Sabrié, Raymond (dir.): Le Clos de la Lombarde à Narbonne. Atelier de salaisons, Thermes, Maison IX, Rue D (Archéologie et Histoire Romaine 29), 410 p., nbr. ill. + 32 pl. coul. h.t., ISBN: 978-2-35518-046-0, 65 €
(Editions Monique Mergoil, Dremil-Lafage 2015)
 
Compte rendu par Sabrina Pietrobono, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, Italia
 
Nombre de mots : 2524 mots
Publié en ligne le 2020-08-26
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Il volume raccoglie ed esamina analiticamente, con l'ausilio di una ricca documentazione grafica e fotografica, i risultati delle indagini stratigrafiche effettuate nel settore orientale dello scavo estensivo che ha interessato un isolato di un antico quartiere residenziale, riemerso nel quadrante nord della città di Narbo Martius (poi Narbona), odierna Narbonne (Départmente de l'Aude, Languedoc-Roussillon, France), più esattamente nel sito oggi denominato “Le Clos de la Lombarde”, adiacente il cimitero. L'isolato, con vocazione periferica già al momento dello sviluppo del centro antico, si collocava lungo il riconosciuto asse della via Domitia, primaria arteria di collegamento tra la Spagna e l'Italia attraverso la romana Gallia Narbonense.

 

         Il testo risulta essere il quinto contributo all'interno di una più vasta serie di pubblicazioni scientifiche che raccoglie e analizza tali interventi [La maison à portiques du Clos de la Lombarde à Narbonne et sa décoration murale. Fouilles 1975-1983, a cura di M. Sabrié, Y. Solier, R. Sabrié, nel 1987; La basilique paléochrétienne du clos de la Lombarde à Narbonne: cadre archéologique, vestiges et mobiliers, a cura di Y. Solier, nel 1991; Le Clos de la Lombarde à Narbonne: espaces publics et privés du secteur nord-est, a cura di R. Sabrié, nel 2004; La maison au Grand Triclinium du Clos de la Lombarde à Narbonne, pure a cura di R. Sabrié, nel 2011].

 

         Nel testo ora in esame, il gruppo di ricerca coordinato da R. Sabrié investe i dati restituiti dalle indagini su differenti strutture (residenziali, artigianali, pubbliche) individuate nella porzione orientale del sito, tra le quali un interessante complesso termale (distinto in due aree, definite Piccole e Grandi Terme) ed un impianto di domus (denominata Maison IX). Il volume si articola, dopo un'adeguata introduzione (Introduction, pp. 11-15, a cura di R. Sabrié), in 9 capitoli, che sezionano efficacemente il volume.

 

         Richiamata per linee generali la storia della fondazione della Colonia nonché il contesto archeologico di Narbonne, si riconosce che gli interventi a Le Clos de la Lombarde furono funzionali al processo di ampliamento costruttivo che avvenne verso la fine del periodo repubblicano, in parallelo alla riorganizzazione amministrativa cesarea e augustea, allorché si intraprese un cospicuo sviluppo planimetrico in direzione nord realizzando nuovi quartieri ancorati ad un reticolo di strade, dotate di sistema di scolo e drenaggio delle acque, con isolati regolari e perfettamente organizzati. Tra i confini dello scavo emerse inizialmente una domus (la “maison à portiques”) abbandonata nel III secolo d.C., gli spazi della quale furono parzialmente occupati nel corso del secolo seguente dalla costruzione di una basilica paleocristiana attorniata da modeste abitazioni; per erigerla furono recuperati i materiali disponibili dalle spoliazioni di quanto già inutilizzato. In seguito furono messi in luce i resti di ulteriori dimore signorili, soprattutto la “maison au Grand Triclinium”, a contatto con la struttura basilicale, e ambienti con fronte porticata sugli assi stradali ortogonali, i quali ospitarono attività economiche e produttive. Compreso tra 4 assi (denominati A, B, C, D), con il cardo principale a confondersi con la via Domizia, l'isolato crebbe e persistette tra il I secolo a.C. e il V secolo d.C. in tutta l'estensione indagata, pur con adeguamenti, visto che la sua frequentazione si ridusse nel III secolo quando la città rimodulò gradualmente i suoi spazi all'interno dei limiti fissati poi nella Tarda Antichità e nel Medioevo.

