Macias i Solé, Josep Maria - Menchon , Joan J. (ed.): La vil.la romana dels Hospitals (El Morell, Tarragona). Un assentament de la via De Italia in Hispanias (Col·lecció Hic et Nunc, 1), 202 p., 143 fig., ISBN : 978-84-934698-6-3, 35 euros
(Institut Català d’Arqueologia Clàssica, Tarragona 2007)
 
Rezension von Sabrina Pietrobono, Università degli Studi dell’Aquila
 
Anzahl Wörter : 1896 Wörter
Online publiziert am 2010-08-30
Zitat: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Link: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=388
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           L’Istitut Català d’Arqueologia Clàssica (ICAC) è un istituto pubblico creato nel 2000 dal Govern de la Generalitat de Catalunya e dall’Universit Rovira i Virgili de Tarragona. Tra i progetti del centro si elenca il programma “Archeologia del paesaggio, del popolamento e del territorio”. Prezioso contributo sono i risultati delle indagini di scavo che hanno investito il sito di Els Hospitals, un insediamento residenziale di età romana posto lungo la via Tarraco-Ilerda. Il testo qui presentato è il frutto dello studio della documentazione, fin a tal momento inedita, elaborata nel corso degli scavi. Frutto dell’intesa tra la società Repsol YPF, in convenzione dal 2004 con la URV e con la collaborazione dell’impresa Codex – Arqueologia i Patrimoni, braccio operativo del progetto, questa pubblicazione è il primo numero di una collana denominata Hic et Nunc che dal 2007 ad oggi ha prodotti numerosi contributi sul territorio di Tarragona.

 

           La pubblicazione è stata coordinata da Josep M. Macias Solé e Joan J. Menchon Bes; autori dei testi sono Dr. Domènec Campillo, M. Milagros Cuesta e Laura Devenat (Laboratori de Paleopatologia i Paleoantropologia, Museu d’Arqueologia de Catalunya), Montserrat García Noguera (Codex – Arqueologia i Patrimoni), Miguel Á. González Pérez (Grup de Recerca d’Arqueologia Clàssica, Protohistòrica i Egípcia, Universitat de Barcelona), Josep M. Macias Solé (ICAC), Joan J. Menchon Bes (Museu d’Història de Tarragona), Joan S. Mestres i Torres (Laboratori de Datació per Radiocarboni, Universitat de Barcelona), Rosario Navarro Sáez (Universitat de Barcelona), Josep M. Palet Martínez (ICAC) e Jordi Principal Ponce (Museu d’Arqueologia de Catalunya).

 

           Come richiamato nell’Introducció (pp.·9-10), a firma di Josep M. Macias e di Joan J. Menchon come i successivi quattro capitoli del testo, i lavori presso Morell furono avviati alla fine del 1995 in occasione di un progetto industriale della Repsol Química SA; gli scavi individuarono un sito nel territorio dell’antica Tarraco vivo dai secoli II a.C. al V d.C.. Dal secondo capitolo (Entorn físic i història de la recerca, pp. 11-16) si evincono, tra le altre indicazioni, la localizzazione esatta rispetto alla via romana, lungo la quale fu rinvenuto un miliario databile tra il 253 ed il 256 d.C.; alcuni cenni sul contesto geologico del territorio; una prima presentazione dell’assetto insediativo dell’attuale “Camp de Tarragona”, parte dell’antico ager Tarraconensis, di cui si ipotizzano i confini. Gli argomenti qui in breve accennati, sono ripresi nel penultimo capitolo, dedicato all’analisi del contesto territoriale.

 

           Una breve presentazione nel terzo capitolo (Presentació de l’obra, pp. 17-18) fornisce alcune coordinate per la comprensione delle procedure dello scavo e della catalogazione dei materiali, mentre la parte più complessa del lavoro è sicuramente concentrata nei capitoli quarto (Documentació estratigràfica, pp. 19-69) e quinto (Periodització i anàlisi funcional, pp. 71-89), da leggere quasi contemporaneamente. Il capitolo quarto è difatti dedicato alla documentazione stratigrafica (organizzata per aree di scavo e settori) che di per sè può risultare pressochè asettica e quasi incomprensibile alla lettura qualora si proponga come semplice presentazione oggettiva di meri dati di scavo. Gli autori non possono esimersi da ovvie anticipazioni interpretative e perciò si riferiscono continuamente alla suddivisione in fasi di vita esplicitate e ricostruite nel capitolo seguente.

