Aristodemou, Georgia A. - Tassios, Theodosios P. (ed.): Great Waterworks in Roman Greece Aqueducts and Monumental Fountain Structures. Function in Context, (Archaeopress Roman Archaeology, 35), iv+258 p., 52 col., ISBN : 9781784917647, 35 £
(Archaeopress, Oxford 2018 )
 
Compte rendu par Paolo Bonini, Accademia di Belle Arti “Santa Giulia” di Brescia
 
Nombre de mots : 1882 mots
Publié en ligne le 2018-11-07
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          La Grecia romana è un ambito d’indagine tradizionalmente poco frequentato dagli studiosi di archeologia classica, i quali solo negli ultimi decenni hanno rivolto la loro attenzione al processo d’interferenza culturale che, anche in Grecia, comportò l'espansionismo romano verso il Mediterraneo orientale. Si tratta, in altre parole, di affiancare il punto di vista cristallizzato dai celebri versi oraziani (“Graecia capta ferum victorem cepit et artes / intulit agresti Latio...)”, con una prospettiva rovesciata, che non ignori l’apporto del conquistatore e superi, dunque, la granitica quanto mai provata convinzione che nulla sia cambiato in terra ellenica dopo l'avvento di Roma. Ai lavori pionieristici dedicati alla distribuzione del popolamento e alla monumentalizzazione urbana, si va ora sempre più affiancando una varietà di studi specialistici, come testimonia l’uscita di questo volume miscellaneo relativo alle grandi infrastrutture idriche, curato da Georgia A. Aristodemou e Theodosios P. Tassios. I due curatori, infatti, hanno coordinato e raccolto tredici saggi che vedono ora unitariamente luce per i tipi di Archaeopress in una veste editoriale semplice ma elegante, ricchissima di carte topografiche, planimetrie e fotografie, gran parte delle quali a colori. Questo volume contribuisce, finalmente, a colmare una lacuna da tempo avvertita e chiaramente espressa da Susan Alcock già nel 1993, nel suo lavoro ormai classico sul paesaggio della Grecia romana: al pari delle strade infatti, lamentava la studiosa che le conoscenze sugli acquedotti della provincia d’Acaia erano sporadiche e molto lacunose, soprattutto se confrontate invece con gli studi intrapresi sullo stesso argomento nella provincia d’Asia.

 

         Fedele al sottotitolo, il volume si compone di due sezioni, rispettivamente dedicate agli acquedotti e alle fontane monumentali, ciascuna fornita di una breve introduzione. Quella dedicata agli acquedotti (pp. 1-9) porta la firma di Theodosios P. Tassios che, dapprima, richiama sommariamente quanto Vitruvio raccomanda sulla captazione e il trasporto dell'acqua, poi fornisce un’utile rassegna degli acquedotti costruiti in Grecia in età romana, delineando una sintesi efficace delle principali caratteristiche: le specifiche competenze dell'autore, ingegnere civile nonché professore emerito presso il politecnico di Atene, guidano il lettore attraverso aspetti di tecnologia costruttiva, principi idraulici e sistemi di funzionamento che sono fondamentali per non guardare agli acquedotti come semplici monumenti, ma anzi coglierne la vera essenza d’infrastrutture, in piena conformità alle raccomandazioni in proposito più volte ribadite da un grande specialista d’idraulica antica come A. Trevor Hodge.

 

         Sarebbe, naturalmente, impossibile in questa sede offrire un resoconto dettagliato per ogni singolo contributo; poiché ciascuno, tuttavia, possiede un proprio peculiare valore per l’argomento mai affrontato prima o per il taglio innovativo, pare opportuno proporne almeno una rapida rassegna.

 

