Frommel, Sabine ; Prokopp, Mária ; Wierdl, Zsuzsanna (dir.): The Renaissance Studiolo in Europe • Le studiolo en Europe à la Renaissance • Lo studiolo Rinascimentale in Europa, 424 p., ISBN : 978-615-5978555
(Magyar Nemzeti Múzeum 2022)
 
Compte rendu par Daniela del Pesco, Università Roma Tre
 
Nombre de mots : 2369 mots
Publié en ligne le 2023-04-13
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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       Il volume dedicato allo Studiolo rinascimentale in Europa è ideato e curato da Sabine Frommel, con la collaborazione di Mária Prokopp e di Zsuzsanna Wierdl. Raccoglie gli studi presentati al convegno internazionale svoltosi a Esztergom il 9 e il 10 maggio 2017, con il sostegno finanziario della Presidenza del Consiglio dei Ministri Ungherese e sotto gli auspici del Museo Nazionale.

 

       Le vicende che hanno dato origine al convegno e al volume sono esemplari di un modo di condurre la ricerca storica partendo da esperienze specifiche, analiticamente osservate e approfondite, ricostruendo, quindi, con non usuale ampiezza e concretezza di prospettive, ambiti di apporti e di rapporti interconnessi.

 

       Nel 1934-1937, nel castello reale di Esztergom, sono stati riportati alla luce spazi che erano stati travolti nel 1595 dai crolli provocati da un devastante assedio; tra i frammenti di pitture murali del XII, XIV e XV secolo ricuperati, apparivano di particolare interesse quelli dell’appartamento al piano nobile, inserito nelle strutture medievali dall’arcivescovo János Vitéz (1465-1472). Al suo interno, la sala (m. 10×5) con affreschi raffiguranti le Quattro Virtù Teologali, i Segni dello Zodiaco e il Pianeta Marte, dio della guerra, risultava assimilabile all’esperienza degli studioli rinascimentali, cioè accostabile per la sua conformazione, l’appartenenza alle stanze del principe e l’iconografia dei dipinti, a quel genere di spazi ideati nelle corti rinascimentali italiane come espressioni di un crescente prestigio curiale e di una nuova raffinata cultura umanistica.

 

       Vitéz è la figura chiave delle vicende rinascimentali di Esztergom.  La sua carriera politica inizia a Buda negli anni Trenta del Quattrocento alla corte di Sigismondo di Lussemburgo, imperatore del Sacro Romano Impero e re d’Ungheria. Vitéz diviene protonotario di Alberto d’Asburgo, successore di Sigismondo sul trono ungherese; è, quindi, cancelliere dei tre re successivi: Ladislao Jaghellone, Ladislao V e, infine, Mattia Corvino. La sua carriera ecclesiastica cresce parallelamente a quella politica: è vescovo di Oradea tra il 1445 e il 1465 e, quindi, di Esztergom. A Oradea anima un importante centro di studi umanistici, alimentato dalla sua ricca biblioteca frequentata dai più eminenti umanisti italiani, polacchi e tedeschi, quali Enea Silvio Piccolomini, Filippo Buonacorsi, Georg Peuerbach, Georgius Trapezuntius. A Esztergom fonda l’Università, inaugurata il 20 giugno 1467, organizzata sul modello di quella di Bologna.

 

       Il restauro degli affreschi emersi nel camerino di Esztergom fu eseguito inizialmente da Mauro Pellicioli della Pinacoteca di Brera di Milano, utilizzando un metodo allora all’avanguardia, che tuttavia non resistette alle prove del tempo. Negli anni ’60 furono compiuti nuovi lavori, e, infine, nel 2000 Zsuzsanna Wierdl, presidente del Comitato scientifico internazionale di ICOMOS per la pittura murale, vinse il concorso volto a promuovere un più approfondito e scientifico ripristino. Da allora l’attività di conservazione si è accompagnata a quella di studio, portata avanti, innanzitutto, da Zsuzsanna Wierdl e da Mária Prokopp, storica dell’architettura.

 

       Da questo sforzo congiunto di cantiere e di ricerca emergeva l’importanza storica e artistica dell’imponente castello e, in particolare, del suo assetto rinascimentale che si veniva rivelando  sempre più  espressione  di un vasto circuito culturale internazionale.

 

       La varietà delle esperienze e, ad un tempo, le affinità riscontrabili tra aree geograficamente e storicamente lontane aprivano una serie di interrogativi. La volontà di affrontarli, tenendo conto della ampiezza dei problemi messi in campo,  portarono Sabine Frommel, di concerto con le studiose locali, a proporre  di organizzare una conferenza internazionale per presentare le problematiche connesse allo studiolo di Esztergom e confrontarle con quelle proprie di altri studioli del Rinascimento , in una prospettiva europea.

