Garcia, Gemma - Moro Garcia, Antonio - Tuset Bertan, Francesc: La seu episcopal d’Ègara. Arqueologia d’un conjunt cristià del segle IV al IX. Tarragona: Institut Català d’Arqueologia Clàssica, 2009. (Documenta, 8), 214 pàgines, 424 imatges, Text en català, amb un resum en anglès, ISBN: 978-84-936809-1-6, PVP: 40
(Institut Català d’Arqueologia Clàssica 2008)
 
Compte rendu par Sabrina Pietrobono, Università degli Studi dell’Aquila
 
Nombre de mots : 2056 mots
Publié en ligne le 2010-02-26
Citation: Histara les comptes rendus (ISSN 2100-0700).
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          Terrassa è una città della comunità autonoma della Catalogna, sita presso Barcellona. Il complesso episcopale, reso sede museale ma le cui chiese sono ancora oggi in uso, è tra gli esempi monumentali di tal genere meglio conservati dell’intera penisola iberica, riconducibile nelle sue fasi iniziali all’età visigota, con lunga e significativa vita fino ai nostri giorni. La monografia si propone come tappa di un percorso di ricerca estremamente esteso e puntuale, reso possibile grazie ad un accordo tra l’ICAC ed il Comune – Ajuntament de Terrassa.

 

          Il volume raccoglie i risultati delle ricerche effettuate nel sito, in particolare nel corso delle ultime campagne archeologiche, che hanno visto la collaborazione del Comune di Terrassa, della “Generalitat de Catalunya”, della “Diputació de Barcelona”, dell’arcivescovado di Barcellona, poi dell’arcidiocesi di Terrassa, e della parrocchia di Sant Pere, con il patrocinio di “Caixa Terrassa”, del Ministero dei Lavori Pubblici e del Ministero della Cultura, come ricordato nella premessa dal Delegato del patrimonio culturale dell’Arcivescovato di Barcellona, Josep M. Martí i Bonet, insieme a una interessante presentazione di alcuni problemi documentari legati alla intitolazione del sito (Pròleg, 7-8).

 

          Si tratta di una esauriente monografia che approfondisce temi e problemi risolti o prodotti dagli scavi archeologici nel complesso, collocato al centro dell’attuale tessuto urbano e composto da tre chiese: la cattedrale, attualmente chiesa di Santa Maria, posta a sud; la chiesa di Sant Miquel, in posizione intermedia e la chiesa parrocchiale posta a settentrione, di Sant Pere. Ne sono autori Maria Gemma Garcia i Llinares, archeologa dell’ICAC, Antonio Moro García, archeologo conservatore del Museo di Terrassa, Francesc Tuset Bertrán, dell’Università di Barcellona (Introducció, 9-10).

 

          Una serie di interventi riconducibili alle linee d’azione del “Progetto di sviluppo culturale e di integrazione urbana delle chiese monumentali di Sant Pere de Terrassa”, richiamato nella parte introduttiva, sono stati effettuati dal 1995 al 1997 e portati a termine a seguito della definizione del Master Plan del complesso monumentale delle chiese di Sant Pere di Terassa, nel decennio successivo (2000-2007).

 

          Data la specificità del tema, è importante ricostruire a grandi linee l’evoluzione del complesso. Il primo capitolo fornisce le coordinate geografiche del sito (1. Situació i entorn del conjunt, 11-12), ma, contrariamente alla parte del testo propriamente legata alle relazioni di scavo, la cartografia prodotta risulta, probabilmente per ragioni di spazio o editoriali, insufficiente a comprendere pienamente le caratteristiche topografiche e geologiche del sito, in particolare nel contesto più ampio della regione catalana.

