Starac, Alka: Hercules’ Sanctuary in the Quarter of St Theodore, Pula. Paperback; vi+126 pages; ill. in colour and black & white (42 colour plates), ISBN : 9781784918736, 32£
(Archaeopress, Oxford 2018)
 
Compte rendu par Maurizio Buora, Società friulana di archeologia
 
Nombre de mots : 997 mots
Publié en ligne le 2021-09-23
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
Lien: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=4061
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          Parliamo di un bel volume, agile, molto ben illustrato, che analizza uno scavo molto complesso (e molto fortunato!) effettuato tra 2005 e 2009 presso le mura urbiche nella zona nordorientale della colonia romana di Pola. Nella sua fase più monumentale il complesso aveva una superficie di oltre 900 metri quadrati, di cui 600 sono stati interessati dallo scavo. La parte più interessante dello studio si sofferma a lungo sui resti più antichi, i quali, come è facilmente comprensibile, sono i meno conservati. Sulla base della stratigrafia e dei dati del C14, corroborati da  un'amplissima serie di confronti, che spaziano dai territori di cultura greca all'ambito italico (Roma compresa), l'A. persuasivamente tratteggia le fasi evolutive del complesso. La fase più antica, contraddistinta da un focolare, di m. 1,30 x 1,80, era un luogo di culto degli Istri, posto presso una sorgente. Nel periodo repubblicano intorno al 216 a.C.,  grosso modo al tempo delle guerre contro gli Istri,  fu costruito un santuario con una superficie rettangolare, pavimentata, di circa 30 metri quadrati,  e un canaletto. In seguito su di essa venne costruito uno spazio rettangolare ipogeo che conteneva resti di sacrifici. Un incendio causò la fine di questa struttura che fu coperta da un ammasso di laterizi e malta. Ciò poté avvenire intorno al 41 a.C. ossia durante il secondo triumvirato e poco tempo dopo che la romana Pola era stata fondata.

 

         Dalla fine del II e per tutto il I secolo a.C. in Italia furono costruiti numerosi templi dedicati a Ercole, posti presso una sorgente e spesso con la presenza di un oracolo. Nel terzo quarto del I secolo a.C.  più fasi costruttive si susseguirono nell'area della terrazza del tempio a Pola, contrassegnate da sacrifici propiziatorii. La posizione dell'area accrebbe il significato del nuovo tempio, per la  sorgente e la stretta relazione con la griglia della centuriazione. L'A. ipotizza addirittura che l'ipogeo presso il tempio potesse corrispondere  al mundus, ossia l'umbilicus urbis. Qui il culto prestato a Ercole sarebbe stato assimilabile a quello rivolto ai fondatori delle città.

 

         Dopo la fondazione della città romana il tempo mantenne gli elementi originari del culto, acquisendo la forma architettonica dell'area porticata – sul modello ad esempio del foro di Cesare a Roma - e svolgendo anche una funzione di propaganda per il nuovo regime.

 

         A causa delle trasformazioni dell'area, nessuno dei pochi frammenti pertinenti alla decorazione architettonica del complesso templare fu rinvenuto nella sua posizione originale. Nondimeno l'accuratissimo esame di Alka Starac (cap. 5) ha consentito di riconoscere funzione e cronologia almeno dei frammenti di maggiori dimensioni, suddivisi in parti del tempio, parti del portico circostante e altri non attribuibili. I differenti caratteri hanno permesso di distinguere quelli appartenenti alla prima da quelli della seconda fase del complesso. Pertanto è stata ricostruita la storia edilizia, che avrebbe visto inizialmente la predisposizione della terrazza, con strati di riempimento, e lo scavo delle fondazioni del tempio (tra 45 e 30 a.C.), quindi la predisposizione del porticato, infine la costruzione del primo tempio, cui avrebbe fatto seguito, in breve tempo, un altro, leggermente più piccolo. Nell'insieme il complesso, comprendente anche la parte non scavata, avrebbe potuto avere una estensione di 45 x 33 metri.

 

         Il sesto capitolo è di grande interesse, in quanto tratta degli aspetti economici legati alla costruzione del tempio, dell'importazione delle anfore e delle dinastie senatorie. Per predisporre la terrazza e garantirne il drenaggio fu necessario disporre su più file un complesso di 2119 anfore,  delle quali circa il 10 % erano bollate. L'argomento, che è stato trattato più volte da Alka Starac, è stato oggetto anche di una sua pubblicazione specifica (Deposit of Amphorae in the Quarter of St. Theodore, Pula, Oxford, Archaeopress Roman Archaeology, 75, 2020). Esse sono di grandissimo interesse in quanto documentano la circolazione di questi prodotti nel periodo tra 45 e 40 a.C. A partire da questa parte del volume l'A. si avventura in una serie di ipotesi, alcune molto suggestive, ma oggetto più di fede che di scienza. Ella infatti ipotizza (p. 91) quante navi sarebbero state necessarie per il loro trasporto (almeno 7) come più avanti (pp. 103-104) sulla base di un bel volume di Giovanni Pegoretti (Manuale pratico per l'estimazione  dei lavori architettonici, stradali, idraulici e fortificazione, Milano 1843) cerca di calcolare quante giornate di lavoro sarebbero state necessarie per la costruzione del tempio. Giova però ricordare che l'autore citato si riferisce ai lavori stradali, che a suo avviso si potevano compiere in una giornata lavorativa di 10 ore: non sappiamo quanto durasse una giornata di lavoro in epoca romana a Pola e non è detto che la produttività di un operaio addetto ai lavori stradali nell'Ottocento fosse equivalente a quella di un muratore in epoca romana. 

 

         L'analisi delle anfore è molto accurata: la stragrande maggioranza – pari al 98 % - , appartengono al tipo Lamboglia 2 o alla forma di transizione verso le Dressel 6 A. Esse sembrano essere state usate per contenere vino, ma alcune presentano dei fori, per cui si può supporre che potessero contenere animali, come ghiri (molto apprezzati sulle mense romane). I 114 bolli (su 204 anfore) si riferiscono a produttori (di vino e/o di anfore) molti dei quali erano probabilmente connessi con famiglie senatoriali.

 

         L'ultima sezione (da p. 95) è dedicata all'esame dell'aspetto del tempio, sulla base del manuale di Vitruvio.

         

         Concludono il volume 16 pagine di bibliografia, con ben 430 titoli.

 

         Dal medesimo scavo Alka Starac ha ricavato più di una dozzina di studi relativi a diversi argomenti (urbanistica, sistema fognario, vicende dell'area in età tardoantica, analisi del complesso delle anfore etc.) a dimostrazione di quanto si possa apprendere se si vuole veramente approfondire quanto lo scavo porta alla luce. Questo bel libro, dunque, offre non solo importanti novità anche per la storia dell'arte romana, ma anche un concreto esempio di edizione scientifica dei risultati dell'indagine archeologica. Il che non è affatto poco.