Nenna, Marie-Dominique - Huber, Sandrine - Van Andringa, William (dir.): Constituer la tombe, honorer les défunts en Méditerranée antique, (Études Alexandrines, 46), 586 p., 163 ill. en noir et blanc et 250 en coul., 579 p., ISBN : 978-2-490128-02-0, 40 €
(Centre d’Etudes Alexandrines, Alexandrie 2018)
 
Compte rendu par Cinzia Vismara, Università degli Studi di Cassino
 
Nombre de mots : 2569 mots
Publié en ligne le 2020-07-09
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Il volume nasce da un progetto, realizzato tra il 2012 e il 2016 dalle Écoles françaises di Atene e di Roma sotto la direzione di Sandrine Huber e di William Van Andringa, dal titolo Des espaces et des rites: pour une archéologie du culte dans les sanctuaires du monde méditerranéen. Tale ricerca è all’origine di altri due volumi, uno dei quali in stampa, e di un lungo dossier, tutti relativi ai luoghi di culto, mentre questo raccoglie i contributi della sezione dedicata agli spazi funerari. Contiene 18 articoli ordinati per area geografica – Egitto (5), Vicino Oriente (2), Cipro (2), mondo greco (4), Mediterraneo occidentale (5) - preceduti da un Avant-propos e da una Introduction. In appendice figurano i riassunti in francese, inglese e arabo degli articoli e gli indici (nell’ordine: geografico, cronologico, delle persone, tematico, delle cose); oltre a questi apparati, il volume è ricco di illustrazioni di qualità eccellente.

 

         Nell’introduzione i curatori forniscono una sintesi degli studi, che riguardano l’intero processo che va dalla morte dell’individuo (constituer la tombe) alla celebrazione della sua memoria (honorer les défunts) in un vasto ambito geografico, comprendente territori che si affacciano sul Mediterraneo, dallo scorcio del VI secolo a.C. alla fine dell’Antichità, interessando di volta in volta singole necropoli o aree geografiche più vaste, periodi diversi, più o meno lunghi sulla base di diverse categorie di fonti.

 

         Dal momento che la riunione della quale il volume dà conto si è tenuta ad Alessandria in collaborazione col Centre d’Études Alexandrines che ne è l’editore[1], lo spazio dedicato all’Egitto è cospicuo e riguarda in particolare l’analisi dei rapporti tra le popolazioni locali e gli occupanti che si sono succeduti nel tempo. Nel primo dei contributi Paolo Gallo (pp. 25-63) tratta dei contatti tra Egiziani e Greci e dell’evoluzione delle credenze e delle pratiche funerarie di questi ultimi tra il VI e il IV sec. a.C. Tra gli esempi forniti è di particolare interesse il suo scavo nella necropoli sull’isola di Nelson (Aboukir), che ha messo in luce una necropoli di VI-IV secolo rioccupata da coloni greci; lo studio del complesso sembra suggerire che l’adozione e lo sviluppo del loculo diffuso ad Alessandria possa essere in relazione con alcune evoluzioni della tomba rupestre di traduzione indigena. La presenza di un’aula per banchetti funebri ipogea provvista di klinai potrebbe indicare sepolture greche pre-alessandrine. Se, come sottolinea Marie-Dominique Nenna (pp. 65-115) la nostra conoscenza dei dispositivi legati alla commemorazione dei defunti nelle necropoli alessandrine di superficie è scarsa, gli ipogei collettivi allestiti dal III s. a.C. forniscono molti dati sull’argomento; la studiosa illustra quindi le testimonianze relative a nastri, corone e ghirlande, all’ubicazione delle offerte, a probabili libagioni, ai sacrifici (anche per le necropoli di superficie) e dunque agli altari (sinora poco studiati, dei quali vengono qui esaminate l’ubicazione e la tipologia), a fumigazioni (con incensieri litici e fittili in forma di piccoli altari) e profumi, a banchetti. Una tabella degli ipogei alessandrini con altari e un catalogo degli altari portatili rinvenuti nella necropoli di Gabbari concludono l’articolo. Ad esso si lega il successivo contributo di Sébastien Lepetz e Benoît Clavel (pp. 117-139) su un altare ellenistico della medesima necropoli, al quale erano associati resti faunistici (pertinenti per lo più a maiali, polli e varie specie di pesci), alcuni consumati, altri bruciati; l’area funeraria venne utilizzata nella seconda metà del I s. a.C. Katja Lembke (pp. 141-162) parte dall’architettura e dai materiali della necropoli di Tuna el-Gebel per ricostruire le varie fasi della sepoltura e delle cerimonie commemorative: preparazione della salma, processione, deposizione nel sepolcro (con una sintetica tipologia delle sepolture), rituali all’interno della tomba e intorno ad essa (testimoniati da altari, focolari, banchine e vari oggetti) durante o dopo la sepoltura, sepolture secondarie (il riuso delle tombe era diffuso nella necropoli). La parte dedicata all’Egitto si chiude con lo studio della tomba F2 della necropoli di Al Salamuni ad Akhmin, in riva destra del Nilo, ad opera di di N. Zoair, W. Omran, G. Ab del-Nasser e A. Abou Gabal (pp. 163-198). Si tratta di una tomba rupestre con camera e anticamera provvista di una ricca decorazione figurata dipinta (“égyptienne” e “gréco-romaine”) che copre tutte le pareti e i soffitti: le pitture di questi ultimi presentano due fasi; la datazione proposta è alla fine del I s. d.C.

