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Compte rendu par Enrico Giovanelli, Università degli Studi di Milano Nombre de mots : 1724 mots Publié en ligne le 2016-10-31 Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700). Lien: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=2786 Lien pour commander ce livre
Il volume curato da F. Gilotta e G. Tagliamonte raccoglie gli interventi presentati in occasione del convegno svoltosi nel novembre 2013 a S. Maria di Capua Vetere. Come già enunciato dagli editori nella presentazione non tutte le relazioni della giornata sono state pubblicate. Sempre nella presentazione si preannunciano brevemente i contenuti dei singoli contributi e i criteri scelti per l’ordine di esposizione dei vari compartimenti culturali considerati. Gli atti di questo convegno si inseriscono nel filone degli studi sulle popolazioni preromane dell’Italia centromeridionale, che negli ultimi anni ha vissuto una fase di grosso arricchimento dei dati disponibili per la comunità scientifica. Entrando ora nel dettaglio, dopo la presentazione dei curatori, il volume si apre con il “saluto” del presidente dell’Istituto di Studi Etruschi e Italici G. Camporeale che ricorda i recenti sviluppi in questo ambito di studi. Gli atti seguono una strutturazione semplice e chiara: la prima parte è dedicata agli interventi relativi all’analisi dei dati delle necropoli dei diversi ambiti regionali considerati, la seconda alla presentazione di complessi o classi di materiali particolari.
Il contributo di L. Fedeli è una sintesi preliminare sul recente rinvenimento di due circoli tombali nella località di Sodo a Cortona, i cui materiali confermano il ruolo di crocevia settentrionale della città tra Etruria costiera e versanti interno e adriatico della penisola.
N. Lucentini presenta invece alcuni degli eminenti corredi della necropoli di Montedinove (Ascoli Piceno). I dati presentati confermano, in parte, quanto già noto dalla letteratura per il comprensorio Piceno meridionale, d’altra parte, permettono di rivalutare alcuni elementi dei corredi (quali ad esempio le punte di lancia in tombe sicuramente femminili) in una diversa prospettiva ideologica, e di riconsiderare il valore simbolico di questi oggetti. Conclude il contributo l’appendice a firma di M. Cameli, A. Coen e ancora N. Lucentini dove si presenta in dettaglio il corredo della tomba 13.
Il terzo contributo di J. Weidig presenta i nuovi risultati dalle indagini alla necropoli di Piazza d’Armi di Spoleto. Tale contesto, già parzialmente presentato in altre sedi, sembra ormai decisivo per comprendere il tipo di contatti culturali e commerciali tra un versante e l’altro della penisola, con la probabile costituzione di una comunità aperta anche ad elementi esterni. Questa comunità sembrerebbe riservare un trattamento funebre ai rampolli dell’aristocrazia locale pari a quello degli adulti, riconoscendone probabilmente una loro piena dignità e riconoscibilità, se non altro di lignaggio.
E. Benelli si concentra sulla Sabina Tiberina, altro areale che ha visto un notevole incremento dei dati a disposizione. In particolare, le nuove acquisizioni sembrerebbero chiarire il cambiamento di flussi di materiali, dal tardo arcaismo in poi, tra la parte settentrionale e meridionale del territorio rispetto alla fase più antica dove i flussi erano più strettamente legati all’asse del Tevere. Questo cambiamento potrebbe essere debitore dell’intervento dell’azione di Roma in epoca altorepubblicana.
A. Martellone illustra la necropoli Cinturelli di Caporciano (L’Aquila) che si sviluppa nell’arco di tre fasi che vanno dall’Orientalizzante Recente alla fine dell’età classica circa. Si tratta di una necropoli di pianura caratterizzata dal lungo uso nel tempo e conferma le differenze rispetto a quanto noto per gli insediamenti d’altura delle popolazioni vestine. Rispetto alla fase orientalizzante delle ricche tombe dell’aristocrazia guerriera, nell’arcaismo si assiste ad una forte standardizzazione dei corredi, pur permanendo la vocazione bellica degli adulti maschi, forse in connessione alla pratica “professionale” della guerra. Il progressivo decadimento del centro di Caporciano e di altri limitrofi sarebbe imputabile proprio allo sviluppo di Peltuinum in questo particolare momento cronologico.