         Nel saggio di apertura (pp. 15-25) Asimina Kaiafa-Saropoulou censisce i condotti coperti da volta a botte conservati in Macedonia, soffermandosi in particolare sulle specificità costruttive. Segue il contributo di Konstantinos L. Zachos e Leonidas Leontaris, relativo all’acquedotto di Nicopoli (pp. 26-49): lungo il percorso dell’infrastruttura, circa 50 Km compresi fra le fonti di Haghios Georgios e le mura della città, gli autori presentano i risultati delle più recenti indagini relative alla cronologia e alle fasi costruttive del complesso, illustrano le soluzioni tecniche di volta in volta poste in opera per superare le difficoltà dettate dalla morfologia del territorio e infine delineano in forma preliminare, ma chiara ed efficace, il sistema di distribuzione urbana a partire dai ninfei gemelli che rappresentano il punto terminale dell’acquedotto in città. Manolis Manoledakis riconduce il lettore in Macedonia per presentare il sistema d’approvvigionamento di Salonicco (pp. 50-69): è questo un saggio stimolante, perché a partire dalle esigenze idriche della città, accresciute in età imperiale per un significativo aumento della popolazione, ripercorre la storia dell'acquedotto, ne scandisce le fasi costruttive fino all'epoca ottomana e ne discute le soluzioni tecniche, senza mai trascurare le fonti scritte che a vario titolo facciano menzione dell’opera. L’acquedotto romano di Atene, promosso dall’imperatore Adriano e poi compiuto da Antonino Pio, è invece oggetto di trattazione nel corposo contributo firmato da Eustathios D. Chiotis (pp. 70-97): come l’autore tiene a sottolineare, la struttura presenta caratteristiche uniche in territorio greco, poiché la sua ossatura consiste in un tunnel pressoché interamente scavato nella roccia e intervallato da profondi pozzi, che raccoglie acque sotterranee e di superficie e le conduce, per quasi 18 Km, dai piedi del monte Parnete fino alla località di Ampelokipoi, presso la chiesa di San Demetrio; da lì poi prosegue per altri 2 Km circa, fino al colle Licabetto, come canale costruito in trincea. Largo spazio è dedicato alla disamina delle modalità costruttive e delle caratteristiche tecniche, in rapporto alla morfologia delle aree toccate dal tracciato. Particolarmente interessante è, inoltre, la discussione della rete di distribuzione urbana di età adrianea, ricostruita almeno per sommi capi, nel suo sistema di funzionamento generale, a partire dai disiecta membra che gli scavi d’emergenza hanno riportato in luce nel corso del tempo.

 

          Sulle tracce di un altro acquedotto adrianeo, Yannis Lolos conduce poi il lettore in Corinzia (pp. 98-108): l’infrastruttura di cui si occupa è stata in passato ampiamente indagata nel suo tracciato che dal lago Stinfalo raggiunge i sobborghi occidentali di Corinto, percorrendo circa 85 Km; recenti lavori sul pendio dell’Acrocorinto consentono però ora d’individuarne sul terreno le tracce all’interno della città, così da discutere il sistema di distribuzione urbana. Dal continente si passa poi al mondo insulare, perché Yannis Kourtzellis, Maria Pappa e George Kakes presentano la prima mappatura sistematica dell’acquedotto romano di Mitilene (pp. 109-130), seguendolo nel suo intero percorso ed evidenziando la varietà e l’eccellenza tecnica delle strutture edificate; un contributo essenziale all’inquadramento cronologico viene poi dallo scavo stratigrafico di un pozzo, presentato nel dettaglio. L’acquedotto di Samo è invece oggetto del saggio di Telauges N. Dimitriou (pp. 131-146): è questo il primo tentativo di mapparne i resti per individuare con precisione il percorso dell’ambizioso progetto posto in opera per supplire il più antico acquedotto di Eupalino, divenuto insufficiente a soddisfare le necessità idriche degli isolani. Chiude la prima parte del libro il saggio di Amanda Kelly relativo alla città di Lyttos, uno dei pochi esempi di città posta in altura ancora fiorente a Creta in epoca romana (pp. 147-169): l’autrice esamina le difficoltà incontrate per garantire l’approvvigionamento a un centro urbano collocato in posizione elevata sulla pianura di Pedhiadha e posto a controllo del passo verso la fertile pianura di Lasithi; la persistenza dell’abitato anche in epoca bizantina si deve alla posizione strategica ma anche al sicuro rifornimento idrico, una sfida che i costruttori romani seppero vincere.

 

         La seconda parte del volume, dedicata ai ninfei, è meno corposa ma non per questo meno significativa. L’introduzione della curatrice, Georgia A. Aristodemou, condensa in poche righe lo status quaestionis e fornisce il riassunto dei contributi (pp. 10-12), una scelta però superflua considerato che ciascun saggio è già di per sé provvisto di abstract. Ad aprire la sezione è il testo di Dylan Kelby Rogers, un saggio originale nel taglio e fecondo per le nuove prospettive che schiude (pp. 173-192): una preliminare precisazione di carattere terminologico consente all’autore di gettare nuova luce su fontane monumentali fino ad ora poco considerate nei siti di Epidauro, Filippi, Corinto e Sparta. Più tradizionale nell’impostazione è il saggio di Georgia Aristodemou (pp. 193-217), che attraverso un’ampia documentazione fotografica, in gran parte originale, ricostruisce il programma decorativo esibito attraverso le sculture dei ninfei pubblici e di conseguenza indaga la mentalità e i valori dei committenti, nonché il loro modo di porsi nei confronti del potere centrale e dei concittadini meno abbienti. Shawna Leigh torna su un monumento ben noto, non solo agli specialisti, come il ninfeo costruito in età imperiale davanti alla zecca nell’agorà di Atene (pp. 218-234): l’autrice ne riconsidera tutte le evidenze per ricostruirne l’architettura, il programma decorativo e anche gli aspetti tecnici legati all’approvvigionamento idrico, questi ultimi finora generalmente trascurati; il lavoro offre la possibilità di discutere il significato politico del monumento che trasforma, anche con le sue connessioni imperiali, un punto di grande visibilità sul percorso cerimoniale delle Panatenee. Mario Trabucco della Torretta tratteggia una nuova analisi delle fasi costruttive romane della fontana di Arsinoe a Messene (pp. 235-245): l’esame rappresenta lo spunto per un interessante discorso sul fenomeno della “romanizzazione” della provincia di Acaia; attraverso l’acquisizione e la trasformazione di modelli architettonici occidentali, le fontane si trasformano da strutture di tipo meramente utilitario in elementi focali della propaganda dei notabili cittadini. Brenda Longfellow chiude la serie di saggi offrendo un approfondimento sulle fasi imperiale e tardoantica del ninfeo nel cosiddetto pretorio di Gortina (pp. 246-258).

