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Compte rendu par Francesca Romoli, Università di Pisa Nombre de mots : 3536 mots Publié en ligne le 2024-07-16 Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700). Lien: http://histara.sorbonne.fr/cr.php?cr=4776 Lien pour commander ce livre Les chrétientés orthodoxes post-byzantines face à l’Europe de la Réforme et des Temps Modernes (1450-1700). Circulations, similitudes, correspondances è un bel volume collettaneo uscito nel settembre del 2023 per la cura di Sabine Frommel (École Pratique des Hautes Études) e di Pierre Gonneau (Sorbonne Université) nella collana “Hautes Etudes. Histoire de l’art / Storia dell’arte” delle case editrici Campisano (Roma) e Hermann (Parigi).
Il volume, che è il risultato di alcuni seminari tenutisi all’Institut d’études slaves (Sorbonne Université) con il sostegno dell’EPHE-PSL e di HISTARA, raccoglie diciotto contributi distribuiti in tre sezioni di varia ampiezza (la prima parte accoglie otto contributi, la seconda parte sette e la terza parte tre) scritti in tre lingue: il francese (otto contributi), l’italiano (otto contributi) e l’inglese (due contributi). La scelta linguistica riflette il respiro internazionale e l’apertura interdisciplinare dell’opera, che nasce dalla fruttuosa collaborazione di studiosi di chiara fama e di più giovani studiosi di diversa provenienza e affiliazione con specializzazione in discipline complementari e affini: dalla storia e dalla storia della cultura del medioevo e del rinascimento, alla storia e alla storia della cultura bizantina e dell’Europa centrale, orientale e balcanica, alla storia del cristianesimo orientale, fino alla storia dell’arte e dell’architettura.
Un ventaglio tanto ampio di competenze garantisce una trattazione a tutto campo di un tema importante e complesso come quello dei cristiani orientali nell’età moderna (metà del XV-XVIII secolo): si tratta di un periodo fondamentale per la storia della civiltà mediterranea ed europea, quando, all’indomani del concilio di Ferrara-Firenze (1438-1439), si assiste alla conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani (1453), alla svolta della Riforma (1517) e alle vicende del Concilio tridentino e della Controriforma (1545-1563). In questo periodo, nello snodo delicatissimo e decisivo del Quattro e Cinquecento, la preservazione e la trasmissione della tradizione dell’Oriente cristiano si realizza nell’Occidente latino, nei centri della cultura umanistica, che da tale tradizione trae linfa e ispirazione, in una sintesi che supera le antiche divergenze nella riscoperta delle comuni radici religiose e culturali (teologiche, filosofiche, letterarie, storiche) e scardina la visione di una frattura insolubile tra gli itinerari culturali di Oriente e Occidente, che all’opposto in questo periodo sono uniti da più di un ponte di mediazione e di dialogo, in una rinnovata comunicazione di cui i saggi raccolti nel volume portano più di un’evidenza.
L’importanza del tema per comprendere l’evoluzione della cultura mediterranea e l’identità culturale dell’Europa moderna è confermata da recenti iniziative centrate sullo stesso argomento, i cui risultati sono di prossima uscita. Tra queste meritano sicuramente di essere ricordati il programma di conferenze di ricerca trilaterali Cristiani orientali e Repubblica delle Lettere fra il XVI e il XVIII sec. Corrispondenze, viaggi, controversie diretto da Marcello Garzaniti, Vassa Kontouma e Vasilios N. Makrides attivo nel triennio 2019-2022 a Villa Vigoni, Centro italo-tedesco per il dialogo europeo (già Centro italo-tedesco per l’eccellenza europea), e il seminario internazionale In dialogo con l’Occidente: Rinascimento e renovatio nella Russia del Cinquecento / В диалоге с Западом: возрoждение и renovatio в России XVI века che si è tenuto a Firenze nella primavera dello scorso anno (27-28 aprile 2023).
