AA.VV.: Le Luxe dans l’Antiquité. Trésors de la Bibliothèque nationale de France. 352 p., 300 illustrations, ISBN: 978-94-6161-387-5, 30 €
(Snoeck, Gent 2017)
 
Compte rendu par Stefano Tortorella, Sapienza Università di Roma
 
Nombre de mots : 2846 mots
Publié en ligne le 2018-09-25
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Il sottotitolo del libro “Le luxe dans l’antiquité”, vale a dire “Trésors de la Bibliothèque nationale de France” indica chiaramente che sono le collezioni della BNF a costituire il cuore del progetto di esposizione e del relativo catalogo. Un accordo di partenariato stretto tra la BNF e il Getty Museum di Los Angeles aveva consentito il restauro in California e la ripresa dello studio dell’eccezionale tesoro di Berthouville e di alcuni piatti tardo-antichi, il cui risultato  è stato oggetto di una mostra – dal titolo di “Ancient Luxury and the Roman Silver Treasure from Berthouville” – esposta in diverse sedi negli Stati Uniti: alla Villa Getty (novembre 2014 – agosto 2015),  al Museo della Legione d’Onore a San Francisco (settembre 2015 – gennaio 2016), al Nelson Atkins Museum of Arts a Kansas City (luglio – ottobre 2016) e al Museum of Fine Arts di Houston (novembre 2016 – gennaio 2017). In Francia il Musée départemental Arles antique ha ospitato, tra il luglio 2017 e il gennaio 2018, la mostra comprendente 147 opere della BNF, di cui più di 90 pertinenti al tesoro di Berthouville. La mostra di Arles ha anche proposto ai visitatori un percorso tra le collezioni permanenti del Museo che consentisse di valorizzare varie forme di espressione del lusso legate al contesto della città di Arles; tra queste si segnalano i frammenti di pittura parietale di II Stile con megalografie provenienti da una lussuosa domus tardo-repubblicana scoperta nel 2015 nel quartiere di Trinquetaille, presso l’antica Vetreria.

 

         Quali ripercussioni provoca l’introduzione del lusso importato dall’Oriente nella mentalità e nei modi di vita dell’aristocrazia romana? Fra la metà del II e il I secolo a.C. il dominio di Roma progressivamente si estende a tutto il bacino del Mediterraneo. Ben presto l’enorme afflusso di ricchezza trasforma la lotta politica, le condizioni generali di vita di tutti i cittadini, modifica radicalmente le forme dell’economia e trasforma profondamente le attitudini dei gruppi dominanti, nelle cui mani è la committenza. Al seguito dei vincitori giungono a Roma intellettuali, architetti e scultori greci, artigiani con un ricchissimo bagaglio di esperienze tecniche ed artistiche derivanti dalla tradizione ellenistica. I trionfi celebrati sui regni ellenistici e sulle leghe greche per tutta la prima metà del II secolo a.C. recano a Roma un’impressionante serie di opere d’arte di età classica ed ellenistica, o anche semplicemente oggetti di pregio, di metallo prezioso o stoffe pur esse preziose, di cui viene fatto sfoggio, prima nelle sfilate trionfali, poi nelle case patrizie: probabilmente era sfilato nel corteo trionfale di Pompeo nel 61 a.C. l’elegante cratere biansato del Museo dei Conservatori recante sull’orlo un’iscrizione dedicatoria in greco che spiega come il vaso fosse un dono di Mitridate Eupatore re del Ponto (120-63 a.C.) al collegio degli Eupatoristi. Tutta questa esibizione, insieme ad altre e più profonde cause della trasformazione in atto, finisce con il suggerire a tutti i Romani un vero e proprio modello culturale. I trionfatori competono tra loro in magnificenza, edificando, con i fondi dei bottini di guerra a loro riservati, edifici sontuosi, inusitati in una Roma che ancora non aveva conosciuto la profusione di marmi e l'eleganza degli apparati decorativi di tradizione greco-ellenistica. Da qui la luxuria, il lusso, fattore determinante per lo sviluppo dell’arte tardo-repubblicana, ma anche temuto strumento di corruzione generale di costumi. L'atteggiamento degli arricchiti di fronte al lusso determina un'ulteriore categoria nell'approccio ai beni di lusso: quello della superficialità, della frivolezza, dell'esibizionismo gratuito, dando vita a un consumo fatto per stupire che conduce il lusso verso forme di stravaganza ed esagerazione (si pensi alla figura di Trimalcione nel Satyricon di Petronio). Il lusso investe gli spazi pubblici, gli edifici sacri e utilitari; si moltiplicano i templi e i portici che sono caratterizzati dagli ampi spazi per il passeggio e dalle sontuose decorazioni statuarie frutto dei bottini di guerra, ispirate a quelle dei grandi santuari dell’Oriente ellenistico. Gradualmente l’imitazione di questo lusso invade le case dell’aristocrazia romana, decorate con stucchi e pitture en trompe-l’oeil. Alla fine dell'età repubblicana i maggiorenti sono in gara per realizzare gli horti, parchi principeschi in cui padiglioni, ninfei, fontane e piante creano percorsi suggestivi, qualcosa di simile a ville rinascimentali, diventando il teatro per l’ostentazione di lussi di ogni sorta. In più dobbiamo considerare che le conquiste dei Romani in tutte le aree del mondo conosciuto hanno arrecato una ricchezza considerevole anche sotto forma di metalli preziosi e di altre materie prime che erano trasformate in quegli oggetti che erano prediletti e diffusi. Eccoci al lusso degli oggetti, cui è dedicato il libro.  

