Schoevaert, Julien : Les boutiques d’Ostie : l’économie urbaine au quotidien : Ier s. av. J.-C.-Ve ap. J.-C., (Collection de l’École française de Rome, 537), 310 p., ill n/b, 18 pl. coul., ISBN: 978-2-7283-1294-8, 39 €
(École française de Rome, Roma 2018 )
 
Compte rendu par Andrea Di Rosa, Université de Fribourg
 
Nombre de mots : 2489 mots
Publié en ligne le 2020-05-28
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Il volume di Julien Schoevaert, ingegnere di ricerca presso l'École Nationale d'Architecture de Paris-Val de Seine, costituisce il risultato della sua tesi di Dottorato, elaborata sotto la direzione di Catherine Saliou e Jean-Pierre Vallat, difesa nel 2013 all' Université Paris VII.

 

         Questo lavoro ha vinto la terza edizione del "Prix d’histoire économique AFHÉ BNP Paribas", che non ha equivalenti in Francia e viene assegnato ogni due anni nell'ambito degli studi di storia economica dall'antichità ai giorni nostri. Pubblicato in lingua francese nella prestigiosa serie Collection de l'École Française de Rome (CEFR 357), questo studio indaga il ruolo che le boutiques hanno svolto nelle trasformazioni economiche, urbanistiche e sociali di Ostia dal I sec. a.C. al V d.C., al fine di colmare ciò che l'autore definisce "un vuoto storiografico", che riguarda l'economia urbana delle città portuali.

 

         La scoperta di strutture commerciali a Pompei e Ostia dalla fine del XIX secolo, diede origine a una riflessione che raggiunse il culmine negli anni Cinquanta del Novecento, con il lavoro di G. Girri sulle botteghe di Ostia, pubblicato nel 1956; una ripresa degli studi su edifici e artigianato e le loro relazioni con le città del mondo romano, si ebbe poi negli anni 2000-2011 con le opere di M. Flohr e N. Monteix. Il volume di Schoevaert si inserisce in questo ambito di ricerca, occupandosi dell'economia urbana di Ostia attraverso l'analisi delle trasformazioni strutturali di differenti tipi di spazi commerciali e della loro collocazione nel tessuto urbano. La scelta di Ostia come campo di studio da parte dell'autore è stata determinata dalla stretta relazione di questa città con Roma, dalla vicinanza al complesso portuale di Portus e dalle attività connesse al grande commercio internazionale. Inoltre, essendo Ostia, con Pompei ed Ercolano, uno dei maggiori siti archeologici su cui si fonda gran parte della nostra conoscenza delle città romane, l'autore ha ritenuto opportuno aggiornare la documentazione esistente attraverso un lavoro di ricerca sul campo (vd. il catalogo di 405 p. scaricabile dal sito Web della Scuola francese di Roma) ed utilizzando gli archivi inediti della Soprintendenza archeologica, identificando così 1.263 strutture (rispetto alle 806 identificate in Girri 1956), poi integrate in un Sistema di Informazione Geografica. Questo inventario è il punto di forza della ricerca, data la scarsa documentazione disponibile su Ostia antica, che rispetto alle città distrutte dall'eruzione del Vesuvio, fu scavata in gran parte e in tutta fretta negli anni Venti-Trenta del Novecento. Nel libro in oggetto, alle Avvertenze e ai Ringraziamenti, segue la Prefazione in italiano di Carlo Pavolini, uno dei maggiori esperti di Ostia antica, che come egli stesso sostiene, rappresenta di per sé una recensione del volume stesso (p. XI-XVIII). Segue quindi l'Introduzione generale, dove si fa il punto sullo status quaestionis, attraverso un'analisi delle maggiori pubblicazioni sul tema (p. 1-8). La trattazione vera e propria è divisa in quattro sezioni, di cui quella iniziale è costituita da un Prologo in cui Schoevaert enuncia gli approcci epistemologici che guidano il suo studio. Si affrontano quindi, la distinzione tra boutique e taberna (Cap. 1), la definizione archeologica di boutique (Cap. 2), i criteri di datazione (Cap. 3) e di utilizzo degli archivi (Cap. 4). L'autore inizia la sua ricerca da fonti storico-letterarie, al fine di precisare il termine scelto di "boutique", fondato su dati archeologici e architettonici, la cui definizione si basa primariamente sull'esistenza o meno di una grande entrata aperta, che poteva essere chiusa da un sistema di assi a scorrimento riconoscibile da un solco nella soglia. Vengono poi esaminati i criteri d'identificazione di negozi e officine fornite da studiosi precedenti ed i criteri di individuazione e datazione dell'architettura commerciale; infine si argomenta sull'utilità delle risorse archivistiche disponibili per Ostia. Nelle tre parti sezioni successive, Schoevaert espone la sua tesi sull'evoluzione ed i cambiamenti degli spazi commerciali nel tempo, il cui sviluppo sarebbe strettamente collegato alla crescita e poi alla decadenza di Ostia quale porto di Roma.