L’introduzione, scritta a due mani dai curatori del volume (S. Frommel e P. Gonneau), porta l’attenzione in primo luogo sulla componente slava del cristianesimo ortodosso, ovvero sugli slavi che fecero il loro ingresso nella cristianità a seguito della missione diplomatica di iniziativa bizantina affidata ai fratelli tessalonicesi Costantino-Cirillo e Metodio (poi santi apostoli degli slavi), che partì alla volta della Grande Moravia nell’863. Nel mondo slavo ortodosso, dopo la caduta dell’Impero bizantino, gli slavi del gran principato di Moscovia si sarebbero concepiti come unici e ultimi depositari della vera fede, in una rivendicazione dell’eredità romana fondata non da ultimo sull’unione dinastica con la casata dei Paleologi sancita nel 1472 dal matrimonio di Ivan III Vasil’evič con Zoe Sofia Paleologina, protetta del cardinal Bessarione, che all’indomani del concilio di Ferrara-Firenze aprì le porte della corte moscovita ai diplomatici greci della corte papale e alle maestranze italiane, la cui opera convergeva sull’obiettivo dell’adeguamento del paese agli standard di modernità dell’Occidente che l’esperienza del concilio di Ferrara-Firenze aveva permesso di tangere con mano.
Nel volume la cristianità orientale è altresì rappresentata dagli émigrés bizantini che a partire dal Quattrocento sciamarono in Occidente ed è presente a margine anche nelle sue componenti copta ed etiope. Questa ampiezza di sguardo si riflette nella struttura dell’opera, che, come anticipato, si compone di tre parti dedicate al tema dell’incontro tra Oriente e Occidente rispettivamente nell’Italia umanistica e nell’Europa cristiana (prima parte, pp. 11-148), nel gran principato di Moscovia e nell’Impero russo (seconda parte, pp. 149-258) e nell’arte copta ed etiope (terza parte, pp. 259-305, che accoglie anche un contributo sulla ricezione occidentale dell’iconografia russa). I saggi sono preceduti dalla tavola dei contenuti (pp. 3-4) e dall’introduzione (pp. 5-10) e seguiti da un indice dei nomi (pp. 309-316) e dai profili degli autori (pp. 317-319). Dà pregio all’opera, che si caratterizza per la buona fattura dell’edizione a stampa e per la raffinatezza dei disegni in filigrana che decorano la prima pagina di ogni parte (pp. 11, 149, 259), l’inserto centrale composto da 40 fogli di carta lucida che raccoglie 142 figure con riproduzioni e foto in bianco e nero offerte a corredo dei saggi di contenuto storico-artistico e architettonico.
Entriamo nel merito delle tematiche trattate in ogni parte e dei contenuti dei singoli saggi. La prima sezione, che si intitola L’Europe chrétienne face à la tradition byzantine, traccia gli itinerari marittimi e terrestri che nel Quattrocento favorirono l’incontro delle tradizioni cristiana orientale e occidentale sul terreno degli studi umanistici, dell’architettura e della pittura sacra. Ogni saggio di questa parte porta un tassello al variegato mosaico dei rapporti culturali tra Oriente e Occidente, mostrando un’eccezionale capacità di interazione e una vivacità negli scambi che posero i presupposti per la prosecuzione di un dialogo nei secoli a venire.
Il primo contributo, intitolato Ciriaco d’Ancona a Bisanzio: incontri scambi, studio e raccolte di un mercante erudito nel Mediterraneo orientale (pp. 13-35) è di Andrea Mattiello, storico dell’arte specializzato nel periodo tardo paleologo. Il saggio illustra il ruolo di Ciriaco di Filippo de’ Pizzicolli (1391-1452 ca), o di Ancona, nella riscoperta dell’antichità nel XV secolo. A tale riscoperta Ciriaco contribuì de facto per la sua attività di mercante e come ambasciatore di papa Eugenio IV, ampliando l’orizzonte latino alla prospettiva greca e il ventaglio delle fonti meritevoli di recupero dai materiali manoscritti ai manufatti d’arte, fino ai dettagli architettonici e alle iscrizioni. Deve essere ricordato anche per i suoi diari, che costituiscono i primi rendiconti giunti in Italia dal Mediterraneo orientale.
Federico Diamanti (Università di Venezia) è autore del saggio Aspetti e momenti della ‘riscoperta’ del greco nel Quattrocento italiano (pp. 37-52). Il contributo rappresenta un tassello importante nell’economia del volume richiamando momenti ed elementi della rinascita umanistica: il ruolo della diaspora greca e la committenza delle corti occidentali, il recupero dei manoscritti in Oriente, la diffusione della conoscenza del greco e il processo di ritrasmissione delle fonti in Occidente. Tra i nomi citati si devono ricordare almeno Manuele Crisolora e Coluccio Salutati, Giorgio Gemisto Pletone e Basilio Bessarione.