A. Faustoferri e P. Riccitelli traggono un bilancio ad ampio respiro sulle necropoli della valle del Sangro alla luce degli ultimi dati editi, ribadendo il fortissimo legame dello sviluppo del territorio proprio alla viabilità antica tra versante adriatico e tirrenico. Proprio l’analisi dello stretto rapporto vie di comunicazione-necropoli del territorio, marcate dalla presenza dei grandi tumuli di un ceto aristocratico e guerriero, conferma e ulteriormente definisce nel dettaglio il controllo esercitato dalle popolazioni sannitiche sull’area in questione, delineando in alcuni casi il rapporto parentelare e di discendenza tra i membri delle singole comunità. A seguire sono presenti tre appendici tecniche sui rinvenimenti metallici della necropoli di Barrea (M.I. Berigè e R. Bernadet per restauri, F. Milazzo per le analisi radiografiche e C. Ricucci, G.M. Ingo, E.I. Parisi e F. Faraldi per le analisi microchimiche e microstrutturali).
G. Tagliamonte riconsidera i materiali orientalizzanti e arcaici conservati al Museo Civico “R. Marrocco” di Piedimonte Matese. Dopo un resoconto sulla storia dei materiali e dei personaggi coinvolti in queste vicende, l’autore si concentra prevalentemente su quelli provenienti dall’area del Monte Cila, purtroppo adespoti. Tale lotto tuttavia risulta comunque importante per chiarire come quest’area fosse probabilmente caratterizzata almeno dalla presenza di una necropoli di un certo rilievo denotante una comunità ricca e aperta ai contatti con i centri etrusco-campani della pianura verso il versante tirrenico nelle fasi cronologiche considerate.
A. Coen presenta una breve ma accurata e aggiornata sintesi sulla presenza delle ceramiche figuline etrusche o di derivazione etrusca nelle Marche a partire dall’Orientalizzante Medio, rilevando come potessero esservi produzioni locali avviate da maestranze itineranti, confermando quanto proposto del resto per gli impasti da G. Camporeale.
Similmente a quanto fatto da Tagliamonte, anche M. Micozzi riporta all’attenzione un lotto di materiali di Montelparo. Dopo aver delineato in maniera dettagliata la storia della scoperte del sito e dei suoi protagonisti, la studiosa si concentra sui materiali metallici a partire da un particolare elmo di tipo Negau. Anche in questo caso, pur nella frammentarietà dei dati, si può ipotizzare che presso il sito fosse presente una necropoli importante che si allineerebbe a quanto noto per altri siti del Piceno meridionale per quanto riguarda la composizione e l’associazione sistematica dei corredi in età tardoarcaica.
A. Naso e G. Tomedi brevemente presentano una particolare spada rinvenuta in Baviera nel sito di Kinding-Ibling con resti di immanicatura in avorio elefantino, accostabile a cinque esemplari dell’Italia centrale adriatica. Pur nell’unicità dell’esemplare e dei ridotti confronti del tipo, anche questo rinvenimento conferma gli stretti rapporti tra le aristocrazie della penisola e quelle d’oltralpe centroeuropee già ampiamenti noti e documentati. Proprio un bene raro come l’avorio potrebbe essere stato mediato dalla penisola italiana verso l’Europa centrale nell’ambito del consueto scambio di doni tra aristocratici.
V. D’Ercole analizza le spade di tipo Capestrano dal punto di vista delle attestazioni e della distribuzione. Il contributo è innovativo e assai interessante per le considerazioni sull’evoluzione morfologico-tipologica che viene ragionevolmente ancorata ai cambiamenti e alle esigenze dello scontro e della tattica militare. Tali scelte ovviamente sono dettate anche da fattori ambientali (quali la morfologia del terreno ripido e scosceso tipica della catena appenninica, senza grandi spazi aperti) ed economiche, fra cui proprio l’impresa bellica rientra, intesa sia come mercenariato, sia come brevi incursioni per fare bottino a danno di altre comunità.
Infine F. Gilotta presenta una brevissima nota su una fascia argentea da Cales, databile ancora alla fase iniziale dell’Orientalizzante Recente, negli ultimi decenni del VII sec. a.C., e valutata come possibile elemento di decorazione del capo di una principessa. Sulla scorta di quanto evidenziato anche da P.G. Guzzo, si conferma che l’artigianato campano (verosimilmente capuano nel presente caso) in questa fase fosse pienamente ricettivo delle suggestioni dell’Etruria propria tirrenica e allo stesso tempo capace di originali commistioni attingendo agli stimoli provenienti dal versante opposto della penisola.
