Delannoy, François-Jacques: Voyage en Italie (mars 1780-décembre 1782). Texte établi et annoté par Annie Jacques et Laura Vallet, préface d’Alain Schnapp. 3 vol. (vol. 1 et 2 texte 946 p. - vol. 3 études dessinées 142 p.), ill. en noir et en couleur, pl. en et noir et blanc, figures, introduction, index des noms de personnes et des noms de lieux, bibliographie, glossaire, chronologie, cartes d’itinéraires, ISBN 978-2-918887-76-8, 65,00 €
(Centre Jean Bérard, Naples 2017)
 
Compte rendu par Daniela del Pesco, Università Roma Tre
 
Nombre de mots : 2081 mots
Publié en ligne le 2019-09-11
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Il viaggio dell’architetto François Jacques Delannoy da Parigi verso l’Italia ha inizio l’11 marzo 1780. È l’esito della conquista del Grand Prix de l’Académie Royale nel 1779. Il ritorno a Parigi avviene due anni e mezzo dopo,  il 24 dicembre 1782. Il diario di questo soggiorno, registrato negli otto preziosi taccuini conservati presso l’Institut de France, rivela una spiccata curiosità e un desiderio di apprendere non appesantito da scontati riferimenti letterari, frequenti nei testi dei viaggiatori dell’epoca.

 

         Delannoy registra con spontaneità e con una modalità di registrazione scarna, da reportage, le caratteristiche di edifici e opere d’arte, ma anche aspetti della vita quotidiana, rituali e cerimonie religiose, curiosità e fenomeni naturali particolari. Volendo far riferimento ai generi letterari dell’epoca, possiamo affermare che Delannoy redige un Journal, ma i suoi appunti appartengono anche  alla tipologia dell’Itinéraire, cioè delle piccole guide con notizie pratiche e storiche che si rivolgono ai futuri viaggiatori. Si tratta di qualcosa di diverso dagli epistolari privati , quali quelli di Charles de Brosses (1739-40) o dell’Abbé Barthelèmy à Caylus (1756), lettere private di informazioni destinate a corrispondenti eruditi.

 

         Il viaggio di Delannoy verso Roma ha come tappe Torino, Milano, Bologna e Firenze. Da Roma visiterà Tivoli, Frascati, Caprarola, compiendo il tradizionale viaggio a Napoli e ai siti archeologici della regione. L’itinerario di ritorno verso Parigi passa per Venezia, Vicenza e, attraversando la pianura padana, raggiunge  Genova.

 

         Il viaggio segue, in sostanza, le tappe codificate del Grand Tour, percorse ormai alla data da un cospicuo e variegato numero di viaggiatori europei, nobili aristocratici, artisti, architetti, collezionisti, trafficanti di opere d’arte. Quale può essere quindi l’interesse specifico degli scritti di Delannoy? Quale punto di vista adottare per esaminarli? Il punto di vista che vogliamo adottare è connesso con lo scopo del viaggio, cioè quello della formazione di un architetto negli ultimi anni dell’Ancien Régime. Negli anni del viaggio di Delannoy, la pratica di inviare a Roma i giovani che avevano conseguito il Grand Prix dell’Académie royale d’architecture, non era ancora rigorosamente codificata. La medaglia del Grand Prix coronava, al termine del corso di studi, il primato in un settore disciplinare. Potevano, ottenerlo anche allievi di scuole private come Delannoy che, figlio di un modesto commerciante, si era formato presso l’École gratuite de dessin de la rue Saint-André des Arts a Parigi. Il corso durava sei anni con lezioni di disegno su soggetti diversi, ma anche di matematica, geometria e prospettiva. 

 

         La regolamentazione dei concorsi e degli studi dei Prix de Rome si profilerà sotto il Direttorio e solo nel corso del XIX secolo si definirà per i pensionnaires accolti a Roma a palazzo Mancini un percorso quadriennale che prevede, alla fine, l’elaborazione e l’invio a Parigi di disegni di studio sull’insieme di un monumento antico e un progetto di restituzione. Inizialmente sono studiati solo monumenti di Roma, dal 1823 di Pompei; dalla metà del XIX secolo si potranno scegliere anche monumenti del Medioevo o del Rinascimento pure la Grecia antica diviene meta di sopralluoghi e di invii. Comunque già al momento del viaggio di Delannoy i borsisti dell’accademia francese a Roma dovevano produrre ogni anno progetti originali e rilievi accurati di edifici antichi e moderni. Delannoy realizza il rilievo del palazzo Farnese di Caprarola e progetti per un ospedale, pour un “palais pur un souverain, e per il restauro per il portico della Basilica di San Pietro a Roma “Mieux approprié au caractère de cette basilique que le portique actuel” di Carlo Maderno.