 

         Nel primo capitolo Kenneth Lapatin dedica largo spazio al lusso degli oggetti nel mondo romano: gli argenti, ma anche l'oro (monete e vasellame), i vari tipi di gioielli e di pietre preziose, le perle (le margaritae), gli intagli, i cammei, i vasi in pietre dure e in cristallo di rocca. Opportunamente Lapatin osserva che singoli oggetti preziosi potevano, nel corso della loro vita, rispondere a funzioni diverse: dall’ambiente domestico, al santuario, alla tomba. Per quanto concerne in particolare gli argenti, alcune famiglie possedevano servizi pregiati, magari tramandati di generazione in generazione, in uso presso le ricche tavole, ma ricordo anche che esistevano anche vasi in argento esibiti e valorizzati in mobili espositori che il proprietario mostrava con orgoglio ai suoi ospiti, illustrandone a voce i pregi come fa Trimalcione nella sua Coena (Sat. 52). Un’idea di questi mobili espositori è offerta dal dipinto di una nicchia della tomba pompeiana di Vestorio Prisco, datata a poco dopo il 70 d.C.

 

         Ai materiali elencati da Lapatin altri ne aggiungerei, come l'ossidiana (vetro vulcanico) di cui Plinio vanta il grande valore. A sottolinearne la preziosità basta ricordare il servizio da mensa proveniente dalla villa San Marco di Stabia formato da due coppe decorate con figure egittizzanti e da una coppa con tralci; mirabili esempi della tecnica egiziana, questi vasi lavorati al tornio si distinguono per la decorazione ottenuta con incrostazioni di oro e di materiali preziosi (corallo, malachite, lapislazzuli). Anche il vetro poteva essere usato per eseguire pregiate decorazioni: raffinati pannelli di vetro policromo a imitazione dei marmi pregiati decoravano il telaio del letto della villa di campagna dell'imperatore Lucio Vero sulla via Cassia nel suburbio di Roma. Nelle dimore romane erano molto apprezzati i vasi in vetro, belli, leggeri, impermeabili, che, a differenza del bronzo, non lasciavano odori nei cibi. L'avvento della tecnica della soffiatura, libera o combinata con l'uso di stampi, rivoluzionò l'industria vetraria e permise lo sviluppo di una produzione di massa straordinaria per quantità e varietà di forme, in primo luogo vascolari. In origine prodotto di élite, il vetro entra nella vita quotidiana di tutti i ceti per le esigenze della mensa e della dispensa, accanto al vasellame ceramico e metallico di cui spesso imita le forme. In questo caso non si cerca di contraffare la materia preziosa, ma di riprodurre nella maniera meno costosa e più adatta allo scopo la forma, il gusto e l’aspetto estetico del prodotto di lusso.

