Drandaki, Anastasia: Late Antique Metalware. The Production of Copper-Alloy Vessels between the 4th and 8th Centuries. The Benaki Museum Collection and Related Material (coll. Bibliothèque de l’Antiquité Tardive, BAT 37). 410 p., 250 col. ills, 5 b/w tables, 216 x 280 mm, ISBN: 978-2-503-56941-3, EUR 85 excl. tax
(Brepols, Turnhout 2020)
 
Compte rendu par Margherita Bolla, Museo Archeologico al Teatro romano di Verona
 
Nombre de mots : 1881 mots
Publié en ligne le 2022-02-28
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Si tratta del trentasettesimo volume dell’importante collana “Bibliothèque de l’Antiquité tardive” (BAT), che raccoglie monografie, studi in onore, miscellanee «dans les langues scientifiques usuelles», affiancando la rivista omonima, sotto il patronato dell’Association pour l’Antiquité tardive (presso l’Université Paris-Sorbonne) e avvalendosi di un prestigioso comitato scientifico per la selezione degli scritti da pubblicare e per la loro supervisione.

 

          La collana ha ospitato nel 2010 un altro volume dedicato a bronzi tardoantichi: Maria Xanthopolou, Les lampes en bronze à l’époque paleochrétienne, che nella lista dei «déjà parus» aggiunta qui dall’Editore (p. 411) compare curiosamente con un titolo differente. Questa ricerca è ricordata da Anastasia Drandaki, insieme con altre (in particolare di Brigitte Pitarakis e di Kirsten Werz), fra gli studi di riferimento per le indagini sui materiali metallici in bronzo (o in copper-alloy, secondo la più precisa denominazione inglese), per le quali l’Autrice ha fatto uso di una bibliografia (pp. 371-393) ampia e aggiornata, senza tralasciare gli studi pionieristici, quali quelli di Joachim Werner.

 

          Con questo libro Anastasia Drandaki conduce alla pubblicazione la propria tesi di dottorato sul vasellame in bronzo dal IV all’VIII secolo del Museo Benaki, sostenuta presso l’Università di Atene nel 2008, nel ruolo di curatrice della collezione bizantina del Museo (dal 1991 al 2017) e avendo usufruito della collaborazione della struttura, in particolare del laboratorio per la conservazione dei metalli, riguardo a campionature, analisi chimiche e interventi conservativi, che hanno consentito di migliorare la leggibilità degli oggetti anche nelle caratteristiche di superficie.

 

          Nella premessa viene sottolineato il ruolo che il vasellame metallico di quest’epoca ebbe negli interessi collezionistici di Antonis Benakis e il posto ad esso dedicato nella politica di acquisizioni di Angelos Delivorrias, direttore del Museo Benaki dal 1974 al 2014, al quale il volume è dedicato.

 

          L’introduzione evidenzia la minore attenzione ricevuta finora negli studi dal vasellame in bronzo del periodo rispetto a quello in argento e riassume le caratteristiche della raccolta del Museo ateniese: oggetti privi di contesto archeologico (quiindi databili solo in base ai confronti) e di provenienza, ma in gran parte acquistati in Egitto, dove la famiglia Benaki visse a lungo, in un periodo nel quale il mercato egiziano di antichità fece affluire gruppi di oggetti analoghi in vari musei europei. Le prime pubblicazioni di questi materiali diedero origine alla vexata quaestio dei bronzi “copti”, della quale vengono qui delineate le principali direzioni di ricerca. Per affrontare il tema del vasellame, l’Autrice ha tenuto conto dell’importante e ricca fonte costituita dai papiri; propone poi interessanti considerazioni sulle denominazioni del periodo in esame, per il quale predilige «Late Antiquity» o «Late Roman», dandone giustificazione.

 

          La prima parte del volume è dedicata ai tipi di contenitori conservati nel Museo Benaki, con considerazioni - per ciascuna forma - su tipologia, tecnica di fabbricazione, distribuzione, cronologia, funzione e terminologia (i testi su questi due ultimi temi, basati sulle fonti letterarie greche e latine e sui papiri, sono sempre di notevole interesse). L’Autrice ha scelto di separare questa parte della trattazione da quella più propriamente catalogica, posta in calce al testo (v. infra).