Il terzo saggio, Filippo Lippi et l’ekphrasis de Marcos Eugénikos: la source greque des Funérailles de saint Jerôme (pp. 53-65) di Marie Piccoli Wentzo (EPHE-PSL) affronta il tema degli scambi culturali tra Oriente e Occidente nel Quattrocento a partire dalle Esequie di San Girolamo di Filippo Lippi, una pala d’altare eseguita tra il 1452 e il 1460 su committenza di Geminiano Inghirami per la cappella maggiore del duomo di Prato (oggi nel Museo dell’Opera del Duomo di Prato). Il dipinto rielabora un tema iconografico caratteristico del mondo ortodosso, quello della Dormizione dell’eremita, che all’artista fiorentino fu ispirato dalle Tebaidi fiorentine, dalle icone bizantine e soprattutto dall’ekphrasis di Marcos Eugénikos, che era stato membro della delegazione ortodossa al Concilio di Ferrara-Firenze.
Nel suo contributo Il cardinale e il patriarca: la corrispondenza tra Bessarione e Giorgio (Gennadio) Scolario (pp. 67-80), Gianmario Cattaneo (Università del Piemonte Orientale) esamina il dialogo personale e culturale che intercorse tra Bessarione e Giorgio Scolario prima del concilio di Ferrara-Firenze attingendo alla loro corrispondenza privata. Da quattro epistole anteriori al 1438-1439 emergono in particolare la loro amicizia, il carattere consolatorio della loro corrispondenza e una certa preoccupazione legata agli eventi esterni, dal concilio di Basilea alla prospettiva del concilio in Italia, al quale avrebbero partecipato entrambi.
Il saggio Evocazioni bizantine nella architettura veneziana del Rinascimento (pp. 81-93) di Gianmario Guidarelli (Università di Padova) presenta il tema delle reminiscenze architettoniche bizantine nella Venezia rinascimentale, soffermandosi in particolare sull’adozione nell’architettura sacra della città tra XV e XVI secolo del modello spaziale del quincunx – “uno spazio centralizzato formato da un impianto a croce greca inscritta in un quadrato, con cupola centrale e quattro spazi voltati (a cupole minori o a crociera) sulle diagonali, posti in relazione gerarchica tra di loro” (p. 81) –, acquisizione che negli studi è stata perlopiù interpretata come espressione del destino di “quasi alterum Byzantium” che Bessarione aveva previsto per Venezia, immaginandola alla guida di un progetto di “renovatio Imperii Christiani”. L’autore del saggio osserva come, per la necessità concreta di riutilizzare fondazioni preesistenti, la riproposizione di modelli bizantini (“revival neo-bizantino”) si realizzi a Venezia nel segno della continuità con la tradizione, dando vita a fenomeni estremamente fluidi e complessi.
In questa cornice storico-interpretativa si inscrive anche il contributo di Valentina Živković (Balkanološki Institut, SANU), Persistenze di tradizione bizantina nella pittura della città cattolica di Cattaro (pp. 95-109), che analizza gli influssi bizantini nell’arte di Cattaro, città al confine tra mondo latino e mondo ortodosso in cui l’arte si sviluppa nel segno dell’incontro e del dialogo tra la tradizione latina e quella bizantina, in un intreccio di influenze di cui si possono considerare esempi emblematici gli affreschi quattrocenteschi della chiesa di San Michele. Se negli studi l’ibridazione dello stile pittorico della chiesa di San Michele viene messa in relazione con l’Unione di Ferrara-Firenze, l’autrice affianca all’ipotesi unionista il paradigma della riscoperta e del ritorno alla locale tradizione duecentesca e trecentesca.
Il contributo successivo, La corte di Francia, la “nuova Roma” e i rapporti con l’Oriente. Tra Giano Lascaris, Pierre Gilles e Nicolas de Nicolay (pp. 111-129) di Carmelo Occhipinti (Università degli Studi di Roma Tor Vergata), è dedicato al progetto della translatio studii da Atene a Parigi che prese corpo sotto il regno di Francesco I di Valois (1515-1547) sull’onda dei rinnovati rapporti intrattenuti con l’Oriente dalla corte francese grazie agli emigrati bizantini che vi si erano trasferiti riponendo nel Regno di Francia le proprie speranze di liberazione dell’Impero. Tra i greci della diaspora che in questo senso furono maggiormente attivi sono ricordati Giano Lascaris per il suo passaggio alla corte francese tra il 1518 e il 1520 e per i servizi precedentemente resi a Carlo VIII, Pierre Gilles per la sua missione a Costantinopoli e Nicola de Nicolay per la spedizione orientale che lo vide impegnato a Costantinopoli e in Africa.