 

         E' opportuno anche rilevare che le fonti, dalla età repubblicana alla tarda antichità, menzionano le critiche di vari autori contro il lusso che si cerca di arginare con provvedimenti appropriati. Le leggi suntuarie e più largamente le misure prese per combattere il lusso sono attestate per un lungo periodo della storia romana e appaiono come un mezzo ricorrente di lotta contro una luxuria giudicata eccessiva, un mezzo rispondente ad un obiettivo tenace di ripristino dei costumi tradizionali. Non a caso nel solo II secolo a.C. sono votate leggi approssimativamente ogni vent’anni; con il passare del tempo tali provvedimenti normativi, già trascurati e per molti versi disattesi, si riducono drasticamente.

 

         A Mathilde Avisseau-Broustet e a Cécile Colonna si deve il resoconto della scoperta fortuita del tesoro di Berthouville avvenuta nell’Alta Normandia nel 1830, seguita dalla sua acquisizione da parte del Cabinet des Médailles e da una serie di campagne di scavo e prospezioni nel 1861, 1896 e 2005, che hanno permesso una conoscenza più approfondita del santuario di Mercurio, di quel Mercurius Canetonnensis il cui nome figura sulle iscrizioni di alcuni vasi del tesoro che fu rinvenuto in una cavità all’interno del peribolos orientale del santuario (v. p. 39, fig. 5). Dopo una prima analisi dei preziosi materiali di Berthouville da parte di A. Chabouillet nel suo Catalogue général et raisonné des camées et pierres gravés  de la Bibliothèque Nationale (1858),  fu P. Babelon a pubblicare il tesoro nel 1916 con l’opera Le Trésor d’argenterie de Berthouville, près Bernay (Eure)  conservé au département des Médailles  et antiques de la Bibliothèque Nationale. Il tesoro è stato depositato alla fine del II inizi del III secolo d.C., ma costituisce un insieme ricco, complesso e non omogeneo comprendendo oggetti di diversa qualità, stile e cronologia, alcuni frutto di importazione, altri di produzione locale. Un primo gruppo è costituito da vasi da banchetto prodotti a sbalzo, verosimilmente in Italia, nel I secolo d.C., forse in epoca giulio-claudia; furono portati in Gallia dal loro proprietario, Q. Domitius Tutus, che poi li dedicò al dio Mercurio. Si tratta di nove vasi per un totale di oltre 8,7 kg di eccezionale qualità che richiamano le argenterie venute alla luce a Pompei e nei centri vesuviani: una coppia di oinochoai  (catalogo n. 59) decorata da scene della guerra di Troia; una coppia di skyphoi (catalogo n. 60) raffigurante ciascuna un centauro e una centauressa; una coppia di canthari (catalogo n. 61) con maschere bacchiche; un bicchiere (catalogo n. 62) rievocante i Giochi Istmici; una phiale adornata da Omphale. Tra i vasi del tesoro non appartenenti allo stesso insieme figura una coppia di canthari (catalogo n. 64) di età augustea, caratterizzati da una decorazione che rimanda ai poeti e alle Muse e da un’iconografia colma di erudizione. Un secondo gruppo è costituito da vasi realizzati, probabilmente nello stesso atelier, per essere dedicati a Mercurio: una serie di phialai (catalogo nn. 69-73) decorate al centro da un medaglione con diverse immagini del dio, seduto o in piedi, oppure dai busti di Mercurio e della madre Maia o, secondo un’altra interpretazione, della paredra gallica Rosmerta. Un’altra phiale di forma analoga (catalogo n. 85), dedicata a Mercurio da Marcus Latinius Astius, raffigura invece un amorino con cetra e maschera tragica. Il tesoro ha restituito anche due statuette di Mercurio in argento di età severiana (catalogo nn. 66-67), soprattutto la prima in eccellente stato di conservazione.

