Doria, Federica - Giuman, Marco : Eracle, Folo e la giara di Dioniso. Archeologia del vino in un episodio del mito, (Archaeologica, 179), pp. X-202, Tavv. XIV f.t., cm 17 x 24, ISBN : 978-88-7689-312-4, 99 €
(Giorgio Bretschneider, Roma 2019)
 
Compte rendu par Paolo Daniele Scirpo, Università Nazionale Kapodistriana di Atene
 
Nombre de mots : 1027 mots
Publié en ligne le 2021-03-19
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Inserita nella collana Archaeologica dell’editore Giorgio Bretschneider, esce la monografia a doppia firma di Federica Doria (FD) e Marco Giuman (MG), sul mito che lega Eracle al vino. 

 

         Partendo dal passo dell’Inferno (XII, 49-75) di Dante ed analizzando le fonti antiche si può evincere che la figura di Folo, così come quella di Chirone, non s’inquadrava nel gruppo dei Centauri, progenie di Issione e Nefele. Entrambi infatti dimostrano di conoscere le norme degli xenia e delle regole del simposio, in occasione dell’ospitalità offerta ad Eracle. Al contrario degli altri centauri che violano, non invitati, la regola dell’inclusione nel simposio e quella ovviamente della giusta misura. 

 

         Nel capitolo successivo, MG riesamina il mito della xenìa di Dioniso presso Icario, in Attica. La tragica fine di quest’ultimo e di sua figlia Erigone è legata indissolubilmente al cattivo uso del vino da parte dei pastori e la presenza del pithos si ricollega alle feste attiche delle Antesterie che si svolgevano fra l’11 ed il 13 dell’omonimo mese di Antesterione. Per placare le anime dei morti che si aggiravano ogni anno in città, il rituale prevedeva dapprima l’apertura dei pithoi col vino nuovo (Pithoigia), poi le libagioni (Choès) ed infine, si assisteva all’unione sacra fra la sacerdotessa (basilissa) ed il dio Dioniso. L’ultimo giorno della festa avveniva la consumazione del pasto sacro, cotto nelle pentole (Chytroi) ed offerto ad Ermes Psicopompo. 

 

         FD nel terzo capitolo illustra la doppia natura del vino che fin dall’Antichità è stato visto come un pharmakon, capace sì di avere effetti terapeutici, ma anche pericoloso nel suo abuso, creando dipendenza ed effetti collaterali. L’esalazione dei fumi nocivi che si liberano all’apertura degli orchi di vino novello, accosta la bevanda al concetto di calore. L’elemento che quindi lega questi due miti autonomi di Eracle (Centauromachia di Folo e la cattura del cinghiale calidonio) appare essere il vino e la sfera dionisiaca. I due motivi iconografici apparsi in contemporanea nella ceramica attica ma mai compresenti intorno alla metà del VI secolo a.C., oltre a mostrare l’eroe in una posa similare, sono accompagnati da scene di vendemmie o di simposi, nel lato posteriore del vaso. Il pithos interrato dove si conservava il mosto diventa così un elemento di passaggio col mondo degli Inferi. 

 

         Nel capitolo successivo, MG evidenzia come il nucleo iconografico centrale della Centauromachia eraclea, apparso a principio nella ceramica corinzia, sia la lotta fra l’eroe greco per eccellenza e degli esseri ibridi e limitari, ignavi della civiltà della polis e cacciatori con armi primitive (rocce e rami di abeti/pini) di piccole prede (lepri, volpi o cervi). Quest’ultime vittime preferite sacrificate a Dioniso, in quanto dannosi per le vigne. 

 

         Analizzando statisticamente la presenza nella ceramica attica dell’iconografia di Eracle e Folo, FD ne evidenzia la sua predominanza soprattutto nel primo periodo della tecnica a figure nere, nella forma vascolare della lekythos. In particolare la scena dell’apertura del pithos di vino, vaso dalla valenza funebre come la lekythos, è spesso associata alla raffigurazione di Dioniso o a scena di simposio o di komos.