 

           L’area di indagine più vasta è denominata àrea 1000, uno spazio di ca 600 m2, con una profondità di scavo di ca 1,75 m, suddivisa in 33 settori; nonostante si sottolinei (p. 153) trattarsi di una indagine parziale che non ha coinvolto l’intero insediamento, la porzione scavata è più che sufficiente per raccogliere una sequenza di informazioni significative. Seguono le aree 2000 e 3000 che hanno restituito dati di minore spessore.

 

           Le fasi di sviluppo riconosciute sono 15. Le prime sei sono più difficili da interpretare in quanto legate ad una presenza umana, incerta se originariamente romana o iberica, probabilmente rivolta allo sfruttamento agricolo dell’area, precedente il complesso residenziale: la prima fase procede dal 200 al 50/25 a.C. e rivela l’esistenza di un fossa granaria a pianta circolare e sezione ovale scavata nel terreno, alla quale saranno collegati degli annessi (canali e strutture di servizio), ancora nelle fasi 5 (80-120 d.C.) e 6 (post 90 d.C.), con incerta destinazione d’uso, forse più propriamente agricolo.

 

           Il fulcro dell’insediamento si colloca negli anni 220/240 - 280/300 d.C. con la strutturazione, nelle fasi 7 e 8, di un esteso complesso residenziale, di cui probabilmente si è scavata una sola ala; questa è inizialmente dotata di quattro ambienti o cubicula, parti di un corridoio porticato o ambulatio, aperto su un hortus, con un annesso di altri quattro ambienti di difficile interpretazione. I resti (murature in cementizio, pavimenti in opus signinum, reperti ceramici, metallici e numismatici etc) sono puntalmente documentati, descritti ed interpretati nel capitolo apposito.

 

           Dalla fase 9, risalente al periodo 250 -300/325 d.C., si impianta un complesso termale nella zona meridionale dell’ala residenziale, già interessata da ampliamenti nella fase 8; dei bagni si sono individuate le consuete strutture funzionali poi ampliate -fase 10 (325/350 - 450) - mediante la costruzione di una latrina e serbatoi per l’acqua. La residenza della fase 7 resta praticamente in uso fino alla fase 11; in questa e nella fase 12, comprese tra 400 e 450 d.C., si trasforma radicalmente l’assetto generale dell’area scavata, con una complessa ridistribuzione degli spazi precedentemente definiti, mediante la costruzione di nuove strutture murarie in cementizio e lo smantellamento di altre. Più complessa la fase 13, circoscrivibile agli anni 400 - 425, con la costruzione di un nuovo edificio che occupa il settore nord dell’area di scavo, posto complessivamente ad un livello più alto, destinato a potenziare le funzionalità termali dell’insediamento, comprensive di una natatio o piscina, di ambienti riscaldati e di ulteriori spazi non chiaramente definibili.

 

           La fase 14 (400 - 425/450) segna un intricato intervento, descritto nei vari passaggi, di ridefinizione degli ambienti, delle strutture e delle funzionalità, che investe l’intera area di scavo, parallelamente allo sviluppo (fase 15), tra il 350 ed il 450, di una sempre più frequentemente registrata attività funeraria ad inumazioni che convive con lo spazio per i vivi, che non segna perciò l’abbandono del sito, avvenuto successivamente.

 

           La vita di questi insediamenti, la loro evoluzione, sia negli esempi noti, sia in quelli meno conosciuti al grande pubblico, rappresentano un elemento fondamentale per la conoscenza degli spazi abitativi, degli usi e dei costumi romani, ma soprattutto delle modalità di gestione dei territori conquistati, del livello delle tecniche, dello sviluppo culturale e del processo di romanizzazione in generale, esplicitamente evidenziato dai reperti di scavo. Il capitolo sesto, di vari autori, ne raccoglie il catalogo come pure sintetizza i risultati delle varie tipologie di analisi condotte (Les restes materials, pp. 91-142). Si procede dallo studio degli elementi decorativi per proseguire con i dati derivati dallo studio osteologico sulle ossa e sui resti funerari. Il giusto risalto è dato alla presentazione dei procedimenti impiegati per l’analisi al radiocarbonio come pure alle classificazioni dei materiali ceramici e delle murature, queste ultime presentate in maniera particolamente dettagliata ed utilmente schedati.