 

       Il volume degli atti registra, innanzitutto, una aggiornata panoramica della situazione culturale ungherese del periodo, fornita  dai saggi di László Szörényi e di Péter Sárközy, storici della letteratura. D’altra parte, Edina Zsupán mette a fuoco la conoscenza e l’interesse dell’arcivescovo Vitéz per l’architettura, sulla base della rilettura delle note da lui redatte in margine alla descrizione di Plinio il Giovane della sua villa a Laurentum, note rinvenute in un codice delle Epistolae pliniane conservato a Vienna (ÖNB, Cod.141).

 

       I successivi saggi del volume affrontano dettagliatamente l’analisi dello studiolo di Esztergom. Mária Prokopp sottolinea la precoce fortuna ungherese di questo tipo di ambienti che, nel castello, si sarebbe concretizzato al primo piano dell’ala orientale. A fianco alla sala del trono medievale si trova, infatti,  una piccola, luminosa e  panoramica stanza (m. 2×1,5),  arricchita da un’elegante porta di ingresso e da affreschi quattrocenteschi: potrebbe essere stata il primo studiolo di János Vitéz, precedente alla realizzazione della sala più grande, meglio adeguata a rappresentare il prestigio e la cultura del committente. Prokopp sviluppa, quindi, le argomentazioni contenute nei suoi pionieristici studi sugli affreschi quattrocenteschi del secondo camerino del castello, in particolare quelle relative alla loro datazione e al riferimento stilistico all’ambito fiorentino. Nel 2007, al convegno dedicato a Matthias Corvino, re d’Ungheria, organizzato presso l’Harvard University Center for Italian Renaissance Studies di Firenze, la studiosa aveva ridimensionato una possibile influenza della bottega  di Filippo Lippi a favore dell’ipotesi di un rapporto diretto tra le Allegorie delle virtù di Esztergom e Sandro Botticelli, argomento che diviene un punto di riferimento per altri studi presentati nel volume.  

 

       Infatti, il saggio di Konstantin Vukov propone una ricostruzione dello spazio dello studiolo ungherese e sostiene con convinzione l’attribuzione a Botticelli degli affreschi. In particolare, osservando le forme architettoniche della loggia dipinta che funge da cornice alle immagini femminili delle Virtù cardinali, egli rileva come  i capitelli delle semicolonne si conformino all’ordine corinzio albertiano, ma siano completati  da una sequenza di motivi ovali senza volute alle estremità. Si tratta di una forma particolare, che si trova nelle opere più antiche del pittore, quali la Madonna della loggia degli Uffizi (1470 ca) e la pressoché contemporanea Madonna Corsini della Collezione Mellon della Galleria Nazionale d’Arte di Washington.

 

       L’attribuzione a Botticelli è sostenuta anche da Christophe Poncet, sulla base dei confronti tra le raffigurazioni della Temperanza e della Giustizia dello studiolo e le immagini dei tarocchi, prodotti a Firenze intorno al 1460-1475, diffuse nell’ambiente degli orafi frequentato dal giovane Botticelli. A Esztergom si riscontrerebbe la fedeltà ai modelli fiorentini di quegli anni e non a elaborazioni più tardive: ciò contribuirebbe alla loro datazione, così come il linguaggio pittorico utilizzato, fondato su linee che si snodano con grazia e libertà eccezionali, riporterebbe alla mano del giovane Botticelli.

 

       A questa sezione del libro segue una parte nella quale la vasta casistica degli studioli è indagata nella sua articolazione continentale. Uno studio introduttivo di Christoph Frommel  sottolinea l’influenza delle numerose immagini di studioli diffuse dai dipinti di Jan van Eyck, Domenico Ghirlandaio, Antonello da Messina, Vittore Carpaccio, Albrecht Dürer. Si sofferma, quindi, sullo studiolo di Federico da Montefeltro nell’appartamento privato al secondo piano del palazzo ducale di Urbino (1476 ca). Lo spazio quadrato, largo circa 3.40 metri, è rivestito di tarsie lignee a simulare armadi aperti su spazi che contengono ogni sorta di oggetti, libri, strumenti musicali e astronomici, ed anche l’immagine della corazza e dell’elmo del duca. Alle tarsie sono sovrapposte tavole con figure di uomini illustri dell’antichità, del medioevo, dell’età moderna. Sono caratteristiche che ne fanno il prototipo umanistico di un museo immaginario e, ad un tempo, un luogo per lo studio e la riflessione. Lo studiolo di Urbino è preceduto, in area padana, dalla produzione di spazi analoghi, purtroppo perduti, quali quelli, studiati nel volume da Marco Folin, realizzati negli anni Trenta e Quaranta del Quattrocento nei domini estensi  di Belriguardo e di Belfiore e, più tardi, nella galleria coperta di Alfonso I (1476-1534) a Ferrara.