 

         La Prima parte del libro tratta gli aspetti architettonici delle boutiques e la loro evoluzione nel tempo (Cap. 5), i contesti e la loro periodizzazione (Cap. 6), le trasformazioni indotte dal ruolo portuale assunto dalla città nel II sec. e dal conseguente boom demografico (Cap. 7). L'autore comprova le differenze tra Ostia e le città vesuviane ed indica le caratteristiche che evidenziano schemi commerciali connessi al ruolo della città quale porto di Roma. Schoevaert osserva quindi che parallelamente all'aumento del numero di boutiques ad Ostia durante I e II sec. d.C., si riconoscono forme architettoniche presenti anche a Roma e dalle fasi/tecniche costruttive ipotizza una maggiore indipendenza dei negozianti dai proprietari, rispetto quanto documentato a Pompei. Le boutiques potevano esser parte integrante di edifici più grandi e luoghi di vita quotidiana per i negozianti poiché occupavano metà dello spazio disponibile come alloggio a differenza di Pompei, dove i negozi collegati a residenze più grandi sono meno frequenti. Inoltre, la prima parte del volume definisce il significato degli spazi commerciali in una città in trasformazione economica e sociale, che si rispecchia nell'evoluzione degli stessi spazi, concomitante allo sviluppo urbano di Ostia, identificabile in tre fasi principali: durante il primo periodo (I sec. d.C.) si hanno i primi cambiamenti collegati alla costruzione del bacino di Claudio, che rafforza il ruolo di Ostia nella fornitura di Roma, con sole 81 boutiques. Durante il secondo periodo, (II sec. d.C.) si hanno profondi cambiamenti collegati alla costruzione del complesso portuale di Traiano, all'innalzamento del terreno per affrontare le alluvioni del Tevere e all'esplosione demografica, con l'apparizione di una nuova forma abitativa, le insulae: a questa fase sono attribuiti 1150 negozi (90% del corpus). Infine, durante il terzo periodo (dalla metà del III sec. d.C.), ad Ostia si rileva una crisi demografica confermata dalla scarsità di nuove tombe nelle necropoli suburbane, riscontrabile anche nelle pratiche edilizie, con boutiques costruite in numero minore e spesso connesse a dimore lussuose (30 boutiques). A partire dal IV sec. d.C., con il declino del porto, dei grandi magazzini e dei laboratori della città, le boutiques furono abbandonate o sostituite con un'architettura più regionalizzata. Si distinguono due tendenze: boutiques la cui attività è mantenuta con piccole riparazioni o modifiche e boutiques la cui attività è interrotta o riqualificata.

 

