Waldner, Katharina (hrsg.) - Gordon, Richard (hrsg.) - Spickermann, Wolfgang (hrsg.): Burial Rituals, Ideas of Afterlife, and the Individual in the Hellenistic World and the Roman Empire, (Potsdamer Altertumswissenschaftliche Beiträge, 57), 264 p., 4 b/w ill, 21 b/w photos, ISBN : 978-3-515-11546-9, 52 €
(Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2016)
 
Compte rendu par Edwige Lovergne, Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne
 
Nombre de mots : 1692 mots
Publié en ligne le 2018-09-21
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Questo libro raccoglie i contributi di un incontro tenutosi a Erfurt nel settembre del 2012, nell’ambito di due progetti di ricerca condotti al Max Weber Center incentrati sul ruolo dell’individuo nelle religioni antiche: “Religious individualisation in historical perspective”[1] and “Lived Ancient Religion”[2]. Come anticipato nell’introduzione (pp. 7-14), la finalità del volume è di analizzare le relazioni che intercorrono tra l’individuo e la morte, tema affrontato cercando di scostarsi dalla visione dei precedenti concetti di “polis religion”, e concentrando lo studio sugli aspetti dell’individualizzazione delle credenze e delle pratiche religiose nel Mediterraneo antico. Attraverso gli undici articoli, presentati in ordine cronologico, dall’epoca arcaica fino all’epoca romana, gli editori hanno scelto tre filoni conduttori: la poetica dell’aldilà, la costruzione dell’individuo e l’interazione tra individuo e gruppo.

 

         La prima parte affronta la concezione dell’aldilà attraverso l’analisi delle fonti, siano esse letterarie o epigrafiche, come mezzo per esprimere l’atteggiamento nei confronti della morte. Krešimir Matijević, in “The Evolution of the Afterlife in Archaic Greece” (pp. 15-29), analizza le persistenze ed i mutamenti delle credenze escatologiche in epoca arcaica, confrontandole alla sorte dei defunti nella tradizione omerica. L’autore cerca di mediare tra le opposte concezioni di una precoce individualizzazione della morte, che si percepisce in particolare nell’Odissea, ed un atteggiamento più tradizionale del destino post-mortem. Se entrambi i comportamenti coesistono, senza che si possa individuare un’evoluzione lineare, tuttavia, nel primo periodo arcaico l’accento sul destino individuale della morte potrebbe relazionarsi con l’emergenza del “culto dell’eroe”. Nel contributo “The Construction of an Individual Eschatology: The Case of the Orphic Gold Leaves” (pp. 31-51), Jan N. Bremmer esamina le lamine d’oro orfiche, delle istruzioni necessarie al fine di preparare gli iniziati nell’ultima fase del loro percorso nell’aldilà, redatte tra la fine dell’epoca classica e l’epoca ellenistica. Prendendo in esame tre passaggi che l’iniziato orfico doveva affrontare dopo il suo decesso - il momento della morte, il confronto con Persefone e la destinazione finale -, l’autore rileva come i defunti mantenessero una loro propria individualità escatologica. Questa dottrina alternativa è frutto di un bricolage, tra l’unione di differenti elementi di antica tradizione, in particolare egiziana, per la geografia dell’Ade, greca, con formule ispirate ai Misteri Eleusini, ed infine indoeuropea, per il simbolismo dei sacri prati, fuse a nuove derivazioni dal mondo sud-italico. Lo studio di Matylda Obryk, "Prote im Land der Negationen: Per negationem definiertes Nachlebenin einer griechischen Grabinschrift" (pp. 53-66), si concentra su alcuni epigrammi composti tra il I e il III secolo d.C. Attraverso la descrizione per negationem dell’aldilà, queste brevi composizioni mostrano una forte individualizzazione nel far fronte alla morte, di cui l’epigramma di Prote dà la prova. Infine Wolfgang Spickermann, “Tod und Jenseits bei Lukian von Samosata und Tatian” (pp. 67-81), propone una sintesi sui temi escatologici e le pratiche funerarie presenti nelle opere di Luciano di Samosata, scrittore satirico del II secolo d.C., evidenziando i paralleli con gli apologisti cristiani contemporanei, tra cui Taziano il Siro.

