Briquel, Dominique: Romulus vu de Constantinople, (Histoire et Archéologie), 402 p., 18 x 24 cm, ISBN : 9782705695781, 45 €
(Editions Hermann, Paris 2018)
 
Compte rendu par Linda Papi, EPHE
 
Nombre de mots : 2367 mots
Publié en ligne le 2021-02-27
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Se le imprese del primo re di Roma narrate dalle fonti classiche sono note, il destino della versione bizantina ha seguito tutt’altra direzione. In questo volume, Dominique Briquel si propone di rivalutare la percezione che gli autori bizantini hanno di Romolo, una visione che rispecchia l’adattamento della leggenda romulea alla realtà dell’impero romano d’Oriente.

 

         Il filo conduttore del volume è un’opera di Giovanni Malalas, autore bizantino attivo in età Giustinianea (VI secolo d.C.). Nella sua Cronografia, di cui ci sono pervenuti diciotto libri, è narrata la fondazione di Roma da parte di un personaggio chiamato Rhômos. Malalas spende molte parole su questo eroe, fornendo una descrizione precisa della sua vita e delle sue gesta. Tuttavia, se paragonata alla versione classica di Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso e Plutarco, quella di Malalas presenta numerose distorsioni, omissioni ed anacronismi. Queste divergenze sono state spesso giudicate come errori, facendo in modo che la versione bizantina passasse in secondo piano rispetto a quella « classica ».

           

         D. Briquel analizza il testo di Malalas e ne rivaluta la portata e l’impatto sulle opere successive. A questo scopo, l’Autore ha individuato e raccolto i passi che narrano di Romolo rifacendosi alla versione del cronista bizantino. I testi analizzati sono diciassette di cui tredici in greco, tre in lingua siriana ed uno in lingua etiopica antica. Essi coprono un arco cronologico che si estende dal VI al XIII sec. Per ogni testo è proposta una traduzione e un commento in cui compaiono gli elementi in comune e le discordanze rispetto all’opera di Malalas. Il volume si articola in due parti, precedute da un’introduzione generale e seguite da una conclusione. Inoltre, quattro appendici presentano delle fonti ulteriori rivolte al tema dell’ippodromo, dei Brumalia e del rito di fondazione di Roma. L’ultima appendice trasmette un testo di Conone.

           

         Il capitolo introduttivo offre un primo sguardo d’insieme sulle differenze tra la versione di Giovanni Malalas e quella degli autori classici. Questi punti sono chiaramente riassunti in una tabella che menziona i principali argomenti trattati: l’infanzia dei due gemelli, la fondazione di Roma, il fratricidio di Remo, il ratto delle Sabine, gli scontri ed il regno di Romolo. Notiamo che l’autore bizantino non menziona la morte di quest’ultimo. Tali divergenze trovano una giustificazione nel contesto storico del tempo: Giovanni Malalas scrive in epoca Giustinianea, e la sua concezione del mito romuleo è condizionata dal clima della Costantinopoli nel VI sec., intesa come « seconda Roma ». In questo panorama, il cronista crea una rottura con la tradizione classica, offrendo una visione totalmente nuova delle gesta di Romolo, percepite attraverso gli occhi della cultura bizantina.

           

         Dopo aver posto queste premesse, la prima parte del volume è dedicata al corpus dei testi, presentati sia in lingua originale che tradotti in francese. La seconda parte è invece rivolta al commento dei testi, che segue lo stesso ordine della prima sezione. Qui troviamo tre capitoli. Il primo riguarda interamente il commento dei passi di Giovanni Malalas, il secondo raccoglie le opere in greco che si rifanno in modo più o meno diretto alla sua Cronografia. Il terzo capitolo raccoglie i testi in lingua semitica. Proponiamo qui di seguito un breve resoconto dei testi analizzati.