 

         Il viaggio di Delannoy del 1781-82 si colloca in una situazione in evoluzione. Al viaggio in Italia sul filo dei testi letterari antichi si sta sostituendo il viaggio che permette l’osservazione diretta dei monumenti, delle pitture, degli oggetti d’uso quotidiano che vengono emergendo dagli scavi. Ciò provoca la redazione di rapporti precisi che si affiancano ai testi più spiccatamente letterari. Così è per Delannoy: la giornata di un pensionnaire prevede la mattina studi di disegno in aula e, il pomeriggio, passeggiate in città e sopralluoghi.

 

         Di conseguenza nei suoi taccuini luoghi ed edifici osservati sono registrati nelle loro misure e consistenza fisica con una ricchezza di dettagli che sembra tradire la preoccupazione di non dimenticare nulla di quanto visto. Scorrendo le pagine dei taccuini, vediamo che i disegni occupano una parte maggioritaria. I disegni architettonici sono declinati con varie modalità: schizzi, disegni finiti, alzati e piante corredati dalle misure, insiemi e dettagli, elementi decorativi, sculture, qualche veduta acquarellata. E’ questo dunque quanto un Grand Prix sente di dover acquisire per la sua formazione professionale.

 

         L’uso degli appunti che accompagnano i disegni si spiega probabilmente anche come conseguenza di una delle circostanze che caratterizzano questi sopralluoghi, cioè la sostanziale inaccessibilità di molti dei monumenti, soprattutto antichi. Nel 1756 Winckelmann, ricordando i giorni trascorsi a Roma e a Napoli, più di una volta ricorda situazioni del tipo: “ci siamo presentati al Museo ben raccomandati siamo stati ben ricevuti, ma non ci hanno permesso di disegnare”. Anche più tardi i luoghi ”restavano …affidati al ricordo e alla …rifrazione nei disegni eseguiti “furtivement et de mémoire” come scrive nel 1774 l’architetto Pierre-Antoine Paris in margine ad un suo rilievo del tempio di Iside a Pompei (Anna Ottani Cavina). Possiamo comprendere perché Delannoy, che sostanzialmente è un illetterato, rediga anche note scritte che, probabilmente, lo aiutano a memorizzare cose viste in fretta che non vuole gli sfuggano Si tratta, quindi, di note di studio e non di appunti in preparazione di una narrazione con velleità letterarie.

 

         La scarna concretezza che emerge dalle parole e da gran parte dei disegni del Voyage di Delannoy è, in rapporto al ruolo operativo del processo di acquisizione di conoscenze che l’architetto persegue con tenacia e passione, anche per onorare al meglio la fiducia espressa dall’Académie royale conferendogli  il Prix de Rome che gli permetterà un affermazione professionale ed anche un miglioramento delle sue condizioni sociali.

 

         Questo aspetto è sottolineato anche da Alain Schnapp nella introduzione dei libri che presentiamo quando nota il verificarsi di una “nouvelle alliance entre l’observation du passé et la construction du présent”. Ma di quale passato si tratta? Certamente un passato recente, quello suggerito dalla letteratura di viaggio consigliando di visitare, lungo un percorso di routine, le emergenze che tradizionalmente conferiscono fascino e prestigio ai centri italiani. Per fare un esempio: a Genova, Delannoy  apprezza la regolarità di Strada Nuova e la dignità dei palazzi dei quali coglie la qualità della “disposition du plan” e la qualità degli scaloni (porto chiuso rispetto a quello di Napoli e Venezia); a Torino, che appare ancora eminentemente “città fortezza”, Delannoy rileva la peculiarità dei rettifili, i portici visti come utili rifugi, le novità barocche di Guarini considerate, come espressione di “ mauvais goût” sul filo di un gusto architettonico che predilige altre tendenze. Tuttavia la sincerità dell’occhio di Delannoy si traduce  in una visione senza pregiudizi : ad esempio: la fontana di piazza Navona di Bernini gli appare “ouvrage fort ingenieux”qui “produit le plus bel effet”. La condanna del barocco era, all’epoca, quasi d’obbligo, ed è evidente che anche nella cultura professionale di Delannoy sono altre le tendenze da preferire per migliorare il proprio addestramento.

 

         Le tendenze sono soprattutto quelle che emergono dall’osservazione dell’architettura antica: un atteggiamento frequente per un architetto che si forma intorno al 1780. Cerchiamo, tuttavia, di capire meglio come si configuri questo interesse. Dagli anni sessanta la centralità del mito di Roma nutre di nuovo la memoria e le opere degli artisti che provengono dal Nord Europa, “da Paesi dove la presenza dell’antico era pressoché inesistente” (Briganti). Per questi artisti stranieri più che per gli italiani, Roma diviene “città eternata”: la sua irresistibile seduzione è alla base di una nuova poetica. Delannoy si inserisce perfettamente in quel processo nel quale l’”Antichità come futuro” (Rosario Assunto) diventa modello di palingenesi estetica, provocata dalla volontà di uscire dalle regole del gusto dell’Ancien Régime in vista di un nuovo assetto razionale e più naturale della società e delle arti.