 

          Il secondo capitolo (2. Context històric i arqueològic, 13-15) introduce il contesto storico ed archeologico, ripercorrendo le testimonianze delle fonti, dalla presenza del centro iberico di Egosa, noto dalla Geographia di Tolomeo, all’inizio del processo di romanizzazione nel II a.C.; alcuni ritrovamenti epigrafici confermano l’esistenza di un municipium flavium di Egara in età imperiale (è incerto se fosse vicus, agglomerato urbano, etc.); l’insediamento dovette risentire comunque della piena crisi tardo imperiale; in età visigota, lo sviluppo del centro episcopale servì un contesto rurale con un sostanziale mantenimento, per quanto comprensibile, delle condizioni di vita tra il V e l’VIII secolo.

 

          Seguono due contributi storici: il primo riassume le campagne di scavo realizzate nel corso dei secoli (3. Intervencions arqueològiques i de restauratió al conjunt, 17-28) ed è una felice sintesi di storia degli studi, da non trascurare per la comprensione delle successive fasi architettoniche. Sono inseriti nel volume le planimetrie, le foto, gli appunti e i disegni d’archivio che è stato possibile rinvenire, riguardanti i singoli interventi.

 

          Sono così scandite sistematicamente le tappe di un lungo processo avviato nel 1611, con gli interventi di restauro di J. Arnella i Torrent (1611-1639), condotti sull’intero complesso; nel 1601, il trasferimento della sede parrocchiale nella moderna città di Terrassa nella chiesa del S. Spirito, accelerò il processo di abbandono dell’episcopio, aprendo però la zona agli studi. Grazie a padre Fèlix Torres i Amat (1818), l’attenzione fu portata alla vicina chiesa di Sant Miquel, allo scopo di individuare un precedente edificio la cui esistenza era presente nel ricordo popolare. Come nella generalità degli interventi “storici”, però, la mancanza di relazioni descrittive accurate rende difficile comprendere nel dettaglio le azioni di intervento, come pure in successivi casi di studio (Francisco de Paula del Villar Carmona i Lluís Muncunill, 1895-1896). Più articolate al confronto sono le indicazioni di Josep Puig i Cadafalch (1906-1933) il quale era inizialmente convinto della coincidenza della chiesa di Sant Miquel con un battistero, e sull’edificio incentrò la sua attenzione, scoprendo inoltre le pitture originali dell’abside. Con la dismissione del cimitero parrocchiale si poté avviare lo scavo di una vasta area che permise di individuare numerose altre strutture a livello di fondazioni e altre scoperte nella chiesa di S. Maria e nella chiesa di Sant Pere. Seguirono lavori tra il 1939 ed il 1959, interventi avviati nel 1975 dal Ministero della Cultura e successivi scavi (1982-1988), fino ai più recenti.

 

          Il secondo contributo storico definisce il quadro di vita della sede episcopale: scarni dati procedono dalla prima menzione del V secolo al IX secolo circa (4. Història de la seu episcopal d’Ègara, 30-32).

 

          Attualmente trasformato in parco, il sito si localizza nella zona sud di una terrazza alla confluenza di due torrenti in quello di Vallparadís: se i resti di un vaso di età neolitica permettono di verificare la frequentazione del sito nel III millennio a. C., gli scavi hanno restituito tracce dell’insediamento di età iberica e romana; per quest’ultimo, in particolare, si notano fondazioni di strutture, che nella lettura conclusiva (infra) hanno lasciato pensare agli scavatori una possibile origine quale domus, dotata di peristilio, con tracce di strutture industriali, di dubbia destinazione produttiva (5. Excavacions arqueològiques al conjunt episcopal. Restes ibèriques i romanes, 33-44). 

 

          Il sesto capitolo costituisce la parte centrale del volume e analizza dettagliatamente i dati di scavo: è pertanto, sotto questo punto di vista, il più importante. La sede episcopale ha restituito infatti una complessa serie di dati archeologici e architettonici (6. La seu episcopal d’Ègara. Anàlisi i descripció de les restes arquitectòniques, 45-181), il cui studio ha permesso di distinguere cinque fasi di vita antecedenti quelle episcopali: la prima, alla metà del IV secolo; la seconda, dalla metà del IV secolo al 385; la terza, dal 380 al 420/430; la quarta, al 420/430; la quinta, alla metà del V secolo.