           

         1. Giovanni Malalas, Chronographie, 7, 1-7, p. 132-138, 95 Thurn. Nel commento, il primo aspetto sottolineato è il nome dato ai gemelli: Ῥῶμος e  Ῥῆμος, ossia Rhômos e Rhèmos. Malalas nomina i due fratelli in un modo del tutto originale, discostandosi dalla tradizione classica che designa Romolo con il termine ‘Ρωμύλος. Il ruolo di Rhômos come conditor di Roma è mantenuto, ma con un carattere più sfumato. In effetti, l’interesse di Malalas è decentrato rispetto a quello degli autori classici. Ad esempio, la descrizione del rito di fondazione è omessa. Anche il risvolto religioso, che va di pari passo con la fondazione della città, sembra perdere la sua sacralità. La stessa Roma non è fondata ex novo, ma sorge in un luogo già sfruttato in precedenza, denominato Valentia. La tradizione, che colloca il fratricidio di Remo a un’epoca precedente la fondazione della città, è stravolta di nuovo: nell’Vrbs appena fondata, i gemelli si adoperano in una serie di imprese comuni. Una di queste opere è l’ampliamento del palazzo sul Palatino, un luogo che secondo Malalas ospitava appunto Valentia, la colonia greca voluta da Evandro e suo figlio Pallante: il nome stesso di « Palatino » deriverebbe da quest’ultimo. Inoltre, questa colonia non è un semplice villaggio come vorrebbe Virgilio, ma una vera installazione urbana con tanto di palazzo reale. Il cronista bizantino pone dunque l’accento sulla continuità che lega Valentia, l’Vrbs e, in seguito, la nuova capitale Costantinopoli con il suo παλάτιον. Nella Cronografia, la cooperazione di Rhômos e Rhèmos sfocia nella fondazione del tempio di Giove Capitolino, definito Romae urbis caput come già avviene nelle Origines di Isidoro di Siviglia, di poco precedenti. Ai due gemelli viene inoltre attribuita l’installazione del Palladio, ovvero il simulacro ritraente Pallade Atena proveniente da Troia. L’episodio dell’arrivo della statua gioca un ruolo importante per Malalas, nonostante sia considerato irrilevante nella tradizione classica. Ciò che invece è comune alle differenti versioni è il fratricidio, tuttavia in Malalas si tratta dell’epilogo di una disputa, e non del preambolo alla fondazione di Roma. Le ripercussioni di quest’atto comportano una grave crisi che sarà risolta con la consultazione dell’oracolo di Delfi e con l’associazione post mortem di Rhèmos al potere del gemello, in una sorta di diarchia postuma. Numerosi atti sono attribuiti alla doppia monarchia: il completamento delle mura della città, l’edificazione del tempio di Marte e della celebrazione Martis in campo, l’istituzione dell’ippodromo e dei giochi circensi ed ippici. In particolare, Malalas conferisce un valore simbolico all’ippodromo e alle relative competizioni. La struttura dell’ippodromo allude a quella dell’universo, ripartita tra cielo, terra e mare. Le dodici carceres indicano i segni zodiacali, gli estremi della pista sono il levante e il ponente, i sette giri percorsi dai carri simboleggiano le stelle dell’Orsa Maggiore. Il capitolo prosegue con altri avvenimenti: il ratto delle Sabine, la nascita e l’infanzia dei gemelli (narrate in modo anacronistico) e l’istituzione della festività dei Brumalia.

 

            Dopo queste pagine dettagliate, il secondo capitolo raccoglie l’insieme degli altri dodici testi in greco, presentati qui di seguito:

 

         2. Chronique pascale, p. 204-214, 217 Dindorf. Questa versione, redatta intorno al 630 d.C., non presenta sostanziali divergenze rispetto alla Cronografia, e si pone come une sorta di ripresa della stessa.

 

         3. Giovanni Damasceno, Sacra Parallela, col. 372-373 Migne. L’opera è attribuita senza certezza a Giovanni Damasceno, padre e dottore della Chiesa (VIII sec. d.C.). Si tratta di un florilegio dove compare un passaggio dedicato alla nascita delle arti e ai loro inventori. Nello specifico, il testo di Malalas è citato nell’ambito dell’istituzione delle corse con i carri.

 

         4. Ecloge Historiarum, p. 191-193 Cramer. Questa cronografia bizantina è nota grazie al codex Parisinus Graecus 854 (IX sec. d.C.). Un passaggio focalizzato sulle origini dei giochi olimpici riprende l’opera di Malalas, tuttavia i giochi non sono attribuiti a Rhômos quanto a Enomao, re di Pisa.