 

         In questa prima fase di ricupero, l’antico è sempre più il fattore catalizzante di ogni moderno processo educativo”, mito rassicurante, positivo, autorevole; la sua conoscenza risulta “eccitante per un [nuovo] processo creativo”. In questo processo registriamo la reintegrazione delle arti minori, oggetto di un florido mercato, ma soprattutto parte di un habitat complessivo da progettare senza gerarchie.

 

         Il viaggio a Napoli e nei dintorni sollecita la curiosità di Delannoy. Questo viaggio era considerato, come ricordano le curatrici del volume, necessario alla formazione dei pensionnaires dell’Académie di palazzo Mancini a Roma tanto da essere condotto a spese dell’accademia. Il viaggio si svolge dal 18 aprile al 16 maggio del 1781. Il precorso da e per Roma occupa circa due settimane. Per circa un mese nel corso del 1781 Delannoy visita la reggia di Caserta e i luoghi della città moderna di Carlo di Borbone, il porto, i palazzi maggiori, le chiese, le collezioni. Le strade della città gli appaiono in ottime condizioni a confronto  di quelle romane, l’edilizia particolare per le coperture a terrazza, anche se l’assenza di cornicioni negli edifici gli suggerisce l’immagine di costruzioni non finite.

 

         Tuttavia, gli appunti e i disegni più numerosi sono dedicati alle antichità di Pozzuoli, agli scavi di Ercolano (1738) a, quelli ancora assai parziali, di Pompei (1755) alle nuove collezioni della reggia-museo di Portici. L’atteggiamento di Delannoy sembra avvalorare l’ipotesi, avanzata a suo tempo da Hugh Honour, che a rinnovare l’interesse per l’antichità non siano tanto le scoperte archeologiche, ma piuttosto una svolta nelle finalità affidate all’arte, all’architettura e alla decorazione.

 

         Lo prova il caso dei templi di Paestum, ai quali Delannoy dedica instancabilmente rilievi e disegni di prospetto (10 schizzi e altrettanti disegni). Questi imponenti templi erano da sempre visibili, ma erano rimasti ignorati, chiusi nella lontananza di una regione appartata. Dal 1764 le memorie di viaggio di Grosley e i rilievi di Soufflot e Dumont scatenano un interesse a dir poco tumultuoso. Sulla lunga opacità dei dati esistenti si immette una nuova osservazione che concorre ad un’attività creativa e progettuale congeniale a nuovi obiettivi: innanzittutto un idea di grazia e di bellezza, razionale e funzionale in grado di promuovere nuove suggestioni ed un processo di riqualificazione sociale, espressione degli ideali illuministici. Non è un caso che Delannoy scelga come tema per il suo progetto di borsista un ospedale, un edificio che risponde bene agli obiettivi d’igiene e di pubblica utilità propri dell’architettura dell’illuminismo. Lo progetta dopo aver visitato gli ospedali della penisola: a Milano, il lazzaretto e l’ospedale maggiore, a Roma, l’ospedale di Santo Spirito (dove misura accuratamente  persino i letti), così come gli ospedali di Genova e di Padova. L’interesse, tipicamente illuministico, per l’elaborazione di edifici destinati allo svago e alla vita collettiva si ripropone nell’attenzione di Delannoy per i teatri che osserva puntualmente nei centri visitati.

 

         Quindi ritrovare Ercolano (1738), ritrovare Paestum, capire gli edifici civili dei Campi Flegrei, e poi di Pompei, riportare alla luce un mondo sommerso, arrivarci, vederlo, disegnarlo dal vivo e, quindi, imitarlo nei progetti sono le tappe del percorso di formazione per esprimere le nuove idee. Un contatto diretto che finirà per coinvogere i pensionnaires anche in stages di scavo.

 

         Il concetto di imitazione intesa come processo immaginativo è al centro di questo processo di formazione che prevede l’addestramento all’ imitazione e non alla copia, ripetitiva e schematica. All’inizio del nuovo secolo, il XIX, avremo il ridimensionamento di questi progetti e di queste utopie, che spesso sarà accompagnato da un sentimento di romantico pessimismo. I mutamenti tecnologici sconvolgeranno il sistema produttivo, anche quello dell’arte, con la divisione e la meccanizzazione del lavoro, con la produzione seriale sulla base di prototipi, con la schematizzazione dei metodi di insegnamento che si registrerà nell’Ecole Polytecnique, fondata nel 1794. Anche i carnets di note e di disegni degli architetti e dei pensionnaires cambieranno. I sintetici appunti e gli schizzi semplici, accurati e accorati di Delannoy resteranno come testimonianza di una prospettiva umana e disciplinare diversa.    

 

         Dobbiamo ringraziare Annie Jacques e Laura Mascoli di aver impegnato tutta la loro lunga esperienza di studio della letteratura di viaggio e della formazione  degli architetti francesi tra Sette e Ottocento per aver realizzato questi accurati e appassionanti volumi. I preziosi commenti  al testo e ai numerosissimi disegni ci aprono la strada a nuove e talvolta impreviste conoscenze del territorio italiano.