Chiude la prima parte del volume il saggio The Eastern Adriatic Routes of Cultural Transmission (pp. 131-148) di Goran Vuković (The Warburg Institute, University of London) che ripercorre la storia dei contatti culturali tra Oriente e Occidente sulle sponde orientali dell’Adriatico dall’antichità al XV secolo, soffermandosi in particolare sulla città di Ragusa, da dove nel Quattrocento passarono importanti figure della diaspora greca, da Demetrio Calcondila a Giano Lascaris, da Michele Marullo Tarcaniota a Teodoro Spandugino, che a Ragusa poterono trovare un ambiente ricco di suggestioni umanistiche grazie all’opera, tra gli altri, di Ciriaco d’Ancona e di Giovanni di Ragusa. Si torna qui a constatare che il contatto con la cultura umanistica determinò la comparsa sull’Adriatico orientale di forme ibride di arte e di architettura, nate dalla sintesi di modelli antichi con elementi occidentali e bizantini.
La seconda parte del volume, intitolata L’Empire russe: circulations et échanges, sposta l’attenzione del lettore sull’area slava orientale, che nel periodo oggetto di indagine è dominata da un altro degli attori principali sulla scena mediterranea ed europea: il gran principato di Moscovia, poi Impero russo. Dai saggi di questa sezione emerge netto il dato dell’effettiva circolazione di uomini e idee tra Oriente slavo e Occidente europeo già a partire dal XV secolo, e con esso l’elemento della reciprocità, che scardina la convinzione di una mediazione a senso unico. I contributi qui raccolti rappresentano un ampio ventaglio di tematiche, che spaziano dalla cultura letteraria all’iconografia fino all’architettura.
Per primo si incontra il saggio Un cas de transfert culturel hungaro-russe. Les Gesta Ladislai regis Hungariae comme source du Dit sur le meurtre du maléfique tsar Batu (pp. 151-162), firmato dall’espertissima mano di Pierre Gonneau (Sorbonne Université), che ricerca le fonti dello Slovo ob ubenii zločestivogo carja Batyja attribuito a Pacomio il Serbo. Esclusa l’attendibilità storica dell’opera, lo studioso ne individua la fonte principale nell’agiografia latina sul re di Ungheria Lásló I, in particolare nelle Gesta Ladislai regis, e in alcune fonti secondarie, letterarie e non (per esempio la statua equestre di Lásló a Varadin), dimostrando in conclusione l’ispirazione del testo alla tradizione latina.
Il saggio Échos de la Vierge de l’Apocalypse dans l’iconographie mariale orthodoxe: la Vierge du Buisson de Saint-Cyrille de Beloozero (pp. 163-180) di Ioanna Rapti (EPHE-Université Paris) propone un’analisi iconografica e stilistica dell’immagine della Madre di Dio del Roveto ardente (Neopalimaja kupina) del monastero di Kirill di Beloozero. Identificato il tipo iconografico oggetto di studio, ritracciate la sua origine e provenienza e la storia del monastero di Kirill di Beloozero, l’autrice offre una dettagliata descrizione fisica e tecnica dell’icona per poi riportarla alle fonti bibliche, liturgiche e patristiche della sua ispirazione, evidenziarne le tangenze con la tradizione latina e constatarne la rilevanza nell’elaborazione della riflessione sulla traslatio imperii.
Il contributo successivo, La femme en or et d’autres trésor. La vie religieuse et l’imaginaire des peuples de la région Volga-Oural d’après les auteurs européens (XVIe-XVIIIe siècles) (pp. 181-197) di Olessia Kudrjavtseva-Velmans (Sorbonne Univesité, CNR, EPHE-PSL), verte sulla ricezione europea della cultura religiosa della regione volgo-uralica nel XVI-XVIII secolo. Premessa l’importanza strategica di questa area e la complessità della sua identità etnico-linguistica e religiosa, è offerta una rassegna delle fonti che dal XVI secolo ne testimoniarono le tradizioni in Occidente e delle fonti slave che denunciando gli usi politeistici e la devozione agli idoli delle popolazioni locali poterono ispirare le narrazioni occidentali. Per un idolo in particolare, quello della donna d’oro, si ipotizza invece una diversa origine, ammettendo la mediazione verso le fonti sia slave che occidentali dell’Heimskringla di Snorri Sturluson.
