezension von Maria Luisa De Gasperis
 
Anzahl Wörter : 2284 Wörter
Online publiziert am 2017-03-28
Zitat: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=2730
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          E’ necessario, per iniziare questa recensione, parlare della situazione nella quale si trovava l’Egitto ed il suo patrimonio artistico intorno al 1950, tenendo conto del territorio estremamente vasto, desertico e inospitale che l’autore chiama “ Egypte compliquèe “. Egli superò molte difficoltà e lavorò ca. 40 anni alla ricerca e alla descrizione dei siti monastici e alla storia del cristianesimo in terra d’Oriente. Questo suo lavoro non fu particolarmente apprezzato facendo di lui più un uomo di religione che uno studioso. Gli insediamenti che furono oggetto delle sue ricerche si trovavano a circa un’ora di distanza dai punti d’acqua e sebbene, per alcuni fossero rimaste minime prove della loro esistenza, Martin Maurice  provò che intorno ai Monasteri erano stati costruiti, non solo degli eremitaggi e cimiteri  ma anche ripari per la sosta delle carovaniere.

 

         Questa sua ricerca durò, fra alterne vicende, molti  anni ed in questo suo testo, sono raccolti come in una piccola enciclopedia, disegni, foto, notizie, piante, che dimostrano l’esistenza  di luoghi che, dopo molti anni di attesa, sono stati finalmente messi a disposizione degli studiosi di tutto il mondo. L’importanza di questa documentazione è straordinaria ed è l’unica che rimarrà,  tenendo presente  che il passare del tempo, gli agenti atmosferici, i deserti, ma soprattutto l’incuria degli uomini, consumeranno,  seppelliranno, modificheranno , divoreranno le poche documentazioni archeologiche che sarà dato di poter analizzare. Il testo non è soltanto la storia monastica di ogni insediamento ma dimostra le relazioni sociali, storiche e politiche  che hanno attraversato i profondi problemi  vissuti da cristianità e islam tanto che esso dovette superare molti ostacoli prima di venire alla luce ed  essere divulgato, fino a quando, dopo   oltre 40 anni,  l’ I.F.A.O. ha deciso di pubblicarlo. Il metodo seguito da M.Martin per stabilire la cronologia dei luoghi, ha avuto bisogno di anni di ricerche e apprendimenti poiche’ nel corso delle varie  fasi, venivano continuamente ampliate e riaggiornate.

 

         La difficoltà di presentare questo testo sta nel fatto che i Monasteri, sono stati edificati in diverse parti del territorio che comprende tutta la valle del Nilo che si estende per più di duemila  chilometri, sia nel versante di destra che di sinistra del fiume e più oltre fino a Meroe,  a quell’epoca terra d’Egitto e attualmente Sudan. La scelta dei luoghi probabilmente è stata dettata dalla loro stessa natura di zone solitarie, silenziose, che predisponevano l’animo alla contemplazione e alla preghiera; purtroppo a questo eremitaggio corrispondeva una più facile loro distruzione, scomparsa o ristrutturazione  dovuta sia agli avversi agenti atmosferici sia alla mano dell’uomo ma soprattutto al passare dei tempi e delle epoche sia storiche che filosofico-religiose. Bisogna tener presente che quelli che sono sopravvissuti, sono quelli che furono edificati lungo la riva destra del fiume Nilo, nella zona antistante la città del Cairo, a Dayr Abu Humis, la riva sinistra presso Assyut, la riva destra nelle zone di Akhum e Nag’Hammadi, lungo il confine desertico del Medio Egitto.