 

          Impossibile scendere nel dettaglio delle singole fasi ma, pur solo accennandone, si riesce a comprendere la complessità dell’indagine effettuata. La prima fase emerge dallo scavo condotto in particolare nell’area meridionale della terrazza dell’episcopio e nello spazio tra le attuali chiese di Sant Miquel e Santa Maria, sul lato est; ha restituito resti a livello di fondazione di strutture, con associate sepolture, che articolano uno spazio funerario a camere, annullando settori dei precedenti spazi abitativi d’età romana; si tratta -data la precarietà di condizione dei resti- di uno dei passaggi meno chiari dell’indagine (6.1. Fase preepiscopal I (mitjan segle IV), 45-52).

 

          La seconda fase è l’esordio chiaro della funzione liturgica dell’area: coinvolge strutture associate a un edificio a pianta rettangolare, la prima chiesa del complesso, con abside orientale costituita da due muri che disegnano un profilo semicircolare sul lato interno, poi modificato, e lineare all’esterno; due cappelle sono poste sui lati del corpo ecclesiastico, di pianta rispettivamente rettangolare e semicircolare; sette camere sepolcrali sono distribuite a sud e ad ovest della chiesa. Come nella fase precedente, si beneficia della presenza delle strutture romane per integrarle funzionalmente alle nuove esigenze, le stesse che condussero alla costruzione a est dell’abside di una probabile area battesimale. Questo processo di trasformazione dovette essere concluso forse intorno all’anno 385 ed è il momento più interessante, segnando infatti con chiarezza la nascita del complesso ecclesiastico (6.2. Fase preepiscopal II (mitjan segle IV – 385), 53-80).  

 

          La terza fase non presenta alterazioni nel disegno complessivo dell’edificio, intervenendo sulle precedenti strutture, con le preziose aggiunte di un grande pavimento a mosaico nella chiesa di Santa Maria e di un battistero a pianta ottagonale a est della stessa chiesa (6.3. Fase preepiscopal III (380 – 420/430), 80-92).

 

          Nella quarta fase si intervenne sulla area battesimale e sulla pavimentazione di alcune camere sepolcrali (6.4. Fase preepiscopal IV (420/430), 92).

 

Prima della designazione a sede vescovile, tra il 450 ed il 460, il complesso si riorganizzò profondamente sul piano strutturale, spaziale e liturgico; le camere sepolcrali n. 1 e n. 4 poste ad ovest furono sostituite da un battistero (6.5. Fase preepiscopal V (mitjan segle V), 92-106).

 

          La fase episcopale I (450/460) è certo tra le più complesse e vede lo sviluppo di due edifici che si affiancano alla chiesa cattedrale di Santa Maria: la chiesa cimiteriale di Sant Miquel e la parrocchiale di Sant Pere. I dati di scavo hanno consentito al gruppo di lavoro di rileggere la funzione degli spazi e di comprendere passaggi chiave prima fraintesi.

 

          La cattedrale fu articolata in tre navate, con cripta funeraria, incorporando l’edificio battesimale nell’estremità ovest con accesso indipendente rivolto a nord. La chiesa di Sant Miquel ha mantenuto la pianta originale e gran parte dell’alzato; è un edificio a pianta centrale, quadrata all’esterno e a croce greca all’interno, con corpo centrale sostenuto da otto colonne; l’ingresso avveniva dalla facciata ovest, attraverso tre porte; lo scavo ha permesso di escluderne una funzione battesimale, riconoscendone quella cimiteriale, dalla presenza di diffuse sepolture; una cripta sottostante l’abside ha restituito tracce di una sepoltura, che ne attesta ugualmente l’uso funerario, come per il corridoio più esterno, che collegava cattedrale e chiesa parrocchiale. Sant Pere era a tre navate, mentre in età romanica se ne ridussero le dimensioni, impiegando la sola navata centrale; l’abside trilobata ha restituito elementi che ne determinano la costruzione contemporaneamente al corpo dell’edificio, mentre lo scavo ha confermato un uso funerario anche di questo edificio, protrattosi nel tempo con il reimpiego delle sepolture in età carolingia e medievale. Elementi significativi che completano l’assetto della sede episcopale sono i corridoi ed i patii che regolano le percorrenze all’esterno ed all’interno degli edifici di Sant Pere e di Sant Miquel, ospitanti sepolture, come pure la residenza episcopale, che riutilizza gli spazi antichi e che ha restituito una cappella privata (6.6. Fase episcopal I (450/460 – principis segle VI), 106-173).