 

           Interessanti osservazioni sull’apprestamento della centuriazione d’età romana nell’ager Tarraconensis emergono dalla lettura del capitolo settimo (L’entorn territorial, pp. 143-151), in cui si presentano circa quattro trame ortogonali non sovrapposte, in zone distinte ma perlopiù connesse all’asse obliquo della via Augusta litoranea. Interessanti le riflessioni proposte per ricostruire il programma di riorganizzazione territoriale riconducibile ai secoli II e I a.C. e le dinamiche che hanno condotto a riconoscere il ruolo dell’insediamento di Els Hospitals nel contesto territoriale tarragonese. Le ricerche non si sono limitate al mero uso della fotointepretazione ma si è implementato il procedimento di analisi delle fonti testuali e documentarie, attraverso il controllo sul terreno e continui studi paleoambientali e geomorfologici. La prima trama (Tarraco I), più incerta, si colloca nell’area litoranea a nord della città di Tarragona, è la più prossima alla città, generata da assi ortogonali modulati a 20 actus, posti tra la via Augusta e la via De Italia in Hispanias; la seconda (Tarraco II) si trova tra la via litoranea romana e le colline a ovest di Tarraco; la terza (Tarraco III) investe il sito di El Morell e le zone circostanti, in particolare a settentrione e a nordest; l’ultima (Tarraco IV) si concentra ad est di Tarraco.

 

           Tutto converge verso il capitolo conclusivo (Valoracions finals: el context històric i l’ocupació de l’ager Tarraconensis, pp. 153-162), di cui si presentano a fondo testo due traduzioni, rispettivamente in inglese e castigliano (Final evaluations: The historical context and the occupation of the Ager Tarraconensis, pp. 179-188; Valoraciones finales: el contexto histórico y l’ocupación del Ager Tarraconensis, pp. 193-202). Lasciando alla lettura diretta le numerose riflessioni legate alle trasformazioni finali, dettagliate e corredate da ampi esempi di confronto (villa de la Paret Delgata, a la Selva del Camp; villa del Romeral a l’Albesa; vil·la Fortunatus a Fraga etc), attira l’attenzione dello studioso sia una possibile connessione tra l’impianto del complesso di sfruttamento agricolo e gli interventi ipotizzabili nell’agro fin dall’età graccana, di cui si hanno pochissime testimonianza archeologiche, sia le considerazioni sulla costruzione di un’ampia zona termale in un edificio lungo un asse stradale.

 

           La costanza nella pubblicazione dei risultati è assolutamente esemplare: in questo modo si forniscono progressivamente elementi per la ricostruzione del paesaggio antico in maniera sistematica, anche se fisiologicamente parziali, riuscendo ad un tempo sia a porre in evidenza le caratteristiche peculiari della regione indagata, sia ad inserirla in un  dibattito a più ampia scala: la presenza nella prima fase residenziale di quattro cubicula affrontati è rilevata come un elemento di novità negli scavi nel Camp de Tarragona, che costringe a superare i confronti con gli edifici delle aree limitrofe (Cal·lípolis, de la Llosa, del Moro, dels Munts) per giungere a Pompei e all’Oriente (p. 79; 156). Le trasformazioni del complesso residenziale, forse una villa romana con fulcro nel III sec d.C. - in un momento in cui si rende visibile la crisi economica che condurrà all’abbandono di altri complessi residenziali anche prossimi- potrebbero trovare una spiegazione sia toponomastica, sia funzionale, nella loro destinazione a zona di accoglienza (Els Hospitals) lungo un percorso stradale verso l’interno, pur preferendo evitare paralleli troppo stretti con una statio o una mutatio per mancanza di elementi archeologici inconfutabili, ed ampliando con apprezzata prudenza il problema attraverso estesi confronti ad altri complessi scavati nell’area della tarragonense o altrove. Un’accurata Bibliografia (pp. 163-173) conclude il volume.

 

           La pubblicazione è organizzata in maniera estremamente semplice e razionale, curata e diretta, ed i contenuti delle indagini risaltano per completezza. Probabilmente la distribuzione delle planimetrie e la cartografia (che sarebbe stata molto più immediata da leggere se resa a colori, soprattutto nelle sequenze delle fasi di vita) è l’aspetto meno pratico, ma è un dettaglio che non inficia la validità del lavoro, di per sè poco criticabile sul piano dei contenuti, in quando dominio degli scavatori.

 

 

           Lo studio appare complessivamente aderente alla caratteristica dei volumi editi dal dipartimento catalano, per quanto fin qui verificato: testi non eccessivamente corposi ma che -in uno spazio ben definito- presentano i principali risultati degli interventi senza costringere il lettore a seguire interminabili descrizioni. Il sito si rivela complesso e difficile da presentare, ma il procedimento metodologico è chiaro ed esaustivo, di conseguenza si riesce in maniera efficace a ricostruire il percorso di ricerca compiuto. Il testo non è di semplice lettura non perché il livello tecnico sia osticamente elevato ma per lo sforzo di sintesi richiesto agli studiosi, peraltro sostanzialmente adeguato alla mole del lavoro prodotto.