 

         5. Giorgio Monaco, Chronique, I, 15, p. 21-23 de Boor. Il testo (IX sec.) riprende la Cronografia di Malalas in modo fortemente ridotto, aggiungendo tuttavia una nuova conclusione sulla morte di Romolo, intesa come punizione della Divina Provvidenza a conseguenza del fratricidio. I due testi seguenti si basano su questa versione.

 

         6. Souda, voce Broumalia. Questa enciclopedia bizantina comprende differenti articoli ed è datata alla fine del IX sec. Alla voce Broumalia compare Ῥῶμος, nonostante altri passaggi impieghino il nome Ῥωμύλος. Si tratta di un adattamento dell’opera di Giorgio Monaco menzionata supra.

 

         7. Michele Glica, Annales, I, p. 266, 12-22 Bekker. L’autore, segretario dell’imperatore Manuele I Comneno, scrive nel pieno XII sec. e cita espressamente Giorgio Monaco quale sua fonte. La leggenda di Romolo, indicato con il termine Ῥωμύλος, è menzionata rapidamente, mettendo comunque in risalto l’istituzione dell’ippodromo.

 

         8. Gioele, Chronographia compendiaria, p. 6, 151 Bekker. Si tratta di un testo molto succinto, redatto all’inizio del XIII sec., che menziona l’istituzione della festività dei Brumalia. Quest’opera si inserisce nella tradizione di Malalas, ma attraverso l’intermediario di Giorgio Monaco.

 

         9. Giovanni di Antiochia, Chronique, frammenti. Il testo è attribuito tradizionalmente all’inizio del VII sec., nonostante numerosi studiosi propendano per una datazione al VI sec. Sono analizzati i frammenti 53, 56, 57, 58 e 59, i quali menzionano i giochi olimpici, l’istituzione del Senato e la fondazione del tempio sul Capitolino.

 

         10. Pseudo-Simeone, Parisinus Graecus 1712, fol. 51v, 69-70v. Il testo, inedito, è stato letto da Jacques-Hubert Sautel che propone anche un’edizione critica dei passi citati. Si tratta di una cronica anonima, datata al XII sec. Troviamo il nome Ῥωμύλος, secondo la forma impiegata da Giovanni di Antiochia. Tuttavia, la maggior parte dei passaggi segue la versione di Malalas, tanto da poter considerare questo testo come una riproposizione della Cronografia.

 

         11. Giorgio Cedreno, Chronique universelle, 146 C-147 D, p. 257-259 Bekker. Il testo, datato al XI sec., si basa sulle versioni dello pseudo-Simeone e di Giovanni di Antiochia.

 

         12. Teodoro Scutariote, Chronique universelle, p. 20-22 Sathas. L’autore scrive alla fine del XIII sec., al tempo di Michele VII Paleologo. I nomi Rhômos e Rhèmos sono mantenuti, ma compaiono delle innovazioni rispetto alla versione di Malalas. L’opera di Teodoro Scutariote è complessa e ricostruisce la storia del primo re di Roma seguendo una sequenza precisa: l’infanzia dei gemelli, la fondazione della città con il suo rito, il regno di Romolo. Si tratta del solo testo del corpus che costituisce un vero lavoro di « trascrizione », dotato di una grande originalità.

 

         13. Codex Vaticanus Graecus 1889. Questo testo succinto, datato al 1270-1280, presenta numerose omissioni rispetto alle versioni precedenti. Notiamo tuttavia che la fondazione di Roma è attribuita ad entrambi i gemelli.

 

         Dopo aver commentato i testi in lingua greca, il terzo capitolo della seconda parte è dedicato alle opere in lingua siriana ed etiopica, tradotti con la collaborazione di Muriel Debié e di Françoise Briquel-Chatonnet. I documenti sono quattro.

 

         14. Michele il Siro, Chronique, 4, 15, 47, p. 79; 16, 49-50, p. 81-83, 85 Chabot. Questa narrazione della fine del XII sec. presenta la leggenda di Romolo in modo non unitario, attingendo a versioni diverse, a volte anche con qualche incongruenza. La versione di Malalas non è ripresa direttamente, ma attraverso l’intermediario di Conone.