 

       Nel 1440-1460 i rapporti culturali tra il Regno d’Ungheria e Ferrara sono diretti. János Vitéz stabilisce relazioni intense e amichevoli con il capo dell’Accademia Ferrarese, Guarino Veronese (1374-1460). Ancor più stretti contatti derivano dal matrimonio del re Mattia Corvino con Beatrice d’Aragona, figlia del re di Napoli, nel 1476. Non avendo Beatrice avuto figli, chiese di prendere presso di sé quelli  della sorella, Eleonora, sposa di Ercole I d’Este. Ippolito, infatti, trascorse lunghi anni a Buda alla corte di Mattia. E’stato, quindi, ipotizzato che il progetto del secondo studiolo mantovano voluto da Isabella d’Este, primogenita di Ercole I e di Eleonora, e sposa di Francesco Gonzaga, destinato alla conservazione di anticaglie e di dipinti,  fosse ispirato dagli studioli ungheresi, oltre che da quelli, più prossimi, dello zio, Leonello d’Este (m. 1450) a Belfiore e della cognata Elisabetta Gonzaga (m. 1526), sposa di Guidobaldo da Montefeltro.

 

       Nel suo saggio Christoph Frommel dedica anche una parte importante alla Camera della Segnatura (1508-1512) in Vaticano. Parte di una moderna sequenza di spazi residenziali voluta da Giulio II, la Camera, destinata a ricevere ospiti illustri e ad ospitare le consultazioni più segrete, custodiva anche i libri del Pontefice: può essere considerata, quindi, un caso eccezionale di  studiolo, pur avendo dimensioni più ampie di quelle usuali per questo tipo di. ambienti. Tale ipotesi è corroborata dalla presenza degli affreschi di Raffaello che rappresentano le maggiori figure del pensiero europeo da Omero a Leonardo, a Bramante. Le pitture si snodano su quattro pareti ma costituiscono un unico ciclo celebrativo che culmina nella figura del papa seduto in trono sulla parete sud.

 

       All’avanzato  XVI secolo appartengono gli studioli realizzati a Firenze. Valentina Conticelli si sofferma sui recenti ritrovamenti iconografici relativi alla decorazione pittorica del camerino in Palazzo Vecchio a Firenze, compiuta dal 1569 al 1576 per volontà di Francesco I de’ Medici. Pochi anni dopo, nel 1583, Francesco I commissiona la Tribuna degli Uffizi, che può essere considerata come una evoluzione della tradizione rinascimentale dello studiolo inteso come spazio espositivo della collezione di un principe.

 

       Numerosi e variegati sono anche gli esempi documentati in altre nazioni europee, spesso purtroppo perduti e conoscibili tramite fonti letterarie o iconografiche.

 

       Poco sopravvive, infatti,  in Francia: Pierre-Gelles Girault indaga sul camerino di Francesco I a Blois, costruito tra il 1515 e il 1518, unico in questo paese per la decorazione originale pervenuta. Hervé Mouillebouche studia, sulla base delle testimonianze letterarie, gli spazi del palazzo di Dijon, dimora dei duchi di Borgogna, costruito nel 1366 e ampliato da Filippo il buono nel 1450-1455. A Xavier Pagazani si deve l’identificazione dell’ubicazione e della funzione del camerino di Enrico II nel castello d’Anet, condotta utilizzando la descrizione fornita da Philibert Delorme intorno al 1552.

 

       Nada Grujic, dalle pagine del Libro del arte della mercatura di Benedetto Cotrugli (1458), evince come, nell’ottica di questo mercante e umanista raguseo, una dimora mercantile ben strutturata dovesse prevedere al primo piano uno “scrittoio comune”, destinato agli affari, ben distinto da uno “scriptoreto separato” da inserire nei pressi della stanza da letto, dedicato al piacere della lettura.

 

       Per quanto concerne la Spagna, María José Redondo Cantera discute la collocazione delle sale per la lettura create in palazzi spagnoli del XVI secolo. Carlo V fece realizzare una stanza destinata a tale scopo nell’Alcazar di Madrid e suo figlio, Filippo II, fece installare, nella nuova Torre Dorada, un ambiente per lo studio e la lettura, ampliato successivamente da Filippo IV.