         Nella Seconda parte del libro vengono analizzate le attività commerciali e artigianali (Cap. 8), il cui inventario (Cap. 9) precede l'analisi degli spazi e dei luoghi occupati dai negozi nell'economia di Ostia, retta da grandi officine, magazzini e mercati connessi al porto (Cap. 10). Dalla metà del III sec. d.C., una ripresa dell'economia ostiense sembra verificarsi sia in ambito locale che regionale. Attraverso un inquadramento dell'attività commerciale delle boutiques come "catena operativa", Schoevaert, basandosi sul riscontro di dati verificabili, definisce un modello di attività commerciale dove le boutiques rivelano la natura dell'economia ostiense, rifiutando modelli privilegiati in passato, che l’autore definisce "semplicistici", poiché basati sulla semplice distinzione tra siti produttori e siti di consumo. Schoevaert sostiene questa tesi ragionando in termini di mercati piuttosto che di modelli, esaminando la filiera della produzione, il ruolo delle importazioni e i mercati potenziali, analizzando il ruolo svolto dalle boutiques nell'economia ostiense e le loro interazioni con altri edifici a vocazione economica, tra cui le grandi officine. Ad esempio, le caratteristiche costruttive, la capacità produttiva e la mancanza di spazi di vendita nelle officine indica che i prodotti dovevano essere venduti altrove. La tendenza che emerge durante la tarda antichità si manifesta con il declino delle grandi officine e dei magazzini, che indica una ristrutturazione dell'economia diretta ora alla popolazione locale. Per quanto riguarda l'ambito sociale, l'analisi si estende ai proprietari, ai lavoranti ed a coloro che frequentavano le boutiques, fino alla gestione stessa dell'attività, dalla proprietà di "hommes d'affaires" a tipi di investimento sotto forma di proprietà e partecipazione in molteplici settori. Schoevaert rileva forme di concentrazione verticale del capitale, con professionisti del grande commercio o dell'edilizia che possedevano i luoghi di vendita che gli garantivano proventi, ma ritiene che l'impegno dell'élite nel commercio di strada ostiense fosse soprattutto indiretto, con operatori e clienti delle boutiques appartenenti ad una popolazione in gran parte sub-elitaria. I negozianti costituivano così un gruppo sociale che occupava il fondo della gerarchia delle professioni, dominata dal grande commercio e dall'edilizia.

 

         Nella terza e ultima parte, l'autore si occupa del ruolo svolto dalle boutiques nella definizione di una diversa immagine urbana, dall'arteria viaria commerciale al cortile di un edificio (Cap. 11). Si avanzano così ipotesi sull'esistenza di distretti specializzati (Cap. 12) e sulle strategie di vendita dei negozianti (Cap. 13). L'autore cerca quindi di dimostrare come i negozi abbiano contribuito a caratterizzare l'aspetto urbano, monumentale e pubblico, lungo il decumano e le strade principali di Ostia, ma anche tramite la posizione, organizzazione e decorazione dei negozi per attirare clienti o favorirne l'accessibilità; quindi identifica concentrazioni di attività nella città, anche se si astiene dall'identificare quartieri industriali e commerciali o definire una suddivisione in zone.

 

         Le concentrazioni di boutiques nello spazio urbano vengono spiegate impiegando un indice di concentrazione di punti vendita per segmento di strada, con il risultato che le boutiques sembrano concentrate soprattutto lungo le arterie principali, agli incroci principali e alle porte della città, mentre le aree remote si differenziano per la bassa densità commerciale. Sembra quindi che la densità commerciale sia fortemente connessa all'accessibilità, in contrasto con la tesi tradizionale secondo cui le attività economiche fossero distribuite geograficamente, in base a fattori culturali.

 

         Il rapporto tra attività commerciale ed aree porticate è centrale, infatti l'83% dei portici di Ostia è associato a negozi, situazione predominante nelle costruzioni risalenti al II sec. che rispecchia un nuovo paesaggio urbano che si manifesta sulle facciate degli edifici collettivi, contribuendo a monumentalizzare le strade urbane. Tuttavia, molti negozi sono arretrati rispetto al sistema viario ed apparentemente esclusi dal sistema mercantile della città, in quanto, organizzati attorno a un cortile interno di un edificio sembrano rivolti ad una clientela di quartiere, come quelli situati all'interno di terme sembrano probabilmente rivolti ad una clientela di bagnanti. Le logiche della distribuzione spaziale riguardano in particolare alcune specifiche attività, come le imprese alimentari e le attività che necessitavano di grandi quantità di acqua, aspetto indagato tramite il calcolo dei bacini idrografici. Le boutiques ostiensi contribuiscono quindi a modellare l'aspetto urbano con geometrie variabili tra II e IV sec., con attività che si estendono sulla strada, altre in spazi chiusi di residenze private di lusso ed in strutture pubbliche, secondo schemi diversi determinati dalla fusione di più locali o dalla costruzione di nuove strutture. La causa dell'invasione di negozi su strada sembra risieda principalmente nell'arricchimento del commercio, come dimostra lo sviluppo di elementi decorativi, e per questo motivo Schoevaert analizza i resti fisici delle facciate di negozi e officine per comprendere le strategie pubblicitarie di negozianti, venditori e artigiani, identificando tre tipologie generali: segnaletica esplicita, decorazione elaborata delle facciate ed esposizione, a lato strada, di beni o servizi forniti all'interno.