 

         Nel capitolo successivo, FD fa notare come le numerose attestazioni vascolari rimaste dell’episodio riguardante l’apertura del pithos, non combacino con i riferimenti letterari, poiché è sempre Eracle, il semidio figlio di Zeus, colui che attinge per primo il vino dal pithos. Vino che abusato, diventava strumento di regressione alla sfrenata barbarie, come dimostra non solo il caso delle creature mostruose (Centauri, Ciclopi) vittime della bevanda ma anche quei popoli “barbari” (gli Sciti, ad esempio) che usavano berla pura e non diluita, senza moderazione (metriotes). Anche le donne (tranne le etere) erano bandite di regola dal simposio e dal consumo del vino e questo perché, come dimostrato di recente anche da studi scientifici, esse sono più vulnerabili geneticamente agli effetti negativi dell’ebbrezza a confronto degli uomini. La trasgressione di questo divieto per la donna, sia nel mondo greco che a Roma, era equiparato all’adulterio e perciò punito a volte con la morte, in quando gettava fango sull’intera famiglia. Durante le Antesterie, probabilmente le donne allontanate dagli uomini che celebravano il rito delle Choès, erano impegnate nella preparazione del rito successivo dell’Aiora.

 

         A supporto dell’analisi sopraesposta, è accluso il catalogo dei 128 esemplari di ceramica attica che illustrano il mito di Eracle e Folo. I riferimenti bibliografici, gli indici dei Nomi propri e delle fonti antiche, chiudono il volume.

 

         Nella consueta ottima veste tipografica, ricca di un apparato illustrativo congruo al testo, seppur privo di un estratto in qualsivoglia lingua straniera, ed ad un prezzo purtroppo alto e in linea con la vigente e miope politica dei maggiori editori italiani, la monografia rende merito agli Autori per aver sviscerato il fondo della giara di Dioniso.

 

Indice del volume: 

 

- I. Storia di un infausto incontro nel racconto delle fonti scritte (M. Giuman):

1. Un punto di partenza: «Folo, che fu sì pien d’ira,

2. Il racconto dello pseudo-Apollodoro: Eracle, il centauro e le polarità,

3. Il racconto di Diodoro: Folo, il singolare centauro,

4. Il racconto di Igino (e Teocrito): Folo o Chirone?,

5. Il breve racconto di Stesicoro: Folo e i tre fiaschi di Eracle -

 

- II. Dioniso, vino, vita e morte (M. Giuman):

1. Perché il mosto ubriaca meno,

2. Quando Libero padre si recò ospite fra gli uomini,

3. Tra capre e cinghiali distruttori di vigneti,

4. Con lo sguardo perso e le guance pallide,

5.Una porta per l’aldilà

 

- III. Un passaggio per gli inferi (F. Doria):

1. La forza terapeutica del vino,

2. La coppa assassina,

3. Due miti, un comune denominatore,

4. Il pithos dei morti

 

- IV. Archeologia di un mito celebre (M. Giuman):

1. L’uomo che scagliava frecce contro i Centauri,

2. Ai confini del mondo greco,

3. Sull’altra sponda del Mediterraneo,

4. Un passo indietro,

5. Ramaglie e pietre: per un’iconografia del selvatico,

6. A caccia col centauro,

7. Il piacere di mangiare carne cruda, con intimo impulso

 

- V. Il mito di Eracle e Folo nella ceramica attica (F. Doria):

1. Uno sguardo preliminare,

2. Eracle e Folo: un mito da figure nere,

3. Valenze simboliche e funzionali di un supporto privilegiato,

4. Dioniso e il pithos

 

- VI. Una bevanda pericolosa (F. Doria):

1. Un singolare simposio,

2. L’intima natura del centauro: alcune notazioni iconografiche,

3. Vino soave non offrirmi,

4. Una breve divagazione: il vino, appannaggio dell’uomo

 

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