 

         Per lo più a firma di R. Sabrié, i primi cinque capitoli del testo presentano impostazione più propriamente topografica e, con una dettagliata restituzione stratigrafica, si concentrano sulla ricostruzione degli spazi emersi in fase di scavo, che si prestavano anche per attività economiche (Cap. I. pp. 17 – 41), come avvenuto dal I secolo a.C. in ambienti (dai quali provengono resti di pavimentazioni in opus spicatum, canalizzazioni, bacini, pozzi e altri reperti) in seguito obliterati dalle sale degli impianti termali di seconda fase; è qui proponibile una lavorazione di prodotti del mare, del garum o per la salatura del pesce, per la quale erano forse a disposizione vicine saline.

 

         L'esistenza di terme a Narbonne (Cap. II, p. 45) era nota da fonti sia archeologico-documentarie sia letterarie, ad esempio quelle epigrafiche ed una menzione di Sidonio Apollinare, nonché testimonianze di scavo ed indizi provenienti da vari contesti urbani che attendono tuttora adeguata riconsiderazione mediante studi aggiornati; pur risultando problematico associare le fonti in nostro possesso agli impianti scavati a Le Clos de la Lombarde, questi ultimi sono per ora i più noti e completi esempi di tali strutture in città e, pur essendo disturbati dallo scavo di fosse tardo antiche riemerse spesso nell’area di indagine, rivelano almeno tre fasi di vita, con un arco cronologico che si estende dalla metà del I secolo d.C. al principio del III secolo.

 

         Nel I secolo le terme di prima fase (Cap. II.1, pp. 46 – 71), preservate in parte nella superficie nordorientale dello scavo, si impiantarono in una porzione di quartiere (connessa ad îlot III) che non è stato possibile indagare completamente poiché al di sotto dell'attuale cimitero. In una seconda fase, databile dopo la fine del I secolo d.C., gli impianti giunsero a coprire la strada C e occuparono l'estremità sudorientale dell'isolato principale dello scavo (îlot I). In una terza fase, databile alla fine del II secolo, gli ambienti furono sottoposti a importanti rimaneggiamenti.

 

         Dell’impianto di prima fase sono stati riconosciuti i resti di cinque diversi ambienti, tra i quali un criptoportico, un frigidarium absidato, una natatio caratterizzata da gradini; altri resti (condutture in piombo, decorazioni architettoniche, etc) suggeriscono l’immagine delle condizioni originali, ma poco si può dire sui sistemi di copertura. In seguito, il livello delle pavimentazioni delle precedenti strutture, tranne che in due ambienti, fu sopraelevato: due zone per i bagni (Cap. II. 2, pp. 73 – 116), la prima denominata Grandi Terme, di circa 268 m2, la seconda detta Piccole Terme di circa 243 m2, furono fatte allestire contemporaneamente, forse perché destinate agli uomini e alle donne, ampliando gli spazi della prima fase del complesso termale. Non sono stati rintracciati i limiti effettivi delle due strutture, esterni al perimetro di scavo, pertanto gli accessi sono stati soltanto ipotizzati. Sono però ben individuati gli ambienti interni rimasti percepibili: nelle Grandi Terme, con pavimentazioni sia in opus spicatum sia a mosaico, sono emersi piscina e vari ambienti caldi e freddi, con residua decorazione nell’apodyterium; nelle Piccole Terme si conservano, tra i resti meglio leggibili, anche canalizzazioni di possibili latrine, impianto di riscaldamento, piscina, ambienti caldi e freddi, pavimentati anche in opus sectile.

 

         L’ultima fase di frequentazione (Cap. II. 3, pp. 117 – 139) rivela estesi rimaneggiamenti databili agli ultimi decenni del II secolo quando, semplificando, si ampliarono le Grandi Terme, allestendo un’ampia sala e nuove latrine negli spazi delle abbandonate Piccole Terme; a questa fase si associano resti di varia tipologia, monete, sculture (un Mercurio stante) nonché un programma di nuova decorazione parietale, prima dell’oblio generale avvenuto nei primi decenni del III secolo. Nel tentativo di ricomporre il senso e l’organizzazione generale del complesso, lo studio di A. Bouet (Cap. II. 4, pp. 141 – 155) contestualizza la difficile problematica del riconoscimento dei percorsi di fruizione interna, ponendo i risultati di scavo a confronto con significativi esempi termali romani meglio noti.

 

         Nel margine orientale dell’area la Maison IX (Cap. IV, pp. 157 – 173) ebbe due fasi di vita, dal I al III secolo, distinte dal rinnovo della sua decorazione parietale, pur con battuto pavimentale in terra.

