Duistermaat, Kim: The Pots and Potters of Assyria: Technology and Organisation of Production, Ceramic Sequence and Vessel Function at Late Bronze Age Tell Sabi Abyad, Syria.
604p, illustrations throughout. (Papers on Archaeology of the Leiden Museum of Antiquities 4, Brepols 2008)
ISBN-13: 978-2-503-52652-2
ISBN-10: 2-503-52652-7
Paperback. Price GB £127.00
(Brepols 2008)
 
Compte rendu par Silvia Perini, University of Edinburgh
 
Nombre de mots : 1362 mots
Publié en ligne le 2009-11-23
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Questa monografia rappresenta un’opera di grande importanza nell’ approccio allo studio del materiale ceramico. Esprime forse un unicum nella trattazione della ceramica nel mondo vicino orientale che non si limita piu’ a una mera descrizione tipologica per fini cronologici, ma che decide di andare oltre e di analizzare, attraverso il materiale recuperato, la societa’ di Sabi Abyad nel Tardo Bronzo. Come vivevano quelle persone? Che tipo di sistema politico ed economico era in atto in quel periodo? Come ha influito il sistema economico sulla produzione ceramica? A queste e altre domande Kim Duistermaat e’ riuscita a rispondere grazie al materiale scoperto e alle particolari condizioni archeologiche proprie di Tell Sabi Abyad. Qui la vasta produzione ceramica, la presenza di numerose forme intere e dei forni di lavorazione (kiln) che testimoniano una produzione anche locale, sono da sommare alle altre informazioni ricavabili dalle tavolette scoperte nel sito.

          Il libro e’ composto di sette capitoli e sei appendici.

          Il primo capitolo crea lo sfondo storico-geografico necessario per capire la situazione durante la tarda eta’ del bronzo della Mesopotamia del nord. L’autrice stabilisce inoltre le sue esigenze di ricerca, gli scopi e le domande da colmare attraverso lo studio della ceramica: che tipo di materiale ceramico e’ quello del Tardo Bronzo a Sabi Abyad? Si possono osservare cambiamenti nella forme o nella produzione attraverso il tempo? Come e’ stata prodotta la ceramica a Sabi Abyad, che tecniche di lavorazione e di cottura sono stata utilizzate? Come era organizzata la produzione ceramica all’interno del sito? Quale funzione ricopriva il materiale ceramico e che uso da parte della societa’ ne e’ stato fatto? E ancora, come si inserisce il materiale di Sabi Abyad nelle nostre conoscenze della ceramica della  tardo eta’ del bronzo nella Siria settentrionale? Ci sono molte similitudine e/o differenze?

          A questi interrogativi seguono una precisa descrizione della metodologia del lavoro, sia di scavo che del materiale ceramico (capitolo 2) e la descrizione del contesto archeologico di ritrovamento, suddiviso per livelli (capitolo 3).

          Il quarto capitolo rappresenta il “cuore ceramico” del libro, con la descrizione delle tipologie. Impasti e inclusi, forme e trattamenti di superficie, nonche’ decorazioni, tecniche di cottura e tabelle che sintetizzano la quantita’ di tipologie ceramiche presenti nei diversi livelli dell’aree scavate sono elencati in questo capitolo.

          Grazie ai numerosi forni per ceramica scoperti nel sito, nel quinto capitolo Duistermaat delinea le techiche di produzione della ceramica a Sabi Abyad sia a livello locale che regionale. Chi produceva la ceramica? Come veniva prodotta? Dove e in che modo? E da chi? In questo vasto capitolo –forse il più innovativo per il desiderio di andare oltre una descrizione tipologia del materiale archeologico– Duistermaat cerca di stabilire il rapporto fra morfologia ceramica e tecnologia utilizzata, cercando di osservare il tipo di relazione che sussiste fra forma e  funzione. Tabelle e grafici con calcoli statistici (utilizzando il coefficiente di variazione del diametro dell’orlo) enfatizzano trends di distribuzione ceramica all’interno del numerosi workshops.

          Nel capito successivo si analizzano piu’ in dettaglio le funzioni del materiale ceramico ritrovato. L’autrice mostra una certa abilita’ nel riconoscere non soltanto le forme ceramiche e le sue principali caratteristiche, ma anche nel discutere il tipo di tecniche usate nella produzione ceramica, il tipo di lavorazione subita e il tipo di riparazioni al quale sono stati sottoposti i contenitori nel caso di rottura. Una parte importante viene dedicata allo studio dei testi/tavolette e delle iconografie che restituiscono informazioni su dimensioni, forme e possibili utilizzi dei contenitori ceramici. Nella sintesi delineata dall’autrice, colpisce la quantita’ di informazioni dettagliate che si possono cogliere sui vasi attraverso questo tipo di analisi epigrafica e stilistica.

          Nell’ultimo capitolo vengono riassunti, snelliti dagli esempi, i punti salienti dell’argomentazione. Infine, nell’ultima parte del libro Duistermaat ha inserito sei appendici che rivedono in dettaglio alcuni aspetti della ricerca non descritti nel resto del libro.

          La prima appendice (A) offre una serie di istogrammi che sintetizzano la tipologia ceramica di Sabi Abyad. In accordo con il particolare tipo ceramico (ciotola, giara etc.), questa sintesi delle forme ceramiche si puo’ definire piu’ enumerativo-statistica che non distributiva. L’autrice stessa d’altronde specifica che l’analisi distributiva spaziale non sarebbe stata un punto di sviluppo nella sua ricerca. Questo perche’ l’esame stratigrafico delle aree non era stato ancora ultimato durante la redazione del suo lavoro.