 

         La sezione vicino-orientale comprende due lavori: quello di J.-B. Yon (pp. 201-218) esamina gli elementi delle tombe palmirene che potrebbero indicare l’esistenza di culti funerari, una nozione da intendersi “dans son sens le plus neutre et le plus large, c’est-à-dire les différents soins rendus au défunt”. La cura portata nei sepolcri collettivi a ciò che permetteva l’identificazione del defunto testimonia la necessità di reperirlo per rendergli visita e compiere eventualmente rituali in un quadro che non presuppone credenze in una vita dopo la morte, bensì un generico richiamo all’eternità. Di carattere più puntuale è la ricerca di J. Aliquot (pp. 219-231) sulle iscrizioni relative al culto dei morti nell’Hauran in età romana. Si tratta di testi redatti in greco, talvolta in versi, incisi su stele o su architravi di tombe, nei quali il defunto viene assimilato a una divinità e che sembrano ampliare il campo dell’eroizzazione privata. 

 

         Anche Cipro è oggetto di due lavori: Sabine Fourrier illustra il contributo alla conoscenza delle pratiche funerarie in età classica degli ultimi scavi nella necropoli di Kition-Pervolia (pp. 235-254): il complesso, interessato da numerosi interventi d’urgenza, è tuttavia poco conosciuto. A questo paradosso intende rimediare la missione francese con gli scavi che hanno permesso di acquisire dati sulla topografia, il ciclo di utilizzazione delle tombe e le modalità di deposizione della salma e del corredo, ma anche su alcuni elementi peculiari quali le nicchie sulle pareti dei dromoi. Di particolare interesse il confronto con la necropoli di Salamina-Cellarca che dimostrano il regionalismo dell’isola in questo periodo. L’altro lavoro, di Anna Cannavò (pp. 235-277) riguarda le necropoli di Amatonte, in uso dal Geometrico all’età romana, che hanno restituito più di mille sepolture; l’uso di indicare la tomba mediante stele, cippi, lastre con o senza iscrizione si diffonde dall’età arcaica. Lo studio di questi elementi ha permesso di comprenderne il ruolo di primaria importanza che essi ricoprivano nelle cerimonie legate alla sepoltura e alla commemorazione, delle quali, come delle necropoli, viene ricostruita l’evoluzione nel tempo.

 

         La sezione relativa al mondo greco si apre con il contributo di Reine-Marie Bérard  sulle sepolture plurime nelle necropoli arcaiche di Megara Iblea (pp. 281-298), che espone le metodologie applicate allo studio e alla comprensione di sepolture scavate in passato, ma correttamente documentate. L’utilizzazione, anche per vari decenni, di queste tombe ha creato situazioni complesse dovute ai successivi spostamenti dei resti scheletrici e dei materiali di corredo, ma una corretta analisi permette di ricostruire una parte delle pratiche funerarie. Quelle dell’élites macedoni, che avevano anche funzioni religiose, vengono analizzate da Despina Ignatiadou (pp. 299-313). Qui le funzioni cultuali non erano legate esclusivamente ai sacerdozi: dai piccoli centri alla capitale la famiglia più importante ricopriva un ruolo di tipo regio e il suo capo assumeva anche funzioni religiose, che venivano trasmesse per via ereditaria; di qui l’importanza di materiali riconducibili alla sfera religiosa rinvenuti nelle sepolture, maschili e femminili, per individuare questi personaggi. Vassiliki Patsiada (pp. 315-351) illustra i culti e i riti funerari attestati nella necropoli di Rodi, in funzione dalla sua fondazione nel 408 a.C. fino alla tarda antichità. Di particolare interesse è l’età ellenistica, quando si diffondono le lussuose tombe a camera con i letti tricliniari accanto alle austere sepolture tradizionali. Intorno alla fine del III e agli inizi del II s. a.C., periodo in cui si colloca l’apogeo della città, nella necropoli vengono introdotti nuovi tipi di monumenti e di tombe; sono altresì allestite e monumentalizzate aree dedicate alla commemorazione dei defunti: il loro studio ha permesso di risalire a culti e rituali funerari ormai profondamente mutati e che ora vengono praticati non solo da membri della famiglia, ma anche dalle associazioni. Sepoltura e commemorazione dei defunti ad Argo tra la fine del IV s. a.C. e gli inizi del III d.C. sono presentate da Nicolas Dimakis (pp. 353-378), che ne analizza i cambiamenti e ne sottolinea l’aspetto di manifestazioni sociali legate a processi di memoria collettiva associata a un passato ancestrale, ponendo altresì l’accento sull’uso di visitare con frequenza i sepolcri e sugli onori resi ai defunti.     