 

         Con l’edificazione di questi Monasteri, si incontra la nascita di una letteratura monastica, che fin dall’inizio di queste Istituzioni, soprattutto dal IV al VI secolo, è incentrata in alcune particolari località. Dopo la conquista araba e durante il X secolo si intensificano i viaggi e i pellegrinaggi ma anche i racconti dedicati ai Martiri  ed ai luoghi a loro legati, dove veniva ricordato il sito ma anche l’epoca in cui questo particolare episodio era accaduto; connessi  a questi avvenimenti cominciano a diffondersi  le notizie più particolareggiate delle aree e delle funzioni  dei Monasteri e di tutte le costruzioni ad esse legate come le celle anacoretiche, i pellegrinaggi e i cimiteri. A partire dal X secolo, i geografi arabi compilano un “ Livre de Monastères “ che permette una varietà di copiose informazioni e dopo il XV secolo con lo storico Maqrizi, inizia l’epoca dei viaggiatori, ricercatori ed  esploratori d’Egitto.

 

         Ma bisogna tener conto che con il trascorrere del tempo, molti di questi siti sono scomparsi senza lasciare traccia e qualche rara volta, solo alcuni  mattoni; in altri luoghi, invece gli eremitaggi  si sono ingranditi ed hanno dato origine ad ampie costruzioni monastiche che spesso sono rappresentate da una chiesa isolata circondata da mura ai bordi del deserto, con all’interno il cimitero e le strutture abitative, che prendono il nome di “ Dayr “ per ricordare anche l’ appellativo di quelli scomparsi, cosa che accadde sempre più spesso, dopo l’avvento dell ’Islamizzazione.

 

         Si tenga conto che alla fine del XVII secolo, sono ricordati più di 19 Monasteri mentre dal XVIII secolo si ha notizia dei  pochi che sopravvissero, perché costruiti nel deserto più profondo;  i Monaci preferirono stabilirsi in edifici più ampi alla periferia delle grandi città; questo­ dette inizio a numerosi pellegrinaggi. Molti Monasteri sono andati distrutti con l’avvento dell’Islam e della religione greco-bizantina e distrutte anche le opere d’arte in essi racchiuse come i meravigliosi e significativi  affreschi e  decorazioni  dei quali alcune parti si  sono  salvate e si possono ancora ammirare   ad Abu Darag, nel Monastero di Sant’Antonio e San Paolo.

 

         Dopo questa breve analisi preliminare da cui si possono immaginare le difficoltà incontrate nel compilare questa raccolta e per le tematiche che descrive, inizialmente si è portati a pensare che questo testo rappresenti un elenco  di siti monastici che  sono stati ritrovati da Maurice Martin e da coloro che lo  hanno assistito e ancora negli anni successivi,  da tutti coloro  che per varie vicende dovute a ricerche ed esplorazioni, ne hanno  parlato facendo presente che molti di essi,  erano stati perduti o modificati in strutture militari o abitative. Si riconosce, comunque al testo, l’estrema cura, anche dal punto di vista bibliografico, con la quale si cita  ogni sito anacoretico, ogni Monastero,ogni luogo ogni pur minima prova rimasta di insediamento.

 

         Per quanto riguarda la possibile recensione del testo, si può adottare la suddivisione di quelle località che hanno accettato le modifiche avvenute  nell’arco dei secoli e che hanno trasformato la loro specifica finalità e dedicazione. Come per l’esempio di Alessandria e dintorni, il nord del Cairo e il suo deserto, in cui le culture pre-islamiche e arabe, si sono contaminate fra loro e di cui è rimasto ad esempio, lo splendido Monastero di San Giorgio e di S. Pietro e Paolo. Ne è un esempio, la grande estensione del Fayyum e la zona desertica della Valle del Nilo, prossima alle fonti  di Bahr Yusuf. Le prime notizie di Monasteri in queste zone ci sono pervenute da viaggiatori del XVII secolo ma che si riferiscono certamente ai periodi   che vanno dal V secolo all’inizio del VII e anche allora i Monasteri e gli iniziali  siti anacoretici, erano già in stato di abbandono, ma negli anni ’80 alcuni di loro vengono ripopolati e forse già trasformati in Moschee.