Sostanzialmente gli atti di questo convegno costituiscono un notevole contributo al filone degli studi sulle popolazioni italiche, proprio nella fase cronologica dove meglio forse si individuano le peculiarità delle singole comunità dell’Italia centromeridionale e allo stesso tempo i tratti comuni o trasversali. Proprio la fase tra Orientalizzante e Arcaismo sembrerebbe il momento in cui, pur con le varie specificità di ogni comparto culturale, queste genti prenderebbero una piena coscienza di sé e di identità etnica ben definibile. Inoltre questi contributi portano all’attenzione nuovi dati o materiali che non erano stati finora debitamente considerati, pur nella loro frammentarietà e insufficienza di informazioni contestuali. Se è vero che buona parte delle comunicazioni è preliminare tuttavia esse costituiscono già un notevole punto di partenza, se non altro per l’aggiornamento del dibattito scientifico e tracciano la direzione in cui andare nell’ulteriore sviluppo delle ricerche. L’obiettivo perciò dichiarato nelle premesse iniziali dai curatori può a mio avviso considerarsi raggiunto in maniera sufficientemente esaustiva. L’edizione sistematica dei contesti presentati in questa sede (ma anche in altre) ovviamente deve essere il necessario passo successivo. D’altra parte quanto potrebbero essere dirompenti questi dati, se debitamente pubblicati e confrontati, è stato dimostrato proprio dai lavori di alcuni dei relatori del convegno: la recente edizione di alcune necropoli (ad esempio quella di Bazzano presso L’Aquila da parte di J. Weidig o quella del Migliaro a Cales da parte di F. Gilotta) segnano decisamente un passo fondamentale nel progresso degli studi.
Relativamente agli aspetti editoriali, il volume è corredato da un discreto apparato di 36 tavole in bianco e nero in coda al testo. La qualità delle singole immagini e disegni è buona. I refusi testuali sono praticamente assenti, fattore oggi non di poco conto e non così scontato. Il prezzo di copertina non è sicuramente basso ma a fronte della qualità redazionale, dell’apparato grafico, del materiale impiegato rappresenta ancora una cifra accettabile per quello che è il mercato attuale dell’editoria archeologica, sia italiana sia straniera, che presenta sovente picchi di costi ben più ingenti.
INDICE
F. Gilotta, G. Tagliamonte, Presentazione , p. IX G. Camporeale, Saluto, p. XIII
L. Fedeli, I circoli tombali del Sodo a Cortona, p. 1 N. Lucentini, Status e ruoli femminili nei corredi del Piceno meridionale, p. 9 (Appendice di N. Lucentini, A. Coen, M. Cameli), p. 20 J. Weidig, Studi sulla necropoli orientalizzante di Spoleto, Piazza d'Armi. Una visione preliminare, p. 47 E. Benelli, Le necropoli della Sabina tiberina: note archeologiche, p. 79 A. Martellone, La necropoli di Centurelli a Caporciano (L'Aquila), p. 89 A. Faustoferri, P. Riccitelli, La necropoli della Valle del Sangro, p. 117 (con Appendice I di M. I. Pierigè, R. Bernadet; Appendice II di F. Milazzo; Appendice III di C. Riccucci, G. M. Ingo, E. I. Parisi, F. Faraldi), p. 147 G. Tagliamonte, Materiali orientalizzanti e arcaici di provenienza locale nel Museo Civico "Raffaele Marrocco" di Piedimonte Matese (Caserta), p. 163 A. Coen, Ceramiche etrusche e di tipo etrusco nelle Marche, p. 189 M. Micozzi, Montelparo. Storia della ricerca e disiecta membra, p. 207 A. Naso, G. Tomedi, Spade corte tra Piceno ed Europa centrale, p. 235 V. D'Ercole, Le spade tipo Capestrano: tipologia, distribuzione, cronologia, funzione e significato, p. 245 F. Gilotta, Ancora sulla fascia in argento da Cales, p. 269
Abstracts, p. 275 Fonti delle illustrazioni, p. 279
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Éditeurs : Lorenz E. Baumer, Université de Genève ; Jan Blanc, Université de Genève ; Christian Heck, Université Lille III ; François Queyrel, École pratique des Hautes Études, Paris |