 

          Vengono trattate dapprima le forme aperte, poi brocche e bottiglie, mestoli, cucchiai e strumenti per la mensa, situle, anforette, «flasks» (per balsami e aromi), materiali per l’illuminazione, incensieri. In generale si nota la tendenza a raggruppare all’interno di un medesimo «type» – in base alla funzione – vasi differenti; ad esempio nelle «small bowls» sono uniti due gruppi: coppe con labbro orizzontale perlinato e piede ad anello e coppe più ampie, quasi prive di bordo, con tre supporti anulari e anello di sospensione presso l’orlo; nelle «bowls with horizontal handle», sono raggruppati vasi a bocca circolare, quadrata, con o senza piede, con labbro orizzontale decorato da semisfere oppure senza labbro e nel gruppo B sono unite forme diverse della classificazione Werz. Alcuni insiemi appaiono invece più omogenei, ad esempio i mestoli a manico verticale o le situle («buckets»). Probabilmente, considerando l’eterogeneità del vasellame conservato nel Museo, si è voluto evitare di frammentare eccessivamente la trattazione. I commenti sono ricchi di spunti di riflessione.

 

          Nelle «bowls with horizontal handles», la patera n. 20 (pp. 57, 317), correttamente datata alla prima età imperiale romana e inserita nel catalogo a causa dell’aggiunta (recente) di un elemento tardoantico, è da riferire alle patere classificate in Petrovszky 1993 come tipo VIII, probabile variante 1b; l’elemento aggiunto sul manico ha impedito di verificare l’eventuale presenza di un bollo del produttore.

 

          Nel capitolo dedicato alle «spouted bowls» l’Autrice ha inserito per completezza, con una trattazione sintetica, sette vasi di epoca islamica (datati fra il IX e il XII secolo).

 

          Al commento sui bacili con anse mobili («bowls with moveable handles») e alla lista presentata alla p. 96, sono da integrare le considerazioni e l’elenco dei ritrovamenti proposti da M. Castoldi, Il bacile di bronzo con piede traforato, in Archeologia medievale a Trezzo sull’Adda. Il sepolcreto longobardo e l’oratorio di San Martino. Le chiese di Santo Stefano e San Michele in Sallianense, a cura di S. Lusuardi Siena e C. Giostra, Milano 2012, pp. 295-307.

 

          Nel capitolo 11 sugli amphoriskoi, alla p. 170, fig. 147, l’Autrice menziona una serie di anforette miniaturistiche in piombo come «pilgrimage tokens»; esse sembrano rientrare in un gruppo di microcontenitori plumbei per sostanze medicinali, cfr. ad esempio, per riferimenti bibliografici, C. Corti, Piccoli contenitori in piombo ad anforetta: due esemplari dal Modenese, e M. Bolla, A. Buonopane, Frammento di contenitore in piombo iscritto da Verona, in Instrumenta inscripta VIII. Plumbum litteratum. Studia epigraphica Giovanni Mennella oblata, a cura di G. Baratta, Roma 2021, pp. 311-320, 321-326.

 

          Nel capitolo 12 relativo alle «flasks», interpretate come balsamari, per il rapporto ivi delineato fra il contenitore a forma di pesce n. 74 (pp. 173, 178, 181, 341-342) e le lucerne di forma analoga in varie materie prime (bronzo, terracotta, ecc.), va ricordato lo studio di M. Buora, Sacro e profano nelle lucerne bronzee della Romania, in Culti e religiosità nelle province danubiane, Atti del II convegno internazionale (Ferrara, 2013), a cura di L. Zerbini, Bologna 2015, pp. 720-733, che mette in luce la probabile non autenticità del gruppo di lucerne configurate a pesce.

 

          Con una scelta inconsueta, l’Autrice inserisce nel volume anche 37 fra lucerne e elementi per illuminazione in bronzo, dedicando loro un corposo capitolo; per tre statuine (nn. 109-111) la pertinenza a lucerne è considerata possibile ma non certa. Sono editi anche due candelabri di epoca posteriore. Diciannove esemplari non risultano pubblicati in Xanthopolou 2010 (ma il n. 78 corrisponde a Xanthopolou 2010, p. 200 n. LA 14.008; il n. 98 è edito a p. 33, fig. 61; il n 105 è menzionato a p. 47 nota 328) e costituiscono dunque un cospicuo arricchimento per la conoscenza del materiale da illuminazione del periodo.

 

          Per il capitolo 14 sugli incensieri potrebbe essere utile l’integrazione con la corposa monografia di H. Westermann-Angerhausen, Mittelalterliche Weihrauchfässer von 800 bis 1500 (Bronzegeräte des Mittelalters, 7), Petersberg 2013, dedicata al periodo successivo a quello trattato da A. Drandaki, ma con interessanti considerazioni generali.

 

          Nella seconda parte del libro in esame, relativa alla produzione di questi materiali metallici, vengono trattati in tre capitoli i dati tecnici ricavati dallo studio dei vasi del Museo Benaki, il tema delle officine e quello di morfologia e decorazione.