 

          Gli scavi hanno condotto al riconoscimento di alcuni interventi successivi alla riqualificazione della chiesa cattedrale (6.7. Remodelacions al conjunt episcopal, 173-181) in particolare nella zona absidale dove è emersa un’abside semicircolare, intermedia tra quella riferibile alla fase episcopale e quella romanica, cui segue una ristrutturazione della porzione terminale a pianta quadrata a l’esterno e semicircolare all’interno; la volta presenta resti di pitture che sono stati messi in relazione alla fase episcopale.

 

          Le sepolture che in età visigota si concentravano in special modo a sud della chiesa parrocchiale, in età franca si diffusero in maniera indiscriminata nel complesso. L’uso liturgico degli edifici non cessa in età islamica. Intorno all’XI secolo si avviano le distruzioni alle strutture, adattandone le dimensioni al nuovo ruolo monastico e parrocchiale, con la costruzione ad esempio di un chiostro romanico. Nel 1112 la cattedrale di Santa Maria fu consacrata nella sua veste romanica, mentre la nuova chiesa di Sant Pere fu eretta nel XII secolo (7. El conjunt episcopal a l’edat mitjana i moderna, 183-186).

 

          Le conclusioni del volume sono chiare e concise (8. Consideracions finals, 191-194) ed evidenziano i problemi sollevati dallo scavo, risolti o meno.

 

          Si tratta della pubblicazione di uno scavo inedito, pertanto è un testo fondamentale di riferimento per gli studiosi interessati. É un volume ben composto metodologicamente, che si presenta in una veste grafica semplice ma accurata e vivace; il testo è sintetico e ben distribuito. Le planimetrie allegate -sia quelle complessive di fase, riguardanti gli stadi di sviluppo delle chiese, sia quelle particolari dei settori di scavo, sia le successioni stratigrafiche - coadiuvano felicemente la comprensione del testo, peraltro in catalano. L’uso per la redazione di tale idioma in luogo del castigliano, più diffuso in sede europea, non rappresenta un limite alla comprensione e pertanto alla sua diffusione, grazie anche alla corretta distribuzione logica delle immagini e delle piante di corredo.

 

          Emergono dalla lettura numerose domande di ordine topografico: l’ubicazione raccolta e isolata del complesso, ad esempio, trova casi analoghi in altre aree, anche italiane, e non sempre è spiegabile, come in questo caso. Il rapporto tra il centro antico e il territorio è espressamente l’argomento meno dettagliato, avendo minori dati da sottoporre a studio e necessiterà pertanto una successiva estensione delle indagini, per facilitare la comprensione dei motivi storici che condussero alla costituzione della diocesi e del ruolo dello stesso complesso episcopale nel contesto non solo catalano ma spagnolo in genere.

 

          Utile, a proposito delle sepolture, la presentazione sistematica e fotografica delle più significative e la segnalazione delle differenti tipologie. È meno marcata invece l’analisi delle murature individuate. Sarebbe stato interessante esaminare maggiori sezioni e schede stratigrafiche murarie inerenti gli alzati originali, ove presenti (ad esempio chiesa di Sant Miquel). In tal modo si avrebbe avuto modo di visualizzare più accuratamente anche lo “scavo” in verticale, non solo in orizzontale.

 

          Chiudono il volume la bibliografia (195-200) e una sezione riassuntiva in inglese (Abstract. The Episcopal See of Egara. The archaeology of a Christian complex from the 4th to the 9th century, p. 201).