Heynowski, Ronald: Fibeln. Erkennen – Bestimmen – Beschreiben, (Bestimmungsbuch Archäologie, 1), 24.0 x 17.0 cm, 168 p., 260 Fig., ISBN : 978-3-422-98098-3, 19,90 €
(Deutscher Kunstverlag, Berlin 2019)
 
Compte rendu par Maurizio Buora, Società friulana di archeologia
 
Nombre de mots : 1136 mots
Publié en ligne le 2021-02-23
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Lien: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=3765
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          Il volume si presenta come un’agile e utile guida. Esso fa parte di una serie che la Landestelle für die nichtstaatlichen Museen in Bayern ha pensato e provvede a pubblicare.

 

         L’opera è nata con l’intento di uniformare la terminologia e la descrizione delle fibule di ogni periodo da parte di tutti gli archeologi dell’intera Germania i quali cooperano nella redazione dell’Archȁologiethesaurus , che ha preso avvio nel 2008. In questo progetto sono impegnate una decina di istituzioni tedesche, che comprendono i musei di Bonn, Dresda, Amburgo, Hannover, Colonia, Monaco, Rastatt e Schleswig-Holstein. L’opera, nondimeno, si rivela molto utile e non solo a chi per dovere d’ufficio ha a che fare con le fibule e deve appunto, riconoscerle, determinarle e descriverle.

 

         A una breve introduzione (pp. 11-15) fa seguito un sedicesimo di 55 belle foto a colori, tutte evidentemente eseguite per questo volume, con un identico sfondo. La trattazione vera e propria si snoda per più di 2500 anni, in quanto va dall’età del bronzo fino alla parte centrale del Medioevo. La serie delle fibule è ordinata secondo la forma e il tipo di costruzione, perciò non segue una cronologia progressiva. Essa riguarda i territori dell’attuale Germania. Ogni tipo di fibula è oggetto di una scheda che comprende descrizione, uno o più sinonimi (se la fibula è conosciuta con nomi diversi), datazione, diffusione, relazione (= con altre fibule contemporanee) e bibliografia. La materia è ovviamente molto articolata, anche perché riguarda diversi periodi (protostoria, età romana, alto medioevo, medioevo).

 

         Il primo probleme è stato certo come ordinare la materia. In quest’opera le fibule sono suddivise in quattro grandi gruppi, numerati da 1 a 4.

1. Fibule con ardiglione libero

2. Con ardiglione fisso

3. A molla

4. A cerniera.

         La complessa organizzazione risulta chiara dal seguente schema, riferito solo al primo gruppo, che appare così suddiviso : 

1.1 Fibule prive di terminazione a spirale

1.2 Con spirale appiattita 

1.2.1 con spirale appiattita e testa piatta dell’ardiglione 

1.2.1.1 con testa dell’ardiglione a clessidra 

fino ad arrivare a

1.2.2.4.2 con arco foliato.

 

         Ciascun gruppo è dunque suddiviso in sottogruppi, ossia quattro per il primo, tre per il secondo, 29 per il terzo e infine cinque per il quarto. A loro volta i sottogruppi hanno ulteriori suddivisioni. Il tutto porta a circa 270 tipi diversi di fibule. Aiuta la ricerca un utile indice finale in cui la tradizionale denominazione delle fibule (es. Almgren 65 etc.) è accostata allla numerazione del tipo indicato nel volume. 

 

         La scelta di distinguere le fibule in base alla loro struttura è stata utilizzata anche da altri ricercatori, ad es. da Stjm Heeren e Lourens van der Feijst per il loro volume Prehistorische, romeinse en middeleeuwse Fibulae uit de Lage Landen, Amersfoort 2017. Questo sistema è certamente molto utile per un classificatore, che dalla precisa descrizione del manufatto è con facilità portato al riconoscimento dell’oggetto. Tuttavia di fatto ne traggono vantaggio i tipi più semplici, meno dotati di varianti, ad esempio quelli dell’età del bronzo. Invece i gruppi più articolati di epoca romana sono sacrificati dall’avere a disposizione solo uno spazio esiguo.