 

         Monique Dondin-Payre analizza le diverse tecniche di scrittura in uso sugli oggetti del tesoro di Berthouville: 34 pezzi recano un’iscrizione, di cui 26 una dedica alla divinità secondo formulari stereotipati, principalmente Mercurio, con diversi appellativi (Mercurius augustus, deus Mercurius, Mercurius Kanetonnensis), ma anche Apollo e Venere (catalogo, n. 81). Per quanto riguarda i dedicanti, dodici sono in possesso della cittadinanza romana, nove sono peregrini cittadini liberi ma privi della cittadinanza prima del 212 d.C., tutti o quasi di origine celtica.

 

         A Isabelle Fauduet si deve un approfondimento a proposito del contesto in cui si situa il tesoro e il santuario di Berthouville, vale a dire la Gallia tra I e III secolo d.C. con le sue architetture e santuari, i culti e le divinità; si riconoscono due fasi del santuario di Berthouville, ma si ipotizza anche l’esistenza di una fase anteriore alla costruzione del primo tempio.

 

         Le analisi scientifiche e le operazioni di restauro del tesoro di Berthouville e di quattro missoria tardo-antichi sono illustrate da Eduardo Sánchez e da Susan Lansing Maish; esse hanno permesso di comprendere modalità e tecniche nella realizzazione degli argenti, nelle riparazioni o restauri antichi, con un particolare accento posto sulla tecnica di doratura. Le analisi hanno messo in luce numerosi dettagli di fabbricazione della più grande delle due statuette di Mercurio, realizzata mediante l’assemblaggio e la saldatura di parti prodotte separatamente, e l’originaria presenza di una doratura sull’abbigliamento di Mercurio nell’altra statuetta. Radiografie dello skyphos con il centauro hanno rivelato iscrizioni nascoste sulle pareti interne con indicazioni ponderali. Altri interventi hanno permesso di determinare, ad esempio, che il grande piatto tardo-antico con il leone (o "scudo di Annibale") era stato in origine interamente dorato, o che il piatto di Achille, noto come “scudo di Scipione”, aveva subito nel corso del XVII secolo restauri grazie a tecniche ancor oggi riconoscibili.

 

         All’ultimo capitolo di Mathilde Avisseau-Broustet e Cécile Colonna si deve la ricostruzione della storia del Cabinet des Médailles e delle sue collezioni archeologiche, che ebbero inizio a partire dal re Carlo V, morto nel 1380. Nel 1661 Luigi XIV ricevette un lascito dallo zio Gaston d’Orléans comprendente la collezione di cammei del Duca di Buckingham già appartenuti al celebre pittore Pieter Paul Rubens. Al fine di arricchire la collezione nel corso dei secoli si avvicendarono conservatori, antiquari, dotti e non mancarono donazioni come quella del conte di Caylus che aveva pubblicato le antichità di sua proprietà nei volumi del suo Recueil d’Antiquités égyptiennes, étrusques, grecques, romaines et gauloises. Attraverso la storia delle eccezionali collezioni del Cabinet si ripercorre la storia della Francia. Nel 1791 furono depositati nel Cabinet, divenuto con la Rivoluzione “Musée des Antiques”, il tesoro dell’abbazia reale di Saint-Denis con la celebre coppa dei Tolomei (pp. 23-24, fig. 4) e quello della Sainte-Chapelle con il Gran Cammeo di Francia (p. 111, fig. 2).