 

         Nella breve conclusione generale (p. 271-272), Schoevaert ribadisce che le caratteristiche e l'evoluzione delle boutiques di Ostia contribuirono ai cambiamenti globali della città e alle trasformazioni collegate alla sua funzione portuale nel II sec. d.C. L'importante densità commerciale della città è spiegata dalla presenza massiva di edifici collettivi che rispondono allo sviluppo demografico connesso alle attività portuali. Durante il III sec., quando gli edifici collettivi cessano di essere costruiti o cadono in rovina, lo stesso avviene per le boutiques, fenomeno dovuto ad una contrazione dell'economia all'ambito locale, dato che le attività portuali si trasferiscono a Portus.

 

         Le trasformazioni delle boutiques sembrano così assecondare le trasformazioni più generali di Ostia, con un'influenza diretta nella composizione e nell'evoluzione del tessuto urbano, visibile nella distribuzione delle attività e nel legame che queste mantengono con strade, portici e cortili.

 

         Il volume termina quindi con un'ampia Bibliografia (p. 273-291), che precede la Lista delle tavole e delle illustrazioni (p. 293-296). Le fonti sono indicizzate in epigrafiche, letterarie, giuridiche ed iconografiche (p. 297-299); seguono infine l'indice topografico, geografico e tematico (p. 299-302). L'Appendice documentaria contiene il catalogo delle strutture indagate, con planimetrie tematiche, tipologiche e di distribuzione, due restituzioni isometriche, un diagramma sulla ripartizione secondo il tipo di edificio, un istogramma sulla ripartizione secondo l'edificio con cui si integrano e una tavola con dettagli parietali sul commercio alimentare.

 

         La ricerca di Schoevaert si inserisce in una corrente di studio molto forte in Francia, che riguarda gli aspetti commerciali ed economici delle città antiche, svolgendo un lavoro scrupoloso e credibile, anche se complicato dai limiti imposti dalla scarsità della documentazione esistente. L'autore riesce a combinare l'analisi di casi specifici a conclusioni sintetiche ed attraverso le piante analitiche e la documentazione fornita, riesce a supportare pienamente un ragionamento fondato sulla quantificazione e distribuzione spaziale dei dati. Il libro è suddiviso in decine di piccole sezioni, a volte brevi, ma ogni sezione contiene osservazioni approfondite: ogni capitolo è strutturato sulla base di un modello costituito da un'introduzione storiografica, dall'analisi dei dati e da una conclusione che porta a favorire l'una o l'altra teoria precedente. Forse al lungo prologo sarebbe potuta seguire una presentazione dell'intera città, che avrebbe favorito anche da parte dei non addetti ai lavori, la comprensione del contesto in cui vennero a svilupparsi le attività di produzione, commercializzazione e consumo. L'attività sul campo e negli archivi ha consentito all'autore di proporre uno studio che porta non solo a conoscenza di un gran numero di boutiques identificate a Ostia, ma anche alla comprensione del ruolo svolto da queste attività commerciali nelle trasformazioni sociali, economiche e urbane. Il corpus comprende quindi 1.263 boutiques (di cui 575 provviste della nota soglia a solco longitudinale, con un ingombro medio di ca. 30 m2), rispetto alle 880 identificate a Pompei in un'area di scavo equivalente, anche se la cifra complessiva fornita comprende periodi diversi. Allo stesso modo, per quanto riguarda gli aspetti quantitativi relativi al numero di negozi per abitante, il confronto con i siti vesuviani e Roma è una costante, nonostante la scarsità di dati affidabili. Forse l'unico aspetto sottovalutato in questo libro riguarda la lunghissima durata della vita di Ostia, abitata in parte fino al V sec., il che rende improbabile che le boutiques possano aver conservato per diversi secoli elementi caratteristici mobili, come ad esempio le insegne, dato che l'occupazione di un sito non è di per sé sufficiente a garantire la continuazione delle attività nel modo in cui queste furono inizialmente progettate, soprattutto nel II-III sec., durante il periodo del loro maggior sviluppo, pertanto tali criteri di identificazione dovrebbero valere solo per l'ultima fase di occupazione. In breve, l'autore ha prodotto un'opera approfondita e carica di sfumature, fornendo in un testo chiaro e corretto, un contributo significativo allo studio dell'economia di Ostia e dell'evoluzione delle relazioni e dinamiche commerciali intercorse con Roma. I risultati complessivi sono molto positivi e l'immagine di Ostia e della sua economia risultano ampiamente rinnovate.