 

         Il volume esprime, come è naturale, la prospettiva tedesca nel campo delle fibule, La medesima tematica, vista dalla penisola italiana, presenta talora una visuale parzialmente diversa. Tale è il caso ad esempio delle fibule a tre bottoni (in questo volume sotto il numero 3.4.4) per cui correttamente si indica una diffusione in Austria, Italia settentrionale e Slovenia, mentre gli studiosi italiani hanno evidenziato soprattutto la forte presenza in area picena e anche sulla sponda opposta dell’Adriatico. Tutto ciò evidentemente può non interessare il catalogatore, ma certo indica una valenza culturale particolare per chi si occupa della materia. Esprimerò solo alcune osservazioni in merito a tematiche che mi sono note.

 

         Le “Ostalpine Tierkopfibel” sono diffuse anche nell’Italia nordorientale, come indicano alcuni studi (es. nel catalogo della mostra Venetkens, Padova 2013) che qui non sono presi in considerazione (la bibliografia si ferma al 1996).

 

         La durata delle fibule Certosa raggiunge certo il III secolo, e probabilmente anche l’iniziale II secolo a. C.. come dimostrano numerosi rinvenimenti in Slovenia e nell’Italia nordorientale

 

         Le fibule di tipo medio La Tène (con globetti sulla staffa) sono ben presenti nell’arco alpino orientale. Esiste una ampia bibliografia, italiana e slovena, anche in lingua tedesca e inglese, che meriterebbe una citazione. Penso agli studi (e ai volumi) di Dragan Božić, di Mitja Guštin e di numerosi altri autori. Ciò vale, ovviamente, per i tipi di fibule maggiormente attestati (anche con significative datazioni in contesti tombali) in Italia settentrionale e in Slovenia, quali le fibule di tipo Nauheim. 

 

         Vorrei sottolineare poi evidenti diversità di prospettiva: visto dalla Germania il tipo Almgren 65 (qui a p. 73 “Bügelknotenfibel”) appare come tipico del La Tène D, mentre dall’Italia è visto come indice di completa romanizzazione

 

         Purtroppo, come si sa, la perfezione non è di questo mondo. Alcune fibule possiedono una imponente letteratura e sono state suddivise in varianti, pressoché unanimemente riconosciute, che spesso hanno valore cronologico. Tale è ad es. il caso ad esempio delle “Zwiebelknopffibeln” per cui la scarna scheda pubblicata alle pp. 137-38 non è certo in grado di esaurirne le potenzialità e il significato. 

 

         Alcune volte la scheda è un po’ troppo sommaria, come quella dedicata alle fibule del tipo Alesia (p. 133) con cronologia molto ampia e palese rinuncia a una descrizione delle varianti. La descrizione dei singoli tipi dipende ovviamente dalla letteratura specifica, che per le fibule copre in misura preponderante l’Europa occidentale; tuttavia alcuni erano certo ben più diffusi. Ciò vale per la fibula a smalto riprodotta a p. 135, presente fino all’ Anatolia. Forse l’area di diffusione può non interessare molto lo schedatore, tuttavia per le “Ankerfibel” (p. 83) dimenticare la Dacia, dove sono attestate in numero assai considerevole e dove sono quasi una sorta di fossile guida, è un vero peccato. Concludono il volume 21 pagine di bibliografia (in massima parte tedesca) con circa 360 titoli.

 

         Per l’autore non è certo stato facile muoversi, cercando di evitare il rischio di superficialità, da un lato, e il pericolo di pedante specialismo, dall’altro. Ne è uscito un volume agile, che reclama con forza il suo posto anche nelle biblioteche specializzate.

 

         Nel complesso il volume nondimeno è non solo molto utile, ma anche gradevole e di piacevole lettura, per la sua impaginazione e la semplicità e chiarezza delle scelte grafiche. Crediamo che possa anche contribuire a ridurre in parte quel distacco che si va facendo sempre più grande tra la letteratura specialistica e le opere di divulgazione, spesso penosamente superficiali.