 

         Il volume è senz’altro ricco di spunti per la novità dei dati e la varietà degli argomenti, tutti i trattati con grande competenza. Si avverte, tuttavia, la mancanza di una conclusione che organizzi in maniera esplicita questi spunti e li inserisca in una prospettiva unitaria: un impegno che era certo alla portata dei curatori, ai quali non sfugge come le strutture idriche complesse costituiscano un innegabile elemento di novità nel paesaggio greco, come accennano nella sintetica prefazione (p. iii). Già nel 1987, del resto, J.J. Coulton aveva osservato come l'assenza d’acquedotti a lunga percorrenza in età classica dipendesse proprio dall’impossibilità di difenderli nel contesto politico frammentato delle poleis. La stabilità seguita alla conquista romana consente, invece, anche in Grecia la costruzione d’infrastrutture che valicano i confini delle singole comunità e rendono disponibile una quantità d'acqua in precedenza impensabile. Proprio la crescente esigenza di disponibilità idrica tuttavia non va legata al solo consumo quotidiano, ma costituisce il riflesso di una nuova mentalità che condiziona lo stile di vita delle élites perché lega anche all'acqua l’esibizione del lusso in chiave autorappresentativa, tipica della cultura romana. Questa dinamica, già evidenziata nell’ambito dell’architettura privata, coinvolge non soltanto i singoli all'interno delle proprie dimore, ma anche le comunità nella loro interezza che dunque plasmano di conseguenza il paesaggio urbano arricchendolo di ninfei, mostre d'acqua e fontane monumentali riccamente decorate. Sarebbe stato forse auspicabile, in chiusura, consacrare un saggio specifico al valore culturale che l'acqua, intesa in questo senso, assume in Grecia non diversamente da altre province dell’impero.

 

         Il volume rappresenta comunque un punto di riferimento fondamentale, senz’altro necessario in ogni buona biblioteca universitaria, perché colma una lacuna da tempo avvertita. Ai curatori va inoltre riconosciuto il grande merito di essere riusciti a far dialogare competenze specialistiche diverse, di tipo storico-culturale, archeologico e squisitamente tecnico-idraulico, per stimolare la discussione e dare nuovo impulso alla conoscenza della grecità romana.

 

Sommaire

 

Preface, iii

Georgia A. Aristodemou and Theodosios P. Tassios

 

Introduction  I :  Roman Aqueducts in Greece, 1

Theodosios P. Tassios

 

Introduction  II : Roman Monumental Fountains (Nymphaea) in Greece, 10

Georgia A. Aristodemou

 

PART I: AQUEDUCTS

 

Vaulted-roof aqueduct channels in Roman Macedonia, 15

Asimina Kaiafa-Saropoulou

 

The aqueduct of Actian Nicopolis, 26

Konstantinos L. Zachos and Leonidas Leontaris

 

The water supply of Roman Thessaloniki, 50

Manolis Manoledakis

 

The Hadrianic aqueduct of Athens and the underlying tradition of hydraulic engineering, 70

Eustathios D. Chiotis

 

The Hadrianic aqueduct in Corinth, 98

Yannis Lolos

 

The Roman aqueduct of Mytilene, 109

Yannis Kourtzellis, Maria Pappa and George Kakes

 

Roman aqueduct of Samos, 131

Τelauges Ν. Dimitriou

 

A Roman aqueduct through the Cretan highlands – securing the water supply for elevated Lyttos, 147

Amanda Kelly

 

PART II: NYMPHAEA

 

Shifting tides: approaches to the public water-displays of Roman Greece, 173

Dylan Kelby Rogers

 

Fountain figures from the Greek provinces: monumentality in fountain structures of Roman Greece as revealed through their sculptural display programs and their patrons, 193

Georgia Aristodemou

 

The monumental fountain in the Athenian Agora: reconstruction and interpretation, 218

Shawna Leigh

 

New water from old spouts: the case of the Arsinoe fountain of Messene, 235

Mario Trabucco della Torretta

 

Reflecting the past: the nymphaeum near the so-called Praetorium at Gortyn, 246

Brenda Longfellow