 

         Ci è stato tramandato che a partire dalla conquista araba, la sorte dei siti monastici si modifica  come pure la storia della comunità cristiana e se ne ha un clamoroso esempio a Dahshùr dove il Monastero scomparve ai tempi d’Abu Salih trasformandosi in una Moschea. Bisogna tenere presente che molti di essi nascono su rovine di Serapei costruiti da conquiste antiche: tra il V e VII secolo vennero trasformati in Cenobi, come quello fondato dal Patriarca Teofilo prima dell’imminente conquista araba.

 

         Tutti questi siti sono situati in parte ad Alessandria ed in parte nei territori  che si trovano fra Alessandria ed il mare per esempio  nel sito di Abusir  , e’ stato edificato “ Il Monastero dei Penitenti – La Prison – “. Lungo la costa del Mediterraneo, prima del X secolo, sorgevano numerosi Monasteri e Case che ospitavano i Cenobiti  e anche alcuni Monasteri per le donne. Naturalmente non è possibile nominare ne i Monasteri ne le localita dove essi erano stati edificati e dove attualmente si trovano ancora delle rovine, ma si può affermare che questi siano stati eretti fin dai secoli più antichi dei quali si trova notizia  nell’Editto di Giustiniano del V secolo. E’ importante anche ricordare, che in questi secoli, queste filosofie religiose si espressero in modi molto diversificati ma, a mio avviso, l’espressione più significativa è quella messa in atto dagli Stiliti che rimanevano in piedi all’apice di una colonna finchè non sopraggiungeva la morte. Si ha un esempio esplicativo seguendo la trasformazione subita dal Cairo, soprattutto pensando che  i Monasteri  di questa città narrano la sua storia più che quella della città stessa, cominciando dall’epoca delle dinastie fatimidi che ricostruirono  e ripararono le chiese, ne amministrarono le proprietà che successivamente passeranno all’Islam.

 

         I Monasteri conosciuti come i più antichi, sono quelli pre-islamici situati nella zona di Menfi;  si può ricordare quello di Geremia a Saqqara-sud, ritrovato nei pressi della Piramide di Uni, durante i lavori eseguiti dal 1907 al 1908, per gli scavi di Quibell. Il Monastero fu edificato durante i secoli V - VI ma fu completamente distrutto  intorno al 750 per venire  ricostruito parzialmente nei due secoli successivi. In alcune zone stanziavano anche delle  comunità e la più importante era quella Melkita ed i suoi Monasteri, ma alla fine del XII secolo cominciarono ad essere distrutti dagli Ayyubidi  e dai visir fatimidi e i loro averi passarono all’Islam, intorno al 1150. Si ha il ricordo di un luogo eremitico del VII secolo, con celle sotterranee, scoperto alla periferia del Cairo, nel quartiere di Imbaba.

 

         Nel Fayyum, inizialmente i Monasteri occupavano una piccola parte  delle costruzioni  antiche le cui strutture sono state  scoperte e studiate in epoche recenti; negli anni  80 e più tardi  si ripopolarono  usando anche il materiale e le strutture di periodi più antichi. Si ha un esempio nel territorio dello Wadi al-Rayyan dove sono state rinvenute una dozzina di tombe e grotte, in alcune delle quali si riconoscono ancora decorazioni  di croci e iscrizioni copte dei secoli VI-VII e si presume che siano state riutilizzate tra il 1960 ed il 1969 per delle esperienze di eremitaggio.