 

         Il Mediterraneo occidentale è oggetto della quinta sezione del volume, che si apre con un contributo, ad opera di William Van Andringa (pp. 381-402), su “deux façons de mourir à l’époque romaine”: in altri termini viene sottolineata la differenza tra monumentum, che commemora e costruisce la morte sociale, e sepulcrum, il luogo di sepoltura, dimora eterna protetta dagli dei Mani, spazio giuridico dedicato al defunto in quanto corpus aut ossa aut cineres del lessico giuridico relativo al diritto sacro. Per definire dunque la tomba romana è necessario osservare il comportamento dei gruppi familiari che più scrupolosamente seguivano i codici sociali legati al ristabilimento dell’equilibrio dopo un decesso; questi erano soprattutto i liberti, qui illustrati dalle fonti letterarie e dalle tombe pompeiane con le loro iscrizioni. Di nuovo Pompei, ma anche Roma, Cuma e Classe forniscono materiale a Henri Duday per una serie di considerazioni sul contributo dei “legami osteologici” allo studio delle sepolture secondarie a cremazione e più in generale alla conoscenza del “funzionamento” delle necropoli a cremazione (pp. 403-429). Il paziente lavoro di ricongiungimento di frammenti adiacenti, di abbinamenti e di indagine sull’appartenenza a un medesimo complesso patologico permette, anche in assenza di costose analisi del DNA, di attribuire vari frammenti a un unico individuo, anche se essi provengono da parti diverse di un sepolcro, da tombe di un solo mausoleo o recinto, da mausolei diversi (in questo caso vi sarebbe un’area pubblica di cremazione); una tomba, per converso, può contenere resti di più individui. Inoltre possono essere complementari i residui su un’area di cremazione e quelli contenuti in una tomba ed è possibile comprendere i criteri coi quali venivano pulite le superfici delle cremazioni e infine riconoscere sepolture provvisorie. Sébastien Lepetz tratta dei resti animali rinvenuti nelle necropoli di Pompei e di Pupput (pp. 431-448), che testimoniano dell’importanza delle pratiche sacrificali e alimentari in ambito funerario. I diversi contesti (ossa bruciate assieme a resti umani cremati, ossa non bruciate poste su individui inumati, ossa bruciate in fosse prive di resti umani, ossa non bruciate in riempimenti di tombe o in contesti di circolazione) sono legati a situazioni diverse: depositi di carne sul rogo, offerte nelle tombe, banchetti funerari, con percentuali differenti di presenze faunistiche nei vari casi. Valérie Bel traccia un panorama dei dati forniti dall’archeologia funeraria nella Gallia Narbonensis (pp. 449-486), che, anche mediante nuovi approcci allo studio delle testimonianze materiali, hanno permesso di meglio comprendere le diverse fasi del rituale funerario, in particolare per le cremazioni, anche alla luce delle fonti letterarie. Viene fornita una sintesi per fasi cronologiche (tre, dal 125 a.C. al III s. d.C.) della tipologia funzionale delle strutture e dei depositi fondata sui siti per i quali la documentazione è adeguata e che si trovano nella parte centrale della provincia. Da una presenza discreta dei resti cremati, accompagnati da offerte di maiale e da parte della ceramica e dei residui del banchetto, si passa a una maggiore importanza attribuita ai resti del defunto, attorno al quale si organizzano libagioni e offerte testimoniate da ceramiche non bruciate. Frédérique Blaizot illustra con abbondanti esemplificazioni gli aspetti tradizionali e le nuove consuetudini relativi alla tomba nella tarda antichità, dalla metà del III al V secolo, nella Gallia centro-orientale (pp. 487-542). Se alcune pratiche, come il trattamento del cadavere, si mantengono, ciò che cambia sono gli spazi funerari, con la comparsa di quelli comunitari, alcuni dei quali presso santuari; le consuetudini, pur rimanendo legate alla famiglia, vennero probabilmente influenzate, come la progressiva scomparsa delle testimonianze di banchetti funerari, da pratiche religiose, anche se un impatto del cristianesimo sulle pratiche funerarie non sembra testimoniato prima della seconda metà del V secolo.  