 

         15. Chronique de 1234, p. 86 Chabot. Opera anonima, conosciuta attraverso un unico manoscritto della fine del XIV sec., si inserisce nella tradizione di Malalas. Tuttavia, il suo carattere succinto non consente un confronto preciso con la Cronografia del VI sec.

 

         16. Pseudo-Diocle, Chronique, p. 286-295 Guidi. Il testo narra la vita di Romolo seguendo l’ordine degli eventi della tradizione liviana, di Dionigi di Alicarnasso e di Plutarco. Se la versione proposta rimanda a quella di Malalas, non mancano delle licenze e divergenze rispetto alla Cronografia.

 

         17. Giovanni di Nikiû, Chronique. L’opera originale in greco, composta in Egitto alla fine dell’VII sec., è conosciuta attraverso una versione in lingua etiopica del 1602. In questo testo, alcuni elementi sono eliminati ed i passaggi in comune sono riscritti.

 

         Nei tre capitoli appena presentati, D. Briquel analizza nel dettaglio tutti i punti in comune e le discordanze tra la Cronografia di Malalas e i testi successivi che riprendono, in modo più o meno diretto, la sua versione. Tutti questi aspetti sono poi riassunti in una tabella in cui compare anche il rapporto tra le differenti opere.

 

         Il capitolo conclusivo fornisce un’interpretazione agli anacronismi e alle differenze della Cronografia rispetto ai testi « classici ». Notiamo che, nei testi bizantini, quando si parla di « Roma » ci si riferisce in realtà ad una « seconda Roma », ovvero Costantinopoli. Lo stesso vale per gli edifici ed i monumenti menzionati. Anche la religione è letta in chiave bizantina: il risvolto religioso che accompagna alla fondazione dell’Vrbs e del Capitolino non è mantenuto, ma quasi banalizzato. Emerge chiaramente il clima teso nel quale si inserisce il regno di Romolo: nessun passaggio indica un periodo sereno o pacifico, e l’atmosfera conflittuale è tangibile sin dall’inizio. Questo clima di tensione costante è il motore delle azioni di Romolo. Per comprendere le scelte di Malalas occorre entrare nell’ottica di Costantinopoli, e non di Roma. L’esercizio della sovranità bizantina ha un carattere monarchico, contraddistinto da un certo numero di ostilità da dover fronteggiare. Le tensioni sono all’ordine del giorno. È inoltre verosimile che, nel narrare determinati episodi, Giovanni Malalas abbia preso spunto da avvenimenti realmente accaduti: è il caso della sua descrizione dell’irruzione dei soldati nell’ippodromo, che ripercorre le tappe della cosiddetta rivolta di Nika del 532 d.C. Gli scontri costanti della Roma romulea rivelano dunque il contesto della Costantinopoli giustinianea, caratterizzato da eventi drammatici, ma che riesce ancora ad identificarsi come erede dell’impero romano d’Occidente.

 

         In conclusione, è doveroso confermare l’eccellente qualità del lavoro di Dominique Briquel. Il volume è concepito in modo chiaro, e le scelte dell’Autore sono ben argomentate. Il vocabolario adottato è estremamente preciso e curato, consentendo una lettura fluida nonostante la tematica trattata sia molto specifica. La presenza di un manoscritto inedito, analizzato parzialmente nel dettaglio ma in corso di studio integrale, contribuisce all’avanzamento della ricerca[1]. Occorre tuttavia precisare che non si tratta di un’opera per neofiti, bensì per un pubblico preparato che potrà avvalersene come base documentaria per studi futuri. È infatti necessario disporre di una buona padronanza della cultura e della letteratura classica, al fine di poter apprezzare pienamente lo spessore di questa pubblicazione e coglierne tutte le sfumature.

 

 


[1]L’edizione critica del Parisinus Graecus 1712 è in preparazione da parte di J.-H. Sautel.

 

 


N.B. : Mme Linda Papi prépare actuellement une thèse de doctorat intitulée « Modalités d’insertion des premiers groupes celtiques en Italie du Nord, au Ve siècle av. J.-C. », sous la direction de M. Stéphane Verger (EPHE), qui, malgré nos sollicitations, n'a pas relu ce compte rendu.