 

         Pertanto, a mio avviso, oltre ad un percorso geografico di appartenenza, è importante ricordare e sottolineare quei Monasteri che tuttora sopravvivono, anche se con varie ristrutturazioni e aggiunte, e che si possono  visitare, studiare e hanno al loro interno non solo la possibilità di ascoltare dalla viva voce dei Monaci che ancora sono presenti in questi Habitat, le storie tramandate per via orale ma anche consultare alcuni antichi manoscritti che se pur parzialmente lacunosi, possono dare spiegazioni e informazioni atte a ricostruire almeno in parte, la loro storia. Se ne ha un esempio nel Monastero di Sant’Antonio e San Paolo, la cui conoscenza e storia inizia dalla fine del VI secolo   ed in particolare per Sant’Antonio,  che la tradizione locale vuole essere nato nella riva opposta di dove sorse poi il Monastero, sulle rive del Mar Rosso: si dice  fosse soprannominata la “ Montagna di Antonio “. Il periodo più importante, sembra essere stato quello fra il XII ed il XIII secolo soprattutto per la sua attività di copisteria, traduzioni, manoscritti e di  artisti che affrescarono le pareti, naturalmente tutto ciò scomparve gradatamente con l’avvento della conquista araba e la fine del periodo mamelucco. Purtroppo i documenti antichi che riguardavano la vita di San Paolo, rimangono oscuri, anche se  durano nelle pitture e negli affreschi decorativi.

 

         Spostandosi verso il territorio semidesertico d Banì Suwaf – Minyà, sia sulla riva sinistra che sulla destra, si sono ritrovati diversi siti, che  hanno fatto pensare a centri di pellegrinaggio e a cimiteri che sembrano essere stati fondati nel V secolo  e rifioriti ancora tra il XII e XIII secolo ma quasi scomparsi con l’avvento dell’islamizzazione. Purtroppo bisogna tenere conto che molto spesso è difficile  stabilire le antiche costruzioni templari faraoniche da quelle successive eremitiche e poi islamiche. Per quanto riguarda la vasta zona sia lungo la riva destra che sinistra del Nilo, che si estende da Minyà ad Asyùt e finoo alle  estreme zone desertiche delle due sponde del Nilo,si hanno molti siti nei quali si possono individuare cimiteri,  pellegrinaggi, chiese e Monasteri, come per esempio le Tombe di Beni Hasan in cui si trova oltre  molte  tombe,  un abside con iscrizioni cristiane. Lo studioso e ricercatore VANSLEB, MS 91, ci parla della sosta  della Santa Famiglia verso Sud, mentre cercava di fuggire alla persecuzione mortale dei soldati di Erode.  Tra il VI e e l’VIII sec. vennero alla luce  testi e papiri rinvenuti in varie località dei territori  a nord di Ashmunayn  e delle Montagne di Tuna al-Gabal come quelli nei territori di Asyut, di Qift – Armant e nelle oasi dei Deserti.

 

         Si continua dunque, questo breve e significativo viaggio verso i territori di Soag – Qena, su ambedue le rive del Nilo, con il ricordo di ben 24 Monasteri che ebbero una grande valenza politica, economica e  culturale e ancora più a sud, di   altri 17  che sembrano derivare da primitive costruzioni faraoniche. Alcuni di questi sono stati successivamente depredati: per esempio ad Abydos dove si dice vi fosse un seggio episcopale alla fine del XI sec, fu saccheggiato e perciò disparve. Si ricorda il Monastero e il villaggio dell’Alto Egitto di Mari Girgis,  a sud del bacino d’Akmim, che fu meta di pellegrinaggi fino al 1987. Fu inoltre ritrovata e descritta, una grotta nelle montagna di Athribis con alcune iscrizioni e disegni monastici e nella stessa regione, i resti di un convento   e tombe rupestri. Il sito di Abydos, che fu la sede del tempio di Seti, è stato trasformato nella sua necropoli in celle  cosi come ad Esna nelle quali si sono rilevate iscrizioni e decorazioni ; nel Tempio di Seti sembra esserci stato un luogo di preghiera per una comunità femminile. Pertanto si può dedurre che con il trascorrere dei tempi, siano avvenuti dei cambiamenti storici, politici ma soprattutto religiosi, che hanno determinato  l’annientamento di alcune strutture e la conseguente  radicale  trasformazione dei concetti religiosi come l’ avvento dell’Islam al quale si deve la maggior parte della distruzione dei siti monastici, eremitici e cimiteriali cristiani.