Roberto Valle (Università di Roma La Sapienza) scrive a proposito de La teologia politica di Feofan Prokopovič e il Duchovnyj reglament dell’età di Pietro il Grande (pp. 199-215), spostando l’attenzione sull’epoca dell’apertura programmatica della Russia all’Occidente. Tra le molte misure che furono allora adottate allo scopo di riformare il paese nel senso della modernità il saggio indaga in particolare la riforma religiosa nella sua ricezione storiografica e la teologia politica racchiusa nel Regolamento ecclesiastico di Feofan Prokopovič.
Arseniy Petrov (ex RGGU) nel suo The Church at Jurkino as a Synthesis of Venetian and Russian Architectural Traditions (pp. 217-228) affronta il tema degli scambi culturali tra la Moscovia e l’Occidente che si instaurarono all’indomani del concilio di Ferrara-Firenze per indagarne il riflesso architettonico. Chiamati a conciliare innovazione tecnologica e tradizione architettonica locale, gli architetti italiani attivi in Moscovia crearono opere di sintesi all’incrocio di tradizioni diverse. Un esempio è costituito dalla chiesa di Jurkino, che armonizzando suggestioni di ascendenza veneziana ed elementi autoctoni si caratterizza per il carattere a un tempo innovativo e tradizionale della sua architettura.
Di ambito storico-architettonico è anche il contributo di Julia Klimenko (MARCHI, RAASN, NIITI-AG, ICOMOS), La genèse des églises en rotonde avec voûtes sur noyau dans l’architecture russe (pp. 229-247), che si interroga sulla fortuna delle rotonde nell’architettura religiosa russa del periodo classicista (metà del XVIII-metà del XIX secolo). L’indagine, che porta a evidenza similarità e differenze delle architetture russe rispetto ai modelli europei, individua il fattore responsabile delle variazioni locali nella mancanza di risorse adeguate in termini sia di competenze tecniche e capacità tecnologiche che di requisiti strutturali.
Nel saggio Thomas Germain et le Tsar Kolokol ou l’hypothétique histoire transnationale d’un monument national (pp. 249-258) Guillaume Nicoud (Archivio del Moderno, Università della Svizzera italiana) rilegge la testimonianza di Ernest de Münnich, secondo cui il modello dello Car’ kolokol sarebbe stato commissionato dall’imperatrice Anna al maestro parigino Thomas Germain, per chiarire l’effettivo contributo francese al monumento russo. La disamina delle decorazioni che ne fregiano la superficie porta lo studioso a ipotizzare la collaborazione di più maestri formatisi perlopiù al di fuori della Russia e in conclusione a riconoscere nello Car’ kolokol il prodotto di un’interazione culturale ampia.
Si apre a questo punto la terza e ultima parte del volume, intitolata Entre passé et présent: perspectives, che allarga l’orizzonte del volume alle componenti etiope e copta della cristianità ortodossa e al tema della moderna ricezione occidentale dell’arte russa delle icone.
Il contributo L’usage des gravures occidentales dans l’art copte (pp. 261-278) di Julien Auber de Lapierre (Collège de France, Bibliothèque nationale de France, EHESS/CNR) studia l’impatto che le immagini a stampa usate in epoca ottomana dai missionari cattolici in Egitto ebbero sull’evoluzione dell’arte copta, accertando un fenomeno di rinnovamento artistico connotato da un marcato ibridismo perché frutto della commistione di elementi occidentali e tradizionali.
Con il saggio Quand des images de la Renaissance inspiraient l’art éthiopien: l’exemple de la croix de Bafakka du Petit Palais (pp. 279-290) Raphaëlle Ziadé (Petit Palais, Paris) si inserisce nella medesima prospettiva. Oggetto del suo studio è la croce di Bakaffa, una croce da processione del XVIII secolo che esprime il rinnovamento artistico nato all’incontro della tradizione locale con la tradizione bizantina e con quella rinascimentale mediata dalle illustrazioni di corredo dei libri che erano in uso ai missionari cattolici.