 

         In riferimento alla Tarda Antichità (Cap. IV, pp. 175-193) si sono registrate per lo più fosse per spoliazione e recupero dei materiali, con alcune sepolture ad inumazione, ma una significativa testimonianza di tale periodo e della sua complessità culturale si rivela nel luogo di culto pagano che trova sede nei locali abbandonati.

 

         Il cardo secondario D (Cap. V, pp. 195 – 222) è la strada di maggiori dimensioni rinvenuta negli scavi; la presenza di piani di posa, di canalizzazioni e di residui di basi richiama la costruzione di portici; emergono frammenti di dipinti, in particolare quelli di un ambiente con decorazione a fondo nero, che avrebbe potuto ospitare modeste attività artigianali in vita contemporaneamente alle terme.

 

         Conclusa la ricostruzione degli edifici rinvenuti, nella seconda parte del volume si catalogano le varie classi di reperti mobili, a cura prevalentemente dei collaboratori di R. Sabrié, il quale concentra il suo apporto sullo studio di figurine e di elementi decorativi in terracotta (Cap. VI.2, pp. 235-237) insieme agli oggetti in metallo (Cap. VII.5, pp. 321-325), lasciando la disamina dei resti scultorei a J. Marcadé e F. Queyrel (Cap. VI.1, pp. 223-234), gli intagli ad H. Guiraud (Cap. VI.3, pp. 238 – 239), le monete per A. Le Martret (Cap. VII.1, pp. 241-276), la ceramica del pozzo 21 a C. Sanchez (Cap. VII.2, pp. 277-279), gli oggetti in vetro a S. Raux (Cap. VII.3, pp. 280 – 298), la lavorazione in osso e l’instrumentum a I. Rodet-Belarbi (Cap. VII.4, pp. 299-320). I materiali da costruzione in terracotta sono stati affidati a G. Fédière (Cap. VIII.1, pp. 327-349); ancora R. Sabrié ha studiato i marmi e le pietre decorative (Cap. VIII.2, pp. 350 – 358) ed insieme a J. Farré i resti di conchiglie (Cap. IX.1, pp. 359 – 362), mentre N. Rovira e G. Piquès si sono rispettivamente concentrati sui carporesti dell’ambiente 21 (Cap. IX.2, pp. 363 – 376) e sui residui archeo-itticofaunistici del pozzo 2 (Cap. IX.3, pp. 377 – 387). L'inserimento di un gruppo di specialisti a studiare la molteplicità dei reperti rinvenuti nel corso delle ricerche premia la completezza del programma di ricerca sul sito, integrando la descrizione delle strutture e gettando definitiva luce sui contesti stessi dei ritrovamenti.

 

         Nonostante la città di Narbonne lamenti, come molte sue pari, la necessità di espandere il numero delle ricerche per riuscire a ricomporre un quadro esaustivo della sua vita in età romana, questo massiccio contributo attesta l'importanza di quanto fino ad oggi realizzato per questo comprensorio, né il testo può essere compreso, per quanto attiene le sue finalità, separatamente dal contesto generale degli scavi effettuati. Le indagini dimostrano che quest’area fu occupata da persone la cui classe sociale era certamente di alto rango e che mirava a riprodurre lo stile di vita che si conduceva nella capitale dell’impero; le attività artigianali esistenti sono meglio individuabili in momenti che hanno preceduto o seguito il periodo più prospero dell'area, allorché la costruzione di grandi case di città sul modello delle abitazioni del centro dell'Impero declinò.

 

         Il fatto di non possedere dati altrettanto significativi provenienti da scavi così ben strutturati in altre zone della città, costringe le conclusioni di R. Sabrié, il quale, riassumendo il lavoro svolto, rimarca le condizioni generali di vita e le modalità di abbandono del sito. Se per il momento non si può riflettere ulteriormente sul contesto economico generale della città, ciò non impedisce di raccogliere suggerimenti per ulteriori ricerche, in particolare sulle connessioni con gli insediamenti che sfruttavano le risorse della costa, aspetto che viene qui riproposto proprio dal rinvenimento degli ambienti destinati alla lavorazione dei prodotti del mare, ma questo non è il solo stimolo. Un altro riguarderebbe proprio la maggiore definizione dei caratteri della frequentazione tardo antica: alcuni spazi delle antiche terme sarebbero stati occupati almeno fino al termine del IV secolo o all'inizio del V secolo, con modesti muri associati a pure modesti battuti in terra, evidenziando la persistenza di attività in loco. La presenza di un santuario per il culto pagano frequentato fino al declinare del IV secolo, nelle immediate vicinanze di una basilica paleocristiana, sarebbe un interessante segnale di convivenza ravvicinata, che aiuterebbe possibilmente nell’approfondire la conoscenza dei rapporti quotidiani locali e la dimensione sociale delle due componenti religiose.