 

         Questo breve panorama, che non può dar conto in modo soddisfacente della ricchezza dei dati presentati e dei progressi della ricerca, mostra nondimeno l’importanza di queste nuove tendenze dell’archeologia funeraria: dalla rilettura di vecchi scavi all’analisi dettagliata dei resti osteologici, all’integrazione dei dati di fonti diverse. Tutti filoni che hanno apportato e apportano dati di fondamentale importanza per la conoscenza di rituali, costumi, prassi della sfera funeraria.

 

 

[1] Nella stessa serie (n° 26) sono stati pubblicati gli atti della tavola rotonda del 2009: L’enfant et la mort dans l’Antiquité, II. Types de tombes et traitement du corps des enfants dans l’Antiquité gréco-romaine, M.-D. Nenna éd., Alexandrie 2012.


 

 

Sommaire

 

Avant-propos p. 9
Introduction p. 11


Égypte p. 23

Paolo Gallo 
Évolution des croyances et des pratiques funéraires dans les communautés grecques de l’Égypte pré-ptolémaïque (vie-ive avant J.-C.) p. 25

Marie-Dominique Nenna
Archaeology of the funerary cult in Hellenistic and Roman Alexandria.
Architectural and material arrangements p. 65

Sébastien Lepetz, Benoît Clavel
A Hellenistic funerary altar and sacrificia remains in the Necropolis of Alexandria p. 117

Katja Lembke
A “beautiful burial” at Tuna el-Gebel. Burial customs and commemorative culture from the Ptolemies to the Romans p. 141

Nagoua Zoair, Waheed Omran, Gamal Abd el-Nasser, Abdallah Abou Gabal
La tombe F2 de la nécropole d’Al-Salamuni à Akhmim p. 163


Proche-Orient p. 199

Jean-Baptiste Yon
Les tombes palmyréniennes étaient-elles des lieux de culte ?
Éléments de réponse archéologiques et épigraphiques p. 201

Julien Aliquot
Un dieu dans la famille.
Recherches épigraphiques sur le culte des morts au Proche-Orient sous l’Empire romain p. 219


Chypre p. 233

Sabine Fourrier
Pratiques funéraires à Chypre à l’époque classique (ve-ive siècles av. J.-C.).
L’apport des fouilles récentes dans la nécropole de Kition-Pervolia p. 235

Anna Cannavò
Évolution historique des marqueurs et des cultes funéraires amathousiens.
Quelques pistes de réflexion p. 255


Monde grec p. 279

Reine-Marie Bérard
Constituer et reconstituer la tombe.
Les sépultures plurielles dans les nécropoles archaïques de Mégara Hyblaea p. 281

Despina Ignatiadou
Burial practices for elite Macedonians with cultic duties p. 299

Vassiliki Patsiada
Culte et rites funéraires dans la nécropole de Rhodes p. 315

Nikolas Dimakis
Death, burial and ritual.
Commemorating the dead in Hellenistic and Roman Argos p. 353


Méditerranée occidentale p. 379

William Van Andringa
Le monument et la tombe. Deux façons de mourir à l’époque romaine p. 381

Henri Duday
Les restes humains et la définition de la tombe à l’époque romaine.
L’apport des liaisons ostéologiques dans l’étude des sépultures secondaires à crémation, à partir d’exemples de Pompéi, Rome, Ravenne et Cumes p. 403

Sébastien Lepetz
Constituer la tombe, honorer les défunts. Sacrifices et dépôts alimentaires carnés dans deux nécropoles de Méditerranée romaine : Pompéi (Italie) et Pupput (Tunisie) p. 431

Valérie Bel
Constituer la tombe, honorer les défunts en Gaule Narbonnaise du ier siècle av. J.-C. au iiie siècle apr. J.-C. p. 449

Frédérique Blaizot
Tradition and innovation. Burials during late antiquity in eastern central Gaul p. 487

Abréviations p. 543
Résumés p. 547

Index p. 567

Index géographique p. 569
Index chronologique p. 573
Index des personnes p. 575
Index thématique p. 577
Index rerum p. 579