La terza parte, e con essa l’intero volume, termina con il saggio di Yuri Pyatnitsky (Gosudarstvennyj Muzej Ėrmitaž), L’icône russe au XXe siècle: réflexions depuis un fauteuil Voltaire (pp. 291-305), che convoglia l’attenzione sulla dimensione artistica dell’icona russa lamentandone il mancato riconoscimento nel mondo occidentale fino al XX secolo. La più recente delle esposizioni a cui l’autore riconosce il merito della valorizzazione artistica della tradizione iconografica russa è Sante Russie (Louvre 2010), alla quale si sarebbe potuta utilmente aggiungere la mostra In Christo (Firenze, 2012), che per la prima volta dopo la rivoluzione ha restituito a uno spazio sacro tre icone russe appartenenti alla collezione della Tret’jakovskaja Galereja di Mosca.
In conclusione, non si può non constatare l’alto valore del volume, che, tassello dopo tassello, ricompone il mosaico degli avvenimenti storici, delle relazioni culturali e delle dinamiche di dialogo tra Oriente e Occidente attivatesi alla vigilia della caduta di Costantinopoli e rimaste vitali fino al XVIII secolo, favorendo un progresso di cultura che si è realizzato nella condivisione, all’incontro di tradizioni a un tempo affini e diverse. È allora da sostenere l’auspicio espresso dai curatori del volume di una riscoperta effettiva e consapevole delle radici culturali dell’Oriente e dell’Occidente cristiani, affinché, come in passato, si possano ancora aprire prospettive comuni.
Table des matières
Introduction, Sabine Frommel, Pierre Gonneau, 5
L’EUROPE CHRÉTIENNE FACE À LA TRADITION BYZANTINE
Ciriaco d’Ancora a Bisanzio: incontri, scambi, studio e raccolte di un mercante erudito nel Mediterraneo orientale, Andrea Mattiello, 13
Aspetti e momenti della ‘riscoperta’ del greco nel Quattrocento italiano, Federico Diamanti, 37
Filippo Lippi et l’ekphrasis de Marcos Eugénikos : la source grecque des Funérailles de saint Jérôme, Marie Piccoli-Wentzo, 53
Il cardinale e il patriarca: la corrispondenza tra Bessarione e Giorgio (Gennadio) Scolario, Gianmario Cattaneo, 67
Evocazioni bizantine nella architettura veneziana del Rinascimento, Gianmario Guidarelli, 81
Persistenze di tradizione bizantina nella pittura della città cattolica di Cattaro, Valentina Živkovic´, 95
La corte di Francia, la «nuova Roma» e i rapporti con l’Oriente. Tra Giano Lascaris, Pierre Gilles e Nicolas de Nicolay, Carmelo Occhipinti, 111
The eastern Adriatic routes of cultural Transmission, Goran Vukovic´, 131
L’EMPIRE RUSSE : CIRCULATIONS ET ÉCHANGES
Un cas de transfert culturel hungaro-russe. Les Gesta Ladislai regis Hungariae comme source du Dit sur le meurtre du maléfique tsar Batu, Pierre Gonneau, 151
Échos de la Vierge de l’Apocalypse dans l’iconographie mariale orthodoxe : la Vierge du buisson de Saint-Cyrille de Beloozero, Ioanna Rapti, 163
La femme en or et d’autres trésors. La vie religieuse et l’imaginaire des peuples de la région Volga-Oural d’après les auteurs européens (XVIe-XVIIIe siècles), Olessia Koudriavtseva-Velmans, 181
La teologia politica di Feofan Prokopovicˇ e il Duchovnyj reglament dell’età di Pietro il Grande, Roberto Valle, 199
The Church at Jurkino as a Synthesis of Venetian and Russian Architectural Traditions, Arseniy Petrov, 217
La genèse des églises en rotonde avec voûtes sur noyau dans l’architecture russe, Julia Klimenko, 229
Thomas Germain et le Tsar Kolokol ou l’hypothétique histoire transnationale d’un monument national, Guillaume Nicoud, 249
ENTRE PASSÉ ET PRÉSENT : PERSPECTIVES
L’usage des gravures occidentales dans l’art copte, Julien Auber de Lapierre, 266
Quand des images de la Renaissance inspiraient l’art éthiopien : l’exemple de la croix de Bakaffa du Petit Palais, Raphaëlle Ziadé, 279
L’icône orthodoxe russe au XXe siècle : réflexions depuis un fauteuil Voltaire, Yuri Pyatnitsky, 291
ANNEXES
Index des noms
Les auteurs
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Éditeurs : Lorenz E. Baumer, Université de Genève ; Jan Blanc, Université de Genève ; Christian Heck, Université Lille III ; François Queyrel, École pratique des Hautes Études, Paris |