 

          Riguardo alle analisi sulla composizione della lega, presentate nella tabella alle pp. 276-277 e riassunte alla p. 305 delle Conclusioni, è interessante che i vasi del Museo Benaki considerati prodotti in Egitto/Mediterraneo orientale mostrino perlopiù basse quantità di piombo e concentrazioni di zinco maggiori rispetto alle analisi dei vasi “occidentali” (come già evidenziato dalle analisi di Dannheimer 1979, qui ampiamente citate), suggerendo all’Autrice «a different metalworking tradition». Analisi condotte su vasi plastici di provenienza orientale (Egitto e Begram) ma appartenenti alla media età imperiale romana hanno fornito indicazioni differenti: alto contenuto di piombo (leaded bronze) e scarsa presenza, se non assenza, di zinco, cfr. V. Marti-Clerx, B. Mille, Nouvelles données sur la répartition des ateliers producteurs des vases anthropomorphes d’époque romaine. La nature peut-elle déterminer la provenance ?, in I Bronzi antichi. Produzione e tecnologia, atti del XV Congresso internazionale (Grado-Aquileia, 2001), a cura di A. Giumlia-Mair, Montagnac 2002, pp. 385-392. La comparazione fra questi dati potrebbe suggerire per l’Egitto di epoca tardoantica un mutamento sopravvenuto nelle tecniche metallurgiche piuttosto che il ricorso a una tradizione di lunga durata, ma sarebbe necessario disporre di una quantità molto maggiore di analisi condotte su altre forme vascolari di epoche differenti.

 

          Di particolare interesse la trattazione (pp. 301-303) del problema del vasellame cosiddetto “copto”, nella quale l’Autrice aderisce alla tesi dell’esistenza di più centri di produzione.

 

          Segue - secondo la stessa sequenza utilizzata nella prima parte - il catalogo dei vasi conservati presso il Museo Benaki, costituito da schede accurate, con qualche ripetizione nel lemma relativo ai confronti. Invece per alcuni dati tecnici – ad esempio le misure di capacità dei vasi nn. 58-61 (v. p. 153, con un errore di stampa per il n. 60) – sarebbe stata utile una riproposizione nelle schede di catalogo. Rispetto alla prima parte del volume, che si conclude con il capitolo 14 dedicato agli incensieri, qui viene aggiunto un 15° capitolo comprendente tre altri vasi («other receptacles»): una pisside, un boccale monoansato e un probabile modiolus.

 

          Il volume è di qualità grafica elevata e riccamente illustrato (vengono presentate anche belle immagini di numerosi oggetti di confronto, talvolta distanti da quelli in esame per cronologia e morfologia, ma funzionali all’indagine condotta dalla studiosa). Il fatto che le fotografie a colori non siano sempre ben leggibili, soprattutto se su sfondo interamente nero, è compensato dalla presenza di rilievi grafici nelle schede di molti degli oggetti catalogati. Il libro si conclude, dopo le abbreviazioni di riviste e la già citata vasta bibliografia, con un indice misto (nomi, luoghi, ecc.) e con un riassunto in francese.

 

          Con la pubblicazione di ben 128 oggetti (dei quali 87 acquisiti in Egitto e tre dall’Asia minore), il catalogo di Anastasia Drandaki viene ad aggiungere un importante tassello alla conoscenza della produzione in bronzo del periodo fra la Tarda Antichità e l’Alto Medioevo e raggiunge l’obiettivo di una piena valorizzazione di questa raccolta del Museo Benaki.

 

 

SOMMARIO

 

Preface – 9

Foreword – 11

Introduction – 13

 

Part I – Types of vessels

Typology, manufacture, distribution, dating, function and terminology

1 – Small bowls – 19

2 – Three-footed bowls – 33

3 – Pedestalled bowls – 45

4 – Bowls with horizontal handle – 55

5 – Spouted bowls – 73

6 – Bowls with moveable handles – 83

7 – Ewers and bottles – 103

8 – Ladles – 121

9 – Dining implements – 135

10 – Buckets – 145

11 – Amphoriskoi – 155

12 – Flasks – 173

13 – Lighting devices – 183

14 – Censers – 237

 

Part II – The production of copperwares

15 – Technical data from the study of vessels in the Benaki Museum – 273

16 – Copperware workshops – 287

17 – Shapes and decoration – 293

 

Conclusions – 305

Catalogue of the copper-alloy vessels in the Benaki Museum Byzantine Collection – 307

Abbreviations – 369

Bibliography – 371

Index – 395

Résumé – 407