        

         Il catalogo è suddiviso secondo varie tematiche: “il lusso antico nel Cabinet de Roi” è rappresentato dal cammeo di Chartres (catalogo, n. 1). All’interno della sezione “oro, ricchezza e potere” (catalogo, nn. 2-22) sono compresi il tesoro di Rennes – spicca la splendida coppa aurea – , quello di Naix, due lingotti d’oro e una serie di aurei con ritratti imperiali maschili e femminili. La parte del catalogo dedicata a “portare il lusso” (catalogo, nn. 23-41) include braccialetti, anelli, collane, cammei, intagli, vetri cammeo a due o più strati sovrapposti di colore blu e bianco; il loro notevole costo li rendeva adatti ad una committenza di ceto elevato che traeva godimento da questi vetri di lusso ispirati al repertorio ellenistico di matrice dionisiaca. Nel “fasto della casa” (catalogo, nn. 42-47) figurano varie statuette in bronzo, compresa una vacca riutilizzata come elemento di una fontana. Tra le sue opere d’arte, il Cabinet des Médailles annovera un frammento di cornice mosaicata del celebre mosaico con colombe da Villa Adriana (catalogo n. 48), diversi tipi di arredi marmorei (catalogo, nn. 49-51), come gambe di tavoli configurate a pantera, base di candelabro e un rilievo dionisiaco. Nella sezione dedicata ai "vasi pregiati da banchetto" (catalogo, nn. 52-58) figurano due splendidi vasi in agata, un frammento di vaso in cristallo di rocca, alcuni missoria tardo-antichi: lo "scudo di Scipione" o piatto di Achille, lo "scudo di Annibale” o piatto con il leone, il piatto con Eracle e il leone Nemeo, il piatto di Geilamir re dei Vandali, e infine il piatto di Venere ed Adone, gli ultimi due facenti parte del "tesoro di Feltre" in Veneto. L'ultima parte del catalogo (nn. 59-109) è riservata agli argenti del tesoro di Berthouville.

 

         In conclusione, si tratta di un'opera importante in grado di fornire un rilevante contributo alla comprensione del significato del lusso nella cultura figurativa romana, un'opera destinata agli specialisti ma anche ad un pubblico più ampio, quali i visitatori della mostra. Il volume si fa apprezzare per la sua alta qualità, ciò che contrasta, favorevolmente, con il suo prezzo certamente contenuto. Le numerosissime eccellenti foto, in bianco e nero e a colori, permettono di apprezzare l'eccezionalità dei reperti in mostra, i dettagli delle decorazioni, delle iscrizioni e delle tecniche in uso. Il testo e le singole schede di catalogo sono corredati da un'adeguata bibliografia: si segnala solo l’assenza nella bibliografia finale di Cambon 2007 indicato a p. 54, nota 61. Certamente le opere del Cabinet des Médailles trattate nel volume qui recensito sono numerose; dispiace tuttavia che non abbiano trovato alcun posto nel catalogo i materiali rappresentativi del lusso dell’antica Arelate, pure esibiti in mostra come sopra ricordato, in particolare le pitture da contesto urbano.

 

 

SOMMAIRE

 

INTRODUCTION                 

M. Avisseau-Broustet, C. Colonna p. 12

 

ÉTUDES

K. Lapatin, Le luxe romaine de la maison à la tombe et au sanctuaire p. 16

M. Avisseau-Broustet, C. Colonna, Le trésor de Berthouville, une découverte «inattendue autant que merveilleuse» p. 28

M. Dondin-Payre Qu'apporte l'épigraphie à la connaissance du sanctuaire de Berthouville ? p. 56

I. Fauduet, Le sanctuaire de Berthouville et son trésor dans le contexte de la Gaule romaine p. 74

E. Sanchez, S. Lansing Maish, La restauration de l'argenterie romaine p. 88

L. Lee, P. Degryse, M. Walton, Les analyses des matériaux p. 104

M. Avisseau-Broustet, C. Colonna, Le Cabinet des médailles: histoire et collections archéologiques, p. 108

 

CATALOGUE DES OEUVRES

M. Avisseau-Broustet, C. Colonna, M. Dondin-Payre,  D. Hollard                            

Le luxe antique au Cabinet du  roi (1), p. 118

Or, richesse et pouvoir (2-22), p. 122

Porter le luxe (23-41), p. 144

Le faste de la maison (42-47), p. 168

Mosaïque, mobilier, décor muraux (48-51), p. 180

Banquet et vaisselle précieuse (52-58), p. 190                                

Luxe et piété: le trésor de Berthouville (59-109), p. 208                 

 

BIBLIOGRAPHIE, p. 337