 

         La seconda parte del volume è dedicata alla costruzione dell’individuo nel periodo romano. Il primo contributo di Constanze Höpken, “Gefangene zwischen Diesseits und Jenseits: Außergewöhnliche Bestattungen im römischen Gräberfeld um St. Gereon in Köln” (pp. 83-108), l’unico puramente archeologico, focalizza l'attenzione su una serie sepolture anomale rinvenute nella necropoli romana di St. Gereon a Colonia, in uso tra il I e il IV secolo d.C.  Questo insieme di tombe si distingue rispetto ad altri centri per la varietà di sepolture in cui sono deposti giovani individui - soldati, donne o immaturi -, alcuni dei quali in posizione prona. La scomparsa prematura dei defunti o la loro morte violenta sarebbe all’origine di trattamenti speciali, secondo l’idea diffusa che per mezzo di pratiche necrofobiche si possa evitare che tali entità, rimaste in uno spazio liminare fra l’aldilà ed il mondo terreno, tornino a tormentare i vivi. Veit Rosenberger, prematuramente scomparso e al quale il volume è dedicato, nel suo contributo “Coping with Death: Private Deification in the Roman Empire” (pp. 109-123), si occupa della “deificazione” privata[3] documentata in numerose iscrizioni latine e nell’iconografia funeraria dei I-II secoli d.C. Questa commemorazione, in cui i defunti sono assimilati alle divinità, e diffusa prevalentemente tra le donne e gli affrancati, potrebbe essere correlata all’apoteosi imperiale o all’enfatizzazione dello statuto dei liberti attraverso i loro monumenti funebri. Sebbene sia difficile determinare con certezza le dinamiche di come questo fenomeno sia sorto, e poi scomparso, secondo l’autore non è altro che un’intensificazione delle convenzionali pratiche e dei rituali nei confronti della morte. Gli ultimi due contributi sono incentrati sull’Egitto. Valentino Gasparini, “I will not be thirsty. My lips will not be dry”: Individual Strategies of Re-constructing the Afterlife in the Isiac Cults” (pp. 125-150), attraverso lo studio di sei epitaffi di epoca romana collegati al culto Isiaco, si sofferma sull’appropriazione selettiva, come conseguenza della scelta individuale, di credenze escatologiche di tradizione egiziana: se alcune di esse ne evidenziano una buona conoscenza, altre appaiono più come la loro combinazione con concetti più tradizionalmente greco-romani. Sulla stessa scia, Martin Andreas Stadler, "Dioskourides, Tanaweruow, Titus Flavius ​​et al. Or: How Appealing was an Egyptian Afterlife?” (pp. 151-166), dimostra come le diverse elaborazioni della concezione dell’Aldilà documentate in epoca tolemaica e romana, di cui l’autore propone alcuni casi di studio, fossero già presenti nella tradizione egiziana prima dell’epoca ellenistica; una vita nell’oltretomba tutt’altro che positiva rispetto alla visione idealizzata, ben più complessa e multiforme, che solitamente viene trasmessa del destino post-mortem nell’escatologia egiziana.

 

         L’ultima sezione analizza le esperienze di vari gruppi religiosi durante il periodo romano. Claudia B. Bergmann, “Identity on the Menu: Imaginary Meals and Ideas of the World to Come in Jewish Apocalyptic Writings” (pp. 167-188), esamina tre pasti immaginari serviti ai giusti nel mondo a venire (carne di Leviatano e Behemoth, i frutti dell’albero della vita e la manna) tramandati nei testi apocalittici giudaici. L’autrice mostra come in un periodo in cui l’identità ebraica viene destabilizzata dalla distruzione del Secondo Tempio, l’immagine di pratiche commensali condivise secondo il rispetto delle norme della comunità rafforzi l’appartenenza dell’individuo ad un gruppo idealizzato di fedeli; il nutrire il corpo dopo la morte inoltre permetteva di trasmettere la visione di una materialità corporea perpetua. L’identità di gruppo, nei primi cristiani, è anche al centro dell’articolo di Andreas Merkt, “A Place for My Body”: Aspects of Individualisation in Early Christian Funerary Culture and Eschatological Thought” (pp.189-206). Analizzando l’epitaffio di Abercio (II sec. d.C.), l’autore si sofferma sulla responsabilità individuale del singolo credente nella costruzione dell’identità collettiva della comunità cristiana, ora la sua nuova famiglia. Infine, Richard Gordon, „Den Jungstier auf den goldenen Schultern tragen“: Mythos, Ritual und Jenseitsvorstellungen im Mithraskult (pp. 209-243), si sofferma sull’apparente mancanza di aspettativa dopo la morte nel mitraismo in epoca imperiale. Se poche sono le informazioni riguardo al destino post-mortem dell’individuo, attraverso l’analisi iconografica delle pratiche di culto, respinge l’ipotesi diffusa - in particolare in alcune interpretazioni neoplatoniche -, che vede nel mitraismo un insieme unificato delle credenze. Secondo l’autore, il culto della morte, e di conseguenza la sepoltura stessa, appartiene alla sfera famigliare, che ha suscitato modi di appropriazioni individuali.