          Nella seconda apppendice (B) si affronta la descizione dei forni ceramici, con fotografie e ricostruzioni architettoniche che chiariscono le differenze fra i diversi workshops.

          Nell’ appendice C e’ fornita l’analisi petrografica, con l’ausilio di fotografie a colori che mostrano i diversi tipi di inclusi usati a Sabi Abyad.

          Nell’appendice D Duistermaat mostra uno studio specifico sui marchi del ceramista. Questi possono rivelarsi indispensabili nella ricostruzione e nella descrizione del contenuto del vaso o nell’ appartenenza sociale di colui che ha realizzato il manufatto.

          A Sabi Abyad  sono stati trovati alcuni testi cuneiformi e alcuni di essi parlano proprio di ceramica. Nell’ appendice E con l’aiuto di Wiggermann, che si e’ occupato della traduzione dei testi, l’autrice espone e commenta le tavolette rinvenute e i segni cuneiformi presenti anche su alcune forme ceramiche.

          Nell’ ultima appendice infine (F) e’ presente una descrizione dei gruppi ceramici e delle proprieta’ morfologiche e tecnologiche associate a essi. Grade risonanza viene data all’analisi della tracce di bruciato di alcune forme ceramiche, a quelle che sottolineano un particolare tipo di contenuto, e a quelle di uso e lavorazione (per esempio evidenze di una superficie consumata).  Le interpretazioni specifiche che riguardano funzione ed uso, sono pure presenti in questa appendice.

          Infine, nelle ultime pagine (o le prime se lette dal fondo) l’autrice ripropone un estratto dell’opera in arabo.

          Il libro si presenta come un’opera decisamente completa, che offre spunti interessanti a un’ampia e diversa utenza, non solo di archeologi o di esperti di ceramica, ma anche di storici, epigrafi e antropologi.

          Questo d’altronde era proprio l’ obiettivo principale di Duistermaat: sviluppare una ricerca sul materiale ceramico che potesse essere multidimensionale per capire non soltanto il periodo di appartenenza del coccio che abbiamo nelle nostre mani, ma risalire tramite esso alle tecniche di lavorazione, e poter chiedersi dove e perche’ e’ stato prodotto.

          L’autrice non si limita solo a descrivere ma anche a interpretare e a discutere i diversi aspetti della sua ricerca con una certa scioltezza e chiarezza. Poveri sono in realta’ i confronti con gli altri siti della zona, sia da un punto di vista ceramico che architettonico. Su questo aspetto l’autrice stessa mostra alcune perplessita’. Nonostante il confronto ceramico con altri siti della zona si ponga fra i suoi obiettivi principali enunciati nel primo capitolo, in altre parti Duistermaat sottolinea di non voler deliberatamente trattare l’argomento. Questo non perche’ ritenga l’approfondimento poco funzionale, ma piuttosto perche’ e’ pienamente consapevole della parzialita’ dei dati disponibili. Sono pochi infatti i siti che hanno pubblicato materiale, e se qualche sito l’ha fatto, un’approfondita indagine funzionale come quella dell’autrice non è ancora stata proposta.

          Alcuni aspetti sembrano non esser stati volutamente trattati da Dursteimaat: l’analisi spaziale e l’analisi del residuo del contenuto, studi non ancora ultimati al momento della stesura della tesi.  Cosi’ come elle stessa afferma, ha deciso di non approfondire questi aspetti riservandosi di presentarli in dettaglio in successive pubblicazioni. Inoltre non sono stati presi in considerazione neppure gli oggetti in ceramica e le figurine trovati negli stessi contesti archaeologici della ceramica. Questo può rappresentare un limite della ricerca poiché tali materiali possono essere in molti casi utili segnalatori di funzioni ceramiche. Infine, Duistermaat afferma che non tutto il materiale del tardo bronzo trovato a Sabi Abyad e’ stato oggetto di questo studio, prospettando una pubblicazione successiva.

          Influenzata dai concetti della New Archaeology e, specificamente per quanto riguarda la ceramica, dalla Ceramic Ecology, Duistermaat enfatizza nella sua tesi quegli aspetti che non sono stati sempre cardine della tradizione dello studio ceramico: funzione, uso e produzione. Sarebbe stato auspicabile uno maggior rilievo alla storia degli studi e agli approcci metodologi, al fine di comprendere completamente il panorama teorico nel quale si colloca questo lavoro, cui l’autrice, al contrario, ha fatto solo un breve accenno.

          L’opera lascia affacciare l’ipotesi di una radicale trasformazione dell’approccio all’analisi del materiale ceramico. Tale trasformazione richiama piu’ attenzione sull’uomo e sulla societa’ e non solo su una cronologia fine a se stessa. Traspare inoltre il desiderio di allargare e rendere piu’ comune l’utilizzo di questa metodologia sia a livello cronologico che geografico. Si potrebbero investigare nello stesso modo assemblaggi ceramici piu’ o meno recenti e proporre questo approccio in diverse aree del Vicino Oriente in modo da raggiungere una piu’ completa conoscenza delle relazioni fra uomo, societa’ e sistema produttivo ed organizzativo all’interno del ciclo della ceramica e semplificare, nello stesso tempo, l’analisi comparativa fra il materiale proveniente dai diversi insediamenti.