 

         Il libro non si presenta - né lo deve essere - di immediata lettura, da una parte perché il riscontro di tali dati resta ovviamente in possesso degli scavatori e questo non aiuta nella comprensione di tutte le dinamiche delle complesse indagini, e dall’altra perché deve essere necessariamente completo e particolareggiato nella restituzione dei dati raccolti in sede di indagine. A fronte di una relativa difficoltà nel reperire informazioni sulla città di Narbonne, dove, nonostante la preminenza del suo ruolo di capoluogo regionale, restavano poche vestigia del periodo romano, Le Clos de la Lombarde rappresenta certamente un felice momento nella ricerca storico-archeologica ed un esempio dei notevoli risultati che si possono ottenere quando le organizzazioni di volontariato, ricercatori e autorità locali operano in sinergia.

 

         Le Clos de la Lombarde, area precedentemente nota con la denominazione di “terrain Donnadieu”, spicca oggi per essere uno dei non molti antichi quartieri urbani della regione - ed oltre – ad aver adeguatamente beneficiato della conduzione di un’indagine archeologica così accurata e costante, con concreta attenzione alla pubblicazione dei dati acquisiti. L'area, abbandonata e destinata ad uso agricolo, aveva già restituito in passato significative testimonianze d'età classica e di insediamento stabile; rimase però marginale nel contesto urbano locale fino al tentativo di sviluppo edilizio che condusse alla riscoperta delle strutture romane nel corso degli anni '70 del secolo scorso, quando venne acquistata dall'amministrazione statale e conseguentemente soggetta a sondaggi di scavo a partire dal 1973. La restituzione di una serie notevole di reperti (frammenti e resti di mura, pavimenti, mosaici, affreschi, etc) indusse a riprogrammare gli interventi nell’ottica di uno scavo estensivo; ricerche sempre più approfondite furono rese possibili grazie al supporto operativo del Groupe de Recherches Archéologiques du Narbonnais (G.R.A.N.) e condotte dapprima da Yves Solier (CNRS) fino al 1977 poi proseguite, con cadenza annuale dal 1985 fino al 2001, grazie agli sforzi dei coniugi Maryse and Raymond Sabrie.

 

         L’approfondita disamina dello scavo, con l’esaustiva ricostruzione archeologica e storica raccolta nel volume, che non tralascia di ammettere sinceramente i punti e i temi che resteranno inevitabilmente problematici a causa delle incolmabili perdite avvenute attraverso i secoli, è garanzia della serietà scientifica del lavoro svolto nel corso, ormai, di decenni; in tale tipo di pubblicazione risulta quindi fondamentale dimostrare chiara capacità prima di analisi, poi di sintesi, se si intende fornire una efficace comunicazione, ed in questo il testo eccelle: la trattazione prosegue in maniera ordinata, analitica, soddisfa pienamente le domande che sorgono nella lettura grazie alla messe di indicazioni e suggerimenti presentata, con sintesi finali accessibili e chiarificatrici, proponendosi in ultimo come un testo di riferimento e di confronto dall’indubbia utilità.

 

 

Sommaire

 

Préface, Ph. Vergain, 9

 

Introduction, R. Sabrié, 11-15

 

I : Avant les Thermes, R. Sabrié, 17-43

 

II : Les installations thermales, R. Sabrié et A. Bouet, 45-155

 

III : La Maison  IX, R. Sabrié, 157-173

 

IV : L'Antiquité tardive, R. Sabrié, 175-193

 

V : Le Cardo secondaire D, pp., R. Sabrié, 195- 222

 

VI : Le  mobilier décoratif, J. Marcadé, F. Queyrel, R. Sabrié et H. Guiraud, 223- 239

 

VII : Le mobilier de la vie quotidienne, A. Le Martret, C. Sanchez, S. Raux, I. Rodet-Belarbi, et R. Sabrié, 241-325

 

VIII : La terre cuite et les marbres, G. Fédière et R. Sabrié, 327-358

 

IX: Documents organiques, R. Sabrié, J. Farré, N. Rovira et G. Piquès, 359-387

Conclusions, pp. 389-390, di R. Sabrié

 

Tables des illustrations, 391-396

 

Bibliographie, 397-408

 

Planches en couleur hors texte