 

       Nel Portogallo del XVI secolo sembrano, invece, prevalere studioli intesi come “Wunderkammer”. Sulla base di fonti coeve, di inventari e descrizioni di avvenimenti di corte, Nuno Senos evidenzia come i palazzi delle élites portoghesi comprendessero una stanza speciale, destinata soprattutto ad ospitare collezioni di oggetti esotici extraeuropei.

 

       Per quanto concerne lo scenario inglese, gli inventari dei secoli XVI e XVII permettono a Maurice Howard di descrivere la prolungata fortuna di studioli intesi come gabinetti riservati a opere d’arte e a curiosità.

 

       Una così vasta esperienza internazionale non poté non avere riscontri nella riflessione teorica. Appare appropriato che, a conclusione del volume, vi sia lo studio di Sabine Frommel dedicato alla trattazione del tema condotta da Sebastiano Serlio, nel Sesto dei suoi Sette libri dell’architettura. Anche nella pratica di progettista e di architetto, Serlio propose una combinazione esemplare delle tradizioni italiane e francesi, a lui ben note, attuando la fusione tra il tipo dello studiolo italiano, parte essenziale della casa di un umanista, con quello, più eterogeneo, del cabinet francese. Lo dimostrano le opere da lui realizzate dal 1542 nel castello di Antoine III de Clermont a Ancy-le-Franc, in Borgogna, e, a Fontainebleau,  nel Grand Ferrare, dimora perduta del cardinale Ippolito d’Este, nipote di Ercole I d’Este.

 

       Questo volume, edito con cura e corredato da un ricco corredo illustrativo che accompagna da vicino l’esposizione degli argomenti, offre finalmente la possibilità di confrontare una vasta gamma di esperienze europee di committenza aristocratica, collegate dalla comune ispirazione ad una raffinata cultura umanistica ma, al tempo stesso,  variegate e distinte. La ricchezza dei dati permette di conoscere la varietà della configurazione e della destinazione degli spazi che caratterizza gli studioli italiani ed europei, volta per volta, luogo privato di studio, spazio appartato per udienze riservate, scrigno prezioso destinato ad accogliere opere d’arte, libri, curiosità scientifiche, collezioni.

 

 

Contents

 

Foreword (Läszlo L. Simon), 9

 

Introduction (Sabine Frommel), 11

 

ESZTERGOM

 

MÂRIA PROKOPP

Lo studiolo dell’arcivescovo Johannes Vitéz, primate d’Ungheria e cancelliere del re Mattia Corvino a Esztergom, 37

 

KONSTANTIN VUKOV

The Studiolo in Esztergom: Architecture and Construction Research, 61

 

ZSUZSANNA WIERDL

La tecnica e la provenienza delle Virtü e dei dipinti murali dello Studiolo di Esztergom, 67

 

CHRISTOPHE PONCET

Les Vertus Cardinales du Studiolo d’Esztergom et leurs modèles

Nouveaux indices pour l'attribution à Botticelli, 97

 

EDINA ZSUPÂN

Johannes Vitéz reading Pliny

To the Relationship between the Descriptions of Villas at Laurentum and Hungarian Humanism (Vienna, ONB, Cod. 141), 119

 

 

THE STUDIOLO IN EUROPE

 

CHRISTOPH L. FROMMEL

La tradizione rinascimentale dello studiolo e la Stanza della Segnatura, 141

 

MARCO FOLIN

Studioli rinascimentali della Casa d’Este (secoli XV-XVI), 177

 

VALENTINA CONTICELLI

Dallo Studiolo del Principe alla Tribuna del Granduca, 195

 

HERVÉ MOUILLEBOUCHE

Le studiolo dans l’espace bourguignon, 211

 

PIERRE-GILLES GIRAULT

Le studiolo de François I au château de Blois et les cabinets royaux de la Renaissance en  France, 235

 

XAVIER PAGAZANI

Les cabinets du roi à Anet : places, formes et fonctions, 267

 

JEAN GUILLAUME

Les trois cabinets du Roi au Louvre, 297

 

MAURICE HOWARD

The Study in Early Modern England, 305

 

MARIA JOSÉ REDONDO CANTERA

Le studiolo en Espagne durant la première moitié du xvi° siècle, 321

 

 

THEORY AND PRACTICE

 

NADA GRUJIC

Scriptore comune and scriptoreto separato (studiolo a parte)

in the Treatise of Benedetto Cotrugli (1458), 349

 

SABINE FROMMEL

Une recherche de Sebastiano Serlio fondée sur le double héritage franco-italien : entre studiolo et cabinet de travail, 365

 

Epilogue (Zsuzsanna Wierdl), 403

 

Acknowledgements (Müria Prokopp), 407

 

Summaries, 409