 

         Delle illustrazioni in bianco e nero accompagnano gli articoli di C. Höpken, V. Gasperini, M. A. Stadler e R. Gordon, mentre le ultime pagine del volume sono fornite di un indice dettagliato delle fonti epigrafiche e papirologiche, seguito da un indice generale.

 

         Nell’insieme il volume tratta delle tematiche eccezionalmente varie e complesse, con alcuni studi più innovatori di altri, che offrono un quadro d’insieme delle pratiche e delle credenze escatologiche nell’Antichità, affrontate nei loro diversi aspetti. Tuttavia, una sintesi storiografica sull’argomento sarebbe stata sicuramente ben accolta. Come troppo spesso accade, vengono qui tralasciati il mondo etrusco e fenicio-punico[4], i quali avrebbero senz’altro trovato il loro giusto posto nelle numerose problematiche esposte, permettendo in tal modo una panoramica più completa sulla questione dell’individuo, in quanto attore ed interprete, nel processo dell’individualizzazione delle pratiche funerarie in tutto il Mediterraneo.

 

 

 


[1] https://www.uni-erfurt.de/en/max-weber-kolleg/projects/research-groups-ath-the-max-weber-kolleg/research-group/

[2] https://www.uni-erfurt.de/index.php?id=21031&L=1

[3] Sull’argomento si veda anche N. Laubry, “Sepulcrum, signa et tituli : quelques observations sur la consacratio in formam deorum et l’expression du statut des morts dans la Rome impériale”, in S. Agusta-Boularot, E. Rosso (ed.), Signa et tituli. Monuments et espaces de représentation en Gaule Méridionale, Paris, 2014, pp. 159-173.

[4] Argomento trattato tuttavia nell’articolo di C. Bonnet, “The Religious Life in Hellenistic Phoenicia: ‘Middle Ground’ and New Agencies”, in J. Rüpke (ed.), The Individual in the Religions of the Ancient Mediterranean, Oxford, 2013, pp. 41-57.

 

 

Inhalt

 

K. Waldner, R. Gordon,  W. Spickermann : Introduction (7-14).

 

Part 1 : From Homer to Lucian – Poetics of the Afterlife.

 

K. Matijević, The Evolution of the Afterlife in Archaic Greece (15-29).

J. N. Bremmer, The Construction of an Individual Eschatology: The Case of the Orphic Gold Leaves (31-51).

M. Obryk, Prote im Land der Negationen: Per negationem definiertes Nachleben in einer griechischen Grabinschrift (53-66).

W. Spickermann, Tod und Jenseits bei Lukian von Samosata und Tatian (67-81).

 

Part 2 : Individual Elaborations in the Roman Empire.

 

C. Höpken, Gefangene zwischen Diesseits und Jenseits: Außergewöhnliche Bestattungen im römischen Gräberfeld um St. Gereon in Köln (83-108).

V. Rosenberger (†), Coping with Death: Private Deification in the Roman Empire (109-123).

V. Gasparini, “I will not be thirsty. My lips will not be dry”: Individual Strategies of Re-constructing the Afterlife in the Isiac Cults (124-150).

M. A. Stadler, Dioskourides, Tanaweruow, Titus Flavius Demetrius et al. Or: How Appealing was an Egyptian Afterlife? (151-166).

 

Part 3 : Making a Difference: Groups and their Claims.

 

C. D. Bergmann, Identity on the Menu: Imaginary Meals and Ideas of the World to Come in Jewish Apocalyptic Writings (167-188).

A. Merkt, “A Place for My Body”: Aspects of Individualisation in Early Christian Funerary Culture and Eschatological Thought (189-206).

R. Gordon, „Den Jungstier auf den goldenen Schultern tragen“: Mythos, Ritual und Jenseitsvorstellungen im Mithraskult (207-240).

 

Index of Sources (241-251)

General Index (252-262)

Zu den Autoren (263-264)




 
N.B. : Edwige Lovergne prépare actuellement une thèse de doctorat sur "Le mobilier funéraire des nécropoles hellénistiques d'Etrurie méridionale", sous la direction de M. Olivier de Cazanove (université Paris I).